Archive for maggio, 2011

Più libri e più liberi

Senza categoria | Posted by usmionline
mag 24 2011

Il Maggio dei libri, appuntamento fisso nel calendario delle manifestazioni culturali italiane, si avvia ormai alla conclusione. Tanti, motivati alla campagna nazionale di promozione del libro e della lettura per il 2011, hanno lavorato insieme per questa celebrazione coinvolgendo soggetti pubblici e privati. Moltissimi anche gli eventi culturali organizzati in tutta Italia e le iniziative messe in atto per sottolineare il valore sociale del libro, farne conoscere le potenzialità, portarlo tra la gente e distribuirlo. Tutto potrebbe contribuire nell’immaginario collettivo ad identificare il libro come un autentico compagno di vita.

Ma la realtà ci dice che:

- in Italia siamo ancora all’ultimo posto rispetto all’Europa per l’indice di lettura;

- le librerie indipendenti chiudono, soffocate dai supermercati e dalle librerie di catena;

- i lettori ‘forti’ sono in calo, sostituiti dai consumatori ‘usa e getta’, che con le librerie on line diventeranno forse gli esperti del ‘taglia e cuci’.

Crescere con i libri

Tutti leggiamo. Questa è una certezza. Ma perché si legge e come si impara a farlo? Quali meccanismi emotivi si attivano? Come nasce la passione per la lettura?

L’abitudine alla lettura può giustamente essere considerata elemento chiave della crescita personale, culturale e sociale. Aiuta a capire meglio se stessi e gli altri; mette in moto la mente e anche l’esistenza; potenzia la capacità di fare le scelte più giuste; orienta a scorgere particolari della vita quotidiana che altrimenti sfuggirebbero. E, cosa forse più bella, sviluppa quella particolarissima capacità di “coccolarsi”, che fa ritagliare solo per sé momenti buoni per rilassarsi; per avere risposte che nella vita ordinaria, spesso, non troviamo; o per vivere una nuova breve vita in nuovi e sempre infiniti mondi.

Stato della lettura in Italia

Secondo dati pubblicati dall’Istat, in diverse case dei nostri connazionali purtroppo i libri mancano o sono molto pochi. Nelle famiglie, invece, dove essi sono presenti e dove la biblioteca domestica è più consistente e consultata anche dai genitori, allora si rileva un significativo incremento della quota dei giovani lettori.

Chi legge di più in Italia, secondo i dati dell’ISTAT, sono comunque i giovani e i giovanissimi, con un picco tra gli 11 e i 14 anni. La quota decresce con l’aumentare dell’età, per diminuire drasticamente dai 65 anni in poi e raggiungere quindi il valore più basso tra la popolazione di 75 anni e più. Sono dati che possono sorprendere, ma in fondo confermano che sono proprio i giovani –i meno attaccati al potere- i più ‘liberi’ per leggere: preoccupati di capire e di aiutare l’altro, preferiscono essere ‘umani’ piuttosto che ambire ad occupare una posizione. Non sono insomma ancora malati di ‘potere’.

Potere dei libri

Il potere del libro è quello di unire e non di dividere. Permettendo, infatti, la circolazione del pensiero e delle idee, unisce popolazioni e generazioni diverse; avvicina le culture e porta a scoprire quell’intercultura che è la strada perché uomini e popoli imparino a vivere in pace. Contribuisce insomma a formare una società globale orientata alla reciproca conoscenza, tolleranza e solidarietà. E tutti oggi sperimentiamo, più o meno direttamente, la profondità di questo bisogno nel grande movimento di popoli che caratterizza il nostro tempo.

Eppure alcuni scrittori nel Novecento, tralasciando la questione della giustizia e della dignità umana, hanno voluto credere a un incantesimo: la presa del potere per fini giusti, per diventare, in realtà, costruttori e consumatori di un potere da cui poi risulta tanto difficile separarsi. Oggi addirittura nel mondo occidentale il libro spesso vale non per ciò che dice, ma per i soldi che fa guadagnare. Usato perciò nella ricerca di un potere politico o economico… Sicuramente non è questo genere di libri che rende migliori e più liberi. La letteratura, infatti, per sua natura è altro rispetto al potere che vincola all’obbedienza. È piuttosto potenza che richiede grande onestà intellettuale e, in coerenza con essa, induce anche al coraggio di stroncature memorabili e alla disobbedienza. Un dono genuino e necessario soprattutto in tempi pericolosamente inquinati dalla ricerca del potere corrotto e drogato.

