Archive for agosto, 2010

«Dialogo e comprensione reciproca»

Senza categoria | Posted by usmionline
ago 28 2010

Nel vortice di una crisi di umanità che intacca il vincolo di solidarietà fra tutto quanto ha un volto umano, l’11 agosto 2010 le Nazioni Unite hanno dato il via all’Anno Internazionale della Gioventù sul tema del dialogo.

L’obiettivo dichiarato è quello di promuovere gli ideali di pace e solidarietà intergenerazionale, incoraggiando una piena ed efficace partecipazione dei giovani in tutti gli ambiti della società. L’ONU punta sulla loro «energia, passione e creatività» nella lotta per sradicare povertà e disuguaglianze, al fine di costruire un «mondo più sicuro e più giusto».

Obiettivi e principi tutti belli e pienamente condivisibili. Contemporaneamente però l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) lancia l’allarme per la crescente disoccupazione -destinata per altro a crescere ulteriormente-, sottoccupazione e conseguente scoraggiamento giovanile, a livello globale. Anche la possibilità di istruirsi si è già ridotta drasticamente.

In tale situazione occorre concentrarsi sull’obiettivo di aumentare gli impegni e gli investimenti sui giovani se davvero si vuole incrementare la loro partecipazione e collaborazione.

Intanto gli idoli della violenza, della vendetta e del potere sentito come risorsa definitiva ed ultima schiavizzano un po’ tutti giovani e meno giovani e accecano anche quando si presentano con le vesti rispettabili della giustizia e del diritto. Allo stesso modo, soprattutto in occidente, è ben vivo e radicato l’idolo del volere stravincere in tutto e del non cedere in nulla, del non volere accettare nessuna di quelle soluzioni in cui ognuno sia disposto a perdere qualcosa in vista di un bene complessivo.

Un tragico vicolo cieco questo, per uscire dal quale è necessario prenderne reale coscienza, a tutti i livelli: quello della comunità internazionale, delle comunità locali, familiari, degli individui.

 Il loro anno, la loro voce

Esistono nella vita di un giovane momenti in cui egli perde le sue “fasciature”, le “stampelle” su cui si reggeva; allora è costretto a uscire dal branco e ad affrontare la vita da solo. Spesso questo tempo si consuma nella solitudine, che può diventare l’anticamera della disperazione o l’inizio di una vera coscienza per la formazione di un volto più umano.

L’esperienza del dolore e della morte è fin troppo presente nel mondo giovanile, ma manca assolutamente la capacità di elaborare il dolore. L’esperienza di fede ha certamente qualcosa di importante da dire al riguardo, ma non è risposta automatica.

 Creature di relazione oggi?

Molti giovani -ce lo ricordano anche le esperienze estive appena concluse- acquisiscono profondità di riflessione a contatto con il bisogno degli altri, assunto come misura anche solo di una stagione della propria vita.

Guardare al dolore dell’altro, dell’estraneo e perfino del nemico può rappresentare l’inizio di un processo di comprensione: di sé, della vita, del suo senso. La memoria delle sofferenze accumulate negli anni infatti, quando è riferita esclusivamente a sé o al proprio gruppo, o alla propria “giusta” causa, alimenterà solo l’odio e le ragioni del risentimento, della rabbia, della vendetta. Imparare a guardare al dolore e ai problemi dell’altro, invece, permette di “vedere” il suo volto e di superare in sé l’idolo dell’odio. Si sperimenta così che non è poi tanto difficile vivere la vita come un dono e lasciarsi scavare l’anima dalle lacrime della gente.

 

Primo orizzonte: il dialogo

Nel corso dell’Anno della Gioventù, che si concluderà il 12 agosto 2011, molti sono gli eventi già programmati a livello internazionale. Ne citiamo per ora uno che ci riguarda da vicino: l’Agorà dei giovani del Mediterraneo che si svolgerà dal 12 al 19 settembre 2010 presso il Centro Giovanni Paolo II a Loreto.

Ai giovani inviati dalle comunità cristiani del Mediterraneo si uniranno in questa occasione anche i giovani inviati dalle comunità cristiane d’Oriente. Questo per allargare l’orizzonte del confronto, per far nascere possibilmente iniziative di cooperazione là dove non esistono e mettere in rete quelle che già esistono. In realtà si dialoga con tutti o non è dialogo con nessuno. E chi è animato dal desiderio vero di dialogare non aspetta, ma getta per primo ponti di apertura e di stima; copre ogni distanza senza contare i passi compiuti dall’altro; lo fa con assoluta fedeltà, senza soste e senza retromarce.

Chiamati tutti ad allargare gli spazi dell’essenziale e ad abbandonare i troppi idoli che ci ingombrano il cuore e la vita, entriamo allora, insieme ai giovani, in questo loro anno.

E il Signore ci renda viandanti con loro quando ci capitasse di pensarci più “arrivati” di altri nel cammino mai finito verso la pienezza.

 Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Nel dopo ‘vacanze’ più pronti per ricominciare insieme?

