“Remate, siate forti”. Lo ha detto papa Francesco ai suoi confratelli gesuiti il 27 settembre scorso (2014). Faceva memoria di quanto Pio VII aveva loro scritto il 7 agosto 1814 quando, con la bolla Sollicitudo omnium Ecclesiarum, la Compagnia di Gesù, dopo la soppressione, fu ‘riammessa’ come ‘Ordine religioso’. Egli li aveva definiti “rematori esperti e valorosi”.
Forza e debolezza. Ancora un binomio esistenziale, indivisibile, ma, forse, questi due termini sono tra loro ancora più coinvolgenti di altri. Sono intersecanti. Se così non fosse, equivocherebbero quanti parlano o scrivono su “la forza della debolezza”.
Mi affaccio alla storia. E mi ritrovo con la ‘forza’ dei ‘deboli’. Penso ad Abele, a Sadrach, Mesach e Abdenego, che, nella fornace ardente, cantano al loro Dio, che sanno essere vivo e vero. Penso a Paolo, lo scrittore biblico che, più di tutti, ha fondato la propria debolezza sulla forza del Cristo, Figlio di Dio e che ha avuto la saccenza di compiacersi delle proprie fragilità: “Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza (forza) di Cristo. Perciò mi compiaccio delle mie debolezze”. Penso al dodicenne Silvio Dissegna le cui virtù eroiche sono state ufficialmente riconosciute direttamente da papa Francesco l’8 11 2014. Motivo? Quel ragazzo – che amava giocare a pallone – seppe vivere con ‘forza’ eroica il proprio cancro alle ossa. E penso a quante donne: a Ester e a Giuditta, alla madre dei Gracchi, a Gianna Beretta Molla, e a moltissime donne consacrate conosciute e non, e a quelle che mi passano accanto oggi in luoghi diversi…
E’ la fragilità umana che si sposa con quella forza che riempie di sé tutto l’essere. Forza allora è affrontare con coraggio, e possibilmente con la pace in cuore, le situazioni avverse, le proprie e altrui fragilità. Forza non è mai impudica rassegnazione; forza è accettazione serena delle proprie e altrui deficienze; è rispetto; è costanza; è stile di vita; è compattezza interiore. Forza non è mai violenza né fisica né psicologica; è giusta accondiscendenza, mai ritrosia; è saggia gestione della propria emotività; riconosce, ammette e accoglie le capacità innovative di tutti, anche quelle che ti mettono un po’ in ombra o in minoranza. Forza è amare la vita anche quando sembra che essa non abbia senso… perché “nella armonia della propria musica aiuta ad essere danzatori e non burattini”. A ognuno la propria responsabilità coscienti che Dio non soppianta mai l’umano, ma lo può avvolgere di divinità.
Ecco, pur impastati di debolezza, andiamo verso l’anno della vita consacrata con audacia perché ogni Istituto e, in esso, ogni suo membro sa di dover comunque ‘remare’ “con una fantasia sempre rinnovata” nei vari ambiti del proprio carisma, perché, come scriveva Paolo ai Corinzi: “Dio sia tutto in tutti”.
Biancarosa Magliano
Direttore responsabile
Nella nostra cultura pare non esserci più spazio per chi è debole, per chi non è in grado di rispettare gli standard stabiliti come efficienti e vincenti. Le ragioni di questa situazione sono principalmente due. Da una parte la nostra è una società sempre di più in mano alle forze economiche, le quali campano propagando una logica del successo, della concorrenza, del più forte appunto. Si pensi per un momento alla cultura delle classifiche, delle top ten, dell’auto migliore dell’anno, del prodotto dell’anno, del miglior investimento dell’anno; è una cultura degli indici di rendimento, del rating continuo di ogni cosa e di ogni realizzazione umana, che getta una luce negativa su chi non arriva al top. Un secondo elemento che contraddistingue il tempo in cui viviamo è la presenza sempre più invasiva della tecnica e dei suoi prodotti, la cui logica di base è quella della produttività, dell’efficienza e della performatività.
Dall’intreccio di queste due potenze, è sorto nel nostro tempo, come decisivo, un tipo di sguardo sul reale per il quale non c’è posto per quanto non funziona o funziona poco, non si vende o si vende poco, non gira o gira poco, non si impone o si impone poco. E questo vale non solo per le cose ma anche per l’esistenza umana.
Dobbiamo davvero sperare che la profezia di Papa Francesco possa portare davvero un po’ di ravvedimento a questa società che fa della forza il punto massimo della sua debolezza in merito alla qualità scarsamente umana della vita che ci propone.
