Ascolto/Ben-essere (2)

ascoltoMai mi sarebbe venuto in mente di mettere insieme queste due parole, ascolto e benessere: mi infastidisce il concetto di benessere, troppo legato a certi aspetti della cultura contemporanea oscillanti tra l’onnipotenza e il narcisismo, lo trovo una categoria passiva, compiaciuta, che capitalizza … mi richiama alla mente la parabola dell’uomo che amplia i suoi granai per il benessere procurato dai raccolti abbondanti e che viene dichiarato stolto. Davvero è da ricercarsi il benessere? Confesso che non mi interessa e non lo trovo accattivante.
Amo invece spendere, dilapidare anche quello che non ho, ricevere, trafficare, stancarmi e riposarmi, buttare spazio e tempo in ciò che mi appassiona, sentirmi sfinita o felice, piena di gratitudine o di dolore, “sentire” sulla pelle e sul cuore la vita che passa, le persone che feriscono e carezzano, il bello e il brutto, stare ale e stare bene.
Squilibrato? Sì, come il gesto dell’ascolto, che si apre e riceve, che si sbilancia nella fiducia, che tace e apre gli occhi e il cuore. Come il gesto di essere ascoltati, senza merito né motivo, come un dono che sorprende e meraviglia. Perché l’ascolto dato e ricevuto è il respiro dell’altro che ingombra e fa vivere, è il riconoscimento di una povertà che sempre un po’ inquieta, anche se dice la verità. Come scrive David Maria Turoldo:

“Tempo è di tornare poveri
per ritrovare il sapore del pane,
per reggere alla luce del sole
per varcare sereni la notte
e cantare la sete della cerva.
E la gente, l’umile gente
abbia ancora chi l’ascolta,
e trovino udienza le preghiere.
E non chiedere nulla.”

Stella Morra
Teologa e docente presso la Pontificia Università Gregoriana

Ascolto attivo o ascolto passivo? Ascoltare o essere ascoltati? Forse in tutti e due i casi l’obiettivo è star bene. Chi è capace di ascolto trova sempre qualcuno disposto ad ascoltarlo ed allora l’incontro diventa dialogo in cui i due interlocutori si sentono legati da una reciproca accettazione che sfocia, quasi naturalmente in empatia.
Chi si pone in un atteggiamento di ascolto si deve rendere disponibile a comprendere il punto di vista del proprio interlocutore e a rispettare le sue eventuali reazioni, nella consapevolezza dei propri limiti di “buon ascoltatore”.
Chi chiede ascolto, chiede attenzione, chiede di non essere giudicato; non sempre vuole ad ogni costo che il proprio ascoltatore sappia risolvere i suoi eventuali problemi o sia capace di dare ottimi consigli o di consolare; a volte, anzi molto spesso, ha solo bisogno di una vigile e piena comprensione che lo faccia sentire pienamente a suo agio. È l’unica strada perché l’ascolto porti ad una situazione i benessere mettendo al bando malintesi, imbarazzo e diffidenza.
Chi ascolta, infine, non deve aver fretta, perché solo un’accoglienza piena sa cogliere anche i dettagli apparentemente trascurabili di un’esperienza fino ad arrivare ad una gestione positiva dei conflitti e quindi al ben-essere più completo.

Angeli Lorena
Impiegata

La cosa più evidente che distingue un uomo da un animale è la parola.
Comunicare permette di condividere le proprie emozioni, i propri stati d’animo e attraverso l’ascolto reciproco, la pazienza nel dedicare tempo a ciò che l’altro ha da dirci, importante o no che sia, si consolidano le relazioni. C’è chi dice che per sentirsi bene ci sia bisogno di un buono psicologo che ti ascolti, di un buon amico che ti consigli, ma alla base di tutto c’è l’ascolto. Attraverso l’ascolto dell’altro si riesce a comprendere meglio se stessi, si riesce a fare chiarezza nella propria vita e sempre attraverso l’ascolto si riesce a paragonare se stessi agli altri, scoprire pregi e difetti, capire dove si sbaglia e che cosa si può fare per migliorare. Il primo passo per il ben – essere è l’ascolto.

