L’uomo, le sbarre: sorprendente positività

“Mammagialla” carcere di Viterbo, un enorme scatolone grigio, austero, seduto in una spianata, fuori dalle mura dalla città, lontano dalla vita normale, spesso teatro di litigi, purtroppo anche di uccisioni. E’ il secondo carcere per ampiezza del Lazio dopo quello più conosciuto di Rebibbia.

Là dentro vivono 700 detenuti anche quelli del 41 bis di massima sicurezza. A reggerlo come Direttrice c’è una giovane donna: il suo volto porta i segni della fatica, del dolore, di una immensa pena per i suoi ‘ospiti’. Pure lei, in un certo senso, è ‘detenuta’, non tanto per il suo ruolo, ma per la normalità di impegni, profonde preoccupazioni e condivisioni che tessono le sue giornate.

E’ sabato, 7 Dicembre. Sorella Rita mi invita ad accompagnarla, perché là, insieme al gruppo dei giovani del Centro Internazionale di S. Lorenzo in Roma verrà portata la Croce delle Giornate Mondiale della Gioventù, benedetta e consegnata dal Beato Giovanni Paolo II ai ragazzi di tutto il mondo. Un evento straordinario preparato con cura come il rito religioso che è stato loro proposto.

Fa un certo effetto entrare per la prima volta in un Istituto Penale. Cercavo di impostare il mio volto, preparare alcune parole, non far capire il mio imbarazzo nel guardarli negli occhi, nessun giudizio nella mia mente e nel mio cuore, solo accoglienza.

Invece, ancora una volta il “povero” mi è stato maestro. Infatti, dopo aver percorso il lungo tragitto per raggiungere il salone dove erano riuniti più di duecento uomini, all’entrare, mi si è aperta una scena evangelica: una folla contenta, curiosa, accogliente, ben disposta. Che meraviglia! Tutti cercavano di catturare uno sguardo, un sorriso, una parola. Il mio imbarazzo dell’attesa di incontrarli rimase, ma al contrario. I detenuti mi hanno ‘aiutato’ e facilitato l’incontro con loro.

Le sbarre, forse, non hanno ferito fino in fondo il loro cuore; dalle loro disgrazie sanno trarre la forza di vivere, di continuare a sperare nonostante l’evidenza buia del loro futuro.

Li ho guardati con dignità, con stima. Mi sono detta: “quanta furbizia corre nei nostri comportamenti per simulare, respingere o camuffare gli sbagli, le colpe, o anche, semplicemente, riconoscerli”. Invece le loro colpe sono conosciute, segnate a dito, discusse, magari rinfacciate, pagate. Quante umiliazioni… Hanno sbagliato e il mondo lo sa.

Tutti siamo ‘in’ colpa. Non passino mai dentro di noi discriminazioni, giudizi, selezioni definitive, perché anche là, nel carcere di Mammagialla di Viterbo ci sono uomini che hanno sì, sbagliato, ma sempre uomini capaci di relazioni, convivenza, voglia di futuro e di vita.

‘Ero prigioniero e MI avete ‘visitato’.

Sr. Maria Colombo, canossiana

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