« La strada non c’è.
Da qui in poi, speranza.
Mi manca il respiro,
da qui in poi, speranza.
Se la strada non c’è,
la costruisco mentre procedo.
Da qui in poi, storia.
Storia non come passato, ma come tutto ciò che è»
(Ko Un da Songs for Tomorrow, 1992).
La Speranza implica l’attesa. E’ questa attesa che a volte ci può portare alla disperazione. Non fatevi rubare la Speranza ha detto il Papa Francesco ai giovani studenti. Dalla religione cattolica, la speranza è definita come “l’attesa fiduciosa della benedizione divina e della beata visione di Dio” e di contro viene definita come “peccato contro la speranza” la disperazione con la quale si presume di potersi salvare senza Dio Per il laico, esiste questa presunzione che è altro peccato per chi è cattolico, di vivere senza attesa e vivere giorno dopo giorno, ora, adesso, subito. Però come diceva lo scrittore argentino Adolfo Bioy Casares: “Forse tutta quest’igiene di non sperare è un po’ ridicola. Non sperare dalla vita, per non rischiarla; considerarsi morto, per non morire. A un tratto tutto questo mi è sembrato un letargo spaventoso, preoccupante; voglio che finisca.”
Adriana Moltedo
Esperta di comunicazione istituzionale
Nessuno conosce il futuro e nessuno saprà mai esattamente come andranno le cose prima che queste si verifichino, per questo la nostra vita è fatta di scelte che non si sa dove ci porteranno, quindi l’unica cosa che possiamo fare è sperare, sperare di aver preso la giusta decisione, sperare che dietro quella curva ci sia il sogno, sperare che dopo la notte ritornerà il giorno.
La speranza è quell’emozione annidata dentro di noi che ci sprona ad andare avanti, che ci fa vedere il bicchiere mezzo pieno, un po’ di luce nei momenti bui.
Il susseguirsi di cambiamenti che ci coinvolgono e stravolgono possono portare con loro situazioni negative che potrebbero minare il nostro essere, la nostra armonia ed attaccarci per spingerci sull’orlo del baratro dove l’ultima barriera che ci protegge dalla caduta è la speranza. Spesso però il reiterarsi nel tempo di queste condizioni ci esaspera mettendo a dura prova la resistenza del nostro animo, ed è proprio quando tutto inizia a diventare nero e la speranza cede lentamente il posto alla disperazione che ti potresti accorgere di non esser solo: nel momento in cui le persone a cui sei caro cercano di aprirti un varco fra le tenebre per permettere alla fiamma della tua speranza di tornare a respirare.
Alessandro Zega
Praticante commercialista
Nessuno ci rubi la speranza
La crisi antropologica che caratterizza l’oggi contemporaneo, ci mostra plasticamente i risvolti e le conseguenze della disperazione: depressione, suicidi, rabbia, voglia di azioni plateali, vendetta. Oggi più che mai, c’è un grande bisogno di tenerezza, che al pari di una delicatissima iniezione faccia da collante alle complicate situazioni esistenziali, legandole fra di loro in una sintesi sapienziale di vitalità.
È ancora una volta papa Francesco a darmi lo spunto, là dove nella Lumen Fidei, al n. 57, afferma che «La sofferenza ci ricorda che il servizio della fede al bene comune è sempre servizio di speranza, che guarda in avanti». Poco oltre si legge: «Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino, che “frammentano” il tempo».
La speranza è un bene da salvaguardare perché essa ci mantiene vivi e attivi nell’opera di Dio. Chi non spera resta privo dell’input che lo fa “essere”, per gli altri, la luce che illumina il cammino verso il futuro. La disperazione è il contrario di tutto questo.
Cristina Beffa
c. beffa@paoline.it
“Tristeza nâo tem fim, felicidade sim” (“La tristezza non ha fine; la felicità sì”). Così si lamenta una famosa canzone brasiliana. Le malattie, i vizi, la pazzia, la povertà, la stanchezza, la vecchiaia: la lista dei difetti della condizione umana non ha fine. Ma, la felicità è così breve e sporadica? No, ma il fatto è che si tratta di un dono che soltanto leghiamo alla soddisfazione del piacere, quando in realtà si tratta di una disposizione che implica coraggio, sforzo e merito. La storia dell’umanità è piena di esempi d’individui che sono notevoli precisamente per aver fatto di qualche grave mancanza personale la loro principale potenza; purtroppo anche è piena – tutti sicuramente possiamo costatarlo intorno a noi – di persone che hanno tutto quello che si richiede per stare bene (benessere materiale, cultura, sicurezza, gioventù, salute) e sono caduti nella peggiore disperazione. Perché se la speranza è l’ultimo valore che si perde, la disperazione è l’ultima sciagura che ci perde.
