Archive for giugno, 2012

Fra libertà e solitudine

Senza categoria | Posted by usmionline
giu 18 2012

Comprendere la propria solitudine è strada sicura per diventare liberi; per capire quello che ci si aspetta dagli altri e dal nostro rapporto con loro; per prendere coscienza del ‘sé più autentico’…Una prospettiva nuova da cui guardare se stessi e ciò che ci circonda.

Creati per la logica dell’incontro…
Il mistero circonda e quasi opprime la vita. Ci affascina e insieme ci angoscia. In mezzo a un mondo che continuamente e forsennatamente si muove, siamo alla ricerca di un punto fermo dentro di noi su cui appoggiarci e stare fermi come la casa costruita sulla roccia.

“Come rispondere con sapienza evangelica alle domande poste oggi dall’inquietudine del cuore umano?” (Vita Consecrata 81). Ce lo chiediamo drammaticamente di fronte a chi pensa di poter esprimere la propria libertà facendo l’iconoclasta, o addirittura azionando bombe davanti a una scuola con volontà ‘stragista’. Ce lo chiediamo con angoscia quando ci lasciamo raggiungere dalle notizie, per esempio, provenienti dai CIE che sono in Italia – quei centri di identificazione ed espulsione prima denominati centri di permanenza temporanea – dove fra suicidi, risse, fughe e sofferenze infinite, gli stessi agenti denunciano: ‘siamo allo stremo’. Ce lo chiediamo più semplicemente (per non soffermarci ancora a citare i fatti tragici che segnano l’attualità) nel nostro quotidiano più ‘normale’ e banale, ma non per questo percepito a volte come poco faticoso… Forse la sensazione di vivere insieme senza “essere” insieme è oggi la più terribile solitudine. Facilmente dipendiamo dal controllo degli altri o – all’opposto – dal controllo sugli altri, lasciandoci dominare forse dall’illusione di essere ‘tutto’ per qualcuno. Altrettanto facilmente confondiamo i rapporti autentici – dentro i quali trovano sviluppo sentimenti veri – con i rapporti ‘falsi’ nei quali ci si confronta solo attraverso ‘maschere’ sociali e meccanismi di difesa, per vivere da estranei e soli anche se “insieme”. In un rapporto di qualità debole – ci domandiamo – se e quando è possibile essere sicuri di agire con libertà, con quella libertà di ‘essere ciò che si è’, o, più realisticamente, con ‘ciò che si pensa di essere’?

…e chiamati ad incontrarci per quello che siamo
Il punto è che la responsabilità di ogni scelta rimane – sempre, comunque e per ogni persona – connessa al rischio di sbagliare. La fatica della ricerca non può perciò essere risparmiata a nessuno. O per lo meno: non può esserlo se si vuole rimanere fedeli alla natura dell’uomo che ha un profondo bisogno di capirsi, di conoscere chi è e come è fatto; non può esserlo se davvero si cerca di porsi con sapienza evangelica di fronte alla realtà che ci è affidata. Se non smettiamo mai di ‘correre’ ed evitiamo di guardarci dentro, forse – come già sosteneva Pascal – lo facciamo proprio nella vana speranza di sfuggire a un incontro faccia a faccia con la nostra condizione umana e anche con la nostra totale irrilevanza di fronte all’infinito dell’universo. Evitare di pensare però rafforza solo l’ansia, certo non l’allontana. Il problema allora è riuscire ad essere fedeli a ciò che nel cuore dell’uomo risuona come più genuinamente umano, perché solo questo permette di crescere nel diventare liberi, credenti e fedeli all’Eterno.

Prendere le misure della propria solitudine…
La solitudine è parola cardine sulla quale gira tutta la problematica dei rapporti umani contemporanei: un malessere molto «democratico», che non risparmia nessun gruppo sociale e nessuna età. I più semplicemente cercano di annullarla nel quotidiano negandola in diversi modi: tenendo il cellulare sempre a portata di …orecchio; vivendo con la televisione perennemente accesa; inventandosi una vita virtuale con il chattare continuamente in internet… Leggerla in sé con coraggio e decifrare le sofferenze che ci provoca può aiutare a capire ciò che davvero si desidera o ci si aspetta dagli altri. Può offrire una prospettiva nuova per guardare alla realtà intorno.

