Faro di luce
Blessing, Joi, Emmanuel, Deborah, Gloria, Amadu, Mohammed, Ahmed, Mustafà…
Nomi, volti, timbri di voce, sguardi di dolore e sorrisi di gratitudine che mai più potremo dimenticare. Il Signore ha visitato le sue spose col dono della maternità senza confini, né frontiere, una maternità che allarga il cuore e spalanca le braccia.
E’ ciò che, incredule, meravigliate, colme di riconoscenza, abbiamo vissuto noi, Sorelle Francescane della Carità, lo scorso settembre, nella nostra fraternità di Pozzallo, presso la Chiesa Maria Madre della Fiducia… Il Prefetto e la Protezione Civile, hanno bussato alla nostra porta facendosi voce di una parte di quell’umanità in esodo dalle coste Africane. Hanno chiesto un posto sicuro e confortevole per questi fratelli colorati (così ci piace chiamarli!), provenienti dall’Eritrea, dalla Nigeria, dal Ghana, dal Camerun, dall’Egitto e dal Senegal, e per le famiglie Siriane in fuga dalla guerra.
Dal nostro arrivo qui a Pozzallo, c’è sempre stato un filo diretto col Centro di prima accoglienza, un legame voluto tenacemente già dal nostro amato P. Giovanni Botterelli, fatto di carità concreta, preghiera, visite frequenti e animazione con canti, danze e giochi…Ma ora il Signore ci chiede di più, ci chiede di portarli a “casa nostra”, ci chiede di spalancare non solo le nostre braccia per accoglierli in un gesto di umanità profonda, ma anche le porte del nostro convento così come pochi giorni prima ci esortava a fare anche Papa Francesco, Dono di Dio al mondo intero.
Mai come in questi giorni ci siamo sentite quelle “intrepide pellegrine nel gran mare del mondo” così come amava definirci il nostro fondatore don Vittorio Cordisco, il quale, nel 1948 descriveva le opere di carità delle Sorelle Francescane, come una Palma piantata nel deserto: “Le radici nell’acqua, l’onda occulta e benefica della carità; la chioma ai venti, alla luce, al sole e ai fianchi il deserto; una raccolta di poveri affranti nel corpo e afflitti nello spirito, cui quando arrivano, non domandiamo se abbiano un nome, ma solo se abbiano un dolore”.
Così abbiamo visto arrivare adolescenti con una infinita nostalgia della loro famiglia, spose separate accidentalmente dal loro coniuge, giovani che approdano nella nostra terra per riscattarsi e costruirsi una vita migliore e più dignitosa, e perfino bambini siriani con gli occhi spenti e impauriti di chi fugge dall’orrore . Il loro unico disegno era la bandiera nazionale dipinta col pastello nero.
Siamo diventate per loro, mamme, sorelle, maestre improvvisate d’italiano, confidenti e amiche. Abbiamo giocato insieme, ascoltato le loro traversie, inventandoci una lingua nuova fatta di parole, suoni, gesti, scritti, il linguaggio dell’amore, di chi vuole a tutti i costi comunicare all’altro che ora è al sicuro, non ha più nulla da temere, non sarà più solo… E insieme a noi, una moltitudine di persone, venute a conoscenza di questi nostri ospiti speciali, hanno iniziato una gara di solidarietà nel donare panni, scarpe, giochi e quanto suggeriva loro la fantasia dell’amore.
Non sono mancati neanche i momenti di festa vissuti insieme agli animatori adolescenti, giovani e adulti dell’Oratorio Francescano. Abbiamo condiviso un mega buffet di dolci e con la chitarra, abbiamo unito i nostri canti con le loro danze.
Aprendo le porte a questi fratelli colorati, siamo state quel ponte necessario perchè l’altro (che porta un nome strano, prega Dio inginocchiandosi verso la Mecca e parlando una lingua mai udita), venga riconosciuto come nostro fratello, creato dall’unico dio con l’unico desiderio di ogni uomo: vivere una vita dignitosa e felice. E questo messaggio è giunto fino a loro in modo semplice e chiaro.
I ragazzi Egiziani, tramite una suora di lingua araba, ci hanno ringraziate perché finalmente erano trattati come esseri umani, nella giustizia e nella carità.
