AUTENTICI E MASCHERATI 2

imagesNon è facile essere trasparenti, mettersi davanti all’altro come uno specchio, lasciarsi attraversare da uno sguardo. Ed è semplicistico pensare che oggi è più facile mascherarsi. Forse siamo chiamati anzitutto a svelare la verità di noi stessi a noi, a me, a te per primi. Avere la capacità di guardarci dentro senza timori, con misericordia e schiettezza. Far cadere quella falsa immagine che abbiamo cesellato anzitutto nel profondo dell’anima. Penso sia questo il primo passo da compiere per poi essere limpidi nelle relazioni.

Laura Badaracchi
Giornalista

E’ l’alba chiara, senza nubi, traspare bene il futuro di un  giorno bello, a largo respiro. Ecco quanto mi dice l’espressione “autenticità” che non nega le difficoltà e gli errori, ma li ammette nella luce trasparente di ogni rapporto. La persona autentica è vera nel suo bene, come nel suo limite, per questo è degna di fiducia: ha chiarito in se stessa tante problematiche personali e relazionali.. Spesso rinunciamo alla parola “umiltà”, perché intesa come negazione totale di se stessi e invece il suo vero nome è “autenticità”, tipica di una persona serena che vive in se stessa l’equilibrio tra ombre e luci della sua vita. Chiama per nome ogni suo pensiero e atteggiamento, non nascondendo qualche possibile male che vi è in esso. E’ la persona sincera, piacevole, che tutto ha rimesso nelle mani del Perdono di Dio ed è libera e magnanime verso i fratelli.

Dobbiamo ammettere però che in noi vi è spesso la tentazione di diminuire il limite, di giustificarlo, di nasconderlo, di mascherarlo con un tocco di bene e la verità cala nel suo splendore. Non ci fidiamo più, non confidiamo quanto in noi ha bisogno di luce, di correzione e consolazione, il muro della non verità chiude tante vie di comunione. Quando ci si trova con la maschera nel volto, è il  tempo di chiedere a Dio “umiltà di cuore”, rovesciando la pietra perché è l’ora della Risurrezione, del sorriso di Dio su di noi e sul mondo.

                                                                                              Sr Giampaola Periotto,
oscm
Responsabile Ufficio Formazione USMI nazionale

La persona e l’avatar. E’ la dialettica tra ciò che è vero e ciò che si vuol sembrare, antica come l’ uomo e drammatica in ogni persona, in me. Oggi, giovedì santo, mi sono arrestata davanti alla  domanda di Giuda già traditore nel cuore, che vuol sembrare discepolo normale: “sono io, Signore?” e Gesù che lo smaschera “tu lo hai detto”, desiderando, perché lo amava, rimandarlo alla voce sacra della sua coscienza. Come nei giorni scorsi gli accusatori dell’adultera che provocati dal Signore, se ne andarono alla chetichella, ricordando i loro “scheletri negli armadi”. Non so se essi avranno capito e avranno fatto qualche passo verso la verità della coscienza che non tace mai. Perché la coscienza è la Voce di Qualcuno che ci vede nudi, senza maschere, e ci rimanda alla verità di noi stessi, senza pose e senza falsità.

Essere autentici, genuini, originali era la realtà dell’Eden, che si realizzerà nella vita nuova da risorti. Ora siamo in cammino verso quella autenticità spendente e gloriosa che Gesù ha meritato per noi con la sua morte, superando i nostri atteggiamenti ipocriti, spesso falsi. Portare un abito santo e non vivere da consacrati. Simulare di pregare e rimanere in noi stesse e nei nostri interessi. Compiere la missione, cercare il successo e non la gloria di Dio… Possiamo essere “falsi d’autore” da far credere che siamo veri. Gesù è la via alla verità che porta alla vita: vera, autentica, senza maschera.

Sr Rosaria Aimo fsp
Animatrice

In questi giorni ricchi di Parola, oltre che di Gesti e di Segni, il mio pensiero si sofferma sull’importanza di una Parola autentica che libera in quanto toglie la maschera a una realtà che imprigiona.

Una Parola autentica che dà vita e che è il paradigma di ogni altra parola che consente di crescere e di aprirsi alla realtà.