Pedagogia dei Grandi Libri

Un libro è inutile se non c’è qualcuno che lo legga, così come si grida al vento se non c’è chi possa ascoltare quanto viene detto. I Grandi Libri invece sono sempre attuali: costituiscono serbatoi di idee, o per lo meno offrono tracce per poter cercare e imparare. Ci sono libri che si leggono, si rileggono e, poi, si leggono ancora. Sono quelli che mettono in moto tutto dentro di noi: emozioni, sentimenti, attività di pensiero, volontà… Le loro parole risuonano nella persona come un’eco. Appaiono perfette per esprimere qualcosa a cui prima non si sapeva dare forma. Sono sentite dalla stessa persona come una parte di sé, forse perché già le erano dentro e in esse, perciò, riesce a riconoscere realtà che le appartengono. All’Autore di ognuno di questi libri è facile dare del tu come a preziosi compagni di vita.

Ma è anche vero che “il più prezioso degli scritti rimane senza alcuna efficacia se capita nelle mani di chi è incapace di leggerlo come si deve. Sappiamo bene che la capacità di leggere richiede molto esercizio” (Adler)… e -vogliamo aggiungere- anche una guida esperta: è il compito affidato ad ogni persona che abbia ricevuto dalla vita il dono di diventare lettore.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

15 MAGGIO: GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA FAMIGLIA

Senza categoria | Posted by usmionline
mag 12 2011

Sembra che della famiglia si prenda coscienza solo quando la sua situazione comincia a farsi problematica. Nel nostro Occidente da anni si parla di: “crescita zero”, fuga dal matrimonio, riduzione delle celebrazioni nuziali, aumento del numero e crescente precocità delle crisi coniugali, famiglie “allargate”… Non stupisce, allora, che le Nazioni Unite nel 1993 abbiano deciso di proclamare il 15 maggio di ogni anno la Giornata Mondiale della Famiglia.

Festa della Famiglia: un’occasione

La decisione riflette l’importanza che la comunità internazionale attribuisce alla famiglia, mentre offre al mondo l’opportunità:

-         che governi, organizzazioni non governative, scuole, singoli individui, le tante Religiose da sempre impegnate nell’ambito della famiglia, tutti ci impegniamo a celebrare con autenticità tale ricorrenza per promuovere una migliore comprensione delle funzioni, delle risorse, dei problemi e dei bisogni legati alla famiglia;

-         che i Paesi dimostrino quale concreto sostegno sono capaci di dare alle famiglie;

-         che nelle diverse iniziative messe in atto ognuno possa trovare un aiuto per rimeditare il proprio ruolo nei confronti dei giovani e nella Chiesa realizziamo insieme una pastorale della famiglia che non sia più solo per la famiglia, ma con la famiglia.

La famiglia è realtà che tutti gli Stati devono tenere nella massima considerazione, perché, come amava ripetere Giovanni Paolo II, l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia. La politica insomma è chiamata a creare condizioni-base favorevoli nei suoi confronti, in tutti i settori della vita; a sostenere le coppie nelle loro scelte a favore dei figli; ad affrontare concretamente quegli aspetti che ne limitano fortemente le potenzialità: la carenza di abitazioni e il loro costo elevato; una politica fiscale poco favorevole e la precarietà nel lavoro; la mancanza di aiuti alle famiglie numerose…

La Famiglia: scuola dell’amore e microcosmo della comunità globale

La famiglia fondata sul matrimonio è cellula vitale e pilastro della società e, in quanto “patrimonio dell’umanità”, interessa credenti e non credenti. Essa è il luogo delle emozioni e dei sentimenti personali che ci accomunano tutti perché sono radicati nell’universalità del bisogno di amare, di essere amati e riconosciuti. Questo senza che la propria esistenza al suo interno si svolga come un idillio, ma sia vissuta dentro una famiglia che conosce difficoltà e dolore; che è fatta di fragilità; che non è perfetta, né tanto meno un esempio di romanticismo poetico.