Miriam Caprioli
Studentessa 5^ classe del Liceo Classico

“Chi ascolta voi, ascolta me”. Gesù poteva dire questo ai suoi a causa dell’amore filiale che nutriva verso il Padre. L’ascolto filiale della parola del Padre, la “pietas”, troppo spesso equivocata con pietà, commiserazione,… Ma se andiamo all’etimologia del termine, “pietas” significa il dovuto rispetto per l’altro, per la Patria, cioè riconoscere i vincoli con il proprio passato, il presente e costruire insieme il futuro. Un amore doveroso, dove ‘dovere’ sta per logico sentimento di affetto verso l’altro, una relazione motivata dal riconoscimento del prossimo come proprio simile, l’imprescindibile tu al quale rivolgersi nel dialogo. E primo elemento di ogni comunicazione è l’ascolto, il prestare orecchio a parole e a silenzi diversi dal mio modo di sentire. “Padre, non la mia, ma la tua volontà si compia”. L’ascolto di Gesù, il suo farsi discepolo del Padre, traccia la via per il nostro ascolto delle parole del Padre e delle parole (anche quelle non dette) delle persone con cui veniamo in contatto. Solo in questa apertura sta il benessere, cioè lo stare bene con sé, anche se si attraversa la croce, con gli altri, nel non facile cammino di conoscenza e di confronto, e con il mondo che ci circonda, perché viverci non è mai camminare in terreno oscuro, ma seguire il sentiero tracciato dal Maestro che per amore si è fatto Discepolo del Padre e Servo.

sr Maria Grazia Gabelli fsp
Segretariato internazionale di spiritualità

Per un insegnante ascoltare è un obbligo professionale. Ma anche in questo c’è modo e modo: si può richiedere continuamente l’ascolto da parte dei ragazzi, si possono ascoltare attentamente le loro interrogazioni … ma questo non produce nulla se non un meccanico svolgimento del proprio compito lavorativo.
Qual è invece l’ascolto che produce ben-essere? Quello che anzitutto è espressione dell’accoglienza dell’altro, della disponibilità a giocarsi in una relazione personale con chi abbiamo davanti (grande o piccolo che sia), per condividere con lui un pezzo del cammino della vita. Non si tratta in primo luogo di trovare risposte ai problemi altrui, ma di coinvolgere la propria umanità. È quell’ascolto che ciascuno di noi vorrebbe per sé; e solo tenendo presente questo possiamo tentare di viverlo così anche per gli altri.

Laura Galvan
Insegnante di Lettere – Liceo Scientifico e Liceo Linguistico “Maria Consolatrice”

Quando il fisico e la mente percorrono strade diverse e i tuoi sogni volano, quando con gli altri è un disastro e i perché non hanno risposte, ciò che ci invade è un malessere diffuso. Altre volte è esattamente il contrario. Vi sono età in cui questa situazione è più marcata, tanto più se si aggiungono inquietudini interiori, spirituali che non riesci a decifrare. Un grande segreto per uscire da questo stato è l’ascolto di noi stesse nella verità. Ascolto benevolo certamente ma libero e sincero. Tale ascolto porta a uscire dal nostro crogiolo ed entrare in un mondo interiore, sentire ciò che ci viene detto dal fisico, dalla mente, dal cuore, dalla realtà che ci circonda, dall’altro, dal Signore…. Tale atteggiamento ci provoca uno star bene che non è esulare dalle difficoltà o dalle domande ma viverle in modo positivo. Anche il parlare con una persona dall’orecchio attento e dal cuore accogliente ci fa sentire bene, ascoltare una musica, il brusio delle foglie, il fragore di una cascata… Ma tutto questo non è sufficiente se non ci si fa ascoltatrici. Ascoltatrici di persone e situazioni che ci spingono all’azione perché gli altri e altro sia. Una domanda: ben essere o ben avere? In quest’ultimo secolo abbiamo fatto di queste due parole un sinonimo ma è la stessa cosa avere ed essere?

