PostHeaderIcon La presenza delle religiose al Concilio

Madre Costantina Baldinucci e la sua profetica partecipazione
Il Concilio Vaticano II, considerato quasi unanimemente come la pentecoste della Chiesa, in quest’anno è celebrato nel 50° anniversario della sua apertura l’11 ottobre 1962. È un appuntamento particolarmente sottolineato non solo da Benedetto XVI, ma anche da numerose e varie iniziative. Non sono mancati e sono ancora in programma convegni e simposi che mettono l’attenzione sulle uditrici. Anche la rivista Consacrazione e servizio dedicherà all’evento un dossier con vari studi, tra i quali anche uno sulle donne consacrate presenti a tale assise.

Madre Costantina Baldinucci, Superiora generale dell’Istituto Maria SS. Bambina e Presidente della Federazione Italiana Religiose Ospedaliere, è l’unica religiosa italiana tra le religiose uditrici.

Ella, il 23 settembre 1964, proprio al rientro da Roma, riceve a Milano la lettera del cardinal Felici, che porta la data del 22, nella quale è invitata da parte del Papa a partecipare al Concilio in qualità di uditrice.

Dopo aver svolto le pratiche più urgenti con il suo consiglio generale, riparte per Roma il 28 settembre e il 29 è presente alla 90ª congregazione generale.[1]

La sua partecipazione è particolarmente vivace nel senso che non solo condivide con le altre religiose italiane le indicazioni e le problematiche emergenti dai dibattiti conciliari, con intelligenza e propositività, anzi con spirito profetico, ma diviene interlocutrice delle altre uditrici, degli uditori, di vescovi e periti. Organizza incontri, convegni, persino una ricerca attraverso un interessante Questionario; vede le rappresentanti della Lega santa Giovanna d’Arco, l’associazione cattolica che lavora per la dignità della donna per coglierne le istanze e le proposte.

La sua intensa attività si può intravedere appena in un suo interessante scritto-memoria, scoperto da me, come per caso e reperibile nella Biblioteca dell’USMI nazionale.

Leggendo i cinque volumi di Giovanni Caprile,[2] scopro nel quinto volume a p. 572 la recensione di Il postconcilio e la suora. Documentazione relativa all’attività di madre Costantina Baldinucci come “uditrice” al Concilio Vaticano II nella III e IV sessione.

Il Caprile nei suoi cinque volumi sovente propone delle recensioni sulle varie fasi conciliari senza risparmiare rilievi critici.

Leggo con sorpresa la recensione che fa dello scritto della Baldinucci.

Il postconcilio e la suora. Documentazione relativa all’attività di madre Costantina Baldinucci come «uditrice» al Concilio Ecumenico Vaticano II nella III” e IV” sessione. S. Giuliano Milanese, Scuola Tip. San Benedetto Viboldone, 1967, pp. 536.

Madre Baldinucci, superiora generale delle Suore di Maria Bambina, ha dedicato questo volume alle sue religiose, specialmente a quelle che, per un motivo o per l’altro, non avranno il tempo e l’agio di avvicinarsi ai documenti conciliari in tutta la loro interezza. Ad esse, quindi, è riservata l’ampia antologia di testi conciliari, come pure la cronaca del dibattito sulla vita religiosa (le siamo grati di aver largamente attinto, per questa, ai nostri Notiziari) ed alcune conferenze del p. Anastasio del S.mo Rosario sul rinnovamento della vita religiosa.

Ma guardato con l’occhio del cronista, il volume si rivela di grande interesse anche nelle altre sue parti. Nelle prime duecento pagine, infatti, ci si trova di fronte ad una ricca documentazione che va ben oltre il suo valore immediato di informazione rivolta alle religiose circa l’attività della loro superiora generale. Attraverso di esse, in realtà, ci si può render conto con sufficiente ampiezza dell’attività marginale delle uditrici religiose e del loro influsso indiretto sui lavori stessi del Concilio. Il diario degli incontri, delle adunanze, delle conferenze, dei contatti avuti, delle iniziative prese durante i due periodi di lavori, ed altri documenti in genere poco noti, colmano una lacuna nel settore delle informazioni conciliari, ed apportano un utile contributo alla conoscenza della gran mole di lavoro compiuto in quegli anni. Tanto più volentieri, quindi, segnaliamo questo volume, perché rappresenta, per quanto ci consta, il primo bilancio di una certa ampiezza destinato a lumeggiare l’attività delle uditrici (CAPRILE Giovanni, Il concilio Vaticano II, Roma, Civiltà Cattolica, sd., vol V,572)

Sr Marcella Farina fma

 


[1] BALDINUCCI Costantina, Il postconcilio e la suora. Documentazione relativa all’attività di madre Costantina Baldinucci come “uditrice” al Concilio Vaticano II nella III e IV sessione, 31-33; 47. Sintetizza il suo diario nelle p. 47-67.

