Archive for gennaio, 2015

Ravviva e infiamma di vita

Senza categoria | Posted by usmionline
gen 30 2015

Cosa può dire la suora a una giovane e a un giovane. Quali sono i valori della vita religiosa.
ordovirginumNon so chi tu sia che leggerai quanto scritto se un giovane o una giovane capitati su questo sito perché vorresti capirci di più della vita religiosa. Non so se tu sia una postulante o una novizia, che vuole conoscere più da vicino chi sono le persone con cui vive o se sei una suora come me.

Chiunque tu sia ciao. Dirò a tutti le stesse cose perché altre non ne conosco.
Vorrei parlarti di San Paolo, non solo perché sono una Suora Apostolina, che fa parte della Famiglia Paolina,  che deve al grande Santo il suo nome e la sua fondazione, insomma non per tirare i remi in barca, ma perché lui dice a Timoteo una frase che lascia senza fiato, secondo me. Poi perché le sue parole sono “più ispirate” delle mie. Non è modestia!

“Ravviva il dono di Dio che è in te” dice Paolo a Timoteo.
Se sei un giovane o una giovane incomincia col chiederti quale è questo dono di Dio in te. Se sei una suora, anche! Magari ne scopri uno nuovo, oppure lo stesso che ha cambiato nome.
Per scoprirlo segui le tue domande, non ingannano mai. Dio le preferisce alle risposte. Le usa come delle piccole luci lasciate sulla strada seguendo le quali arrivi sempre a Lui. Non so perché, forse perché così ci fa sentire partecipi delle nostre scoperte. Forse perché gli piace che non diamo niente per scontato, che la realtà ci metta in discussione. Le domande sono il “sale della nostra terra”!
Anche se non hai finito di pensare a quale sia il tuo dono, dedica due minuti a questo verbo: Ravviva. In greco, la lingua in cui Paolo ha scritto, il verbo ravvivare è un verbo composto da altri due verbi: “vivere” e “infiammare”. Non puoi dire: “ravviva” se non usi i due verbi insieme.
Non ho la pretesa e le competenze per spiegarti bene il loro significato, perché anche io lo sto cercando, ma intanto ti dico quello che dice a me.
È come se Paolo volesse dire a Timoteo e a noi: “ravviva la fiamma” oppure “infiamma di vita” il dono di Dio che è in te. Scegli tu, magari lo sai meglio di me.
L’importante è che questo fuoco che ti arde dentro, e se sei giovane sai bene di cosa parlo, tu non lo spenga.
A volte le fiamme sono alte, sembra che tu non riesca a domarle: potresti incendiare un bosco con le tue fiamme. Lo so. Non le spegnere lo stesso. Custodiscile, come si fa con un falò a cielo aperto in cui devi stare davvero attento, altrimenti sono guai.
Facci passare l’aria dentro questo fuoco: fallo “respirare” sennò soffoca, ed è peggio.
Il respiro per me è far entrare Dio dove mi fa più male. Se Lui entra lì dove non voglio, allora ricomincio a respirare. Tu trova il tuo respiro, non siamo fatti per l’apnea.
Mettici le legna in questo fuoco, sennò di che vive?
Alle legna il nome dallo tu, io ti dico di portare nella tua vita la gente: gli amici veri, i tuoi cari, gli sconosciuti e, se sei una suora, le tue sorelle… ma perché il fuoco continui a vivere in te.
Ama la Chiesa, così fragile ma così bella, ti aiuterà a pensarti un po’ più in grande.
Il dono che Dio fa alla vita dell’uomo è Lui stesso.
Non ce ne sono altri di più belli. In Gesù Dio ci ha dato tutto, se non ti dico questo, non vale niente di quello che ti ho detto prima.
Ravviva la presenza di Dio nella tua vita, il fuoco del suo Spirito.

img_1963_2Se sei all’inizio del tuo cammino appassionati, sicuramente soffrirai di più, ma se non ti va di coinvolgerti lascia stare, il Regno di Dio ha bisogno di braccia pronte al lavoro.
Se sei a un pezzo di strada ti dico quello che dico a me, fidati, in fondo Dio si è fidato di te. Puoi fare lo sforzo di farlo anche tu nei suoi confronti.
Se sei una suora “con il dono degli anni”, come si dice a casa mia, non ti dico niente, aspetto che tu dica qualcosa a me.

Della vita consacrata mi appassiona l’appartenere solo a Dio e la libertà del cuore che permette di donare al propria vita a tutti.
Della vita con Dio anche, ma ringrazio il Cielo di non sapere cosa significhi vivere senza Dio. Questo è il dono che Lui ha fatto a me. Ci è voluto stare sempre.
Grazie del tuo tempo. Non so se ti ho detto cose utili però almeno ti ho fatto rileggere San Paolo, così sono sicura che non sarà stato tempo perso.