Senza categoria | Posted by usmionline
ago 18 2010

Non si diventa “uomini completi” da soli,
ma unicamente assieme agli altri…
(D. Bonhoeffer)

Le relazioni che caratterizzano l’epoca in cui viviamo sono divenute tanto fragili e inaffidabili che il grande sociologo Zygmunt Bauman le può paragonare ad una zattera di carta assorbente.

Forse di questo noi stessi abbiamo fatto esperienza anche nei giorni dell’estate che si sta concludendo. Forse in questo tempo qualcuno ha potuto collaborare con la pastorale giovanile in qualche Estate ragazzi, o Campo Scuola, o Grest. Altri saranno stati tra gli animatori di centri per bambini, o per anziani, disabili, profughi. Forse la mia avventura estiva è stata di incarnarmi più a fondo nel mondo dei giovani, di immergermi nelle loro storie per cercarvi il senso, sapendo che da solo l’uomo non può arrivare a coglierlo e che è necessario riaprire la cortina del cielo per trovarlo.

Nei giovani in realtà è forte la voglia di capire se stessi e di trovare una comprensione del proprio destino, del proprio ruolo e importanza. Desiderano infatti percepire qualcosa di più grande di quello che il mondo fa apparire della loro vita.

Forse il nostro compito con i giovani è stato di far emergere in loro le domande di significato che permettono di declinare la fede nella vita concreta. Avremo allora fatto questo amandoli, perché amare in realtà fa cambiare. La sapienza del Vangelo infatti è colorata della vita di chi crede in esso e lo testimonia nell’amore. Risposte facili, preconfezionate e precotte invece non servono.

In tutto questo, anche nel tempo dell’estate quante persone posso dire di avere incontrato, che vivono in sé il disagio di non essere capiti e di non capire?…Coppie che non sanno affrontare nel modo giusto i propri conflitti né gestire quelli con i figli; ragazzi che rifiutano il rapporto con i coetanei perché ne temono il giudizio; giovani che non sanno decidersi a lasciare la propria famiglia di origine per sposarsi; anziani ormai emarginati e tristi nel proprio mondo; adulti sempre più schiacciati dall’incertezza del futuro: tutti disagi sociali e mentali che rivelano una profonda difficoltà a relazionarsi, a comunicare e quindi a gestire il rapporto che lega agli altri.

Dall’orizzonte relazionale l’alba di una “umanità nuova”

Chi, per salvare la propria vita e conseguire quel benessere di cui tutti abbiamo una fame disperata, si affiderebbe ad una zattera di carta assorbente? Cambiamenti sociali e culturali ci incalzano ogni giorno: sono sotto i nostri occhi e spesso non riusciamo a coglierne il senso e la direzione; non riusciamo quindi a gestirli.

Eppure è dalle relazioni e dalla loro qualità che dipende la maturazione della persona, la sua salute mentale e, in definitiva, la sua felicità o disperazione. Certo Dio invita me come tutti a riconoscere le ragioni del disagio di vivere e della mancanza di felicità nella paura di amare che ci portiamo dentro, nel sospetto di non essere amati, nella diffidenza di fronte a ogni atteggiamento di amore gratuito.

Per mettersi in grado di affrontare la realtà e potersi così adattare creativamente ad essa, ad ognuno è necessario riconoscere il materiale di cui è fatta la propria zattera relazionale, per poterlo eventualmente sostituire o rafforzare. Il tempo della ‘vacanza’, in fondo, serve soprattutto a questo.  

Leggerezza di un cammino che continua nella fedeltà

Il compito, che anche a conclusione del tempo di ‘vacanza’ attende comunque ognuno, è di impegnarsi a riconoscere nel proprio cammino le occasioni utili a coltivare in sé la paziente attitudine all’ascolto, la capacità di mettersi nei panni dell’altro, la disponibilità a condividere e ad essere solidali.

In realtà queste sono le competenze che rompono il deserto della solitudine, danno significato e sostegno ai propri passi e in definitiva permettono la produzione di quel bene prezioso e raro che è il bene relazionale.

Con questo bene, forse rafforzato nel tempo delle vacanze, mentre si continua ad elaborare interiormente ciò che si vive di fuori, certamente si è più pronti a tornare al quotidiano senza rischiare di essere intontiti dalla ripetitività, o di essere travolti dai suoi ritmi esasperati; più pronti a passare attraverso avvenimenti e uomini non come il turista, ma restando all’interno della realtà, come il lievito che fa gonfiare la pasta e come il sale che si confonde con gli avvenimenti. E così in ogni momento ad ognuno è possibile riconoscere il Kairòs e dire quell’eccomi che ravviva la quotidianità e le impedisce di diventare professione. Buon ricominciamento, allora, del viaggio insieme!