Sr Maria Luisa Gatto
Serve di Maria Riparatrici Ciconia-Orvieto
g.mluisa@smr.it

“Il Problema più difficile del mondo sei tu”, questa la soluzione al “Problema più difficile del mondo” libro per bambini di Terry Wardle. Il protagonista, Billy, chiede alla sua professoressa di matematica di trovare il problema più difficile che ci sia e lei si rivolge a un giornale che indice un concorso. La risposta arriva da un saggio indiano, Swani, che aveva passato la vita a meditare. Un giorno un uomo era entrato nel suo rifugio chiedendo un riparo; Swani, seccato aveva risposto ‘Non vedi che sto meditando?’ e l’uomo: ‘Come fai a meditare se non ti accorgi neanche di me?’. Il saggio indiano, sconvolto dalla risposta, aveva accolto il ramingo e si era così reso conto che la meditazione non era un estraniarsi, ma un immergersi nella vita per ascoltare, guardare se stessi in azione, in relazione con il prossimo. Alla fine del libro il saggio indiano rivela il frutto della sua meditazione al piccolo Billy. La consonanza di questo racconto per bambini con la parabola evangelica del Buon Samaritano, ci ricorda che l’ascolto profondo delle esigenze degli altri ci mette in relazione con la parte più intima di noi stessi.

prof. ssa Margherita Giambi
Insegnante di Lettere – Scuola secondaria di 2^ grado

Il mondo è pieno di persone che ascoltano. Ma che ascoltano soprattutto se stesse.
E’ difficile trovare qualcuno che ascolti veramente. Che ascolti con il cuore.
Quante volte, troppe volte, mentre siamo con qualcuno interrompiamo con espressioni simili: “Anch’io…”, “Io penso…” , “Invece io …, “Io faccio…” , “Io dico..”, “Io…”, “Io…”.
Altre volte siamo portati ad ascoltare solo ciò che vogliamo sentire.
Il saper ascoltare è un’arte preziosa.
Difficile da imparare, ma non impossibile.
Ascoltare permette di accorgerci della realtà grandiosa che ci circonda, delle presenze attorno a noi che ci arricchiscono e ci completano, della Presenza che ci conforta e ci fa stare bene.

Minotti Roberta
Insegnante di lettere

Do la precedenza al termine ben-essere, che per me è primariamente una condizione di armonia psico-fisica. Penso a ciò che mi fa star bene veramente e mi accorgo che tutto ciò che è materiale ed esteriore non appartiene alla mia anima, non stimola le mie ambizioni. Riesco invece a sorridere e a tirar fuori il meglio di me stessa quando ho serenità interiore e mi sento accettata e ben voluta dalle persone che mi circondano. Tutto ciò è ovviamente controbilanciato da stati di profondo ammutolimento e tristezza nel ritrovarmi o solo sentirmi esclusa, non capita; o peggio: incompresa, banalizzata… Per deduzione, a partire da questa esperienza, provo a chiarire ciò che nella mia vita significa “ascolto”, ricevuto o donato che sia. È disponibilità all’accoglienza, momento di condivisione; è la fase sublime in cui avviene la sintonizzazione, il tempo di meravigliosa sospensione in cui fede e speranza si schiudono a tutte le possibili variabili, anche a quelle del rischio e del dubbio. Saper ascoltare è determinante almeno quanto può esserlo trovare in una persona quella simbiosi e complicità che fa dire: sto bene, mi fa sentire bene. Saper cogliere la verità, non solo sulla base dei segnali emessi da chi tenta la connessione ma partendo da sé e dalla propria capacità di mettersi a nudo, spogliandosi da ogni possibile pregiudizio, diffidenza e preconcetto per mettere in atto l’autentico ascolto del cuore. Un buon ascolto è paradossalmente una sorta di viaggio oscuro dentro se stessi, una prova che permette di arrivare ad un compromesso sofferto: limare la diversità (che esiste e che non va negata), superare le spigolosità, sentire l’altro meno straniero a se stessi, infine accoglierlo proprio così come è. Si può entrare in complicità con pochi ma si può provare ad ascoltare tutti. Questo è il mistero della musica di Cristo, la chiave del benessere, l’armonia universale dell’Amore.

Romina Baldoni
Bibliotecaria e mamma

“Shema’ Ysrael…” (Deut 6,4): la preghiera ebraica più famosa comincia con un invito all’ascolto. Ma ascolto di che cosa? Di Dio e della Sua Parola…Ascoltare per me è un po’ come partecipare all’azione creatrice di Dio. Ascoltando posso vedere le sue meraviglie compiersi sotto i miei occhi. E nella Genesi Dio guarda ciò che ha appena creato e commenta: “è cosa buona” e “molto buona” quando si tratta dell’uomo. Non sono un’esegeta, ma questa “cosa buona”, secondo me, può essere chiamata anche “ben-essere” perché l’ascolto crea benessere. E non solo come quando si ascolta una musica rilassante e si raggiunge la pace interiore… non si tratta di wellness o di training autogeno. Con la sua Parola, sento che Dio continuamente mi ricrea e io divento “cosa molto buona”, tutto il mio essere sta bene, gode di quel “bene” secondo Dio. È come un riavvicinarsi alla condizione iniziale di piena comunione con Dio.

