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CARISMI IN COMUNIONE

Vita Consacrata | Posted by usmionline
nov 11 2010

Testimonianza nella vita dell’USMI

Nel 1950, quando  cominciavano ad imporsi le prime sollecitazioni per un rinnovamento degli Istituti religiosi femminili, fu organizzato, per incoraggiamento di Pio XII, il Primo Congresso Generale sugli Stati di perfezione. Infatti fu quel Pontefice che, con intuizione profetica a lui congeniale, emanò la Costituzione Apostolica Sponsa Christi, un documento importante per la riflessione e il cammino delle Congregazioni femminili tutte.

In questo contesto di rinnovamento è nata nel 1950, l’attuale Unione delle Superiore Maggiori d’Italia – USMI.

Gli anni che decorrono dal 1950 al 1964 furono fondamentali per l’Organismo appena nato.

Nel 1963 nasce ufficialmente l’USMI con propri statuti (Decreto della Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari (N. AG 2347/63 del luglio 1963) e nel 1964, all’Unione fu riconosciuta anche Personalità Giuridica Civile.

Ma, oggi, l’USMI, cosa è, cosa fa? Qual è la sua missione?

Dall’attuale Statuto si legge: “L’Unione esprime e sviluppa la comunione che unisce gli Istituti religiosi femminili operanti in Italia, tra loro e con le diverse componenti della realtà ecclesiale, in vista di una risposta più piena alla vocazione e alla missione di ciascuno(Statuto, art. 1).

Perciò intende porsi come sereno e fraterno punto di riferimento per le oltre 600 Congregazioni femminili presenti in Italia, che, a loro volta, sono suddivise in oltre 10.000 comunità; e diventa un camminare insieme nella complementarietà, nella condivisione di scienza e di esperienza, nella collaborazione costruttiva, nella condivisione di problematiche e nella proposta di soluzioni.

L’ USMI vuole esprimere soprattutto il volto bello della Chiesa: essere chiesa comunione, chiesa sposa e madre che comprende e non esclude, che accoglie e non emargina, chiesa che fa di tutti gli uomini la grande famiglia di figli di Dio.

L’Unione si pone al servizio della comunione tra i carismi, perché questa è la sua natura e la sua missione e in questo servizio è infaticabile nell’essere attenta ai segni anche dei più piccoli perché si realizzi ogni giorno nella vita religiosa femminile italiana la preghiera di Gesù: “Padre che siano una cosa sola come io e te siamo una cosa sola”.

L’Unione si fa costantemente ponte e strumento di comunione nello spirito di Lumen Gentium e di Mutuae relationes e coltiva costanti collegamenti con:

.   la Conferenza dei Superiori Maggiori (C.I.S.M.),

  • la Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.),
  • la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica       (CIVCSVA),
  • le Commissioni miste Vescovi-Religiosi (C.M.V.R.),
  • le Conferenze Europee dei Religiosi (U.C.E.S.M.),
  • l’Unione Internazionale Superiore Generali (U.I.S.G.),
  • la Caritas Nazionale e Diocesana,
  • il Segretariato delle Claustrali,
  • organismi civili d’indole socio – assistenziale.

In ognuna di queste realtà ecclesiali l’USMI è rappresentata da un suo membro.

Animatrice di tali collegamenti, naturalmente, è la Presidente Nazionale dell’Unione con la fattiva collaborazione del suo Consiglio.

Sue espressioni concrete, a livello decisionale-operativo, sono:

  • l’Assemblea Nazionale, costituita dalle Superiore Maggiori con il compito di offrire l’ispirazione e gli orientamenti di cammino e di animazione.
  • il Consiglio Nazionale, composto dai membri del Consiglio di Presidenza, dalle Presidenti delle U.S.M.I. Regionali e dalle Responsabili degli Uffici Nazionali con il compito di animare e di eseguire gli orientamenti a livello di vita religiosa regionale e diocesana.
  • il Consiglio di Presidenza, organo permanente, composto dalla Presidente, dalla Vice-Presidente, da tre Consigliere, dalla Segretaria e dall’Economa, con il compito di accompagnare, coordinare le attività degli Uffici e le finalità dell’Unione.

