Ragazze straniere che passano dalla strada a un’altra prigione

Ragazze straniere che passano dalla strada a un’altra prigione, quella del Centro di permanenza temporanea di Roma. Suor Maria Rosa Venturelli, comboniana dal 1971, ha svolto il suo servizio missionario nel campo della pastorale in Italia, nella Repubblica Democratica del Congo e in Polonia. Ora racconta per noi:

“Dal settembre 2007 ho avuto l’opportunità di iniziare ad incontrare alcune giovani immigrate che la Polizia italiana raccoglie dalla strada, dove lavorano, e che non essendo in possesso di un documento d’identità, vengono trattenute presso il Centro di permanenza temporanea gestito dall’Ufficio territoriale del governo di Roma insieme alla Croce rossa italiana. Questo centro è una vera e propria prigione, con tanto di sbarre di ferro e le recluse sono sottoposte a un controllo molto rigoroso per cui è praticamente impossibile scappare. Le ragazze vi rimangono per un massimo di 60 giorni. Se durante questo periodo la situazione viene regolarizzata, la giovane viene rilasciata, altrimenti viene rispedita al suo Paese di origine. In genere, quest’ultima è la prassi più seguita da quanto ho potuto vedere in questo tempo.

Queste ragazze sono fuggite dai propri Paesi a causa di situazioni dolorose e in cerca di una possibilità per un futuro dignitoso. Arrivano qui con tante speranze nel cuore, ma il più delle volte però sono disattese, specialmente quando incappano in persone senza scrupoli che le vendono ai cosiddetti sfruttatori o commercianti di esseri umani, che le inseriscono, contro la loro volontà, nella prostituzione: sulla strada, negli appartamenti privati o nei vari motel lungo le autostrade. Subiscono sempre tantissima violenza fisica, con lo scopo di ridurre la loro resistenza psicologica e piegare la loro volontà, così da avere paura e terrore di fuggire. Le ragazze vengono anche private dei loro documenti personali durante il viaggio verso l’Italia e vengono anche contattate e minacciate le loro famiglie di origine. Questo commercio di esseri umani è davvero una orribile schiavitù, una nuova e moderna schiavitù.

Il centro può contenere al massimo 200 ragazze che sono alloggiate in stanze grandi da quattro, sei o otto posti letto e il numero delle presenze varia da settimana a settimana. Provengono soprattutto dalla Nigeria e dalla Cina, ma anche da altri paesi africani, dal continente latino-americano, nonché dalla Russia, Siberia, Slovenia, Ucraina, Bielorussia, Serbia, Kosovo e Albania.

Queste giovani possiedono solo quello che indossano, non possono avere né orologio, né catenine, né penne per scrivere, né altri oggetti per evitare che possano utilizzarli per tentare il suicidio. In questo centro di Roma è permesso loro di tenere il cellulare, uno semplice, senza possibilità di fare delle foto, ma è vietato alle ragazze ricevere familiari, amici e conoscenti.

In Italia esistono quattordici di questi centri e a Roma è stato permesso ad un gruppo di tredici religiose di diverse nazionalità, di visitare le ragazze ogni sabato per ascoltarle, parlare con loro, offrire un appoggio umano e cristiano, pregare insieme. Il mio compito è anche quello di coordinare questo gruppo di suore e le visite che facciamo al centro.

Molte delle ragazze sono di religione cattolica, alcune sono musulmane, altre dicono di non credere in nulla. A volte qualcuna chiede la bibbia, altre desiderano avere un rosario (sono permessi quelli di plastica), o dei piccoli crocifissi che tengono sul palmo della mano aperta e davanti ai quali pregano. È una scena commovente vedere come pregano intensamente. Ogni settimana io preparo per loro un foglietto con le preghiere più semplici, per aiutarle a riflettere e a mettersi in contatto con il Signore. Con molta facilità si identificano con la prostituta del vangelo o con il figliol prodigo. Per Natale organizziamo una grande veglia di preghiera per accogliere la nascita di Gesù. A tutte viene regalato un piccolo Gesù bambino. Poi si gioca a tombola, si riceve il pacco regalo e il taglio del panettone. E’ stato bellissimo e commovente. Insieme celebriamo diverse feste, come l’epifania, l’ottavario per l’unità tra i cristiani, il venerdì santo si organizza una via crucis all’interno del carcere e le ragazze a turno portano la croce e pregano nelle rispettive lingue di origine.

Una domanda sorge obbligatoria di fronte a queste giovani. Cosa si può fare e che cosa possiamo fare noi? Prima di tutto essere per loro una presenza umana nel posto dove sono rinchiuse. Inoltre, per sconfiggere il male della prostituzione, è importante approfondire le tematiche inerenti alla sessualità. Infine è urgente compiere un’azione preventiva nei Paesi di origine, affinché le giovani esposte a questo traffico ne divengano consapevoli e così evitare di cadere nelle mani di coloro che promettono facili guadagni e una montagna di soldi in poco tempo.

Si tratta cioè di aiutare la nostra società al rispetto per la donna e per il suo corpo. Tutto questo però è frutto del vangelo, per cui è davvero necessaria una nuova evangelizzazione nei Paesi europei, dove noi oggi abitiamo e viviamo”.

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