Tra le tante riflessioni interessanti, intrise di vissuto esperienziale e fondate anche su autorevoli citazioni, scelgo un passo del contributo di Sr. Biancarosa Magliano che riporto testualmente: «Molière sosteneva che “i dubbi sono più crudeli della peggiore delle verità”, ma è pur vero quanto sosteneva Pirandello: “è meglio avere dubbi che false certezze”. Il dubbio ti pone in ricerca appunto. La falsa certezza ti butta nel buio della notte. Anche se Norberto Bobbio affermava che “il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi e non già di raccogliere certezze”, la verità esiste e va cercata senza inutili o pericolose dilazioni».
I termini della questione ci sono tutti: dubbio, certezze, ricerca della verità. Ma ciò che entra in gioco è soprattutto l’esercizio della libertà. In una “predica” al “Festival dei Due Mondi” a Spoleto nel 2013, commentando l’opera di misericordia spirituale “consigliare i dubbiosi”, Mons. Rino Fisichella, affermava che il dubbio abilita alla scelta, ma questa va sostenuta dalla verità trovata. L’essenza dell’uomo, dunque, è messa in questione con il dubbio; la verità e la libertà raggiunte gli restituiscono dignità. Una citazione di Pascal sembra trovare un punto di equilibrio in questa complessa problematica quando scrive: «Bisogna saper dubitare quando è necessario, affermare quando è necessario e sottomettersi quando è necessario. Chi non si comporta così, non capisce la forza della ragione. Ci sono persone che sbagliano contro questi tre principi o affermando tutto come apodittico, perché non si intendono di dimostrazione; o dubitando di tutto, perché non sanno a chi bisogna sottomettersi; o sottomettendosi in tutto, perché ignorano quando si deve giudicare». Parole sagge perché esprimono contemporaneamente la forza della ragione, sia quando si fa padrona con il dubbio sia quando sa accettare il suo limite di non poter andare oltre.
Guardando poi al presente, Mons. Fisichella afferma che oggi più che mai il compito di “consigliare i dubbiosi” non richiede innanzi tutto di dare una certezza per andare oltre il dubbio e, appellandosi alla citazione di N. Bobbio – la stessa citata da Sr. Biancarosa – afferma che è venuto il tempo di diventare noi provocatori di dubbio.
Mi sembra utile, a questo punto, citare testualmente dall’intervento di Fisichella per fare una sintesi ragionata e interpellante: «In ogni nostra azione, soprattutto quando in gioco vi è il senso della vita e il futuro che dobbiamo costruire, non sarebbe fuori luogo porre al termine della nostra riflessione un punto interrogativo. Ciò diventa obbligatorio quando per troppo tempo sono stati dati per ovvi e scontati alcuni contenuti del vivere sociale e pubblico. Il dubbio, ad esempio, se come stiamo vivendo sia veramente degno dell’uomo e crei un vero progresso. Il dubbio se questa cultura porterà realmente a uno sviluppo coerente dell’umanità oppure se la sottoporrà a una nuova forma di schiavitù che la priva della dignità fondamentale, quale la sua libertà personale che non può coincidere con il proprio diritto individuale. Il dubbio se stiamo andando nella giusta direzione. Il dubbio per tendere ad andare oltre i luoghi comuni e sviluppare una conoscenza più critica, forte della tradizione precedente, e più solida nella sua espressività. Il dubbio, insomma, se non sia giunto il momento di una reale e radicale svolta nei nostri comportamenti oppure se dobbiamo attendere ancora il momento favorevole. Questo dubbio diventa responsabilità che non delega ad altri il compito di farsi consiglieri credibili e strumento vivo di rinnovamento in vista del futuro delle giovani generazioni».
Non si intende fare un “elogio del dubbio”, ma semplicemente valorizzarlo come la via che può guidare verso la verità. Lo storico Pietro Scoppola, interprete illuminato del pensiero e del movimento cattolico, scriveva: «Non è vero che chi cerca non crede e che chi crede non cerca; non si può fare a meno di cercare per credere e si cessa di cercare quando si cessa di credere».
La vera fede non si oppone al dubbio: ne esalta, anzi, il procedere in avanti, ne esalta la speranza. Chi dubita, infatti, spera.
Daniela Carosio ha lasciato un appunto significativo sul nostro tavolo virtuale affermando che l’aspetto positivo del dubbio non è quello esistenziale, ma quello razionale. «I miei preconcetti sugli altri – scrive – spesso possono essere sbagliati e fuorvianti, quindi meglio dubitare e metterli in discussione. Le certezze che diventano assolutismo e fonte di divisione tra le persone vanno evitate. Se le certezze mie sono vere e quelle tue sono false, si precipita nella contesa e nell’antagonismo. Le credenze che diventano certezze fomentano divisioni e guerre. Se le certezze nascono nel cuore o nell’intuizione di una nuova scoperta sono fonte di vita e di nutrimento, se i dubbi formulano uno spostamento o una espansione degli orizzonti anch’essi sono creativi».