 Sr. M.Francesca Frasca, Suore Apostoline

Se la coscienza non fa ‘chiacchiere’

Senza categoria | Posted by usmionline
gen 19 2015

splendoreLa voce della coscienza, in un cuore che ascolta davvero, ridesta la vita da  tutte le sue  stanchezze; fa varcare notti e solitudini e muove a vivere d’incontri. Una Luce accompagna chi vive gomito a gomito con le miserie della gente senza smettere di stare gomito a gomito con Dio. E si rinnova  a ogni passo.

Perduti  e ritrovati …
In un mondo divenuto anonimo dove ognuno sembra essere prossimo solo a se stesso, molti cercano qualcuno che avverta il dolore altrui e ne rimanga colpito. E se nella società attuale non sembrano esserci più princípi, ideali e valori condivisi, è pur sempre possibile riconoscere il proprio volto nell’altro; imparare, attraverso le sue vicende, a scoprire la propria difficoltà a crescere e il ‘talento‘ ricevuto dalla vita per poterlo gestire. Quando poi la vita, a volte, diventa un trampolino, occorre qualcuno che, dietro, dica: Avanti, è ora di buttarsi! Molti possiedono la capacità di incoraggiare; e altrettanti – forse di più – hanno la necessità di essere incoraggiati per poter scegliere in libertà, senza paura o eccessiva timidezza… I giovani soprattutto, ma non è questione d’età, perché l’insicurezza è una condizione umana. Arriva per l’età (perché troppa o troppo poca), per predisposizione, per fatti accaduti o… per caso! Ma arriva prima o poi. È sorprendente constatare quanto bisogno ci sia in giro e in ogni ambiente di trovare un incoraggiamento, qualcuno che sui sentieri della vita porti qualche luce e dissipi un po’ di nebbia con la sola presenza del suo passaggio. L’oggi è ancora nelle nostre mani e quello che non è stato può essere se si dà ascolto e voce alla coscienza! È questa infatti che rende capaci di distinguere il bene vero da ciò che semplicemente piace o fa comodo e non porta certo alla pienezza. Quando la coscienza si risveglia, allora si comprende che a fin di bene esiste solo il bene. E il miracolo esplode, i momenti difficili diventano terreno fertile per una nuova primavera e lo stupore bussa ancora alla porta della propria vita e della storia.

…se nutriti dal quotidiano!
 Il problema vero è scoprire la saggezza dell’istante presente, il messaggio e il dono del  momento… In sintesi: la presenza di Dio nelle piccole cose. Quanti però, anche fra credenti e imagesconsacrati, in ogni momento si ritrovano mille cose ‘urgenti’ da fare, stimoli immediati, impegni indifferibili, fosse anche solo per… ‘portarsi avanti’? Forse si sogna di avere lunghi momenti di preghiera, ma… c’è sempre tanto da fare! Oppure succede che si ha molto tempo a disposizione – in fondo ci si annoia – e perdutamente si cerca in un’attività ‘qualsiasi’ un senso alla propria vita… O forse si cerca la presenza di Dio nel segreto della preghiera, ma ancora si ha bisogno di fare un grande sforzo per sentire il grido dei fratelli. Il pericolo in tutti i casi è sempre quello di vivere sì alla periferia, ma del proprio essere, là dove sono solo superficialità ed egoismo.

Finché la persona non scopre le motivazioni profonde che muovono e determinano le proprie emozioni e scelte, rimane un essere debole; le sue energie di speranza deperiscono lasciando il posto a desideri di comodità e di piacere o a una stanchezza depressa. In tale situazione per  potersi muovere e avanzare verso l’unità di sé occorre procurarsi il nutrimento giusto. Si tratta dei cibi dell’intelligenza, del cuore e dello spirito, i soli che, insieme, scuotono dal perdersi nella ricerca di agi e piccole sicurezze e avviano alla Verità. Sono cibi quotidiani, ordinari, a volte senza molto sapore… È la fedeltà responsabile alle piccole cose; sono gli incontri, gli sguardi, i sorrisi che dicono a chi vive accanto ti voglio bene e gli riscaldano il cuore.