In sintesi l’USMI si mette costantemente a servizio della vita religiosa apostolica femminile nel suo essere dono alla Chiesa, nella Chiesa, per la Chiesa  e nel suo operare, con attenzione particolare all’evolversi dei tempi, della società e pertanto delle variegate situazioni che possono richiedere riflessione, studio, approfondimento, nonché coraggio e competenza; e così camminare insieme guidate dallo Spirito, nella Chiesa, sempre in piena fedeltà e rispetto del carisma originario di ogni Congregazione.

Oggi, a quasi 50 anni di vita, è facile per tutte le sorelle che partecipano alla vita dell’USMI, sentirsi e viversi come parte di una grande famiglia che affonda le radici della sua identità nel battesimo, famiglia dunque al cuore della famiglia più grande che è la Chiesa, con una missione profetica che è quella di dire al mondo, vivendo e testimoniando la comunione tra di noi, che Dio è Padre di tutti e che la fraternità universale è possibile.

Affermo questo perché oggi l’USMI ha un volto variopinto non solo per la molteplice diversità di carismi, ma anche perché è divenuta al suo interno come un giardino complesso e stupendo, reso tale dalla diversità di razze, popoli, culture. Pertanto in un mondo che si fa sempre più globalizzato, selezionatore ed escludente, l’USMI sta percependo che ha una grande missione da compiere: fare di Cristo il cuore del mondo.

Sono tantissime le testimonianze di cammini e di esperienze di comunione. Ne condivido una sola nella quale anche la mia famiglia religiosa è coinvolta.

 A KABUL HO UDITO IL SILENZIO GRIDARE

Quando nel 2001 ricevetti la lettera con l’invito di partecipare ad un incontro USMI-CISM nel quale si sarebbe proposto un progetto di comunità internazionale per una presenza a Kabul, senza esitazioni la cestinai.

Poco tempo dopo, proprio nella sede dell’USMI incontrai una sorella che mi fece di nuovo l’invito e, questa volta, partecipai.

Quell’incontro si è rivelato un appuntamento importante, una chiamata a non aver paura, ad andare oltre e ad avere il coraggio di accogliere un cammino di missione nella comunione e condivisione con altri carismi, il coraggio dunque di andare al di là delle piccole vedute personali per lasciarmi guidare dalle vedute molto più ampie di Chi ha amato il mondo fino a dare la vita.

E così, oggi nel cuore dell’Afganistan, a Kabul, terra tormentata da una guerra interminabile e dove si sperimenta un’insicurezza palpabile, c’è un tabernacolo, cuore di un Dio amore che batte attraverso la sua presenza reale nel sacramento e attraverso il segno vivente di una comunità di sorelle di tre congregazioni che, in una essenzialità che fa venire freddo, vivono la comunione dei carismi  realizzando il cuor solo e l’anima sola nell’amore scambievole a causa di Gesù che diviene testimonianza silenziosa ma potente forza di azione e di presenza amorosa e costante accanto ai più piccoli e ai più deboli in un paese che, dopo aver prodotto ferite incancellabili nelle vite di tanti bambini si vergogna di loro, bimbi  rimasti vittime degli orrori della guerra e che ne portano i segni visibili nella loro disabilità fisica e mentale.

Il grido di Giovanni Paolo II, attraverso un cammino che lo Spirito santo ha fatto nel cuore di un gruppo di istituti religiosi maschili e femminili italiani, ha raggiunto coloro che sono i prediletti del Padre attraverso questo piccolo e fragile grappolo di vita religiosa la cui forza è il totale abbandono nelle mani di Dio e l’amore reciproco che spinge le nostre sorelle a vivere in una terra dove ufficialmente non ci sarebbe posto per chi è cristiano.

Ho visitato la piccola comunità nell’agosto del 2007. Là ho visto la vita religiosa del futuro e là ho compreso il significato della parola “profezia”.

Le  nostre sorelle non hanno niente, neanche la libertà di spostarsi da sole da un posto all’altro, ma tengono un tabernacolo in una stanza che testimonia che Gesù è il centro della loro vita, l’unico motivo del loro andare e del loro stare, Colui che le fa “uno” e le rende felici.