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

«Contro la crisi di vocazioni la suora ‘recluta’ sul blog»

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ago 13 2010

Il ‘caso’, raccontato da La Repubblica e rimbalzato poi su diversi quotidiani: suor Elvira de Witt, nativa di Amsterdam e con un passato da cantante lirica, ha scelto il web come strumento per combattere il costante calo di vocazioni che affligge la Chiesa cattolica, soprattutto in occidente. Ha realizzato un blog che è diventato un vero e proprio punto di riferimento per chi ha dei dubbi sulla possibilità di abbracciare una vita dedicata a Dio. Tante ragazze le scrivono e, fra queste, almeno due ogni anno entrano in convento.

In tutto questo il fatto vero è che, anche in mezzo allo sgomento per gli scandali che conosciamo, la forza sorgiva del messaggio cristiano non si esaurisce. Semplicemente trova nuove strade per aprire spazi di dibattito e di confronto con il mondo tumultuoso di oggi. È sicuramente faticoso situarsi nel nostro mondo e cercare di vivere umanamente, in pienezza, al suo interno. Condividere con tutti questa esperienza, superando la posizione di chi ha tutto da insegnare e nulla da imparare, ha conseguenze radicali sul modo e sullo stile con cui presentare l’annuncio della Buona Notizia.

Il fenomeno più preoccupante dei nostri giorni è la crescente difficoltà a leggere nelle cose e nella nostra vita una parola su di noi, un appello. E questo non perché la realtà abbia cessato di parlare: siamo noi che forse abbiamo perso il codice e la voglia di ascoltare.

La storia ci dice che quando si naviga in acque agitate, sono le donne per prime a conoscere e decidere come entrare in azione. Sr Elvira ha scelto di passare per un lungo ascolto delle persone, fatto di ore e ore davanti al computer.

L’animazione vocazionale passa sul blog

Donna energica e dal sorriso contagioso, comincia con il ridurre la sua distanza dal mondo, riconoscendo con umiltà che la Chiesa non è al di fuori o sopra, ma dentro la società. Si pone così in ascolto delle ragazze che le scrivono per conoscerle nelle loro ricchezze e contraddizioni. Molto spesso si tratta di giovani che non hanno alcun punto di riferimento familiare. Fragili, con una adolescenza più lunga rispetto a quella delle altre generazioni, hanno bisogno di essere accompagnate per acquisire la chiara identità di sé. Ad ognuna sr Elvira offre l’opportunità e i criteri per esprimere e leggere le domande profonde che ogni persona si porta nel cuore. Poi, attraverso un cammino di discernimento sulla propria vita, le invita ad aderire a un’esperienza che dà senso all’esistenza: aprirsi alla Parola e all’esperienza di Dio. Si fa sempre più fatica oggi a percepire la parola che è il nostro corpo, mentre la prima ed ultima parola su di esso si presume di trovarla nelle creme e nelle pillole, nelle palestre e nel bisturi, nel silicone e nei chips. Si finisce così per pensare che il senso sia sempre e solo prodotto da noi.

La caratteristica principale della vocazione invece è di irrompere nella vita di una persona da fuori: non è produzione propria, ma grazia. Non una parola che pronunciamo noi, ma parola pronunciata su di noi, che si può quindi solo ricevere in dono. E’ un appello che chiede risposta.

L’uomo contemporaneo cerca la vocazione perduta

Un convegno internazionale riservato alle religiose ha riunito a Roma, dal 19 al 24 luglio 2010, nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, religiose provenienti da ogni parte del mondo per studiare le caratteristiche che deve avere un’animatrice vocazionale dei nostri giorni: una settimana di preghiera, ascolto, dialogo e condivisione di esperienze internazionali. Tra i temi trattati nel corso: Internet al convento; promotori vocazionali tra i cosmetici e i pub; qualità essenziali dell’animatrice vocazionale; capire la ragazza dei nostri giorni; ridare la speranza; natura, finalità e ostacoli nella pastorale vocazionale; la direzione spirituale; i sacramenti e la preghiera. Suor Elvira vi ha tenuto una lezione per raccontare l’esperienza che lei fa e che nasce a colpi di clic.

 ”La proposta di organizzare un Incontro internazionale di animazione vocazionale – spiegano gli organizzatori – nasce dal grande senso di fiducia che abbiamo in Dio. E’ Lui il padrone della messe. Tuttavia è necessario pregare e lavorare bene. L’opera della pastorale vocazionale dev’essere svolta dalle congregazioni religiose con cura minuziosa, in particolare nelle situazioni odierne, in cui lo scoraggiamento ha fatto strada e la sfiducia ha sostituito la speranza. Si deve soltanto avere fiducia nel padrone della messe e, quindi, alzare lo sguardo, poiché il campo è già pronto per la mietitura”.

Il primo fondamentale servizio della vita religiosa rimane, comunque, quello della testimonianza. I veri testimoni non hanno bisogno di esortare; essi non hanno che da esistere: la loro esistenza è un richiamo. Non ci si fa religiosi per “fare qualcosa”, ma principalmente per essere, con la propria vita, testimoni dell’eternità e cooperare con la propria santità a una incarnazione sempre più profonda della grazia divina nel mondo.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it