Eva e Maria; Agar e Sara; Marta e Maria, Cleopatra e santa Monica. Figure antitetiche in ambiti diversi, con millenni di distanza le une dalle altre, ben rappresentative del binomio donna/madre. Eva all’origine del tempo; Maria nella pienezza dei tempi; ambedue nella pienezza della loro originaria femminilità; ambedue madri dolenti per un figlio ammazzato, l’uno nel campo, l’altro su una croce. Sara, desolata donna sterile, Agar feconda madre sostitutiva; Marta attiva e tuttofare, contestatrice; Maria esistenzialmente contemplativa, solo apparentemente avulsa dalla realtà, capace di scegliere la parte migliore. Cleopatra, figura egizia, simbolo della dissolutezza; Monica donna santa, che ha generato dal suo grembo e con le sue lacrime e preghiere un santo. S. Caterina da Siena che scrive al papa: ‘babbo mio’; Margherita Hach, atea, astrofisica e divulgatrice scientifica italiana.
Ricca o indigente, giovane o anziana, la donna è prova incontestabile che in qualunque età e in qualsiasi situazione, la vita è sempre vivibile, ed è sempre bella; no, è affascinante! Ed è tale perché la donna sa percepire la situazione di povertà e di bisogno di chi le sta accanto e se ne fa carico; sa immergersi nella ricerca di nuove verità, di nuova scienza, perché ci prova gusto ad andare a fondo dei problemi. La superficialità o il semplice estetismo non fanno per lei.
La vita della donna è bella anche perché ella sa riempire il proprio tempo in totale, gioiosa, silenziosa gratuità. E’ capace di dedizione e di amore, di accoglienza, di fiducia, di attenzione concreta, anche nelle situazioni avverse. Ammette la propria vulnerabilità e non si stupisce della vulnerabilità altrui. Possiede quella tenerezza che sana la vita e suscita la gioia. Sa creare spazi di unità. Come ultimo essere vivente creato, è ella stessa eccellenza…
Papa Francesco in Evangelii Gaudium scrive: “Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti, danno il loro contributo per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi ed offrono nuovi apporti alla riflessione teologica. Ma c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa… come nelle strutture sociali”.
La donna, effettivamente, può molto nella storia dai grandi orizzonti o in quella spicciola della quotidianità; dipende da lei, ma non soltanto da lei. Ha bisogno di avere attorno a sé persone che l’ascoltano, che ‘trovano il tempo’ per ascoltarla anche nelle sue possibili proteste…
Biancarosa Magliano
Direttore responsabile
Donna/madre: due realtà che un tempo tendevano a identificarsi. Prima del ’68 e della “rivoluzione femminista” l’immagine dell’”angelo del focolare” costituiva l’ideale a cui ogni donna aspirava. La donna “rampante” di oggi guarda con disprezzo a questo mito, ormai del tutto sorpassato, e trova la sua stima nella carriera e nel successo professionale. Compare però attualmente anche un’altra immagine di femminilità: quella della madre completamente assorbita dai propri figli che, dimenticando di essere moglie, confonde i ruoli e le loro peculiarità; così il “lettone”, un tempo luogo riservato alla gioia dei bambini nelle mattine domenicali, diventa lo spazio in cui accogliere i figli, relegando il marito nel divano del salotto.
C’è confusione nell’attuale gestione dei diversi ruoli, anche se la corporeità femminile dovrebbe aiutare a declinare serenamente le differenti modalità relazionali che competono alla donna. Il suo corpo è fatto per accogliere: accogliere l’uomo, come donna; accogliere il figlio, come madre. Il superamento dell’opposizione, ma anche della confusione, diventa allora occasione di gioia.
Anna Bissi
Scrittrice
«Il mondo è delle donne», ha affermato e sostenuto con impareggiabile precisione e concisione il grande sociologo francese Alain Touraine. Ed è proprio così. La lunga e spesso tormentata storia dell’emancipazione femminile ci dice che è verso questo orizzonte che si muove la storia dell’umanità: verso una nuova presenza della donna nella società, che lascia già intravedere inediti e più promettenti modelli di convivenza e di gestione del potere da parte degli esseri umani.
Tutto questo andrebbe di per sé benedetto e salutato con favore. In verità, invece, sono sempre più forti, da parte dei vecchi “padroni del mondo”, le resistenze al modo nuovo e sciolto con cui la donna oggi abita il mondo, essendosi definitivamente liberata dal peso di una cultura androcentrica ed essendosi resa del tutto consapevole delle sue doti intellettuali, della sua corporeità e delle sue potenzialità. E non di rado si tratta di resistenza “a mano armata”.
Proprio per queste ragioni riteniamo che il peccato più grave da attribuire alla classe politica del nostro Paese, accanto alla distrazione rispetto alle prerogative del mondo giovanile (che in ogni caso è composto sempre da maschi e da donne), sia quello dell’incredibile lentezza con cui procede a realizzare un sistema legislativo ed economico che favorisca una piena conciliabilità tra la nuova posizione sociale, culturale, economica e politica della donna ed il suo insostituibile compito di madre. Solo mettendo mano a tale urgenza (e a quella dei giovani), c’è qualche speranza per il sistema Italia.
Mi pare poi che sia proprio il non riuscire a cogliere questo elemento decisivo per il futuro della società e il continuare invece ad invocare generiche, per quanto opportune, attenzioni alla famiglia a rendere piuttosto deboli e concretamente irrilevanti molte dichiarazioni e molti generosi appelli da parte della comunità cattolica in materia di bene comune.