A Kabul ho visto la Chiesa delle origini: “Tutti vivevano insieme ed erano un cuor solo ed un’anima sola”.

Non ci sono chiese in Afganistan, ma la Chiesa vive! E’ un germoglio piccolissimo, ma già robusto.

Da più di 50 anni è presente in Kabul una piccola comunità di piccole sorelle di Charl de Foucauld e la nostra gioia è stata immensa nello scoprire che la Chiesa già era a Kabul prima di noi e ci aspettava insieme al sacerdote che viveva in ambasciata, territorio neutro.

Dopo un anno dal  nostro arrivo anche le suore di madre Teresa entrarono in Kabul e finalmente un gruppo di religiosi gesuiti provenienti dall’India. Una straordinaria amicizia e solidarietà si va formando e consolidando! La fraternità di questa chiesa delle origini ha anche il colore ecumenico poiché una piccola comunità di religiosi anglicani vivono una stupenda comunione con i fratelli e sorelle cattolici.  Forte è il dialogo interreligioso molto pratico e vissuto nella quotidianità perché ormai la nostra istituzione è entrata in relazione con varie realtà musulmane e lo scambio e l’arricchimento reciproco soprattutto in campo educativo è notevole. 

Tutto sa di miracolo e penso spesso: è bastato un piccolo sì ad una proposta di comunione per la missione lanciata da CISM e USMI per seminare la speranza, su orizzonti davvero impensabili rimanendo da soli o isolati. Grazie!

SR M. VIVIANA BALLARIN O.P.

La Prima casa intercongregazionale per religiose anziane

Vita Consacrata | Posted by usmionline
ott 29 2010

Un gruppo di Congregazioni religiose femminili sta dando vita a una casa per l’accoglienza di suore anziane, a  Roma. La struttura, appartenente alle Ancelle della SS. Trinità di Rovigo, garantirà cure, ma anche la possibilità di vivere secondo la regola del proprio Istituto.

Un’esperienza «profondamente evangelica, perché di vera fratellanza. Le suore sono una presenza preziosa nelle nostre comunità, ma bisogna creare nuove occasioni di incontro e di collaborazione, come questa, abbandonando alcune paure per intraprendere nuove strade». Con queste parole Monsignor Gino Reali, vescovo della diocesi di Porto-Santa Rufina ha salutato la nascita della Casa Intercongregazionale dedicata alle suore anziane.

Si tratta della prima esperienza in Italia, mentre in altri Paesi, ad esempio in Francia, esperienze simili sono state realizzate già da tempo. Al progetto, fortemente voluto dall’USMI e promosso dalla Fondazione Talenti, hanno collaborato una quindicina di Istituti religiosi femminili per affrontare un comune problema: la presenza di numerose sorelle anziane, bisognose di attenzioni e cure specifiche, spesso ancora con buone potenzialità da mettere in campo e soprattutto desiderose di mantenere relazioni vive e ricche continuando a vivere secondo il carisma e la regola dell’Istituto scelto da molti anni.

La Casa Intecongregazionale è a Casalotti, nella zona Nord di Roma, nella diocesi di Porto-Santa Rufina. Qui le Ancelle della Santissima Trinità di Rovigo hanno messo a disposizione per questa nuova realtà un’ala dell’edificio, che è costruito secondo un modello a raggi, e quindi è particolarmente adatto alla convivenza di servizi e progetti diversi.

Il progetto è stato seguito fin dall’inizio da Suor Anna Daniela Gavioli, economa delle Piccole Sorelle di Gesù fino al marzo scorso. «Poiché il nostro ordine è nato nel ’39 – racconta  – in questi anni ci troviamo ad affrontare l’invecchiamento della prima generazione: abbiamo più di 600 sorelle ultrasettantenni. Per loro è importante continuare a vivere da religiose, secondo lo stile e la spiritualità del proprio istituto, perché in vecchiaia dire addio alla propria congregazione, significa perdere identità, consegnarsi ad un tempo sempre più anonimo».

