“Fateli sedere…

… Erano circa cinquemila”(Gv.6,1-15)

Il Vangelo di Giovanni meditato in questi giorni potrebbe essere la risposta di un orecchio attento alla Parola e un cuore aperto al Divino, di fronte ai tanti perché e alle tante preoccupazioni che affollano la mente di noi tutti: sbarchi continui, confusione, morti, malattie, assedio delle forze dell’ordine! Cento, quattrocento, ottocento, milleduecento fratelli nostri chiedono aiuto. Cosa fare? Il Maestro ci indica la strada da percorrere: “Vedendo le folle, Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli; alzati gli occhi, vide una grande folla che veniva da Lui” (Gv.6).

La grande folla crea agitazione nei discepoli che, ignari di ciò che sta per accadere, mormorano verso il Maestro: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. E Gesù, pieno di compassione, risponde: “Fateli sedere”. L’Evangelista aggiunge: erano circa cinquemila. Di fronte ai tanti immigrati che approdano sulle nostre spiagge, anche noi ci facciamo prendere dallo sgomento….dalla paura….dal disinteresse…. a volte anche dalla rabbia. La scena si ripete.

Leggiamo le notizie, guardiamo e ascoltiamo il telegiornale, si parla per strada, al bar, sul posto di lavoro, a scuola. Perché non leggiamo questi avvenimenti per alzare gli occhi verso i nostri fratelli colorati e guardare la realtà del nostro mondo stanco? Occorre portare speranza, gridare speranza, generare speranza.

Speranza è condivisione con tutti coloro che non hanno potere, che soffrono nell’attesa della pace e le cui lacrime sono raccolte da chi opera e s’impegna, senza tregua e senza riposo, per un progetto di amore, giustizia e libertà, nonostante le difficoltà, le persecuzioni, gli oltraggi.

Sull’esempio di Gesù anche noi possiamo “alzare gli occhi” verso questa “folla”. E’ questo il primo gesto d’amore, l’attenzione che tutti possiamo avere verso questi fratelli colorati. Alzare gli occhi mi porta ad andare verso l’altro, è un gesto bellissimo che di colpo distrugge ciò che di orribile è dentro di noi: il nostro egoismo. Una simile “attenzione” non costa nulla, ma cosa provoca? Provoca il miracolo dei pani, cioè la moltiplicazione della carità. Cristo non è un estraneo a tutti questi sbarchi, è lì sul barcone che ripete: “Non temere, Io sono con te”. E’ un fratello dell’uomo che avanza nella storia, che cammina con noi, che ci apre all’accoglienza: “Fateli sedere”…. date loro importanza, un posto nel vostro cuore, un posto..sì! “Amatevi gli uni gli altri perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”(Gv 15).

La vera gioia che, come ricordava Papa Francesco in una sua omelia, non viene dalle cose, dall’avere, ma nasce dall’incontro, dalla relazione, dal sentirsi accettati, compresi, amati. E questo non per l’interesse di un momento, ma perché l’altro è una persona. Gioia è sentirsi dire: “Tu sei importante per me”. Facciamo sentire a questi nostri fratelli l’odore della speranza e la gioia di camminare e crescere insieme. Forse sarà solo una goccia nell’oceano della disperazione, della miseria e della violenza, ma siamo certe che il Signore saprà moltiplicare, oltre il pane, anche i nostri piccoli e semplici gesti di carità. A volte basta veramente poco a ridare dignità ad un uomo..basta alzare gli occhi e tendere l’orecchio.

In questi giorni il nostro Oratorio Francescano “Chiara Luce”, ha avuto la presenza speciale di cinquanta ragazzi minorenni approdati sulle nostre coste. Hanno giocato, ascoltato musica, appreso qualche termine italiano, e tra una battuta in inglese e una domanda sul nostro abito di sorelle francescane, in un clima di grande accoglienza, qualcuno ha mostrato delle cicatrici profonde alla testa e alla braccia, segno indelebile della violenza subita nel tragitto lungo il deserto e sulle coste libiche..era come quando la sera un figlio torna a casa dopo aver giocato e corso per tutto il giorno e, con le lacrime agli occhi, mostra alla mamma tutte le ferite e i graffi, e racconta tutti i pericoli e le peripezie.

Noi possiamo essere quella mamma che hanno lasciato al villaggio tra la fame e la guerra, quella mamma che torna e ritorna nei sogni di un ragazzo ancora bisognoso di un abbraccio e un bacio, quella mamma che consola e dona dignità ai figli.

Non ci viene chiesto nulla da questi fratelli colorati, nulla che non sia alla portata di tutti, nulla che il nostro cuore non sia in grado di offrire, perché creato ad immagine del cuore di Dio. “Non abbiamo né oro, né argento”, ma un posto nel nostro cuore per riaccendere in tutti la luce della speranza che rende possibile l’impossibile.

Le Sorelle Francescane della Carità
Pozzallo, 12 maggio 2014

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