La famiglia permette di sperimentare nuove dimensioni della propria umanità e per questo diventa punto di riferimento nella vita. Diventa cioè per i singoli la forza per vivere dentro il mondo e anche di andare per il mondo, perché non toglie la libertà di agire da singolo, ma dà anzi la forza di farlo. Come prima struttura sociale è il luogo in cui si impara a conciliare diritti e doveri, libertà propria e rispetto dell’altro. E’ il luogo naturale per il dialogo e per il confronto, per partecipare e condividere gioie, problemi e interessi personali. Si può dire perciò che il bene della società, il suo nucleo vitale, è strettamente legato alle sorti della famiglia-microcosmo sociale vero e proprio.

Le ferite della Famiglia oggi

 

Per aiutare questa famiglia è necessario capire come si presenta oggi: chi sono i nuovi padri, le nuove madri, i nuovi figli; su quali modelli costruiscono la felicità, l’educazione, il benessere; su quali errori si sviluppa il disagio.

Se i problemi della famiglia oggi sono tanti, il massimo sembra essere rappresentato da genitori che hanno disimparato a essere presenti e autorevoli nella vita dei loro figli, impegnati spesso a realizzare se stessi più che a vivere responsabilmente il loro ruolo. Soprattutto la figura del padre appare così sbiadita e periferica che spesso non costituisce più punto di riferimento. I giovani genitori -spesso immaturi- o sono troppo esigenti e autoritari; o poco esigenti e accomodanti, per cui trasferiscono le proprie rimozioni e inibizioni ai figli, causando in essi involontariamente vari disturbi del carattere e a volte angoscia permanente.

Se invece un figlio nell’infanzia o nell’adolescenza è fatto passare  attraverso piccole prove graduali, allora nella vita sarà forte e potrà essere d’aiuto anche ad altri.

La forza della famiglia in tutti i tempi

Pur con i suoi cambiamenti la famiglia ‘resiste’ al tempo perché per natura è un legame che non serve a fare denaro o a ottenere successo. Serve invece a vivere e a dare alla vita un senso. Abbiamo bisogno infatti degli altri per essere noi stessi. Stando con gli altri mi percepirò più precisamente per quello che sono e non solo per quello che le mie potenzialità sono in grado di fare. Forse riuscirò anche a percepire la forza che è nella debolezza e acquisirò il coraggio della mia insufficienza e temerò l’onnipotenza dell’uomo e non i suoi limiti.

Sogno di vita in comunione

La sfida è coltivarci come persone comunitarie, coltivare sogni di comunione; nei piccoli e grandi spazi della vita fare casa, fare spazio intorno a noi e non stancarsi di tessere e ritessere relazioni. Per questo occorre fermare la corsa della propria vita e interrogarsi sul perché di quella velocità che a volte non lascia respirare e impedisce anche di pensare. Il tempo che fugge non permette più di perdere tempo. E scegliere diventa una necessità. Si può sempre ripartire, oltrepassare la soglia del non detto, del non fatto, del fatto male… Ma tenendo presente nel cuore che la base stessa della libertà è sempre la consapevolezza di un limite. In compagnia di Dio e attingendo alla forza della Sua paternità nessuno può pensare di essere solo nella fatica o vinto dalla pochezza delle proprie forze. Si può davvero così accogliere dal cuore del Padre anche la misericordia verso se stessi e i propri fallimenti. E ripartire ogni giorno da questa luce.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

I giovani e l’ingresso nel mondo del lavoro

Società | Posted by usmionline
mag 05 2011

Che siamo in crisi nessuno osa più negarlo. Intanto la crisi continua e si accanisce sui giovani. Questa la fotografia scattata a marzo e resa pubblica alcuni giorni fa dall’ISTAT.

I problemi che i giovani sentono e si pongono per il futuro –ammonisce il Presidente G. Napolitano- sono gli stessi che si pongono per il futuro dell’Italia. Quella che stiamo vivendo è una crisi economica, culturale, spirituale, etica. Tocca i fondamenti della nostra civiltà.

