Archive for ottobre, 2013

Profumo di scuola

Senza categoria | Posted by usmionline
ott 28 2013

Nei luoghi della quotidianità come è la scuola, c’è chi – semplicemente e in continuità – impegna tutte le proprie risorse per costruire un significato condiviso. La parola chiave del loro agire è: INSIEME. L’obiettivo: indirizzare la libertà individuale e collettiva verso la giustizia e la solidarietà.  

I sogni che diventano responsabilità
felicità1Se il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera, il ragazzo impara a sognare. Poi, crescendo, ci aggiunge qualcosa e così l’umanità va avanti. Il messaggio è di don Milani. Noi italiani avevamo la migliore scuola d’Europa, con i migliori programmi e la migliore didattica. Oggi abbiamo forse gli insegnanti più coraggiosi d’Europa in una scuola chiamata ad operare interventi di pronto soccorso dinanzi alle continue emergenze sociali, a porre delle ‘pezze’ e a rimediare alla “latitanza” di altri. Eppure in essa non ci si muove soltanto su un orizzonte segnato dalle risorse che mancano e dalle scadenze, fra problemi e legittime rivendicazioni. Esiste una scuola positiva che non ha perso di vista la sua missione originaria, nella quale è ben viva una normalità felice di cui si parla tanto poco, chissà perché! In essa non ci si ferma al lamento. Si conosce per esperienza che “ciascuno cresce solo se sognato” (D. Dolci); e che accompagnare un ragazzo nel suo crescere, aiutarlo a pensare e a credere in sé, a conoscere, conoscersi e sapersi relazionare con gli altri… è quanto di più bello ci sia! Tanti insegnanti in Italia si sono rimboccati le maniche e, nelle circostanze più o meno difficili in cui si trovano ad operare, mettono in campo iniziative e progetti, non modellati caparbiamente sulle proprie vedute, ma unicamente orientati ad un’autentica e comune crescita umana. Ogni giorno perciò nella concreta vita di classe, si lasciano sorprendere e guidare dai sentimenti che via via avvertono in sé. Così le loro parole (quelle dette e anche quelle solo pensate), nel bene (e purtroppo anche nel male!), non si rivelano solo come ‘parole’. Sono ‘cose’ che fanno storia nella vita dei ragazzi. E magari anche a distanza di anni!

La battaglia dell’educazione
mani-attorno-al-tavolo-290x290Il nostro è un tempo insieme ‘magnifico e drammatico’ - secondo le parole del testamento di Paolo VI. Il suo “caso serio”, in ogni ambiente, è e rimane la vita comunitaria, minacciata da pericolose convinzioni che serpeggiano e si diffondono anche fra i più giovani: la “furbizia è sempre premiata”… “il fai da te” contro le regole in fondo è legittimo… comportamenti illegali sono normali perché “lo fanno tutti”…

Ma se è vero (come è vero) che la storia di oggi e di domani sono tutti gli uomini, chi è dentro la scuola ha un potere tutto speciale per trasformarla. Papa Francesco torna a dirlo con chiarezza e semplicità profetica e agli educatori addita l’obiettivo da perseguire: “non solo formare individui utili alla società, ma educare persone che la possano trasformare!”. Un obiettivo arduo per chi si pone su tale cammino dal momento che è noto quanto sia “più facile insegnare che educare, perché per insegnare basta sapere, mentre per educare è necessario essere” (A. Hurtado). Il che, per esempio, significa – nel concreto quotidiano -  sapersi riconoscere a qualsiasi età persone in cerca di affermazione e affetto; persone alle quali riesce difficile e anche impossibile amare sempre senza chiedere e aspettarsi qualcosa in miracoli
cambio. Significa accettare serenamente di trovarsi a sperimentare il vuoto intorno, spazio terribile e fertile dove non c’è più niente da perdere. E sapere che lì si può scegliere di accogliere chiunque con i suoi pesi, senza più alcun bisogno di valutare o classificare. Significa insomma scegliere per sé la fatica di imparare il linguaggio dei rapporti umani, che in ogni vita comune sono “il” fondamento della giustizia che fa crescere l’autentica fraternità. Quella che si traduce in gioia di vivere.