Le Piccole sorelle conoscevano le esperienze francesi e, in occasione di un incontro tra econome generali, Suor Anna Daniela ha posto il problema: era il 2007, e al momento non ha trovato molti risconti.  «Gli ordini religiosi più grandi, di più lunga tradizione,  hanno collaudato ormai, per le loro suore, strutture e personale», spiega. Ma qualcuno ha mostrato interesse, in particolare le Figlie della Carità, che hanno sposato immediatamente il progetto, nella convinzione che si trattasse della risposta all’esigenza non di un singolo ordine, ma della Chiesa di oggi. «Quasi in concomitanza», continua Suor Anna Daniela, «abbiamo conosciuto la Fondazione Talenti, che ha organizzato un tavolo di lavoro con altre congregazioni interessate, con esperti e persone che avevano gestito esperienze simili».

Così è cominciato un percorso che si è rivelato non facile: sono state necessarie molte visite a molte strutture, perché nessuna sembrava adatta e ci si è dovuti confrontare con molte resistenze da parte delle econome, perché ovviamente una casa ben affittata o venduta può significare la sicurezza economica per un Istituto, oltre che il finanziamento di altre opere, di conseguenza chi ha responsabilità amministrative o di governo deve muoversi con molta prudenza. Tanto più che si trattava di un progetto del tutto nuovo, di cui era difficile prevedere con esattezza gli esiti.

Per le Ancelle della Santissima Trinità di Rovigo la gestione di tutto il complesso era diventata pesante. Ma, come spiega la madre generale, Suor Francesca Ferliga, «non volevamo guadagnare: la nostra preoccupazione era di mantenere vivo il nostro servizio e il nostro carisma». Per questo le sorelle si sono rivolte alla Fondazione Talenti, che da una parte le ha accompagnate in un accordo con il consorzio di cooperative Charis, per la gestione sia della scuola che della struttura per le anziane, dall’altra le ha coinvolte nel progetto della Casa Intercongregazionale. La struttura, infatti, permette di mettere a disposizione delle suore anziane un’ala intera, con spazi organizzati in moduli, per certi versi una soluzione ideale.

In ogni modulo, indipendente e autonomo, le singole congregazioni potranno dare vita ad una propria comunità di consorelle anziane ma ancora autosufficienti, che potranno vivere coerentemente con elementi tipici della propria vita comunitaria: modalità di preghiera, organizzazione caratteristica di alcuni spazi, incontri con la famiglia religiosa di appartenenza. Nello stesso tempo, però, le comunità godranno di servizi comuni (pasti, pulizie, lavanderia, assistenza notturna, animazione religiosa e spirituale), avranno accesso ad eventuali servizi aggiuntivi (fisioterapia, assistenza medica, servizi di trasporto), e potranno fare affidamento sulla vicinanza di un’infermeria per  le consorelle non più autosufficienti.

«Ogni passo nuovo che si fa, crea preoccupazioni e difficoltà, ma dà anche gratificazioni», chiosa Suor Francesca, «se si raggiungono obiettivi che abbiano un  senso».

Anche secondo Madre Viviana Ballarin,  presidente dell’USMI, bisogna avere il coraggio di affrontare le difficoltà, perché «per creare prospettive sul futuro bisogna aprirsi alle esperienze innovative. E questa è particolarmente significativa, perché le comunità religiose per vocazione sono chiamate ad essere scuole di comunione».  È un segno per la Chiesa, ma anche per il mondo, «che è così pieno di frammentazione, divisioni, esclusioni, mentre noi dimostriamo che è possibile includere, unire, e lavorare per la solidarietà, non per il profitto».

Su questa base è stato possibile anche l’accordo con il consorzio Charis, che è entrato anche nel progetto per la casa.  Come dice Suor Francesca, «il consorzio ha a cuore il bene della persona, che è quello che interessa noi». Oltre a sollevare le religiose dagli oneri gestionali, Charis si occuperà anche della formazione del personale, per aprirlo ad un nuovo stile di accoglienza e sta già lavorando alla costruzione di una rete esterna, coinvolgendo le parrocchie e altri Istituti presenti nella zona, perché anche le suore anziane possano avere una vita attiva.

Delle quindici congregazioni femminili che hanno partecipato in questi anni al tavolo di lavoro promosso dalla Fondazione Talenti, quattro sono ora pronte ad entrare nella Casa: le prime due entro la fine del 2010, le altre entro la prima metà del 2011.

