Archivio di settembre 2012

PostHeaderIcon Ritrovare la freschezza del primo amore…

La Chiesa attraverso i Padri Conciliari aveva definito il documento sulla vita religiosa: Decreto PERFECTAE CARITATIS sul rinnovamento della vita religiosa. Molto sinteticamente, com’è richiesto dalla definizione di un’opera, sia essa letteraria, pittorica, musicale, viene evidenziata e precisata la finalità della vita religiosa: “Il raggiungimento della perfetta carità per mezzo dei consigli evangelici”; la storia e l’identità della vita religiosa, infatti, affondano le loro radici nella dottrina e negli esempi del divino Maestro (cfr PC 1). Non era, quindi, un semplice auspicio o un invito.

La Chiesa voleva il rinnovamento, l’adattamento, l’aggiornamento e ne aveva indicate le modalità: un essenziale ritorno alle “origini fondazionali e carismatiche per ritrovare la freschezza del primo amore”. Già consacrati a Dio nel Battesimo, i religiosi e le religiose dovevano – e devono – essere nella Chiesa segno della sequela radicale di Cristo, veri testimoni del Vangelo, annunziatori credibili dei valori del Regno, di quel “non ancora” che ci attende.

Si dovevano cercare e porre come base necessaria chiare coordinate biblico-teologiche, umano-sociologiche in ambito conoscitivo ed esperienziale. Ciò doveva includere e coinvolgere “il modo di vivere, di pregare, e di agire” ed era da farsi a livello istituzionale, con una ricerca particolarmente approfondita attraverso momenti di studio coinvolgenti tutti i membri dei singoli Istituti.

Si proponeva di valorizzare la regola del cercare insieme, dell’interrogarsi, dell’essere premurose, attente e sensibili le une verso le altre, verso chi amava correre e chi invece preferiva camminare forse con troppa prudenza (da Sognare si può, USMI-EDITRICEVELAR- ELLEDICI 2012, pag.63).

PostHeaderIcon Il desiderio più profondo?

Per mia esperienza personale posso dire che il desiderio più grande di una persona che si è innamorata di Dio, è quello di vedere e riconoscere, in ogni persona che le capita di incontrare lungo il suo cammino,  il volto di Cristo. Sia che l’incontro avvenga all’interno della comunità in cui vive, sia nell’ambito della sua “missione”. Il contatto con l’altro (migrante, povero, bambino, giovane, malato, anziano e soprattutto “diverso”…) sempre mi permette di sognare e ancora di più di incontrare il Cristo a cui ho donato la mia vita.

A volte ci sono ‘cose’ difficili da capire, e allora è la fede che mi aiuta ad andare oltre e fa crescere in me il desiderio di incontrare Dio nel mio prossimo. Mi piace  a questo proposito citare Genesi 1.27 “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò”, perché solo attraverso il prossimo posso dire che Dio esiste. Questa ‘scoperta’ rafforza il mio credo.

Quando tu cominci a gustare Dio, che diventa l’unico principio e l’unico futuro della tua vita, allora non puoi fare a meno di Lui!

Il mio desiderio più profondo è fare continuamente questa esperienza. Non stancarmi mai di cercare Dio in ogni creatura, in ogni situazione, in ogni Paese o Continente dove sarò ‘mandata’, in ogni cultura che incontrerò nel mio quotidiano!

Non smetterò mai di vivere e di dire a tutti che Dio è veramente Amore!

                            Sr Mirela Jaku

                       Suora Missionaria Scalabriniana

PostHeaderIcon Esperienza di universalità

PostHeaderIcon E’ un seme che cresce e si sviluppa…

Un’ulteriore estensione e una più efficace organizzazione si ebbe dal 1965, quando fu fondato presso l’USMI, il Centro nazionale delle segreterie, affidato a padre Antonio Zigrossi che costituì oltre un centinaio di segreterie diocesane e interdiocesane.

Esse avevano alcune funzioni particolari: essere di aiuto formativo soprattutto alle Congregazioni che avevano minori possibilità, alle case religiose più lontane dalla casa generalizia o provincializia; guidare il coordinamento con la pastorale diocesana e parrocchiale; offrire aggiornamento ad ogni livello.

È il seme che cresce e si sviluppa. Ed è enunciata una novità. Lo sguardo e gli interessi non si posano più soltanto sulle religiose nei loro diversi compiti, all’interno dei loro Istituti e nelle loro specifiche attività. Per la prima volta si parla di “coordinamento con la pastorale diocesana e parrocchiale”. E qui è già presente una piccola scintilla di quella che sarà la fiamma incandescente, frutto delle aperture conciliari: l’attenzione alla Chiesa, particolare e locale, con ferma e sincera disponibilità alla comunione e alla collaborazione.

Durante il mandato di madre Benigna Platter, infatti, sulla Chiesa e sul mondo si riversò tutta la prorompente ricchezza del Concilio Vaticano II (1962-1965). I temi su cui riflettere diventarono “di stretta osservanza”; non se ne poteva fare ameno. E così subito dopo si pose la dovuta, amorosa e, per alcune, quasi ossessiva attenzione al Concilio appena celebrato. Con il proprio stile di vita radicale tradotto in pluralità di forme, la vita religiosa, nata come contestazione dei disvalori del proprio tempo e come attenzione agli interrogativi di fondo dei propri contemporanei, doveva e deve rispondere alla domanda religiosa e umanistica dell’uomo e della donna. “Vivere nel mondo, senza essere del mondo” come propone il Vangelo secondo Giovanni (cfr Gv 7,7; 8,23; 12,19.31.47; 14,27) e si legge nella Lettera a Diogneto: “I cristiani vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera”.

Nelle religiose l’ansia di rinnovamento e di adeguamento ai tempi era esplosa davvero, accompagnata o assecondata anche da un certo rigurgito di femminilità. Siamo a ridosso del ’68… Ma già la rivista ALA, nel n. 5 del 1964, riporta un intervento di Francesco de Dainville dal titolo La vocazione religiosa femminile (da Sognare si può, USMI-EDITRICEVELAR- ELLEDICI 2012, pag.63)

PostHeaderIcon Così come siamo

PostHeaderIcon Vita religiosa è…

Per l’esperienza che ne faccio ogni giorno, posso testimoniare che vita religiosa è dono prezioso di Dio che chiama qualcuno; nello stesso tempo, è grande compito della persona chiamata, che si orienta e ri-orienta continuamente per imparare a condividere in concreto tutto ciò che è e che ha ricevuto.

Quando ripenso alla mia vocazione, ritrovo in me la sorgente e anche la pienezza della gioia e della gratitudine. Lasciare ‘tutto’ per il Signore per me ha significato trovare tutto, insieme alla forza e al coraggio necessari per riconoscermi creatura tanto limitata eppure pienamente amata; e per realizzare quotidianamente il lavoro che mi è affidato.

Ho capito che essere fedele al Signore non è altro che essere fedele a quella Sua Verità che è in me e negli altri vicino a me e in tutti senza escludere nessuno. I giorni della nostra vita non sono infiniti e la scelta più giusta è vivere al massimo ogni momento. Sento che Gesù guida i miei giorni, cammina con me da amico e fratello e padre… Ed ho nel cuore la certezza che nemmeno la morte ferma il cammino di chi cerca con amore la verità e non si arrende in questa ricerca.

         Ancil