Solo a partire da tale impegno personale si può capire e anche insegnare ai più giovani il linguaggio delle “regole”, che scioglie a poco a poco ogni diffidenza fino a diventare fraternità. Nello stesso tempo però è necessario che i discorsi sui valori della legalità e della vera democrazia non siano cancellati appena fuori dal portone delle scuole da una realtà che contraddice e avvilisce ogni speranza di giustizia. Di fronte alle contraddizioni in cui siamo immersi, non servono certo le fughe, l’indifferenza o la rassegnazione. Una chiara e responsabile presa di posizione, concretizzata in proposte fiduciose, permetterà invece di muoversi insieme verso una società più giusta e più umana. A partire dalla vita in famiglia e nella scuola.

Il volto necessario del “noi
Nella quotidianità – e in ogni ambiente – solo parole e sguardi che nascono da cuori adulti fanno innamorare della vita e in classe fanno respirare l’inconfondibile profumo di scuola. I ragazzi sono assetati di tale maternità e paternità spirituale, più di quanto possa sembrare all’occhio distratto di chi li guarda con superficialità. Insieme è perciò ‘la’ parola chiave da imparare se si vuole crescere e aiutare a crescere, perché solo sul terreno di una comune diversità riconosciuta e spesso anche sofferta, ci si può educare. Insieme allora si stabiliscono le regole e ci si assume le responsabilità necessarie per assicurare ad ognuno il diritto e lo spazio di poter essere liberamente se stesso senza nuocere agli altri. La “legge” certamente ha il volto severo e anche distante dello stare insieme ed è dell’adulto il compito di rispettarla per primo e farla rispettare. Ma tale stile di vita ha il potere di trasformare la realtà quotidiana e permette di vivere nel presente la scommessa di cose grandi e belle per il futuro; di conoscere e sperimentare sulla propria pelle, insieme alle difficoltà dell’impegno quotidiano, la bellezza della vita e la gioia delle conquiste.

finLa scuola, quando vive così, fa crescere fiduciosi e dà la sveglia alle coscienze. Si pone perciò come luogo privilegiato per la formazione del cittadino. I ragazzi, nella libera espressione della propria diversità, vi incontrano per la prima volta lo Stato e imparano ad impegnare la propria libertà per un fine più alto dell’io. La scuola, fosse anche solo per questo, va riconosciuta in tutti i sensi come un bene grande e necessario in ogni tempo e soprattutto oggi. Sui banchi di scuola i ragazzi imparano più facilmente di ogni adulto a superare il timore dell’estraneo che è in ognuno e la paura del ‘diverso’ che è sempre l’altro. Sviluppano la capacità di assumere e integrare tutte le proprie fragilità e le limitazioni che la vita non risparmia a nessuno senza cedere alla tentazione di perdere il cielo. E quando l’uomo diventa fratello al fratello, è pronto anche ad accogliere il mistero di Dio.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Musiche sotterranee …

Senza categoria | Posted by usmionline
ott 17 2013

musica-giovane (1)Nella ‘musica giovane’ passa e vive uno stile di vita e un orizzonte valoriale; tutto il bene e tutto il male della vita; domande che non trovano risposta… E un grido d’aiuto che è da raccogliere.

… e silenzi da interrogare


silenzioIl suono del silenzio e il silenzio di un abbraccio. La voce di un torrente e il cinguettio degli uccelli. Il canto negli occhi di un bambino e la saggezza malinconica nel sorriso di un vecchio… Tutto questo è musica. Musica vera, quella che è ascolto. Un ascolto che continua nell’intera natura, cattedrale vivente di musiche sotterranee e universo dove tutto prega: fiumi, foreste, prati e colline! Il grande messaggio che se ne raccoglie è fatto di silenzio, pazienza e attesa fiduciosa. Quasi un sacro che fa fiorire l’umano, allevia la pressione del dolore e dona la carezza della gioia.

Se non so ascoltare la musica della vita – confessa Giosy Cento – non posso “fare musica”. Forse è per questo che quella dei giovani oggi non si muove come discorso lineare e costruttivo. Canta infatti la vita sentita come il trovarsi sul ciglio di un abisso, come un evento gratuito e contradditorio nell’eterno passaggio alla morte e al silenzio.