Sr Marta Gadaleta
Suore Agostiniane Serve di Gesù e Maria

 

Mi è capitato tante volte di sentire il bisogno di essere ascoltata…. In svariate situazioni, per motivi diversi. Mi sono resa conto che non è assolutamente scontato trovare qualcuno disposto ad ascoltare! È difficile! È difficile soprattutto trovare qualcuno che sappia ascoltare in silenzio! Viviamo in un contesto in cui si fa davvero una fatica tremenda a trovare un minuto di calma per riflettere, per stare da soli con se stessi.
Come si fa a trovare il tempo per ascoltare gli altri? Ma quando si sente il bisogno di essere ascoltati, ecco che si comincia a capire che lo stesso bisogno, magari, lo avverte anche qualcun altro, magari qualcuno di molto vicino a noi… Ringraziando Iddio, sono stata molto fortunata: ho sempre trovato persone disposte ad ascoltarmi, nella tranquillità e con quello spirito di accoglienza che mi ha riempito il cuore di pace e di quella serenità di cui avevo bisogno. Ma chi mi ascoltava? Mio papà, un uomo dalla pazienza illimitata; chi mi ascolta adesso? Tante persone amiche (difficili da trovare! Ma ci sono!!!!); i miei famigliari…. Ma chi mi ascoltava, mi ascolta e sempre mi ascolterà? Sicuramente Colui che ci ha creati e che meglio di chiunque altro sa di cosa abbiamo bisogno. Sono persuasa che sia Lui il primo ad ascoltarci e a mettere nei nostri cuori la disponibilità all’ascolto…Chi più del Buon Dio può avere a cuore il ben-essere dei suoi figli? E chi più di Lui sa renderci fratelli, disposti all’accoglienza e all’ascolto? Sto imparando anch’io ad ascoltare e mi rendo conto che quella sensazione di ben-essere che provavo nell’essere ascoltata, la avverto, amplificata, quando offro ascolto …. È un dono grande essere ascoltati, così come saper ascoltare ed essere, così, fonte di ben-essere per i fratelli. Ho ancora tanta strada da percorrere, tanta! Ma confido in Chi è “accoglienza” per definizione. Sono certa che non sarò delusa.

Anna Viganò
Insegnante Scuola Media IMC Milano

 

Shemà Israel (Ascolta Israele), con queste parole inizia la preghiera del popolo ebraico che richiama in maniera essenziale e fondamentale la dimensione di ascolto insita nell’alleanza tra Dio e uomo. Questo testo scandisce la preghiera quotidiana nell’ebraismo quasi come premessa indispensabile ad essa. Senza ascolto, infatti, è impossibile percepire la presenza di Dio nella nostra esistenza, basta pensare ad Elia sull’Oreb che per percepire la presenza del Signore deve prestare attenzione al “mormorio di un vento leggero”. Questa dinamica biblica si rispecchia nel nostro vissuto spirituale come un atteggiamento interiore fondante, sia a livello personale che comunitario. Spesso infatti le fatiche quotidiane che viviamo, in ambito comunitario, lavorativo, relazionale, educativo, sono segnate da una difficoltà a vivere la dimensione dell’ascolto. Personalmente ho sperimentato come, preso dalle numerose attività ed incombenze, l’aver tralasciato l’ascolto della parola di Dio nella meditazione, l’aver trascurato il tempo necessario per ascoltare i miei alunni, si sia tradotto in una pesantezza nel vivere la quotidianità e nella fatica nella relazione educativa con i ragazzi. In una parola la ricerca del ben-essere insita nel desiderio di felicità di ogni uomo passa per la dimensione dell’ascolto verso Dio e verso chi il Signore ci mette accanto.

Fossati don Luca
Sacerdote e docente IRC secondaria di II grado

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