[2] CAPRILE C., Il concilio Vaticano II, Roma, Civiltà Cattolica, voll. 1-5, sd.

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PostHeaderIcon Gioia del quotidiano

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PostHeaderIcon Ritrovare la freschezza del primo amore…

La Chiesa attraverso i Padri Conciliari aveva definito il documento sulla vita religiosa: Decreto PERFECTAE CARITATIS sul rinnovamento della vita religiosa. Molto sinteticamente, com’è richiesto dalla definizione di un’opera, sia essa letteraria, pittorica, musicale, viene evidenziata e precisata la finalità della vita religiosa: “Il raggiungimento della perfetta carità per mezzo dei consigli evangelici”; la storia e l’identità della vita religiosa, infatti, affondano le loro radici nella dottrina e negli esempi del divino Maestro (cfr PC 1). Non era, quindi, un semplice auspicio o un invito.

La Chiesa voleva il rinnovamento, l’adattamento, l’aggiornamento e ne aveva indicate le modalità: un essenziale ritorno alle “origini fondazionali e carismatiche per ritrovare la freschezza del primo amore”. Già consacrati a Dio nel Battesimo, i religiosi e le religiose dovevano – e devono – essere nella Chiesa segno della sequela radicale di Cristo, veri testimoni del Vangelo, annunziatori credibili dei valori del Regno, di quel “non ancora” che ci attende.

Si dovevano cercare e porre come base necessaria chiare coordinate biblico-teologiche, umano-sociologiche in ambito conoscitivo ed esperienziale. Ciò doveva includere e coinvolgere “il modo di vivere, di pregare, e di agire” ed era da farsi a livello istituzionale, con una ricerca particolarmente approfondita attraverso momenti di studio coinvolgenti tutti i membri dei singoli Istituti.

Si proponeva di valorizzare la regola del cercare insieme, dell’interrogarsi, dell’essere premurose, attente e sensibili le une verso le altre, verso chi amava correre e chi invece preferiva camminare forse con troppa prudenza (da Sognare si può, USMI-EDITRICEVELAR- ELLEDICI 2012, pag.63).

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PostHeaderIcon Il desiderio più profondo?

Per mia esperienza personale posso dire che il desiderio più grande di una persona che si è innamorata di Dio, è quello di vedere e riconoscere, in ogni persona che le capita di incontrare lungo il suo cammino,  il volto di Cristo. Sia che l’incontro avvenga all’interno della comunità in cui vive, sia nell’ambito della sua “missione”. Il contatto con l’altro (migrante, povero, bambino, giovane, malato, anziano e soprattutto “diverso”…) sempre mi permette di sognare e ancora di più di incontrare il Cristo a cui ho donato la mia vita.

A volte ci sono ‘cose’ difficili da capire, e allora è la fede che mi aiuta ad andare oltre e fa crescere in me il desiderio di incontrare Dio nel mio prossimo. Mi piace  a questo proposito citare Genesi 1.27 “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò”, perché solo attraverso il prossimo posso dire che Dio esiste. Questa ‘scoperta’ rafforza il mio credo.

Quando tu cominci a gustare Dio, che diventa l’unico principio e l’unico futuro della tua vita, allora non puoi fare a meno di Lui!

Il mio desiderio più profondo è fare continuamente questa esperienza. Non stancarmi mai di cercare Dio in ogni creatura, in ogni situazione, in ogni Paese o Continente dove sarò ‘mandata’, in ogni cultura che incontrerò nel mio quotidiano!

Non smetterò mai di vivere e di dire a tutti che Dio è veramente Amore!

                            Sr Mirela Jaku

                       Suora Missionaria Scalabriniana

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PostHeaderIcon Esperienza di universalità

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PostHeaderIcon E’ un seme che cresce e si sviluppa…

Un’ulteriore estensione e una più efficace organizzazione si ebbe dal 1965, quando fu fondato presso l’USMI, il Centro nazionale delle segreterie, affidato a padre Antonio Zigrossi che costituì oltre un centinaio di segreterie diocesane e interdiocesane.

Esse avevano alcune funzioni particolari: essere di aiuto formativo soprattutto alle Congregazioni che avevano minori possibilità, alle case religiose più lontane dalla casa generalizia o provincializia; guidare il coordinamento con la pastorale diocesana e parrocchiale; offrire aggiornamento ad ogni livello.

È il seme che cresce e si sviluppa. Ed è enunciata una novità. Lo sguardo e gli interessi non si posano più soltanto sulle religiose nei loro diversi compiti, all’interno dei loro Istituti e nelle loro specifiche attività. Per la prima volta si parla di “coordinamento con la pastorale diocesana e parrocchiale”. E qui è già presente una piccola scintilla di quella che sarà la fiamma incandescente, frutto delle aperture conciliari: l’attenzione alla Chiesa, particolare e locale, con ferma e sincera disponibilità alla comunione e alla collaborazione.