E’ quotidiana esperienza che ogni persona – al pari di ogni realtà data – è costituita da ciò che riceve e pertanto non si “auto-genera”: dal nulla non nasce nulla. E’ sano e normale, pertanto, che gli esseri umani cerchino sempre di guardare alla propria storia per capire il proprio significato, da dove vengono e dove vanno. Ciò naturalmente avviene quando essi lasciano libero spazio alla ragione e non all’ideologia, che rende ciechi e inganna, creando “maschere”, utili solo al Potere totalitario, che vuole impedire la ricerca di tale significato autentico della persona.
Quando Parole dichiarate autentiche sono alterate, quando non sono connesse logicamente al discorso, quando sono operati tagli e ritagli, e testi detti o scritti per uno scopo e un contesto sono utilizzati per altri scopi e contesti, allora la propria storia viene manipolata e non ci si ritrova più. Si è persi, cala una maschera sul proprio volto autentico. Per questo motivo il Papa raccomanda di trattare bene le parole della propria storia, con cura, con precisione, per quello che vogliono dire. Al cinema è in cartellone Storia di una ladra di libri, in cui una bambina scopre che nelle parole si custodisce la vita. Rimanendo attaccata alle parole e ai libri resiste al potere, che per avere la vita degli altri vuol bruciare i libri e la tradizione. È un film poetico che spiega in modo facile una delle grandi questioni della vita: come evitare di perdere se stessi? Come salvare la propria autenticità?

Anna Monia Alfieri
Responsabile Ufficio Scuola USMI Lombardia

Tutto ha avuto inizio  intorno all’albero che Dio aveva piantato in mezzo al giardino più famoso della storia dell’umanità, l’Eden.

Ed è proprio in questo paradiso che si è compiuto il primo mascheramento. E non ci riferiamo al diavolo che si è travestito da serpente, ma al camuffamento di Adamo ed Eva che per coprirsi, in modo molto meno abile del tentatore, hanno intrecciato foglie di fico per nascondere la verità dei fatti di cui erano appena stati consenzienti e consapevoli protagonisti. Non solo, ma hanno voluto che gli stessi alberi facessero loro da schermo, confondendosi nel fitto del giardino. Dio, però, non si è lasciato trarre in inganno e nel suo primo dialogo con questo principio di umanità ha fatto ogni buon tentativo per riportarla alla autenticità originale, così come era uscita dalle sue mani, e di cui si era compiaciuto vedendo che era “cosa molto buona”. L’uomo e la sua compagna ugualmente hanno preferito mantenere la maschera, resa ancora più sofisticata dalla abilità di argomentazioni a propria discolpa e difesa.

E uscendo dal giardino oltre al peso del “faticherai…” si sono caricati il bagaglio personale del conflitto tra la verità splendida ed unica di essere creature a immagine di Dio e il sogno illusorio di “voler essere come Dio”.

Dalla vicenda di Adamo ed Eva ne abbiamo fatta molta di strada e ancora oggi viviamo i nostri giorni dibattuti tra la nostalgia struggente di essere autentici e la tentazione irresistibile di mascherarci.

Quanta sete di essere veramente noi stessi e quanto bisogno di mostrarci come vorremmo essere o come vorremmo che ci considerassero!

Gesù ha una parola che può risolvere alla radice questo dualismo: siate semplici!

La semplicità alla quale ci invita è accettare di essere quelli che si è, consapevoli che Dio non disdegna di abbracciare tutta la verità di noi stessi, quella che tentiamo di mascherare come quella che di fatto si manifesta, la debolezza come la preziosità.

Suor Caterina Margini
Figlia dell’Oratorio (FdO)

Vi è una figura che unisce le due aggettivi in questione: il pagliaccio. Morte nel cuore, sorriso sulle labbra. Dolore dentro, esteriormente festosità. E’ umano questo?

Dentro e fuori: ecco il nucleo del binomio autentici o mascherati. Che cosa unisce la nostra sfera interiore al personale apporto esteriore? La coscienza di essere inviati agli altri, la cura degli altri, la solidarietà con loro. Quando l’attenzione all’altro supera quella verso la propria persona, spesso si rende necessario l’uso di una maschera.

La usa il pediatra reduce di un lutto famigliare mentre si appresta a mettersi a disposizione dei piccoli pazienti e dei loro apprensivi famigliari. La usa l’insegnante, disingannata nel suo vissuto sentimentale, entrando nell’aula ove gli alunni attendono la sua completa disponibilità e cura. La usa il sacerdote quando tra i mille affanni si ferma dedicando il suo tempo a lenire il dolore di quel fratello quasi fosse l’unica faccenda
veramente importante in quel momento. La usa il negoziante, nonostante le tragedie personali, verso i clienti che attendono un servizio di qualità.

pagliaccio grandeOffrire all’altro, che attende, la risposta alle sue attese, la migliore risposta alle sue attese, può essere uno sforzo di encomiabile filantropia. Riservare a Dio ed a coloro con cui è possibile confidarsi quanto viviamo interiormente è un’alta espressione di fede matura, uno dei capolavori della carità.

Sr M. Rosangela Sala
Presidente Regionale USMI Ligure