La verità di sé e la misura che non passa
1017459_10152920982755262_666860595_nCon il poco di cui ogni creatura dispone, Dio può fare molto se essa lo pone nelle Sue mani. In realtà l’equilibrio personale e l’armonia sognata fra interiorità ed esteriorità non vengono che dopo anni e anni di lotta. Per il cammino, Gesù raccomanda ai suoi di guardarsi dal veleno dell’ipocrisia equipaggiandosi interiormente per non cedere; e teneramente si rivolge loro: “dico a voi, amici miei” (Lc 12,1). Ad ognuno chiede di interrogarsi con onestà sulle proprie convinzioni profonde, quelle che generano scelte e atteggiamenti concreti. Chiede di accettare la sfida di una ragione pensosa e aperta al Mistero, per non perdersi a pensare e organizzare la propria vita come fosse “a lode della propria gloria” (cfr Lc 12, 54-57). Un credente, infatti, che non voglia essere il povero ateo che ogni giorno si sforza di cominciare a credere, rischia di fare della sua fede una rassicurazione comoda (B. Forte). In ogni caso per la persona sarà come aver perso l’autobus proprio nel momento in cui aveva più fretta. Tornare alla verità di se stessi, invece, significa rinunciare a farsi misura di tutto. Perché Dio solo è la misura che non passa, la ragione ultima per vivere, amare e morire. E nessuno può arrogarsi il giudizio definitivo sulle persone e sulla storia, che spetta soltanto a Lui. Certo ognuno può esser preso dalla miopia del contentarsi di tutto ciò che è meno di Lui. In ogni caso Dio non forza nessuno a uscire dal proprio egoismo, lascia liberi di perdersi nella propria solitudine e nella difesa a oltranza di sé. Intanto però continua a cercare chi si perde, con un amore incredibilmente fedele… Lui da sempre scommette sui piccoli.

Nella fedeltà a Dio la forza della debolezza
Non è il numero o il potere ciò che rende preziosa e necessaria la vita del cristiano là dove egli vive. Così come la ricchezza della vita consacrata non sta in se stessa, nei suoi numeri o logo-consacratinell’età, ma solo nel suo Signore. E quando una persona si lascia davvero sedurre da Dio (cfr Ger 20,7) e si consacra a Lui accogliendo la realtà precaria della comunità in cui vive e la propria, allora glielo si legge sul volto che è stata chiamata e che lo è tutti i giorni. Si vede da segnali inequivocabili e concreti: qualcuno la chiama e lei presta tutta la sua attenzione; le è confidata una pena e le sfugge una lacrima; si pone in preghiera e un brivido le corre dentro. La insultano ed è capace di sorridere, le sorride un bambino e si scioglie…
Proprio la debolezza delle attuali istituzioni dei consacrati (chiusura di molte case, mancanza di forze vive per mantenere e puntellare le strutture…) può donare oggi quello sguardo lungo che, puntando verso l’Orizzonte, fa scoprire di essere per il Regno.

                         Luciagnese Cedrone

                        usmionline@usminazionale.it

Tracce di passaggio

Senza categoria | Posted by usmionline
gen 07 2015

Leggere il reale – dentro e fuori di sé – oltre le apparenze e le banali evidenze. E trovare, al di là delle parole che non dicono nulla, le poche parole e le molte spagna_224rd.T0attenzioni che salgono dal fondo di sé, necessarie ad accogliere e ridonare il Mistero della Vita. 

Servire centrandosi sull’essenziale
Credenti capaci del miracolo di servire, di prendersi cura, di far sorgere il tempo della  compassione? … a volte può bastare poco per essere capaci di questo, ‘anche un piccolo gesto’ dice papa Francesco … O forse nel nostro tempo si è rassegnati ad essere semplici testimoni che non convincono nessuno? Certo è che non si può credere in Dio senza credere nell’uomo (in ogni uomo!) e probabilmente non si può nemmeno credere nell’uomo senza credere in Dio. Il ‘prodigio’ perciò chiesto oggi a tutti i cristiani (…e in primis ai religiosi), è quello di misurare la realtà in cui si è immersi lasciandosi orientare e muovere dalla fede; seguire i passi di Cristo e con Lui porsi al servizio della realtà concreta; scoprire che servire alla maniera del Maestro non ha aggettivi e non ha diritto al grazie di nessuno… Altro che amari rimbrotti contro i tempi che viviamo che, stranamente, sarebbero sempre peggiori di quelli andati! Servire nella fede chiede solo umiltà, perseveranza, soprattutto chiede di imparare ad accettare di sbagliare e, quando capita di non saperlo evitare, semplicemente riconoscerlo. Un grande e quotidiano cammino quindi per essere capaci di dire il Vangelo o almeno di non oscurarlo troppo. Da un tale ‘servire’, la fede esce limpida e chiara e contagia tutti di speranza. Si realizza così il solo prodigio capace di un radicale cambiamento della mente e del cuore che – come già riconosceva Panikkar – è vera alternativa alla catastrofe.