Avere dubbi non significa, allora, rimanere paralizzati nell’indecisione o passare da un’opinione all’altra a seconda del vento che tira nella massa o del proprio umore quotidiano. Ma anche avere “troppe” certezze, comprate a buon mercato dal venditore di turno, presenta un rischio non piccolo! Si tratta, allora, di credere in ciò che si crede ma senza considerarlo un “dogma”, significa vivere la propria vita e le proprie scelte con convinzione ma anche con grande umiltà, quell’umiltà che ci permette di confrontarci con l’altro, di cambiare opinione, di riconoscere che abbiamo sbagliato e che permette di non escludere negli altri la possibilità di idee, scelte e posizioni corrette, pur diverse dalle nostre.
In un’intervista del 2007 alla rivista internazionale “30 Giorni” Papa Francesco, allora arcivescovo di Buenos Aires, fa riferimento al profeta Giona in questi termini: «Giona aveva tutto chiaro. Aveva idee chiare su Dio, idee molto chiare sul bene e sul male. Su quello che Dio fa e su quello che vuole, su quali erano i fedeli all’Alleanza e quali erano invece fuori dall’Alleanza. Aveva la ricetta per essere un buon profeta. Dio irrompe nella sua vita come un torrente. Lo invia a Ninive. Ninive è il simbolo di tutti i separati, i perduti, di tutte le periferie dell’umanità. Di tutti quelli che stanno fuori, lontano. Giona vide che il compito che gli si affidava era solo dire a tutti quegli uomini che le braccia di Dio erano ancora aperte, che la pazienza di Dio era lì e attendeva, per guarirli con il suo perdono e nutrirli con la sua tenerezza. Solo per questo Dio lo aveva inviato. Lo mandava a Ninive, ma lui invece scappa dalla parte opposta, verso Tarsis … Le nostre certezze possono diventare un muro, un carcere che imprigiona lo Spirito Santo …».
E nella lettera scritta al giornalista Eugenio Scalfari e pubblicata sul quotidiano “La Repubblica” (4 settembre 2013) Papa Francesco, citando l’Enciclica “Lumen Fidei” scrive: «Mi permetta di citarle in proposito un’affermazione a mio avviso molto importante dell’Enciclica: poiché la verità testimoniata dalla fede è quella dell’amore – vi si sottolinea – “risulta chiaro che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti” (LF, 34). È questo lo spirito che anima le parole che le scrivo».
Il teologo valdese Paolo Ricca mette efficacemente in relazione tra loro la fede, il dubbio e l’inquietudine, partendo da due affermazioni molto nette: «Quando inizia la fede comincia anche l’inquietudine. La fede rende inquieti ma non dubbiosi». Considera infatti il dubbio come un interrogativo rivolto a Dio, mentre l’inquietudine è dubitare di se stessi, di ciò che si sta facendo, di quale società si intenda costruire: da questo punto di vista Dio diventa certezza. Il teologo ammette, certo, il rischio di un dubbio sistematico che alla fine piomba nello scetticismo, di una costante titubanza che può sfociare nell’inerzia e di un’esitazione che non è riflessione e ponderatezza, ma indecisione e sospetto permanente. «Ma, proprio perché la fede – conclude – non è il frutto di un teorema matematico ma è una scelta, sì, della ragione ma al tempo stesso del cuore e della vita, il dubbio può affiorare e rendere il credere un cammino vero anche se rischioso e fin lacerante».
Nel suo libro «Introduzione al cristianesimo» il Papa emerito Benedetto XVI ricordava che «tanto il credente quanto l’incredulo, ognuno a modo suo, condividono dubbio e fede, sempre che non cerchino di sfuggire a se stessi e alla verità della loro esistenza».
Gesù, nel momento della sua ascensione al Padre, affida il Vangelo a undici uomini impauriti e confusi, che mentre si prostrano, dubitano ancora. Eppure proprio a loro, e oggi a noi, alla loro e nostra fragilità, Gesù affida il Vangelo e dà il mandato di fare discepoli tutti i popoli (cfr Mt 28,17).
La sua fiducia e la sua promessa – Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo – possano essere l’unica salda certezza che neutralizza i dubbi trasformandoli, ogni volta che affiorano, in sentieri verso la Verità.
Azia Ciairano
Responsabile ufficio Animazione Missionaria USMI
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