D. Armando Matteo
Teologo
Donna: icona di stabilità e dominio di sé, cuore che sa “vedere”, che sa ascoltare il bisogno inespresso, che sa fermarsi accanto soprattutto a chi è ai margini. Il femminile deposto in lei è parola di compassione, di promozione, di intraprendenza, di capacità di morire per ciò in cui crede.
Donna, parola che risuona nelle pagine del vangelo là dove si parla di coraggio nel superare barriere, di ricerca appassionata, di sofferenza portata con dignità, di condivisione della gioia del ritrovamento del senso della sua vita. Non stupisce che papa Francesco affermi che «al Signore non piace che manchi alla sua chiesa l’icona femminile» (EG 285).
E proprio per queste sue caratteristiche la donna può essere madre, madre che si affida, che accoglie e genera vita, che dona senza contare, che si china sulla fragilità e se ne prende cura: icona di tenerezza e dono.
Risuonano nel cuore, senza forzature, le parole di Dante nella contemplazione di colei che è «donna che tanto vale» mentre la invoca come «… madre, umile ed alta più che creatura» perché con la sua intercessione possa «levarsi più alto verso l’ultima salute» (cf. Par. 33, passim), per giungere cioè a comprendere e ad affidarsi a colui che è pienezza di vita e di salvezza.
Paola Furegon, sfte
Direttrice di In Caritate Christi
Cronologicamente, una bambina diventa prima donna e poi madre, se ha dei figli. Tuttavia a me sembra di poter dire di essere diventata donna davvero, solo dopo che sono diventata madre.
Prima di avere dei figli, ero una eterna ragazza. Guardavo il mondo con curiosità e passione, ma in fondo con scarsa com-mozione al destino degli altri.
Un giorno, con il mio primo figlio neonato in braccio, mi è accaduto di fermarmi a pensare: ogni uomo è stato un giorno come questo figlio, addormentato e inerme fra le braccia di sua madre. Tutti, anche i più crudeli dittatori o criminali, sono stati un giorno “figli”.
Questa idea mi ha cambiata. Da allora nel mio guardare agli uomini c’è una pietas che prima non c’era, direi un principio di maternità diffusa e quasi dolorosa. Tutti, tutti figli, siamo stati, mi ripeto a volte, in una misericordia (l’etimologia ebraica di “misericordia” è “con viscere materne”) che prima non conoscevo.
Sono diventata davvero donna diventando madre (e questo può avvenire in senso carnale o spirituale). Quando ho compiuto ciò per cui ero nata.
Marina Corradi
Giornalista – Avvenire
A 43 anni ho amaramente scoperto che quello che viene promosso ed esaltato, a dispetto delle tante belle parole e dei falsi buoni propositi, è un ideale di ‘donna con la gonna’ che deve a tutti i costi risultare gradevole e proporsi per essere scelta in perfetta sintonia con il mercato dei consumi. Se sei donna povera, se sei donna emarginata, se sei donna disperata sei meno donna in questo mondo bizzarro che si autoproclama evoluto ed aperto. Se sei donna che ha qualcosa da dire spesso vieni messa a tacere. Se diventi di troppo rischi di essere fatta sparire! In un’unica cosa ritrovo la purezza e la peculiarità del mio essere donna. Nella maternità. La donna è donna nella sua più incontestabile specificità quando si apre alla maternità. La maternità non è soltanto avere dei figli ma custodirne la grazia. Capisco perché nostro Signore ci ha fatto dono di tanta esclusività. Le qualità umane sono tante e meravigliose ma posso osare dire che l’illuminazione della grazia è quell’apertura generosa all’accoglienza, è quel farsi grembo silente che custodisce e protegge, è quella fertilità che si apre alla vita che nessuno può mettere in discussione e che è solo nostra.
Romina Baldoni
Bibliotecaria e mamma
«Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato»! Solo una donna poteva benedire Gesù, il portatore di nuova vita, evocandone la Madre. E la risposta non poteva venire che da Gesù stesso: «beati piuttosto coloro che ascoltano la mia Parola e la vivono»(Lc 11,27-28). In una battuta Egli colloca la maternità nella sua ‘plenarietà’ offrendogli una dimensione che non si esaurisce e non si realizza solo nella fisicità.
Legare la donna alla maternità è scontato in tutte le culture: segno di benedizione, simbolo di potere, sogno di continuare a vivere in qualcuno e quindi desiderio di eternità… Esaltata ma anche contestata, accolta o rifiutata!
Quand’ero piccola apparteneva al mio sogno di futuro l’avere tanti figli. Sogno che si è pienamente realizzato come non avrei mai potuto immaginare. La mia femminilità, come quella di tante altre donne, si è e si ‘pienifica’ in tanti modi: nella gestazione di segni di pace, nel partorire solidarietà e relazioni vitali, nell’offrire il latte e il pane della Parola,nell’alimentare vite altrimenti senza futuro, nell’accarezzare il sofferente perché il suo dolore sia meno crudele, nell’asciugare lacrime di tante madri e padri e nel custodire le confidenze di chi è solo … Le braccia di questa maternità che appartiene all’uomo e alla donna, possono accogliere in seno il mondo e l’umanità per renderlo vivente.
Sr Maria Luisa Gatto
Serve di Maria Riparatrici
Ciconia-Orvieto
g.mluisa@smr.it
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