Amedeo Matteo
Docente di Teologia Fondamentale alla PUG
Assistente nazionale FUCI
Ogni volta che al cielo alzo lo sguardo, /in questo spazio infinito,
/cielo stellato che il tempo non misuri,
in Te Procreatore d’ogni scintilla m’immergo, /Essente e Dinamico Presente…
nella mia infinitesima debolezza, inconsistenza… e in Te ritrovo Forza vitale.
Debolezza, leggerezza e vulnerabilità, che d’inciampare, di peccare proponi, fiacchezza impossibile che al mattino richiami e ricordi lo scorrere inarrestabile dei giorni, degli anni e delle decadi, o del male nascosto e percepito manifesti presenza, tremito e timore di non potercela fare, di non poter avanzare di un passo, quasi voce e scricchiolio di ossa ormai fragili, usurate… il tuo prevalere, la tua vittoria è sicura umiliazione: per terra, faccia e mani, non resta che pianto e invocazione … ma induci, così, a scoprire la gioia dell’umiltà, rivelando ad ognuno ciò che realmente: il più debole, fragile ed esposto di tutti gli esseri viventi e dei suoi stessi simili… che nulla di sé realmente possiede.
Ma, quando sono debole è allora che sono forte, perché mio canto e mia forza è il Signore… libero, finalmente, dal mio orgoglio e dall’autosufficienza… se tutto vacilla e non posso contare su me stesso non mi resta che affidarmi, chiedere aiuto, ricorrere all’Altro …
Come la letteratura e la storia hanno magistralmente descritto, personalità senza scrupoli, uomini dalla risoluta fede nella scienza o nella sola ragione sino ad un momento prima, hanno sperimentato la debolezza quale ultima opportunità, dopo aver tentato di negare anche la sola remota probabilità di riconoscere il Creatore… In quell’estremo momento di totale resa, invocando dal profondo di un nulla sperimentato e riconosciuto, in tanti hanno ritrovato la forza del perdono, del riscatto e della vita eterna….
Troppo spesso è Il complesso d’onnipotenza che percorre il mondo moderno ad impedire alla speranza d’invocare l’aiuto necessario e ad una ‘fede autosufficiente’ di credere nell’Amore provvidente… Se avverto, dunque, percepisco e riconosco la mia debolezza, reso umile e bisognoso da circostanze ed eventi, consapevole della mia fragilità e prostrato al punto di ricorrere al soccorso altrui, sono già potenzialmente ‘forte’: allora ‘intelligo’, posso investigare soluzioni alla mia infermità fisica, psicologica, spirituale.
Debolezza dell’intelligenza e suo limite, incapacità della ragione e naufragio dei suoi slanci, meraviglia della forza dell’essere e della sua intrinseca essenza… Debolezza e forza a perenne confronto, l’una continuamente di fronte all’altra, come il povero ai piedi del potere imperante, dell’opulento, del sazio, di ogni tipologia di sfruttamento e di quanti, ‘forti’ di posizione o ruolo, esigono servizio invece di servire secondo le loro responsabilità, rovinando se stessi e offendendo la dignità degli Uomini.
Il mondo respira la forza per soggiogare e ridurre al silenzio popoli divenuti ‘masse’, la debolezza comanda e impone il giogo della miseria con incapacità e fallacia, mentre la storia aggiunge al suo bagaglio innumerevoli baratri di oppressione, moderne voragini infernali di guerra e odio in ogni continente.
Debolezza, in questo nostro tempo… occasione di fraternità e d’esperienza della Paternità di Dio per tutti gli uomini da sempre fratelli che non riescono a riconoscersi tali…
Forza, invece… quella che proviene da sacrifico e sofferenza, da allenamento nell’affrontare piccole e grandi prove, quella che il cuore contraendosi sino all’ultimo battito, impiega per alimentare ogni cellula in ogni parte del corpo, quella che i muscoli offrono al lavoro e alla fatica affrontando quotidiane esigenze sociali e personali, forza è quella del bene che ‘resiste’ ad ogni insulto, che ogni cosa opera per l’Uomo e per il suo autentico progresso, forza è quella dell’intelligenza che cerca le vie della verità, della giustizia e della pace, forza è quella dell’anima che non soccombe alle incursioni del maligno ed ai pericoli di perdersi … forza è quella dell’Umanità che riconosce se stessa in ogni suo membro e ne custodisce dignità e vita… Forza è, prima di tutto, quella della vita che rinasce dalla morte del seme e continua a rigenerare la terra attraverso ogni nuovo, ‘unico’ e irripetibile essere vivente…
Se ogni ‘Swot Analysis’ partisse dalla vita per incentivarne possibilità… l’unione farebbe davvero la forza e la differenza!