Mille sono i suoni che accompagnano e riempiono la vita delle persone lungo le strade delle nostre città, nei negozi, al mercato. Solitudine, musica e rumori… sinfonie di emozioni e di vita! È possibile all’uomo contemporaneo saldare il fragore dei giorni e il silenzio delle stelle? Il peso del quotidiano e le ombre invecchiano il cuore, il male disidrata l’esistenza e la fa chiusa e sterile… Divorati dal vuoto e dal deserto degli affetti – rifletteva S. Weil – quando siamo troppo sfiniti, abbiamo bisogno di parole vere. Gridiamo per averne. E il grido ci lacera le viscere. Non otteniamo altro che silenzio.

Nell’universo del cuore: mistero e dolore
8859982-ascoltare-musica-giovane-donna-con-le-cuffie-studio-girato“La parte più grande e più vera di ogni uomo è invisibile. Per essere raggiunta ci vuole un mezzo invisibile: e la musica lo è” (Giosy Cento). La musica muove, commuove, fa decidere, permette di sentire la vita e perfino di toccare Dio. Nell’assenza di idee, tipica di un tempo dal pensiero debole, è la musica che richiama le masse con l’illusione di poter lenire la propria segreta sofferenza. In particolare appare come un’ossessione settimanale quella che ammassa i giovani nelle discoteche e poi nelle folle dei concerti, anche se in esse il proprio nome si perde nella folla e nell’anonimato. Ma – come afferma Romano Battaglia - in mezzo al rumore non si avvertono né i respiri, né i sospiri delle persone che vi vogliono bene.

I giovani e la musica…
Se un tema comunque accomuna i ragazzi dei nostri giorni è proprio la musica, sentita da loro come il linguaggio più comunicativo, coinvolgente e 03-660x330liberatorio; capace di offrire espressività altrimenti impossibili. Pop, rock, rap, hit-pop, dance, techno, punk… L’ascoltano su ipod, ipad, mp3, mp4, cellulari… E lo fanno mentre giocano, passeggiano, guidano; quando sono per strada, in macchina o in casa. Perfino mentre studiano o sono in classe. La società per loro è e resta terra straniera. Così nel mondo variegato della musica essi si sottraggono alle fatiche di ogni giorno, si sfogano, si rilassano, trovano un riparo forse solo immaginario e intoccabile in un mondo sognato, ma in fondo impossibile e irrealizzabile.

I giovani sono molto cambiati: dai gradini della chiesa sono passati al muretto e agli spinelli, finendo anche alla droga e all’alcool, sempre portandosi nel cuore il bisogno di essere cercati, accolti e amati; e di incontrare un Dio che sia in relazione, che entri in relazione. Cercano la musica semplicemente come ragione di conforto e di discussione, un mezzo per conoscersi e divertirsi all’interno del gruppo. Così non l’ascoltano. L’abitano. Ed è molto difficile incontrare fra loro gruppi stabili che non ascoltano la stessa musica. Succede anche che chi nel gruppo è più debole, per non perdere il consenso degli altri, si adegua e si convince di trovarvi lo stesso piacere. Ma tutti per istinto sanno riconoscere se dietro alle parole delle canzoni che scelgono di ascoltare, ci sono ricerca, vita vera, cuore. Perché hanno un bisogno immenso di parole vere e di presenze. Sentono che, se in un rapporto non arriva il “tu per tu”, è difficile costruire qualcosa di vero e vivono la musica come strumento per riuscirvi. Attraverso di essa costruiscono il loro mondo. Così, mentre si domandano se valga la pena di vivere in questo mondo senza più definirlo solo uno schifo, cercano persone credibili con cui poter costruire relazioni personali.

Nella musica giovane più senso per vivere?
musica-giovaneQuello di oggi nel suo insieme non è un mondo di uomini felici. Spiega Dostoevskij: «L’uomo è un  mistero che deve essere districato e se noi diamo la vita per questo fine, potremo dire di non averla sperperata; io mi voterò a questo mistero, perché voglio essere un uomo». Dalle sue parole emerge tutta l’inquietudine di chi, svegliandosi dall’ipnosi di un quotidiano trito e abitudinario, scopre la vita.

Se i nostri giovani per sentire che esistono devono ricorrere alle solitudini dei walkman sparati nelle orecchie e alla musica ‘grido’, è necessario per tutti riflettere su quanto la nostra comunità sia poco accogliente. E anche sulla solitudine tipica di un individualismo esasperato, che si aggira nelle nostre città. Di fronte ad una umanità così sofferente diventano sempre più necessarie parole giuste, capaci di fare sintesi, che dicano ciò che non è stato mai espresso e che solo lo Spirito può suggerire.

