La mia vita

La mia comparsa nella storia della mia famiglia benestante fu come un’aurora promettente, che ravviva la speranza, che inebria di gioia e ricama di sogni il domani.

La mia vita 2In tre anni i miei genitori, molto giovani e bellissimi, avevano avuto tre figli: Roberto, Gastone (morto all’ottavo giorno dalla nascita) ed io, Deanna. Come non potei conoscere Gastone così non conobbi mio padre, eroe e martire della carità, ucciso a soli ventiquattro anni.

Il colore rosso divenne il simbolo del sangue versato e dell’amore profuso dalle persone che mi circondavano. La famiglia materna e la comunità parrocchiale si strinsero attorno a mia madre (che compì 25 anni il giorno del funerale di papà) e ci trasmisero un amore così grande e così vero, così profondamente cristiano, che segnò per sempre la mia esistenza.

Trascorsi la prima parte della mia vita impegnandomi nello studio, nell’Azione Cattolica, nello sport, nella politica. Amante del bello e dell’ardimento, trascorrevo il tempo di vacanza visitando le città d’arte o inerpicandomi sulle montagne, sperimentando la durezza della salita e l’ebbrezza della conquista, fuori dalle abituali comodità e dal “tutto pronto”.

Amavo la contemplazione, la preghiera, la ricerca di valori profondi e duraturi, lo studio e, nello stesso tempo, l’immergermi con passione nell’attività. Profondamente convinta che il motto di mio padre “Inchinati sempre davanti alla persona, non ai titoli”, era una chiave ‘passe part tout’ per creare relazioni d’amore con tutte le persone… lo stare con i ‘ricchi’ o l’entrare nella roulotte degli zingari, l’accompagnare a casa qualche ‘signore’ che aveva alzato un po’ troppo il gomito, il partecipare a feste di amici, il giocare con i bimbi, il praticare sport, l’aiutare qualche studente in difficoltà… tutto aveva il sapore della gratuità dell’amore, quello che quotidianamente sperimentavo nella mia famiglia e nella comunità parrocchiale. Molti sogni arricchivano le mie giornate, in modo particolare uno: sposarmi ed avere tanti figli. A questo punto mi stavo preparando seriamente con un ragazzo fino a quando… Entrando in una Chiesa fui raggiunta e ‘folgorata’ da una parola di Gesù: «Se vuoi essere perfetta va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi!». Sì, ma era proprio questo ciò che volevo sentirmi dire dal Signore? Tutto crollava o tutto cominciava ad edificare? Occorreva parlare ai miei, raccontare loro la decisione che stavo per prendere. Ero al colmo della gioia. Purtroppo ero figlia unica per mia madre e per i miei zii materni che non avevano figli! Come mi sarebbe andata? Conobbi l’ostilità, un’ostilità che fino a quel momento mi era sconosciuta. Mi ero sempre sentita ricca di affetto, di denaro, di desideri appagati. Ora? Dopo qualche tempo abbandonai tutto. Decisi di partire senza avvertire la mia famiglia, verso l’Istituto delle Sorelle della Misericordia di Verona. Perché scelsi questo Istituto? Per me la tenerezza era il simbolo e l’espressione più vera dell’amore, quello che avevo sperimentato, quello che poteva trovare una breccia anche nel cuore dell’uomo più depravato. In fin dei conti Cristo è il volto della tenerezza del Padre. Furono momenti difficili quelli che seguirono. I miei tentarono più volte di riportarmi a casa, ma il Signore poco a poco apriva strade impensate. Sentivo che la mia strada sponsale con Lui mi rendeva sempre più feconda di vita; l’intimità vissuta nella contemplazione e nell’azione con Gesù mi faceva superare ostacoli insormontabili. La vita nella comunità, nella scuola, nello sport, nel mondo della cultura si snodava all’insegna di un’appartenenza entusiasmante ed arricchente in Lui.

La mia vitaEssere protagonista con Lui, alla sua sequela, mi ha salvato dall’idea tentatrice di essere ‘qualcuna al vertice’ da sola. Allontanata da un mondo promettente, mi trovai relegata, ma sempre libera interiormente, ai margini del mio Istituto a causa delle mie idee e forse dell’invidia che suscitavo. Ero sempre stata alla ribalta: prima in famiglia, poi all’interno del mio Istituto, dello sport, della scuola ecc. Sembrava che un mitico mondo fosse crollato ed io mi trovavo catapultata nel buio, là lungo il ciglio della strada a gridare con forza come il cieco: «Signore Gesù, salvami!». Ed Egli non tardò a passare; si fermò, mi sollevò e mi additò la sua strada – non ero sola. Da quel giorno tutto acquistò luminosità. Ora la mia vita si svolge in ‘tandem’: Lui, il Signore, davanti, io dietro: insieme pedaliamo verso i fratelli che percorrono strade impensate. Che gioia essere costantemente in tandem con il mio Signore, divenuta io stessa periferia nel mio Istituto, in viaggio verso le periferie del mondo. Posso comprendere ed offrire il mio amore ai fratelli che lasciano tutto per approdare a spiagge ricche di speranza; alla giovane che, attirata da false lusinghe, cade vittima della prostituzione; a chi, sfigurato dal vizio, bazzica per le strade tendendo una mano. Chiede che qualcuno abbia il coraggio di stringerla: vuole sentire il calore  di una vicinanza e non solamente il freddo metallico di una moneta. Accolgo le confidenze di chi preso da ira cieca ha ucciso il proprio fratello ed ora, in carcere, al calar delle tenebre, si sente schiacciare da un peso indescrivibile che lo costringe a vegliare. Il carcere non redime, la pena è inutile se non ci sono fratelli e sorelle che sanno dilatare il loro cuore e accogliere chi ha sbagliato. Ogni carcerato ha estremo bisogno di sentire che qualcuno crede ancora in lui, lo ama, non lo giudica ma, come Gesù, lo prende là dove è, indica sentieri di speranza e l’accompagna, gli sta a fianco, lo incoraggia. La mattina presto mi alzo e nel silenzio della cappella presento tutti e ciascuno a Colui che solo li conosce veramente. Nell’Eucaristia trovo la forza di sfidare gli ostacoli e le mie resistenze. Anche se le sorelle temono per la mia incolumità, esco serena perché il Signore è con me. La mattina mi attendono alcune ore d’insegnamento in una scuola denominata “Senza frontiere”, frequentata dai profughi arrivati con i barconi, tra i quali ci sono molti adolescenti smarriti e sopraffatti dal nostro benessere, per i quali la via della droga può essere facile allettamento. Mi metto sulla loro strada, li intercetto, tento di dar loro il calore di una “madre misericordiosa” e, quando non posso fare nulla, li affido al padre certa che non li abbandonerà. Sono povera di mezzi ma non di amore: il mio cuore si dilata per accoglierli tutti, perché sentano che Gesù è l’anima della mia vita ed è Lui che mi rende capace di donare senza chiedere nulla in cambio, disponibile a tendere una mano per stringere la loro, a consolare, a cercare nuovi orizzonti di luce per ciascuno. Queste sono le periferie che arricchiscono il mio quotidiano.

sr Deanna Guidolin

Sorelle della Misericordia

http://www.istsorellemisericordia.it/

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This entry was posted on lunedì, giugno 22nd, 2015 at 11:18 and is filed under Senza categoria. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. Both comments and pings are currently closed.

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