Verso la Giornata delle comunicazioni sociali: 16 maggio 2010

Posted by usmionline
mar 17 2010

«I media oggi globalizzano la paura, ma potrebbero anche globalizzare la speranza. Perché non li usiamo per unire i cuori e dividere i beni?» (Chiara Lubich)

E’ davvero la realtà che suggerisce le notizie a chi opera nel mondo della comunicazione in Italia? Sono, questi operatori, in rapporto reale, con il territorio, con la gente? Raccontano ancora i fatti, aiutano a conoscere per pensare e deliberare? Oppure si trovano instradati in percorsi obbligati ad offrire notizie pruriginose e interessate; a parlare di una realtà già preconfezionata, apparentemente fatta solo di spettacolari notizie e denunce e storie, ciascuna delle quali con la pretesa di un’attenzione esclusiva? Ma allora il giornalista è un servitore del padrone del momento? E il suo lavoro ha ancora una sua dignità?

Il Seminario per giovani giornalisti organizzato da Redattore Sociale e che si tiene tutti gli anni nel mese di novembre a Capodarco nelle Marche, quest’anno ha scelto come titolo provocatorio Disorientati: lo smarrimento dell’informazione, che provoca nei giornalisti la forzatura della realtà. Il giornalismo in Italia in realtà sta cambiando. E non solo nel rapporto con il pubblico, nelle pratiche, nell’introduzione di nuove tecnologie. Stanno diminuendo anche il suo status, la sua forza, la capacità – attribuitagli con un po’ di retorica, ma essenziale – di difendere i deboli sorvegliando i forti.

Ci chiediamo come vivere un’adeguata cultura della comunicazione a partire dal messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni.

Non possiamo infatti permettere che a vincere sia il pessimismo. Gli operatori della comunicazione svolgono ancora un ruolo intellettuale determinante per la diffusione dell’informazione, da sempre “bene comune”. Per chi opera nei media si tratta di acquisire, per così dire, il “fiuto” dell’amore, per coglierlo ovunque ce n’è traccia (G. Boselli)

Il Messaggio per la 44.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali guarda ai sacerdoti e alle potenzialità pastorali dei media. Il tema scelto ha per titolo Il sacerdote e il ministero pastorale nel mondo digitale. I nuovi media a servizio della Parola.

In esso i sacerdoti sono incoraggiati ad affrontare «le sfide che nascono dalla nuova cultura digitale». Se conosciuti e valorizzati adeguatamente i mezzi di comunicazione sociale «possono offrire ai sacerdoti e a tutti gli operatori pastorali una ricchezza di dati e di contenuti che prima erano di difficile accesso, e facilitano forme di collaborazione e di crescita di comunione impensabili nel passato». Grazie ai nuovi media -spiega una nota ufficiale del Consiglio Pontificio- «chi predica e fa conoscere il Verbo della vita può raggiungere con parole, suoni e immagini -vera e specifica grammatica espressiva della cultura digitale- persino singole e intere comunità in ogni continente, per creare nuovi spazi di conoscenza e di dialogo giungendo a proporre e realizzare itinerari di comunione».

La comunicazione è un’arte che si impara. A Capodarco è stato detto che occorre rilanciare la professione con creatività e, soprattutto, con dignità. Con un unico obiettivo: essere giornalisti nonostante. Perché rispondere alla crisi della professione è possibile. Sono indispensabili però autonomia, perseveranza, studio e la volontà di investire su se stessi e sulla propria crescita umana. In nome di una riscoperta autentica della realtà e dei fenomeni sociali, troppo spesso mal-trattati, e di un rinnovato senso della responsabilità sociale del fare comunicazione. Una professione nella tempesta (così è stata definita), ma che resta bella e possibile.

L’incertezza invece su come sarà il prodotto informazione nel futuro immediato rimane grande. Chi raccoglierà le notizie? Quanto e come saranno pagate? Come saranno diffuse? In base a quali interessi verranno selezionate? Di quali aspetti tener conto?

Certo bisogna tornare sul territorio, perché è la realtà che deve suggerire le notizie; ritornare verso la gente per raccontare il reale con dignità, ricordando che le notizie deboli (spesso definite sociali) permettono di leggere meglio le notizie forti, e di capire fenomeni più complessi. Soprattutto è necessario usare al meglio il primo e più valido mezzo di trasmissione: noi stessi, altrimenti i mezzi (vecchi e nuovi) non servono a niente. Non solo comunicare, quindi, ma “darsi” nella comunicazione.

Luciagnese Cedrone

usmionline@usminazionale.it

One Response

  1. Eva scrive:

    La crisi che permane nel mondo del giornalismo è una delle realtà più preoccupanti, soprattutto nel nostro Paese. Il gossip che circonda il mondo dello spettacolo e quello politico, noto a tutti i quotidiani internazionali, è l’informazione meno educativa, eppure la più popolare.
    In realtà fare informazione su tematiche reali, avvicinarsi al cittadino, dovrebbe essere una priorità per chi intende fare un tipo di giornalismo sano.