In questo cammino per incontrare se stessi, diventare liberi e stare meglio con gli altri, due forse sono le insidie più pericolose, che alienano la persona dall’umano autentico e da cui perciò è necessario imparare a mantenere la giusta distanza:

- l’istinto, che è in tutti, a cercare l’approvazione e la rassicurazione di qualcuno come fosse garanzia che ciò che si fa o si dice è giusto, mentre è solo un abdicare infantile alla responsabilità delle proprie azioni.

- la pretesa di affrettare la realizzazione di se stessi e il compimento di ciò che si è, che invece non dipende dai nostri sforzi, ma rimane puro dono che ci viene secondo i ritmi e i tempi del Donatore. A noi è dato solo di attenderlo e accoglierlo.

…e conoscerla per conoscersi
Mai come nella nostra epoca la persona ha preso coscienza della propria solitudine come incapacità di comunicare con gli altri. Eppure l’importanza di riconoscerla in sé e di esserne consapevole per stare bene con se stessi e con gli altri è quasi sempre sottovalutata. La solitudine in realtà è ciò che permette a ognuno di essere diverso dagli altri. Negarla è come negare se stessi e tentare di fuggirla conduce ad una profonda alienazione che a volte porta a situazioni-limite e drammatiche come la droga, la prostituzione, l’eutanasia, la depressione…

La conoscenza dei propri punti di forza invece e soprattutto la scoperta che una Sapienza amorosa ci abita rimettono in ‘viaggio’ la persona. Ed è finalmente un nuovo, stupendo inizio: la possibilità di scoprire il gusto del silenzio e la gioia di una solitudine positiva e costruttiva; il desiderio e la capacità di fare i conti con i propri limiti e debolezze. È aprirsi a quella preziosa esperienza di colloquio interiore, da cui emergono nella persona gli stati d’animo più profondi - a volte malinconici o ansiosi – ma che permettono di confrontarsi con i propri segreti, con i ricordi che si vorrebbero cancellare e che invece ritornano, con la qualità delle relazioni instaurate nel tempo con gli altri. È insomma la possibilità di rimettere ordine nelle emozioni senza lasciarsene travolgere.

Il bello è diventare liberi
Siamo capaci di essere liberi e di amare. Solo dobbiamo scoprirlo aderendo alla vita buona e giusta, approdando al porto dell’amore e ricominciando in ogni caso ad amare di più, ad amare meglio. Siamo stati creati per la logica dell’incontro…non ha senso rassegnarsi ad una società fondata sulla ricerca del successo ad ogni costo, della sessualità senza l’ideale dell’amore, della sopraffazione e dell’efficienza di fronte all’altro considerato come concorrente, antagonista, straniero.

Con la certezza nel cuore che “non c’è grido umano che non sia ascoltato da Dio” (Ben. XVI); che Lui è e rimane lì dove noi siamo, costi quel che costi; allora tutto ritrova il calore di un senso e in ogni situazione, provocata o solo subita dall’uomo, possiamo riconoscere che ancheil silenzio di Dio è lo spazio della nostra libertà” .

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

LETTERA APERTA

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giu 08 2012

Comunità Rut

Spazio di accoglienza

per una cultura di giustizia e di pace

 

                                                                    Al Presidente della Repubblica

                                                                            Giorgio NAPOLITANO

                                                         Al  Presidente del Consiglio dei Ministri  

                                                                                   Mario MONTI

 

 Cari Presidenti, 

non sono nuova, insieme alle mie consorelle, a dare voce a quanto vibra dentro il mio e nostro cuore attraverso la modalità di una Lettera aperta che per noi, come cittadine  e religiose, assume un significato di sincera partecipazione e di vera democrazia.

Viviamo in uno scenario “triste e oscuro”, usando le parole del Santo Padre, Benedetto XVI; un tempo di grave crisi che sta soffocando le speranze nel cuore di troppi giovani, che sta calpestando diritti e dignità nella vita di tante persone, di tante famiglie, di tanti bambini, di anziani e in particolare di tutte quelle realtà che avrebbero necessariamente bisogno di un sostegno e di una vicinanza per continuare a vivere con dignità.  

Ma guai a noi vivere questo triste e oscuro tempo in maniera passiva, da rassegnati e tanto meno nell’indifferenza o ancor peggio lasciandoci vincere da imperanti e devastanti egoismi che rischiano di alimentare forme deprecabili di aggressività e di violenza.

