“Autorità e servizio”. Una lettura critica

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In diversi momenti storici le espressioni dell’autorità e quelle del servizio non sono andate d’accordo. Perché? Forse, perché si è verificata di fatto una scissione tra l’autorità morale e quella gerarchica.
La gerarchica era vissuta come un qualcosa di imposto, di non condiviso. L’autorità morale rimaneva invece circoscritta ai testimoni, a coloro cioè che incarnavano nel modo più trasparente il messaggio del Vangelo.
Tale divaricazione ha avuto riflessi negativi sulla vita della Chiesa perché tutto ciò che proveniva da una realtà gerarchica era applicato in modo passivamente ubbidiente, mentre ciò che derivava dall’autorità morale era vissuto come una luce dello Spirito.
A questo punto l’esigenza che si pone oggi non è quella di disegnare contesti diversi ove collocare l’autorità e il servizio, ma è piuttosto quella di slargare le dimensioni di una riflessione (e quindi di un respiro) a una prospettiva comunionale nella conferma di un unico carisma.
La comunione nella Chiesa parte da un Pane spezzato per tutti, da una Croce che libera, da un’orazione nel Cenacolo, da una missione che serba in cuore la forza della Pentecoste e il continuo “ritorno a casa”, tra gli anziani, tra coloro che hanno visto e che raccontano di un Dio che si è fatto Uomo per essere tutto in tutti.
Il primo interrogativo che si pone – allora – può essere forse il seguente: c’è consapevolezza del fatto che la nostra comunione nasce da un Pane spezzato?
Lavandap_3Che anche l’autorità è un modo per lavare dei piedi ai discepoli dell’unico Maestro? Che anche l’autorità è un morire in senso evangelico per far nascere nuove vite in Cristo?
Forse, in alcuni momenti, le urgenze, le difficoltà organizzative, le deboli energie presenti sul campo dell’apostolato, le contrarietà improvvise, i limiti dell’umano, possono aver allontanato di fatto questa memoria quotidiana del Pane spezzato.
Si tratta allora di ripercorrere la strada che conduce a quella Cena pasquale ove la massima Autorità, Cristo stesso, spiega il servizio in chiave di vicinanza e di offerta, di incoraggiamento e di indicazione, di esempio e di conferma.
Qualcuno degli apostoli comprende prima. Qualcuno è turbato. Qualcuno pone interrogativi. Malgrado ciò, la storia della Salvezza – pur passando attraverso le storie umane – non rallenta ma si indirizza verso l’Ora dell’Olocausto e della vittoria sul peccato e sulla morte.
Oggi, in un’ora storica nella quale alcune correnti di pensiero (si pensi al soggettivismo e al relativismo) sembrano sventolare sempre più un concetto di liberalismo applicato a ogni decisione del momento, diventa importante far comprendere come la libertà personale resta sempre un valore importante e come la diaconìa dell’autorità non sussiste per cancellare le libertà ma per orientarle nella costruzione di un unico carisma.
La riflessione sull’autorità si sposta – allora – in direzione di un approfondimento del carisma.
Che senso avrebbe, infatti, un ruolo caratterizzato da una potestas decisionale in assenza di un carisma?
Il carisma, cioè il dono alla Chiesa e alla società di un impegno specifico, non è infatti il programma di vita, ma è piuttosto l’obiettivo al quale si tende attraverso progetti di vita.
Il carisma spiega l’autorità ma non la copre se quest’ultima diventa autoritarismo.
Il carisma valorizza l’autorità ma non la giustifica se quest’ultima segue un personalismo illogico.
Il carisma è vita. E nella vita ci siamo tutti dentro. Anche perché questa Vita supera l’immanente ed entra in quella divina che, per sua natura, è continuo movimento d’amore.
In tale contesto, le voci che in precedenza sono state riportate, gettano luce su orizzonti e contemporaneamente analizzano con rispetto situazioni interne.
Gli orizzonti servono per non restare immobili. Per non chiudersi. Per non continuare in atteggiamenti segnati da piagnistei e da ricordi che vanno sempre all’indietro.
Ma anche i riferimenti alle situazioni interne sono essenziali. Perché in assenza di questi tutto può diventare teorico, idealistico, poetico, zuccheroso.
È la realtà quotidiana che ci interroga sul rapporto tra autorità e servizio. Ed è questa stessa realtà operaia che ricorda in continuazione l’esigenza di non scindere il rapporto tra autorità e servizio.
La superiora che non sa inginocchiarsi rimane sterile nelle sue esortazioni.
E colei che lavora in portineria e che non dedica neanche un’Ave Maria quotidiana alla superiora è già meno inserita in un rapporto comunionale.
Dove allora trovare l’istante della sintesi totale? Nell’offerta di ogni momento della propria vita al Signore per la comunità.
Quando ogni istante diventa un “Ecce”, allora si spezza la differenza tra autorità e servizio perché ci si ritrova tutti accanto all’unico Maestro. Chino. A lavare dei piedi.

Pier Luigi Guiducci
Università Pontificia Salesiana

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