Enrique Butti – Scrittore argentino
Il contrario della speranza è la disperazione, la resa totale, la percezione della impossibilità di vivere: esserci, ma in realtà non esserci. La disperazione è solitudine, è morte, progetto di morte che uccide se stessi e gli altri. Si ha bisogno dell’altro perché da soli non si può vivere, ma resti intrappolato nella oblio della solitudine. La vita umana non è solitudine ma condivisione, appartenenza, attaccamento, amore. Amare è sperare, sperare è vivere. Avere speranza non vuol dire possedere una visione di come sarà il domani, ma la convinzione di un amore più grande che mai ci abbandonerà. La speranza ha in sé la forza dell’intelligenza e chiede di essere espressa con intelligenza perché perdere ogni speranza è perdere la libertà.
Daniela Di Lisio – giovane ex studente
“La piccola speranza è quella che si leva tutte le mattine” (Péguy) e dà la forza di camminare ogni giorno “semplicemente e a testa bassa”, specie quando il buio avvolge il nostro andare. Sperare è guardare al di là e oltre la breve parentesi del tempo. Allora è vero che “chi ha speranza vive diversamente il presente da chi non ce l’ha” (Spe salvi 7)”. Ma sperare non è facile e disperare è la “grande tentazione”. Oggi, più di ieri, siamo a corto di speranza, le sue sorgenti si sono inaridite e siamo come torrenti che portano pochissima acqua. Perché? Forse perché viviamo una forte crisi di desiderio. Nella sua etimologia, desiderio è: lontani (de) dalle stelle (sidera) da non riuscire a toccarle, eppure inesorabilmente attratti da esse. La caduta del desiderio ci appiattisce, ci fa contenti dei tanti surrogati oggi a portata di mano al punto da non aspettarci più nulla neppure da Dio. E si smarrisce la pazienza dell’attesa. Siamo tutti impazienti di raccogliere i frutti quando ancora sono acerbi e la loro asperità finisce con il lasciarci l’amaro in bocca. Ma forse per questo la piccola speranza si arrenderà e non si alzerà la mattina? No. L’ultima parola è la sua perché Cristo è risorto da morte e l’eternità irrompe ancora nel tempo.
Suor Patrizia Graziosi– Suore di San Giuseppe
Speranza non è ottimismo e nemmeno sicurezza di sé. Speranza è anzitutto un dono che viene dal Signore, ed è la certezza di essere amati e di poter amare. E’ la virtù teologale più necessaria a questi nostri giorni perché il tasso di disperazione sembra moltiplicarsi in modo esponenziale e non trova argini sufficienti per continuare ad amare la vita. Gli sbocchi sembrano essere o l’alienazione o il rifiuto della vita. Ma come si può continuare a sperare? Come rendere ragione al mondo della speranza che ci abita? (Cf 1Pt 3, 15). Nel Nuovo Testamento – come si ricorda Benedetto XVI – troviamo la testimonianza di cristiani che vivono il presente con fiducia e speranza: “essi appartengono a una società nuova, verso la quale si trovano in cammino e che nel loro pellegrinaggio viene anticipata” (SpS 4). In una cultura del “tutto e subito” che vuole evitare ogni difficoltà e sofferenza, il Vangelo ci insegna a riconoscere il ruolo positivo delle prove, a renderci conto come esse aprono gli orizzonti del cuore a una gioia più vera e duratura, perché fondata su Cristo. Ci sono alcuni “luoghi” in cui allenarsi per apprendere la speranza, luoghi che occorre nuovamente riprendere a frequentare con maggiore assiduità: la preghiera, l’affidamento, la cura verso gli altri, la fiducia in Colui che mai ci delude (Cf Rm 5, 5) perché ha vissuto in prima persona ogni sofferenza. Da Lui sappiamo che il venerdì santo non è mai troppo lungo e che dopo sorge immancabilmente il mattino della Risurrezione.