Il grande Direttore d’Orchestra Riccardo Muti richiama al fatto che forse noi italiani abbiamo  dimenticato che la musica non è solo intrattenimento, ma necessità dello
sentiero di Luce 603 liv col 184433_192704887551094_777956337_nspirito
. I giovani – assetati come sono di suoni primitivi e cadenzati, soprattutto se gelosamente custoditi nella musica rock – lo dicono con il linguaggio più originario e primitivo della musica: quello del corpo e del battito del cuore. Suoni che, nel contatto corpo-anima e fede-vita, muovono a gesti capaci di salvare dall’irrigidimento e dalle convenzioni a cui tutti andiamo incontro. I ragazzi sentono tali gesti come si ‘sentono’ i gesti d’amore, quelli che fanno tornare nel cuore lo stupore incantato nei confronti delle cose e della vita, che regalano il suono del silenzio e fanno emergere il divino che è sparso nella creazione. Ne scaturisce un’eternità che si nutre di tempo, una spiritualità che s’incarna nel dolore e nell’amore, l’autentica condizione insomma dell’uomo a cui non è dato l’eterno se non per rapidi e fugaci assaggi, e… non ‘elevandosi’ ma  ‘incarnandosi’.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

 

Lo straordinario in ogni tempo

Senza categoria | Posted by usmionline
ott 07 2013

L’inaridirsi del cuore perde la persona nelle cose e poi le stravolge. Ma la tristezza senza fondo che ne deriva si rivela strada privilegiata per ritrovare se stessi. Permette di respirare il soffio che viene dall’Alto e nutre la solidarietà interiore che ridà vita.

Degrado cresce nella nostra storia.  
Sono passati 40 anni da quando Pasolini con assoluta sincerità e asciutta
fo_gallery_4be5b4d122a4a_DSC0015drammaticità denunciava gli oltraggi edilizi inflitti ad un selciato sconnesso e antico presso Orte. Egli vedeva in quel degrado apparentemente piccolo l’appiattimento culturale e l’imbarbarimento civile a cui ci avrebbe portato – secondo lui inevitabilmente – la società dei consumi nelle democrazie contemporanee. È stupefacente l’attualità che quel suo intervento profetico sprigiona ancora oggi. Il degrado è continuato. A partire dalle bottiglie vuote e rifiuti vari abbandonati nelle aiuole, o, peggio, ammonticchiati tra le foglie in mezzo alla strada; alle numerose città che dal tempo del boom economico nel nostro Occidente si sono sviluppate a suon di cemento e opere edilizie, spesso discutibili. Questo mentre nelle acque di tutto il globo ogni giorno sono riversati milioni di tonnellate di liquami e altri scarichi: una contaminazione senza precedenti nella storia. L’inciviltà di una minoranza sembra insomma essere protetta, consentita, mai davvero combattuta…

Chi può dire “io non c’entro”?
È proprio così difficile fare luce sui tanti, troppi comportamenti chiaramente illegali e sostenere quanti sono impegnati nella lotta contro il degrado, la corruzione e l’illegalità? Napolitano per l’Italia chiede una «più severa azione di repressione dell’abusivismo e dei reati ambientali» contro i gravi danni sempre più spesso provocati da frane e dissesto idrogeologico. E pensare che costa molto meno proteggere le risorse idriche che ripulirle dopo averle inquinate. Intanto “oltre metà dei letti d’ospedale nel mondo sono occupati da persone che hanno malattie derivanti da acque inquinate” (rapporto Unep). In tutto questo, qualcuno può forse dire io non c’entro? Quanti nel quotidiano investono tempo, energie e denaro per acquistare tante cose, il più delle volte inutili con le quali si riempiono le case e le proprie vite e di cui con tanta facilità si decide di liberarsi trasformandole in rifiuti? Intanto anche di questi la terra soffoca e si ammala.

Seduzione delle cose …
230032472-40e8a0e0-05cd-4103-8ecb-ff57a23f171bDavvero la cosiddetta civiltà dei consumi distrugge il paesaggio interiore degli uomini esattamente come quello esteriore? Certo il senso del quotidiano è la cosa più difficile da scoprire. E il rischio della fatica quotidiana, in tale nebbia, è investire tutto ciò che si è e si ha, sul prodotto sbagliato: la ricchezza cercata come unica sicurezza e l’illusione di trovarla… nell’ultimo modello cellulare o giù di lì! Una quotidiana – e più o meno consapevole – dipendenza da tale obiettivo conduce inevitabilmente ai tanti, troppi comportamenti illegali che caratterizzano l’attualità nel nostro Paese e non solo. Eppure nessuna sicurezza proveniente dalle ‘cose’ ha vera consistenza. E comunque nessun bene vale l’inaridirsi del cuore.

