Insieme è bello!

Il 3 marzo 2015, le Religiose Volontarie in Carcere della Regione Lazio si incontrano, presso le Suore Orsoline di San Carlo, in via Livorno n 50, con l’obiettivo di tessere una bella rete di conoscenza, di collaborazione e di sostegno, soprattutto di riflessione e verifica insieme. A presiedere l’incontro è stata la nuova eletta referente regionale, Sr Paola Vizzotto, imagedelle  Missionarie dell’Immacolata, P.I.M.E., in sostituzione di Sr Fabiola, che per molti anni si è adoperata con diverse iniziative a tenere insieme le Suore con entusiasmo e creatività, sempre pronta ad offrirsi e a donare il meglio di sé. Questo anche grazie all’intuizione dell’Ispettorato Generale dei Cappellani, se anche noi Religiose volontarie possiamo operare, non più come singole o come Istituto, ma appartenenti, come “corpo”, al grande corpo della Chiesa, alla missione di Gesù verso i suoi prediletti e abbandonati.

Ad aiutarci nella riflessione è stata Sr Elisabetta Flick, suora ausiliatrice del Purgatorio che collabora alla UISG (Unione internazionale delle Superiore Generali) per la rete internazionale contro la Tratta degli esseri umani “Talithà kum” e per il progetto “Immigrazione in Sicilia”.  Il tema Da un “fare delle cose”, all’essere persone autentiche, per incontrare l’altro secondo il Vangelo, trattato con competenza, professionalità e convinzione, ha toccato e infiammato il cuore di tutte. Ognuna si è sentita interpellata e chiamata a rivisitare la propria esperienza e il proprio modo di agire.

Sr Elisabetta ha esordito ricordando come il primo impatto con il carcere sempre provoca domande del tipo “Che cosa posso fare?”. La tentazione prima è di darsi da fare per trovare delle soluzioni, dare risposte, farsi agenti di cambiamento, tentare di risolvere i problemi, rischiando il protagonismo in prima persona. La condivisione dell’esperienza col tempo ha mostrato invece la necessità del passaggio progressivo dal “fare” all’ “essere”. Oggi avvertiamo – dice Sr Elisabetta – come, all’interno del carcere, si riveli molto più importante, per una religiosa, “essere” una presenza, più che “fare delle cose”. Il Signore ci chiede di andare incontro all’altro, semplicemente per incontrarlo, ascoltarlo, consolarlo, senza giudicare, senza volerlo salvare, semplicemente amandolo così com’è, senza pretendere di cambiarlo. Il Signore ci chiede non tanto di fare qualcosa per il detenuto, ma di essergli accanto portando insieme la croce. Essere presenti senza chiederci troppi perché, entrando in punta di piedi, con molta umiltà sulla terra sacra dell’altro. Gesù ce ne ha dato l’esempio: Io sto alla porta e busso, se qualcuno mi apre la porta, io verrò da lui. Entrare nel mondo dell’altro non per catechizzare, non per redimere, non per cambiargli la testa, semplicemente per dirgli, con la sola presenza, che Dio lo ama, gratuitamente, senza chiedergli nulla in cambio. A noi è chiesto soltanto di essere uno strumento nelle sue mani; il resto lo fa lui.

La tentazione però di “fare delle cose”, di rispondere alle aspettative, di essere in un certo senso protagoniste, di essere riconosciute e magari anche ringraziate, è sempre dietro la porta – continua Sr Elisabetta – ed ogni volta che entriamo nel carcere, ci portiamo dentro la domanda: “cosa cerchi venendo qui?”. “Sei disposta a perdere le tue sicurezze, il tuo bisogno di giudicare? a lasciar da parte il bisogno di essere riconosciuta e stimata? E uscendo ci interroghiamo: come gestire le frustrazioni, la rabbia di fronte all’ingiustizia, il sentimento d’impotenza che il più delle volte ci pervade accompagnato talvolta dall’impressione d’inutilità e di non senso?

Sr Elisabetta, volgendo uno sguardo preciso alle Suore in ascolto e quasi a volere una risposta, chiede quante volte nei lunghi anni di servizio abbiamo provato questi sentimenti e queste emozioni, quante volte ci siamo poste queste domande. Solo a poco a poco abbiamo scoperto il mondo carcerario dal di dentro: gli agenti di custodia, carichi di fatiche, di problemi, alcuni pieni di umanità, altri induriti e intolleranti; i volontari e le loro dinamiche, qualche volta di servizio, qualche volta di potere…

Quante omissioni! Due passaggi del Vangelo ci motivano e ci sostengono: “Lo spirito del Signore è su di me, mi ha mandato ad annunciare la Buona Novella ai poveri, la libertà ai prigionieri… ero carcerato e mi avete visitato…”. Sinceramente non è sempre facile riconoscere il Cristo nella persona che ti sta davanti!

E’ convinta Sr Elisabetta che è in ciascuna religiosa che opera nel carcere c’è un forte desiderio di incontrare l’altro nella sua realtà, cercando di seguire l’esempio di Gesù, il suo modo di andare incontro all’altro lasciandolo libero di fare le sue scelte ed anche di rifiutare la sua proposta; non giudicando, ma semplicemente accogliendo ed amando, aiutandolo a fare verità. Gesù cercava nell’altro la fede, percepiva quando nell’altro c’era fede autentica, e quando questa era presente, poteva dire “La tua fede ti ha salvato”, non “Io ti ho salvato”.  Oppure “Va e ti sia fatto secondo la tua fede”. E ancora “Donna, davvero grande è la tua fede”.

Ecco l’invito rivolto dalla relatrice a tutte a fare come il Maestro: “Se lasciamo penetrare in noi le parole di Gesù, esse in qualche modo ci cambiano, modificando l’immagine che avevamo di noi, e spesso anche l’immagine che avevamo di Dio. Le parole di Gesù non rispondono alla domanda “che cosa devo fare”, ma alla domanda “chi sono io” e la risposta a questa domanda ci aiuta ad operare un cambiamento nella nostra esperienza di vita, ci porta su un differente livello del nostro pensare e sentire. E’ importante nel nostro servizio aiutarci scambievolmente, sostenerci, lasciarci interpellare dalla Parola, per essere, per l’altro che ci incontra, segno della presenza e della tenerezza di Dio.

La riflessione che ne è seguita su che cosa cerchiamo e cosa siamo disposte a perdere entrando in carcere, ha fatto nascere in noi tutte il desiderio di meglio rispondere e vivere il nostro ministero in carcere.

Esserci incontrate a riflettere insieme è stata un’occasione per imparare le une dalle altre dalle esperienze che ha forgiato ciascuna dopo tanti anni di servizio e di presenza, di ascolto, di incontro di accoglienza della sofferenza e della miseria altrui. E’ stato un incontro denso, che ha avuto un’eco profonda in ciascuna di noi, ricco di umanità e di fede, di ricerca comune di quei valori di fondo che ardentemente desideriamo testimoniare con la nostra presenza nelle carceri.

Grazie a Sr Elisabetta per il suo prezioso contributo e anche un grazie sentito all’ispettore dei cappellani in Italia, don Virgilio Balducchi e a don Michele Chioda, suo collaboratore, per il sostegno e l’accompagnamento in tutto il cammino dentro il mondo carcerario. Un grazie non meno sentito va alle Suore Orsoline di San Carlo per la squisita ospitalità che si è conclusa con una generosa e fraterna agape.

Sr Emma Zordan

Referente carceri – USMI nazionale

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This entry was posted on lunedì, marzo 16th, 2015 at 11:16 and is filed under Senza categoria. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. Both comments and pings are currently closed.

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