Ma noi siamo solo dei nani sulle spalle dei giganti, come ha tenuto a sottolineare don Salvatore Cerruto durante la solenne celebrazione della festa di s. Francesco, il 4 ottobre scorso, alla presenza del primo cittadino di Pozzallo, del Maresciallo della G.d.F. e di varie autorità civili, militari, scolastiche ivi convenute insieme a circa 130 fratelli colorati…
Questa piccola città di frontiera, idealmente radunata nella Chiesa di s. Maria di Portosalvo, è divenuta faro di luce e annuncio di profezia per i popoli del Mediterraneo e per il mondo intero. Ai piedi di quell’altare si materializzava visivamente la continuazione del viaggio di s. Francesco nel 1219 a Damietta, in Egitto, per implorare dal sultano Malik-d-Kamil, il dono della pace. Mentre infuriava con violenza inaudita la V Crociata, s. Francesco, a mani nude, si reca nell’accampamento della mezzaluna chiedendo di incontrare il terribile sultano. Condotto da lui, gli rivolge l’augurio della pace, annunciandogli con coraggio che la pace è una persona: Gesù Cristo, Figlio di Dio. Il Sultano, con grande meraviglia dei presenti, lo ascolta interessato e scosso nell’anima e nel corpo e alla fine lo congeda dicendo: “Prega per me, perché Dio si degni di rivelarmi quale legge e fede gli è più gradita”. A distanza di otto secoli, vogliamo pensare che questi fratelli colorati, alcuni giunti proprio dal vicino Egitto, fossero giunti a noi, a Pozzallo e all’Italia intera (di cui san Francesco è il Patrono), per ricambiare la visita di pace compiuta dal Serafico Padre.
Non vogliamo poi dimenticare l’uomo profetico e lustro di Pozzallo, sindaco santo di Firenze e precursore di nuovi orizzonti. Così scriveva già nel 1958 Giorgio La Pira a Papa Pio XII: “Il Mediterraneo, « lago di Tiberiade» del nuovo universo delle nazioni: le nazioni che sono nelle rive di questo lago sono nazioni adoratrici del Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe; del Dio vero e vivo. Queste nazioni, col lago che esse circondano, costituiscono l’asse religioso e civile attorno a cui deve gravitare questo nuovo Cosmo delle nazioni: da Oriente e da Occidente si viene qui: questo è il Giordano misterioso nel quale il re siro (e tutti i «re» della terra) devono lavarsi per mondarsi della loro lebbra (4 Re V, 10).
E praticamente cosa fare? Cosa deve fare l’Italia cristiana? Preoccuparsi (con la preghiera, con la meditazione e con l’azione prudente, ma intelligente e a «largo respiro») della «unificazione», della convergenza, di queste nazioni mediterranee: svolgere la propria azione politica, economica, culturale, sociale (religiosa) ecc. in vista della costituzione di questo «centro» del nuovo universo delle nazioni: in vista della costituzione di questo punto di attrazione e di gravitazione delle nazioni: perché da Oriente e da Occidente le nazioni «vengano a bagnarsi» in questo grande lago di Tiberiade, che è, per definizione, il lago di tutta la terra. Beatissimo Padre, non è questa la «terza forza» di cui si va in cerca con tanto affanno? Non è proprio questa la pietra d’angolo politica e civile sulla quale si può edificare la nuova casa dei popoli e delle nazioni? Non è proprio questo il «punto» di rilancio della fede -meglio: della civiltà teologale- in tutte le direzioni della terra? A me la cosa pare così chiara: mi pare tanto evidente che la crisi del mondo trovi qui la sua soluzione fondamentale: la «resurrezione» della civiltà teologale si opera qui: e da qui essa riparte per la sua nuova avventura storica che avrà per prospettiva i secoli futuri e le nazioni future”.
E infine, come faro che splende sul nostro cammino di oratorio francescano, vogliamo fare memoria di un altro gigante, che nonostante la sua breve esistenza, è vivo tra noi come profezia di cieli nuovi e terra nuova. E’ la Beata chiara Luce Badano che, nel giorno della prima comunione appunterà nel diario queste parole: “Io sogno il giorno in cui i figli degli schiavi e i figli dei loro padroni si siederanno insieme al tavolo della fraternità come Gesù con gli Apostoli”.
Qui vi si legge naturale il richiamo ai paesi schiavi ed emarginati del cosiddetto Terzo Mondo e i paesi che la fanno da Padroni, ricchi e sfruttatori. Ma in Chiara Luce l’attenzione e l’amore per i fratelli colorati è uno stile di vita e va ben oltre queste parole appuntate in un giorno speciale…Lei sognava di andare missionaria in Africa per curare i bambini e i malati e intanto inviava periodicamente i suoi risparmi ad un sacerdote missionario per i bisogni più urgenti. Perfino il suo ultimo atto di carità fu rivolto a questi fratelli colorati: fu sua volontà che il ricavato delle offerte al suo funerale andasse ancora una volta in Africa per i più poveri. Allora, coraggio! La strada è aperta, una luce si è accesa, una profezia è stata lanciata. Mettiamoci con umiltà alla scuola di questi giganti che hanno saputo vedere oltre i loro giorni, sicuri che Dio ama chi dona con gioia! E poi vogliamo rivelarvi un segreto….I poveri, gli ultimi, gli indifesi a cui noi spalanchiamo la porta qui in terra, saranno coloro i quali ci spalancheranno la Porta in cielo!
Dall’11 ottobre 2013, quando abbiamo accolto 24 fratelli ‘colorati’…la storia continua…
Sorelle Francescane della Carità
Chiesa S. Maria della Fiducia
Tel. 0932 953292 begin_of_the_skype_highlighting
97016 Pozzallo (Ragusa)
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