Negli ultimi anni…
Ho vissuto la mia vita nella gioia di aver servito Dio e nella certezza di aver concretizzato i valori delle suore di carità delle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa, comunemente conosciute con il nome di suore di “Maria Bambina”. Tali obiettivi sono stati realizzati dopo anni di esperienze iniziate tanto tempo prima. Io ho vissuto la mia infanzia e adolescenza in una famiglia modesta, ma ricca di valori umani e affettivi. Dopo ho iniziato a seguire un corso per diventare infermiera a Milano. La lontananza dalla famiglia mi ha fatto vivere, come succede a tutte le ragazze, una vita spensierata e più libera. Alcuni avvenimenti, però, mi spinsero a cercare e a riflettere sulle mie aspettative e le mie ambizioni esistenziali. Certo non pensavo che un giorno sarei diventata suora perché non avevo mai condiviso la vita consacrata.
Dio però mi cercava perché un giorno entrai in chiesa e lessi una pagina della Bibbia: “Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me” (Mt 25,40). Questo meraviglioso passo mi ha indotto ad un grido di amore: “Eccomi, Signore”. Iniziai a seguire una direzione spirituale con un sacerdote che mi parlò di Santa Bartolomea Capitanio. Questa Santa, di fronte al dolore e all’ingiustizia della vita, sentì l’irresistibile il richiamo a quella “benedetta carità” dell’amabilissimo Redentore. Più conoscevo il carisma della Fondatrice delle suore di “Maria Bambina” e più mi rendevo conto che quella era la mia strada da seguire.
La scelta non fu affatto problematica perché entrai, dopo breve tempo, in noviziato. Avevo già conseguito il diploma di infermiera e, in questo periodo, continuai a perfezionarmi come caposala. Dopo la professione religiosa, lavorai all’ospedale “Gemelli” di Roma in più reparti tra cui quello della rianimazione dove operai per anni. Ero felice di offrire a Dio il mio operato in un contesto di sofferenza e ho sempre cercato, con la grazia di Dio, di alleviare questa dolorosa manifestazione dei malati per la sua maggior gloria e per il bene dei prossimi. Quanti malati ho visto e quanto tempo ho dedicato loro, arricchendomi di un’esperienza vitale perché, mentre assistevo loro “toccavo le membra di Gesù”. Vissi l’esperienza ospedaliera per 25 anni.
Il Pontefice Paolo VI, nel 1966, alla conclusione di un Capitolo generale, invitò l’Istituto ad aprirsi e ad andare “là dove più grande e urgente è il bisogno” (Bartolomea Capitanio). Per tali motivi lasciai l’ospedale e iniziai la vita pastorale in luoghi particolarmente difficili della Sicilia, Campania, Calabria. Infatti ho vissuto il mio essere suora di carità in ambienti fortemente condizionati da estrema povertà, a causa di una quotidianità disagiata. Attualmente opero a Cosenza, dove già ero stata in precedenza. Il mio servizio si realizza in un quartiere molto degradato dal punto di vista socio/economico e morale. Tale situazione è aggravata da una forte disoccupazione che mi impegna a soddisfare anche i bisogni primari come quello del cibo. In tale contesto mi sporco le mani “nella povertà”, occupandomi molto dei bambini e degli adolescenti perché la loro esistenza richiede un forte richiamo morale e religioso. Negli ultimi anni mi hanno affidato, a completamento della mia opera di carità, il compito di segretaria dell’USMI regionale Calabria. Questa esperienza ha arricchito il valore della mia vita consacrata e mi ha dato l’opportunità di conoscere tanti altri carismi.
Cosenza, 29 ottobre 2014
Suor Damiana Frangi, SCCG