… e sapienza del vivere
L’esistere concreto e la vita reale sono la via per comprendere quale sia il “giusto public-fotografie_utenti-nadesh72relazionarsi” con l’esistenza, le persone e le cose. Ciò che si fa delle cose e di noi stessi ricade comunque sulla vita di ognuno e questa responsabilità non può essere delegata a nessuno.

Già la cultura moderna ebbe coscienza che questo mondo è stato posto, in modo grande e terribile, nelle mani dell’uomo. Lo straordinario in ogni tempo avviene nella stanza di una casa, nei luoghi della famiglia e delle persone, che con uno sguardo ‘micro’ e insieme ‘macro’ sulla realtà vedono e conoscono che la speranza non risiede nella cronaca quotidiana, ma oltre e in alto. E, vigilando sulla storia di ogni giorno e di ogni momento, agiscono di conseguenza dentro la società. Esperienza possibile sempre, necessaria anche per non soccombere alla paura di quello che siamo. E lasciare dietro di noi un mondo migliore.

Il mondo come Dio lo sogna…
Quella vita piena, che ognuno cerca con tutte le forze, non si trova al mercato delle peterpan309cose. E anzi, se si tiene il cuore fisso sulle cose, la vita un po’ per volta perde luce. Non sarà per questo che la notte sembra avvolgere questo tempo in cui tanti finiscono per cercare persino gli ‘amici’ in funzione delle cose, per interesse o per il proprio piacere? Ma se la vita non dipende da ciò che si possiede, allora da che cosa dipende? Certo rivedere il sole e il volto dei propri cari quando ci si sveglia al mattino, non è per niente ovvio. È vivere il tempo come dono di cui essere grati che mette sulla strada per imparare a gettare il cuore al di là delle cose. E fa circolare amicizia nella notte dell’attuale qualunquismo disgregante e conflittuale. Ogni vita reale infatti è incontro. I buoni e gli onesti ci sono e sono tanti. Tante sono le persone che hanno capacità di mettersi a disposizione con umiltà e realismo. Forse ognuno di essi ha solo bisogno di essere incoraggiato e sostenuto.

D’altra parte se un corpo sociale è ammalato, è forse normale ucciderlo o distruggerlo? Non è semplicemente necessario medicarlo e curarlo? Certo è facile il mestiere del riformatore, se si pensa che “le cose da cambiare siano sempre fuori – nella società, nelle leggi – e mai dentro l’uomo: a cominciare da se stesso!” (T.S. Eliot). Altrettanto facile per tutti è oscillare fra sapere e non sapere, vedere e non vedere, fra l’umile confessione che le notizie dei giornali superano la propria capacità di sopportazione e la consapevolezza che solo affrontando la realtà del mondo si può sviluppare il senso di esserne responsabili. Nella fuga certo non esiste speranza. Ma forse i più vogliono vedere solo ciò che si può tenere sotto controllo. Oppure  costa sapersi impotenti, fa male. E così si evita di andare oltre il livello della retorica.

La saggezza dal… deserto umano
Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio (Sl 89, 12). e_io_degradoRicchezza dell’uomo è il mistero di Dio. Ma i cristiani del nostro tempo sono davvero pronti ad accogliere senza indugi, con convinzione, entusiasmo e senza disquisizioni astratte la rivoluzione della tenerezza e della ‘vita buona’ a cui ripetutamente anche Papa Francesco richiama tutti? Dio squilibra il discepolo quando lo chiama a misurarsi con lo stile del servo senza essere mai servile. Lo porta fuori di se stesso chiedendogli di non accontentarsi di gestire gli equilibri quotidiani senza lasciarsi attrarre da Lui. Certo scoprire che la soluzione non dipende dalla propria persona e che si può fare molto poco può togliere le energie, o far ripiegare sul proprio io ferito. Ma muoversi con fedeltà verso la solidarietà interiore impedisce di sentirsi virtuosi e rende possibile quella “compassione” vera che avvia e apre a un futuro più umano.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it