Conclude Madre Viviana: «Spero proprio che questo progetto apra una strada, perché sono convinta che il futuro ha bisogno di meno strutture e più collaborazione tra le congregazioni e con i laici. Oggi più delle parole contano i fatti, e questo lo è».

Paola Springhetti

LA NOSTRA PASQUA

Vita Consacrata | Posted by usmionline
mar 30 2010

«Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto» (Gv. 20,18)

L’incontro straordinario con il Signore risorto accanto al luogo in cui doveva essere trovato morto, sconvolge la vita  di Maria di Magdala. È molto logico il suo amore per il Maestro, ed è ancora più normale il diritto di cercarlo dal momento in cui, amara scoperta, la tomba si presenta vuota ai suoi occhi. Quel corpo appartiene al suo maestro e quindi in qualche modo appartiene anche a lei che avverte il diritto/dovere di continuare a vederlo e a cospargerlo di oli profumati, unico modo e segno che le rimaneva per continuare a dirgli il suo amore riconoscente.

Maria!

E invece il Maestro è lì, in piedi, vivo, che la chiama ancora una volta per nome, che le dona, risorto, la possibilità di lasciarsi incontrare da Lui nella pienezza della verità. Maria però non è ancora pronta per riconoscerlo perché continua ad essere troppo concentrata nei propri ragionamenti e nei propri sentimenti possessivi.

Finalmente quella voce, quel suo nome pronunciato così soavemente da “colui che credeva fosse l’ortolano” le scavano nel cuore una sorgente zampillante di acqua viva e di vita nuova che non si essiccherà mai più.

Maria diviene, in quel momento, la donna dell’annuncio pasquale: il Signore è vivo, io l’ho visto, io l’ho ascoltato, io l’ho incontrato!

Diviene la donna della speranza.

Incontrare il Signore! Ecco la nostra Pasqua!

Il Signore risorto ha sempre l’iniziativa dell’incontro e, quando ci si lascia incontrare facendo cadere ogni difesa, l’incontro diviene l’evento che cambia la vita.

Penso a Zaccheo, alla donna peccatrice nella casa di Simone, all’emorroissa, a Simone in riva al lago, a Maria di Nazareth, a… ciascuno di noi.

Non siamo forse risorti quel giorno in cui abbiamo udito pronunciare il nostro nome e, con il cuore che ci ardeva nel petto ascoltando la sua parola, abbiamo iniziato il nostro santo viaggio; il nostro continuo passaggio dalla morte alla vita nell’avventura quotidiana della carità? «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i nostri fratelli» (1Gv 3,14).

Il Signore risorto, nelle sembianze dell’ortolano, del povero, di chi cerca amore e verità, di chi è oppresso dall’ingiustizia, di chi è sfruttato e abusato, di tutti coloro che gridano, ci chiama per nome in ogni giorno ed è il nostro mattino di Pasqua. E così diveniamo prolungamento di quel primo annuncio. In me, in te in tutti noi, Maria di Magdala può continuare a correre per le strade del mondo oggi; testimoni di un incontro che ferendoci il cuore genera in noi la compassione e la gioia di gridare a tutti che Cristo è davvero risorto, è vivo, cammina in mezzo a noi ed è la speranza vera per chi lo cerca. Sì, perché lo abbiamo visto e udito.

Buona Pasqua di Resurrezione!

      M. Viviana Ballarin, op

Presidente USMI nazionale

2 febbraio 2010: la parola di M. Viviana

Giornate Mondiali, Vita Consacrata | Posted by usmionline
feb 01 2010

Care sorelle,

come ogni anno il 2 febbraio celebreremo la giornata mondiale della vita consacrata.

In  quasi tutte le diocesi e comunità sarà un giorno di intensa preghiera, di riflessione, di annuncio.

Questo giorno ci offre anche l’opportunità di gesti di condivisione e di comunione che diventano così segno di ciò che caratterizza la nostra vita: l’ecclesialità e la comunione.

E’ proprio questo il nostro primo e irrinunciabile annuncio profetico. Annuncio che oggi è più che mai urgente. Diventano infatti più frequenti le esperienze di sofferenza per sentirci dimenticate, ignorate e alcune volte anche disprezzate. Non dobbiamo temere perché sappiamo molto bene in chi abbiamo posto la nostra speranza.