Concetta F. SINOPOLI
Docente di Bioetica – Scrittrice
L’umanità di Gesù è vera quanto la mia umanità quando prova paura e sente non poche volte di voler sfuggire alla presa. Pur credendo che Gesù sia vero Dio e vero uomo, avremmo preferito non si trattasse di una umanità tanto fragile e provata. Forse anche noi sogniamo una vita cristiana al riparo da fragilità e debolezze che invece affiorano a ogni snodo dell’esistenza, quasi ritenessimo che il cammino di Gesù sia un cammino solo per chi crede di aver raggiunto una certa maturità. Restate qui e vegliate… Non lasciatemi solo! Ai tre discepoli che già lo avevano accompagnato sul monte della Trasfigurazione, Gesù consegna il suo stato d’animo fortemente provato: la mia anima è triste fino alla morte. Rivela la fragilità da cui si sente attraversato. Ciò che egli sperimenta è ciò che prova ogni uomo quando grida il bisogno di qualcuno che gli stia accanto, il bisogno di una compagnia: vegliate con me. Anche Gesù chiede la condivisione di un momento difficile mentre lotta con paure e desideri che affollano il suo cuore. Allontana da me questo calice! Più volte Gesù aveva predetto la sua fine ignominiosa, più volte aveva dovuto ridimensionare le mire trionfalistiche di Pietro e degli altri discepoli proprio a questo riguardo. Ora, invece, sembra tirarsi indietro mentre chiede al Padre di sfuggire al momento che sta per incombere e verso cui si era diretto con tanta determinazione. Conosciamo anche noi – forse non in modo così drammatico – la lotta interna al nostro cuore: “voglio e non voglio, ho deciso e ho paura… mi butto e insieme vorrei fuggire”. Anche Gesù fatica a consegnarsi. Solo in un secondo momento aggiungerà: però non ciò che voglio io… Credo che con troppa facilità noi colmiamo lo scarto che c’è tra i due momenti della preghiera di Gesù, tra “la resistenza e la resa”. Quello scarto verrà denominato dai mistici “la notte oscura”, quando si sperimenterà aridità, non senso, comunione di mensa con i peccatori. Ciascuno di noi attraversa anche più volte questo tipo di esperienza interiore. Per questo abbiamo bisogno di non distogliere lo sguardo da questa icona di Gesù prostrato davanti al Padre nel Getsemani.
Restate qui: imparare a stare con Gesù non solo nell’ora in cui tutto sembra confermare le nostre aspettative, ma anche in quella della solitudine e dell’angoscia. Quel restate qui lo sento come un invito a non aver paura della propria vulnerabilità. Lo sento ancora come un invito a intercettare attorno a noi quelle situazioni di povertà e di limite che ci chiedono non soluzioni anzitutto ma l’esercizio della compagnia (vegliate con me). Alzatevi, andiamo! Per andare è necessario alzarsi. Da che cosa dobbiamo alzarci? Dal torpore di una vita cristiana a costo zero, dal torpore del vivere con Gesù solo i giorni in cui i nostri progetti personali sono in sintonia con i suoi, dal torpore di chi, volendo tenere sotto controllo la situazione, ha paura di consegnarsi con spirito di fede.
Antonio Savone,
presbitero
Il binomio forza-debolezza accompagna lo svolgersi della storia dell’umanità. La lotta tra i due fratelli e il prevalere del più forte fisicamente, Caino. Le continue contese e guerre segnano dagli albori la nostra storia ed i nostri confini, come oggi li conosciamo. La forza delle organizzazioni, la forza delle multinazionali, la forza della comunicazione, la forza della violenza delle immagini. La forza della bellezza.
Forza fisica, forza spirituale, forza intellettuale. La selezione darwiniana che fa prevalere i geni dei più atti, dei più forti, o meglio dei più atti ad adattarsi. La forza da sola non basta e si accompagna alla intelligenza, alla capacità di adattarsi. Animali enormi e dalla grande forza come i dinosauri si sono estinti.
Nella mitologia greca sono note le prove di forza di Ercole. Ma tra le prove di forza e resistenza degli eroi greci, narrate nell’Eliade, ci è arrivata quella più vicina alla sensibilità dell’uomo moderno: la vicenda dell’Odissea. La resistenza ad una idea, ad un obiettivo che segna tutta l’esistenza. E allora la forza è vincere o resistere, la forza è astuzia o forza bruta? Ulisse è l’eroe astuto che compie per una intera vita il viaggio di ritorno alla sua Itaca. La forza dei martiri, la forza di coloro che hanno un ideale, una passione e resistono, pur essendo deboli fisicamente.