Durante il mandato di madre Benigna Platter, infatti, sulla Chiesa e sul mondo si riversò tutta la prorompente ricchezza del Concilio Vaticano II (1962-1965). I temi su cui riflettere diventarono “di stretta osservanza”; non se ne poteva fare ameno. E così subito dopo si pose la dovuta, amorosa e, per alcune, quasi ossessiva attenzione al Concilio appena celebrato. Con il proprio stile di vita radicale tradotto in pluralità di forme, la vita religiosa, nata come contestazione dei disvalori del proprio tempo e come attenzione agli interrogativi di fondo dei propri contemporanei, doveva e deve rispondere alla domanda religiosa e umanistica dell’uomo e della donna. “Vivere nel mondo, senza essere del mondo” come propone il Vangelo secondo Giovanni (cfr Gv 7,7; 8,23; 12,19.31.47; 14,27) e si legge nella Lettera a Diogneto: “I cristiani vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera”.

Nelle religiose l’ansia di rinnovamento e di adeguamento ai tempi era esplosa davvero, accompagnata o assecondata anche da un certo rigurgito di femminilità. Siamo a ridosso del ’68… Ma già la rivista ALA, nel n. 5 del 1964, riporta un intervento di Francesco de Dainville dal titolo La vocazione religiosa femminile (da Sognare si può, USMI-EDITRICEVELAR- ELLEDICI 2012, pag.63)

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PostHeaderIcon Così come siamo

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PostHeaderIcon Vita religiosa è…

Per l’esperienza che ne faccio ogni giorno, posso testimoniare che vita religiosa è dono prezioso di Dio che chiama qualcuno; nello stesso tempo, è grande compito della persona chiamata, che si orienta e ri-orienta continuamente per imparare a condividere in concreto tutto ciò che è e che ha ricevuto.

Quando ripenso alla mia vocazione, ritrovo in me la sorgente e anche la pienezza della gioia e della gratitudine. Lasciare ‘tutto’ per il Signore per me ha significato trovare tutto, insieme alla forza e al coraggio necessari per riconoscermi creatura tanto limitata eppure pienamente amata; e per realizzare quotidianamente il lavoro che mi è affidato.

Ho capito che essere fedele al Signore non è altro che essere fedele a quella Sua Verità che è in me e negli altri vicino a me e in tutti senza escludere nessuno. I giorni della nostra vita non sono infiniti e la scelta più giusta è vivere al massimo ogni momento. Sento che Gesù guida i miei giorni, cammina con me da amico e fratello e padre… Ed ho nel cuore la certezza che nemmeno la morte ferma il cammino di chi cerca con amore la verità e non si arrende in questa ricerca.

         Ancil

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PostHeaderIcon Gioia nel cammino di fede

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PostHeaderIcon Le ‘Messaggere’ degli anni ‘70

Nel 1979 – 1980 ero nella comunità ad Ostia Lido – Roma.

Durante l’Assemblea dei Superiori Maggiori, l’USMI Nazionale chiese alle partecipanti di rendere disponibili le loro Suore, per collaborare nei servizi dell’Usmi diocesana. La mia Superiora Provinciale, mi convocò per dirmi che aveva scelto me e che dovevo partecipare ad un incontro al Vicariato di Roma, per conoscere che cos’era l’Usmi ed a quale impegno ero chiamata. Eravamo denominate le “Messaggere”.

Era ancora il tempo in cui ogni Istituto era “chiuso” nel suo orticello ed io andavo di comunità in comunità di Ostia Lido, Ostia Antica, Acilia, Infernetto… per parlare con le rispettive Superiori locali e convocare le suore ad incontri di formazione e di preghiera. Ricordo che alcune non partecipavano… ed io, con pazienza ed amore, andavo a visitarle, a portare gli avvisi che ci dava l’Usmi di Roma  e chiedevo se per gli incontri successivi potevamo organizzarli nella loro sede.

Per farci conoscere, come Usmi, nelle Parrocchie e dai rispettivi Parroci, la domenica andavamo a pregare il Vespro in quelle comunità. E così piano piano, l’Usmi diocesana ha cominciato a muovere i primi passi verso la conoscenza, la fraternità, la comunione, la collaborazione degli Istituti. Negli anni successivi abbiamo visto sorgere i settori di Roma: Suor Patrizia Pignatelli F.M.D.A. era la nostra referente del settore Sud di Roma e gli incontri di preghiera e di formazione si tenevano nella Basilica di San Paolo.

Posso dire che questo servizio semplice e capillare è stato prezioso per farci incontrare, conoscere e tessere relazioni che diventavano sempre più efficaci e nel senso operativo e in quello della comunione e della fraternità.

Suor Vittorina D’Imperio CSAC

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