Autorevoli nell’autenticità…
Il problema è che non si possono vedere gli altri se non si vede il proprio cuore e se ne perde anzi il contatto… mentre l’essere onesti con se stessi nel riconoscere le proprie tenebre non viene per niente automatico, ma richiede una consapevolezza crescente nel cammino interiore! Consapevolezza necessaria e oggi purtroppo tanto rara! La sola però che permette di pensare con chiarezza e provare sentimenti autentici. Gesù ha parlato di un regno di Dio che l’uomo porta dentro il suo cuore. Perché è lì (… nel cuore di ogni uomo!!) che si nasconde la presenza di Dio, la sola che può dare luce e gioia alla vita. Muoversi allora come Etty Hillesum che, “inizialmente lontana da Dio, lo scopre guardando in profondità dentro se stessa”(Ben. XVI). E imparare a riconoscere in sé e a nominare le tenebre che non permettono di accogliere davvero se stessi e gli altri. Non c’è onestà possibile senza la capacità di guardare le cose in tutta verità anche quando la verità rischia di schiacciare con il peso delle sue esigenze. Solo questo impegno consente di vivere gesti autentici e di testimoniare in modo visibile la fraternità che unisce i cristiani consacrati gli uni agli altri nella vita comune. E li fa dono per tutti, attraverso una onestà che esce da sé e via via si fa sapienza nei confronti della vita e della storia.

mano a mano con dioCerto la comunità adulta non è “un abito bell’e fatto”, né nasce spontaneamente. Centrale nella sua costruzione è il ruolo di chi è rivestito d’autorità, la sua chiamata a custodire la propria libertà interiore senza irrigidirsi nelle dinamiche del ruolo; il suo impegno ad accompagnare ogni persona in un atteggiamento fraterno più che con quello di un esperto che ‘sa tutto e sa fare tutto’; la sua attenzione al lavoro che le religiose svolgono, ma anche a tutto ciò che riguarda la loro persona a livello umano, relazionale, spirituale…; la sua capacità, insomma, di creare spazi in cui ognuno venga realmente considerato come valore in se stesso e possa così partecipare secondo i propri ‘talenti’ all’organizzazione della vita comune… Come dice bene E. Bianchi: “esercita la vera autorità chi fa crescere l’altro, lo aumenta, gli fa spazio e lo aiuta a camminare nella libertà e nell’amore”.

… e testimoni a misura di Vangelo
Nella vita religiosa – si sa – l’esercizio dell’autorità è sempre stato prospettato come servizio. Nella realtà però non è facile riuscire ad evitare il contagio di modelli culturali di tutt’altro segno. Così per esempio la ‘cultura dello scarto’, che nel nostro occidente si respira nell’aria ed entra un po’ dappertutto, in qualche modo può trovare spazio anche nei conventi. Spesso essa si nutre di ‘paroloni’, con cui qualcuno sembra saper teorizzare il modo giusto per tutto: l’esercizio dell’autorità, l’obbedienza, ciò che è meglio per il bene comune, perfino il diritto o il dovere di parola… mentre la persona in questione, in realtà, non conosce che cosa significa vivere tutto questo nella propria quotidianità. Succede che il semplice pretendere di avere le risposte per tutto e per tutti senza ricercare pazientemente la verità insieme alle sorelle e ai fratelli, riesce forse a mettere a tacere intorno, ma non scava certo nel cuore quelle esigenze che sole possono consentire alle parole di tessere vita vera. Quante persone realizzate, sicure,  – diceva a se stesso Dag Hammarskjold nel suo diario – s’aggirano fra noi nell’armatura splendente del successo e della responsabilità. Come puoi lasciarti irritare da costoro? Lascia che vivano il loro trionfo: per quel che vale. La libertà e l’obbedienza cristiana in realtà sono “il coraggio di discernere sempre cosa fa lo Spirito nel ‘mio’ cuore, dove ‘mi’ porta… Discernere e obbedire, non relativizzare”, ricorda papa Francesco. Si tratta  allora di crescere crocattraverso la tentazione, perché non c’è fede che non sia provata; si tratta di custodire la propria libertà interiore ed essere se stessi, sapendo che la credibilità è legata alla corrispondenza delle parole e dei gesti con la verità della vita; e facendo quotidiana esperienza di una maggiore conoscenza del Signore la sola che permette una sequela audace, totale e radicale…Con Gesù Cristo – che ha messo al  centro le persone, ha usato misericordia e tenerezza, ha condiviso parole e gesti di profonda umanità e di perdono – tanta sofferenza e fatica potranno anche continuare a vivere in modo nascosto in tante comunità… Forse una sofferenza senza gloria visibile e una fatica sconosciuta a volte anche a chi vive nella stessa comunità. Ma in tale debolezza può celarsi una ricchezza straordinaria che solo il Signore sa misurare… Ti ha mosso la coscienza, il cuore, l’amore?…- riflette D. Hammarskjiold - Hai incontrato Dio. Quando c’è umiltà e piccolezza, quando si è davvero il ‘piccolo gregge’, allora si è quello che il Signore ha voluto e vuole.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it