Cultura che aiuta…

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Il 26 settembre 2014, su invito di Sr Rita Del Grosso che lavora da anni all’interno della Casa di reclusione di Rebibbia a Roma, mi è stato concesso di varcare le soglie del carcere per prendere parte alla presentazione del libro “Pensieri … in libertà”.

unnamed4P6RNXJLNon nascondo l’emozione provata nel rispondere alle procedure di sicurezza richieste per i non addetti ai lavori. Entrare in un carcere non è mai un’esperienza piacevole, anche quando si ha la certezza di poter uscire in qualunque momento. Forte è stata l’empatia nei confronti di chi era dietro le grate e guardava all’esterno mentre venivo accompagnata e introdotta nella sala di presentazione del libro.

Invitata a prendere posto, pensavo di sedere tra gli invitati esterni, mentre solo durante la premiazione degli autori del testo, ho capito di avere accanto dei detenuti.

La compostezza dei loro atteggiamenti, il volto pulito, tradito alternativamente da espressioni di solidarietà verso i compagni premiati e da un velo di tristezza per i racconti che riflettevano i lori trascorsi, mi hanno indotto a pensare a quale colpa mai avessero potuto commettere. Non riuscivo a credere che fossero lì perché responsabili di qualche delitto.

unnamed7O6E0260I detenuti hanno affermato quanto la cultura possa aiutare a vivere la detenzione. Uno di loro ha raccontato come la riposta del Papa alla sua lettera lo abbia cambiato. Quella lettera oggi è affissa sulla parete della sua stanza e costituisce per lui motivo di vita, di speranza, di futuro da ricostruire. C’è stato chi ha descritto di aver scoperto come sia stato liberante scrivere nel e dal carcere e come questa esperienza lo abbia maturato. Del carcere purtroppo si parla poco, e quando se ne parla si riferiscono solo eventi di cronaca nera che non fanno altro che alimentare sentimenti di ostilità, di accusa, di avversione verso chi dovrebbe ricevere più solidarietà. Purtroppo la società libera si interessa (quando lo fa) di altre Istituzioni ma si dimentica troppo spesso della detenzione.

L’evento della mattinata, organizzato da Sr Rita Del Grosso e Radio Vaticana AXA – Cuori in Azione, ha avuto secondo me lo scopo di promuovere il valore della persona e della cultura nel segno di un dialogo che deve continuare tra chi è dentro e chi è fuori dal carcere. La circostanza è stata per me molto proficua e interessante per convincermi e convincere altre Religiose a mettere la propria persona a servizio di questi nostri fratelli ‘ristretti’. In questo contesto, ho capito quanto il ruolo delle Religiose sia fondamentale per la partecipazione all’opera di risocializzazione dei detenuti e alla loro rieducazione umana e spirituale sia attraverso il servizio pastorale, sia venendo incontro a esigenze personali che le strutture possono non essere in grado di soddisfare.

unnamed2D4ENW6RE’ una pastorale quella delle Religiose fatta soprattutto di ascolto e di mediazione. Nella vita ristretta, dietro le sbarre – dicono le Religiose che vi lavorano – forte è il desiderio delle persone detenute di essere accolte, ascoltate, capite. Impellente è anche la loro voglia di raccontarsi, di liberarsi da pesi tenuti gelosamente nascosti.

Due sono quindi le parole forti di cui non possiamo e non dobbiamo dimenticarci. Le ricordo come invito e sollecitazione: “Annunciate ai detenuti la liberazione come segno del Regno di Dio” e “visitate i carcerati perché sono il volto di Gesù Cristo”.

Sr Emma Zordan, asc

Referente USMI Nazionale

Religiose operatrici nelle carceri

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This entry was posted on martedì, ottobre 14th, 2014 at 9:44 and is filed under Senza categoria. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. Both comments and pings are currently closed.

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