Sr Marta Finotelli, sjbp
Vicepresidente Usmi nazionale
Intese in senso vero e forte, la speranza e la disperazione hanno entrambe a che fare con la salvezza. Nel primo caso mi fido di Dio, spero in lui con tutto il cuore e nulla mi può abbattere. Nel secondo caso vedo solo buio intorno a me, tutto sembra finire nel nulla e la vita stessa diventa inutile. La speranza rende la vita sensata nonostante le difficoltà perché sappiamo che possiamo fidarci di Dio, che le sue promesse di vita eterna sono vere. Per questo san Paolo scrive ai Romani: «Nella speranza siamo stati salvati» (8,24). E il poeta francese Charles Péguy può dire che la speranza è come una bambina, che però sostiene la fede e la carità, immaginate come due donne avanti negli anni. La bambina speranza infatti vede e ama quello che sarà e dà la forza divina di ricominciare ogni giorno.
Don Antonio Rizzolo ssp
Direttore del settimanale
Gazzetta d’Alba e della rivista Credere
La speranza è una virtù e un atteggiamento. E’ virtù, per il cristiano, perché risponde all’aspirazione alla felicità impressa nel cuore dell’uomo che sarà piena nell’incontro finale con Dio, ed è attesa dei cieli e terra nuova promessi dal Signore. Proprio per questo la speranza cristiana ha anche una dimensione orizzontale che spinge il credente ad incidere positivamente nelle realtà temporali: economia, politica, lavoro, cultura, famiglia … .
Estraniare perciò Dio dalla società è privare l’umanità da orizzonti di speranza quali: la pace, la giustizia, la solidarietà, il lavoro, un mondo pulito, il rispetto per la dignità della persona umana, la libertà, una dimensione spirituale liberante … E’ la privazione di tutto ciò che porta alla disperazione. Se l’uomo non scorge concretamente questi orizzonti, se non scopre il senso della vita, se gli è rubata la possibilità di realizzare la felicità sua e della famiglia, se non intravvede un futuro migliore cosa resta? Guerra, depressione, pessimismo, malattia, isolamento, angoscia, violenza, arresa, volgere lo sguardo in tutte le direzioni e vedere solo buio e, spesso, l’ossessione di uscire dal tunnel attraverso la morte! Drammatica realtà in aumento.
L’uomo e la donna di speranza hanno come atteggiamento di fondo l’ottimismo che non è alienazione o superficialità. E’ credere fortemente che immergendosi nel mondo si riesce, con l‘aiuto del Signore, a leggere gli interrogativi inquietanti del mondo globalizzato ma anche coglierne le nuove speranze e che rimboccandosi fiduciosi le maniche si può rendere la realtà più bella, più solidale, più conforme al Regno dei cieli inaugurato da Gesù Cristo. Tale impegno concreto può costituire un punto d’incontro con tutti gli uomini di buona volontà. E anche questa è speranza.
Sr Maria Luisa Gatto
Serve di Maria Riparatrici Ciconia-Orvieto
g.mluisa@smr.it
“Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili…“ (Omelia del Santo Padre Francesco, Domenica delle Palme, 24 marzo 2013).
Le parole di Papa Francesco sono, come sempre, un ottimo deterrente per riflettere con semplicità e chiarezza su argomenti che attualmente sembrano perdere il loro valore oggettivo, causa la confusione mediatica (e qualche volta anche diabolica!) di chi vuole orientare le menti e le coscienze verso orizzonti inconclusionati e pericolosamente dissolventi.
In tale realtà culturale, così maliziosamente manovrata dal dio denaro e dal dio consumismo, si corre il grande rischio di di-sperare, cioè di allontanarsi dalla capacità innata dell’essere umano di puntare su alti ideali e così cadere nel baratro del non senso e del vuoto esistenziale.
Si vuole sempre di più e si ha sempre di meno.
Ecco perché il Papa insiste sull’unico punto forza che può dare significato e speranza alla vita di ogni persona: credere nel Dio di Gesù Cristo, nel Dio dell’Alleanza, fedele alle sue promesse che si realizzano nel Figlio, e nel suo Amore fondamento sicuro della speranza, di ogni speranza.
Per questo “speranza” è l’equivalente di “fede”» (Spe Salvi, 2).
Ogni cristiano, degno di questo nome, è chiamato ad essere gioioso portatore della speranza che non delude, a diffondere ovunque semi di speranza, contrapponendosi alle false speranze della cultura paganeggiante, venditrice di illusioni “psicotiche”.
Cristiani, quindi, che credono nel Signore Risorto e accolgono il Vangelo come unica fonte di felicità.
A ben ragione Papa Francesco ripete con forza: “Seguiamo Gesù! Noi accompagniamo, seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù” (Omelia…cit.).Sr Maria Carmela Tornatore
Suora del Getsemani
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