La forza di portare avanti una idea ed un progetto. La forza di fare prevalere la giustizia e la verità, nonostante tutte le oppressioni escogitate dal bisogno di controllo. Gesù e il cristianesimo sparigliano i parametri. Una rivoluzione rispetto alla legge del taglione. La forza di resistere alle tentazioni, di non farsi travolgere dall’abisso.
La logica umana della forza è limitata, spesso distruttiva se porta al confronto fisico e all’annientamento dell’avversario. La logica spirituale della forza è in armonia con l’universo. Non c’è esclusione dell’avversario, ma integrazione come parte di un tutto o come espressione e parte della creazione.
La pièce teatrale ‘La più forte’ di Strindberg enfatizza uno scambio di ruoli, due donne, una in silenzio e l’altra che parla soltanto. Chi delle due vince, chi delle due prevale? Entrambe sono due facce della stessa fragilità femminile. Due aspetti della stessa donna, rappresentati da due caratteri diversi.
Che cosa è veramente forza e debolezza vista con il senno di poi? Le definizioni tradizionali svaniscono e assumono contorni indefiniti. E la debolezza dell’essere umano che nega Dio (con la massima affermazione del super-uomo), ma che ha bisogno di riaffermarlo o di ricrearlo in ogni oggetto o feticcio o dipendenza della sua breve vita, che cosa è?
Sono concetti relativi nello spazio e nel tempo e transeunti. L’infinito, il Divino, lo spirituale sono gli unici concetti di forza realmente tali. Tutto il resto, tutto ciò che è immanente, è fonte di illusione e di scambio di significati. Ciò che oggi appare forte è debole e viceversa, avvolto nel velo di Maia, come sostengono le mitologie indiane e la grande epopea del Mahabarata. Vanità delle vanità, come afferma Qoèlet. Personalmente, mi sento in pace e serena quando sento che riesco ad amare le mie debolezze e mi sento amata come creatura debole. In un mondo così complesso ed ingiusto come il nostro, lo spirito del discorso della Montagna di Gesù sulle beatitudini è più che mai vero e ricordarlo ci può dare serenità e gioia.
Daniela Carosio Director Sustainable Equity Vlaue Ltd
Quando pensiamo alla dialettica forza/debolezza tendiamo a riferirci subito alle considerazioni di san Paolo, che ci dice che è nella debolezza che trova la sua forza (2Cor 12,10). Questo pensiero ha fatto spesso prevalere nella pastorale ordinaria una insana celebrazione della incapacità, dell’inconsistenza, della mancanza appunto di forza. Mi pare che un simile squilibrio lo si trovi anche rispetto ad altre dialettiche spirituali: povertà/ricchezza, obbedienza/libertà, servizio/regalità etc. Si insiste quasi solo sulla parte negativa del gioco dialettico; mentre ciò che interessa è proprio il risvolto positivo.
Ciò che interessa non è che san Paolo denunci la propria debolezza – dimensione comune a tutti i mortali; ma che ci dica che attraverso questo indebolimento di ogni pretesa di controllare il gioco della vita, si manifesti la straordinaria potenza di Dio (Ef 1,19).
La persona che si lascia plasmare dal Cristo, insomma, e che perciò indebolisce ogni resistenza egoica, diviene il canale di una forza inaudita, in quanto lo Spirito di Dio ci rafforza “con ogni energia secondo la potenza della sua gloria, per poter essere forti e pazienti in tutto” (Col 1,11).
E’ questa potenza dello Spirito che siamo chiamati a manifestare, attraverso la debolezza delle nostre forze solo umane. Così come il servizio è divino proprio in quanto viene svolto da una persona che è consapevole della propria regalità, della propria sovranità, mentre può ridursi a semplice schiavitù se privato della luce divinizzante del Cristo Re e Servitore.
Marco Guzzi
Scrittore
Forza e debolezza sono due concetti che evangelicamente si capovolgono, come gli ultimi che diventano primi. Per Gesù la persona forte è quella che si dona gratuitamente, che ama senza tornaconto. Quindi che non fa crociate per imporre le sue idee, tantomeno si arrocca su piedistalli o crea correnti di appoggio, ma attrae e colpisce per la sua testimonianza autentica. Al contrario, per Gesù la persona debole è quella che si fa vincere dalle smanie di protagonismo e dalla bramosia di potere, dallo stordimento del denaro a volontà e dai seguaci calamitati dagli stessi obiettivi. La forza di amare evangelicamente, però, viene dal Signore. Non si compra, non si vince con una schedina, non si baratta. È la logica cristiana capovolta, troppo spesso dimenticata da chi si dichiara credente.
Laura Badaracchi
Giornalista Avvenire
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