Guai a noi se in questo tempo non sappiamo esserci e lasciare la nostra impronta che porta con sé i lineamenti della giustizia, i calli della vita e il vigore della speranza.

Oggi, all’indomani della grande festa di Pentecoste, una Parola ha squarciato il mio cuore: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio! E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio… ma nulla è impossibile a Dio” (Mc 10, 17 ss.).  Parole queste, dette da Gesù a un giovane ricco, impeccabile nell’osservanza religiosa e nell’obbedienza alla legge. “Quanto è difficile….”

Spontanea in me la trasposizione di quel “quanto è difficile…” a quella ‘innumerevole’ schiera  di persone che hanno oggi ruoli istituzionali di potere, a vari livelli, che garantiscono loro ricchezze e privilegi, e questo non per sollevare unicamente critiche, né per decretare giudizi o condanne, ma perché sento unicamente la forza di verità in quella Parola di Gesù.

Cari Presidenti, grazie all’attività di Casa Rut (accoglienza di giovani donne migranti, spesso con figli, vittime di tratta) e al nostro servizio svolto con sempre rinnovata passione, ho la possibilità di girare l’Italia per incontri, convegni, tavole rotonde e di incontrare così studenti, giovani, cittadini, associazioni, religiose e religiosi e in tutti colgo un grande disagio e una viva sofferenza, ma spesso anche una palpitante rabbia nei confronti di queste persone, sempre troppe, che si sono arricchite e che continuano ad arricchirsi in nome di un servizio svolto per il bene della collettività.  E non vogliamo qui giudicare lo stile e la qualità del servizio da loro svolto e ‘non vogliamo fare di tutta l’erba un fascio’, anche se è sotto gli occhi di tutti che il più delle volte è un servizio ripiegato a coltivare unicamente gli interessi personali. Di fronte a questo grande senso collettivo di smarrimento e di indignazione diventano allora inaccettabili, vergognose e offensive nei riguardi della moltitudine di cittadine e cittadini e in particolare dei più disagiati, certi stipendi, certe indennità, certe pensioni e i loro tanti privilegi.  

Cari Presidenti, se non si trova il coraggio di tagliare con decisone quei stipendi e altro, se non si ha l’ardire di fare una rigorosa pulizia di certi privilegi che si diramano come le catene di S. Antonio, se non si osa anche la restituzione di beni e di ricchezze accumulate ingiustamente (come si fa per i beni confiscati alle mafie), difficilmente l’azione di Governo, pur encomiabile nel suo sforzo e impegno, diventa credibile e capace di dare nuovo senso e vigore all’unità nazionale unica strada percorribile per dare, oggi, risultati positivi. Solo insieme, nella giusta solidarietà, si può attraversare questo tempo “triste e oscuro”.

Cari Presidenti osate la giustizia, perché non c’è vera giustizia se si ‘divide la torta amara dei sacrifici, in parti uguali tra diseguali’ (don Milani). Chi oggi ha ricchezze e beni, spesso non per suo merito, ha il grave e responsabile dovere di contribuire largamente e secondo giustizia al risanamento e al rilancio del nostro Paese.  “Ma quanto è difficile… “

La solidarietà, la ricerca e l’amore al bene comune e la giustizia vanno osate, organizzate e, quando serve, promulgate in Leggi, anche se queste possono essere scomode. Solo così possiamo trasmettere e consegnare ai giovani una vera testimonianza di unità, di dignità e di vera umanità  che affonda le sue radici e riceve linfa dai grandi valori, sempre nuovi e attuali, enunciati nella nostra Carta Costituzionale e, per un cristiano, anche e soprattutto nella continua novità che è il Vangelo di Gesù Cristo.

 Il grande S. Agostino diceva che “la speranza ha due bei figli: la rabbia e il coraggio. La rabbia nel vedere come vanno le cose e il coraggio di intravedere come potrebbero andare”.

Se è così e solo così, cari Presidenti, possiamo e vogliamo essere con voi per osare e dare un volto concreto e di luce alla speranza e ‘insieme aiutare Dio a rendere possibile l’impossibile’.   

E Dio sa quanta sete di speranza c’è oggi in tutti noi e nella nostra Italia, anche a partire dagli  ultimi drammatici avvenimenti accaduti che attendono risposte di vita e non solo promesse.  

Un cordiale saluto.                                                           Suor Rita Giaretta

                                                                                             e sorelle Comunità Rut

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