La nostra forza e la gioia della nostra missione e dedizione scaturiscono da una fonte inesauribile, da Colui che abbiamo incontrato, di cui ci siamo innamorate e al quale ci siamo affidate, come Abramo, come Maria. Sappiamo che questa è la strada sicura  e che percorrendola con fede e per amore diveniamo segno e narrazione dell’Evangelo nella storia, la nostra storia, aspettando il ritorno del Risorto, nostra speranza.

Non abbiamo paura di perseverare e di abitare fedeli il cuore della chiesa  anche quando la chiesa non ci dovesse riconoscere, non abbiamo paura di vivere in essa la comunione tra noi e con tutti anche quando ci potrebbe chiedere di perdere qualche cosa; la vita nuova in Cristo Signore passa sempre attraverso una esperienza pasquale.

La commissione episcopale italiana per il clero e la vita consacrata ha già pubblicato il suo messaggio per la giornata del 2 febbraio 2010. Con cuore grato per tale dono, invito tutte a leggerlo, meditarlo e a fare tesoro del suo contenuto che risuona nei nostri cuori proprio come un rinnovato invito alla comunione e alla ecclesialità: comunione con il S. Padre e la Chiesa nella preghiera per i sacerdoti in questo anno speciale totalmente dedicato a loro.

Il Papa ci invita a pregare e a implorare da dio, per tutti loro, il dono della santità: dona Signore sacerdoti santi alla tua chiesa! Santi come il modello che quest’anno è posto davanti a loro: il Santo Curato d’Ars.

Nel loro messaggio i vescovi mettono in luce molto bene, descrivendo la figura del santo, il senso della nostra presenza nella chiesa ed il valore immenso che può avere il dono della vita consacrata accanto alla vita del sacerdote, e non solo del sacerdote!

Scrivono i vescovi: “Giovanni Maria Vianney  si sentì sempre debitore nei confronti delle due religiose che, con sprezzo del pericolo e fedeli alla loro consacrazione, lo accompagnarono a ricevere, per la prima volta, Gesù nel  sacramento dell’Eucaristia”.

Penso a tutte le religiose che anche oggi, spinte dalla carità, non hanno paura di mettere a repentaglio la loro vita, con cuore e mani di madri, per difendere la vita e per donare dignità alla vita di tanti fanciulli e non solo dei fanciulli. Forse tra queste persone che avviciniamo ogni giorno ci potrebbero essere alcune di loro che Dio sta preparando per missioni particolari. E forse proprio la nostra presenza e dedizione può sorreggere la loro risposta al progetto di Dio. 

I vescovi continuano il loro messaggio proponendoci due aspetti della vita del curato d’Ars da contemplare e da imitare:

“…Il primo si lega al nucleo più intimo del suo essere: la sua vita personale e il suo ministero hanno sempre avuto al centro la ricerca di una pura e semplice essenzialità. La vita consacrata non è forse una chiamata a essere testimoni dell’essenziale?

Il secondo è quello di coltivare la compagnia dei santi. Le ricchezze a cui attingere conoscendo e approfondendo la storia della santità sono immense. È dunque fondamentale nutrirci di ciò che ci immerge nelle profondità del Vangelo, reso visibile, udibile e palpabile dai grandi testimoni che ci precedono nel cammino della Chiesa. Se la nostra compagnia diventerà sempre più quella dei santi, saremo aiutati a comprendere la volontà di Dio per ciascuno di noi e saremo dolcemente sospinti a darvi una risposta positiva e generosa”.

Care sorelle, che davvero la celebrazione di questa giornata di preghiera si trasformi per tutte noi in un evento che rinnova la nostra vita, ridà vigore alla nostra testimonianza e ricompensa con frutti benedetti le nostre fatiche.

Anche noi, in comunione con tutta la chiesa imploriamo: : “O Dio, che unisci in un unico volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi, di desiderare ciò che prometti, perché tra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori, dove è la vera gioia”.

Con affetto e profonda comunione in Cristo, auguro a tutte di celebrare la giornata della vita consacrata nella gioia e nella speranza.

 

Roma, 20 gennaio 2010