Disoccupazione è precarietà

In un mercato del lavoro in continuo mutamento, la maggior parte di chi è formalmente disoccupato svolge in realtà lavori saltuari, poco remunerati, nella totale assenza dei più elementari diritti dei lavoratori e con contratti a brevissimo termine. Per non parlare del lavoro nero, sommerso, il quale finisce semplicemente con il sommergere l’individuo. Disoccupazione oggi è precarietà. Ma che cosa diventa precario?… le condizioni di lavoro o l’esistenza del lavoratore? E qual è la soglia di sostenibilità di una vita precaria?

Effetti devastanti della disoccupazione

- L’impossibilità di accedere in tempi ragionevoli a un lavoro stabile porta con sé ambiti di incertezza e una perdita di autostima persistente nel tempo… al punto che la precarietà finisce col diventare un vero e proprio stile di vita. Porta a scoraggiamento, a soffrire per disturbi d’ansia e anche a un calo di motivazione nella ricerca di un impiego futuro. Porta un ritardo sempre più accentuato del passaggio da eterni figli a genitori. Passaggio che mette a rischio un equilibrio sociale ed economico già abbastanza fragile.

- Costretti a fare affidamento sul portafoglio dei genitori, anche i giovani che vogliono laurearsi dovrebbero potersi scegliere i genitori con relativo studio ben avviato, dato che ancora oggi il mestiere si trasmette per via ereditaria. Oppure possono scegliere di studiare bene un paio di lingue straniere e di tenere il passaporto pronto. Ma quando la cosiddetta fuga dei cervelli all’estero diventa frequente come negli ultimi anni, allora un’enorme quantità di capitale umano rischia di andare tristemente sprecato. Ci perdono i nostri ragazzi, che saranno sempre meno capaci di contribuire alla crescita del Paese. Ma non solo loro. Ci perdiamo tutti.

Politiche giovanili e del lavoro

A fronte di questa crisi che non molla, è difficile immaginare un’inversione di tendenza. Si tratta di una vera e propria questione nazionale e va affrontata come tale. Non basta certo che tanti si sforzino di ricostruire i fatti che riguardano i giovani assecondando mentalità e senso comune, fino a considerarli viziati, bamboccioni, persone con aspettative irrealistiche… Fino ad attribuire loro la colpa della propria disoccupazione: troppo istruiti -si dice- gli under 30 non si adatterebbero più a fare gli umili e sani lavori di una volta.

Ma questo dato è in contraddizione con il fatto che in Italia il livello di istruzione negli ultimi anni si è alzato meno che in tutti gli altri Paesi europei. Bisognerebbe invece pensare seriamente a rendere più competitivo il sistema produttivo italiano. Il che significa decidere di investire di più su innovazione e ricerca, evitando di far ricadere in gran parte la competizione -come purtroppo è ora- sul costo della forza lavoro e sulle famiglie.

L’indifferenza non paga

Sembriamo essere privi della sintassi del bene comune, la sola che possa spingere a decidere di muoversi verso l’innovazione dei processi, di puntare su istruzione e ricerca, scommettendo sul potenziale delle nuove generazioni. Ma non si può subire passivamente la realtà che ci circonda, né distruggerla o fuggire. Non si può nemmeno soggiacere a una cultura disumanizzante o all’indifferenza.

I giovani sono la parte sana che può dare nuova vita alla parte adulta e inquinata dell’umanità. Essi vivono il tempo come ‘nascente’, e questo può ridare slancio agli ideali.
A questa nostra società che si sta corrompendo e disgregando serve un’iniezione di amore. E se non è nelle nostre possibilità cambiare il mondo, è però nelle nostre possibilità cambiare il nostro cuore. È urgente perciò varare un patto sociale condiviso e mettere in atto strategie coraggiose di indirizzo.

Produttori di bene comune

Sarà il cuore a farci capaci di riportare nel mondo del lavoro il primato della persona; a farci operare per rendere dignità, umanità, capacità critica e di sogno alle persone.

Scrivere il futuro in fondo significa semplicemente creare le condizioni per vivere nuove libertà: dal bisogno, dall’imbarbarimento mediatico, dalla mercificazione del lavoro, dal globalismo commerciale e finanziario. Per questo è necessario che ognuno di noi -e insieme- ogni giorno scegliamo da che parte stare e da quale prospettiva guardare il mondo, ricordando che “Il cristiano è un produttore di bene: e di bene sociale. Sta nella società per questo: per fare il bene”: lo diceva Igino Giordani, ma è un messaggio più che mai attuale.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it