Archive for novembre, 2010

IL NOSTRO AVVENTO

Avvento | Posted by usmionline
nov 25 2010

Vegliate dunque! (Mt. 24,42)

Quante volte nella liturgia ed in modo particolare in quella di Avvento ritorna l’invito di Gesù a  svegliarci e a vegliare!

Quante volte Gesù stesso lo ha ripetuto ai suoi discepoli appesantiti come noi, non solo nel fisico per gli anni che passano, ma soprattutto nella mente, nel cuore e nell’azione.

Guardiamoci attorno.

Non vi sembra più che attuale anche l’esortazione accalorata di Paolo ai Romani, in questa prima domenica di Avvento?: “..consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno..la notte è avanzata, il giorno è vicino” (Rm.13,11-12).

Il nostro è un tempo affollato di contraddizioni al punto che ci percepiamo e ci definiamo ormai come gente disorientata.

La tentazione che ci assale è proprio quella di sonnecchiare. Meccanismo di fuga? Sì, perché sono troppi i fronti che chiederebbero azione. Un profondo senso di inadeguatezza rallenta le nostre decisioni e lo scoraggiamento è più vicino a noi di quanto non lo pensiamo.

Per scoraggiamento intendo quell’atteggiamento interiore che induce al ripiegamento su noi stesse, fino a non vedere più e a lasciar perdere ciò che invece rimane la cosa più importante per noi: donarci.

La Parola ci sussurra in questo inizio di Avvento che il giorno è vicino!

Solo la speranza di una luce, di un giorno che certamente viene, ci può mantenere deste, ci può mantenere in vita, può risvegliare in noi la vita.

Celebrare l’Avvento cristiano allora non si può ridurre ad  una ritualità bella e che si ripete ogni anno, magari con segni e canti nuovi. Sarebbe troppo poco e la celebrazione liturgica stessa sarebbe svuotata del suo significato più vero. Non possiamo e non dobbiamo accontentarci delle nostre belle liturgie quando tutto rischia di finire lì.

L’Avvento ci richiama in modo prepotente e meraviglioso all’Incarnazione del Verbo; orienta definitivamente il nostro sguardo a Colui che viene, viene sempre, e si fa presente assumendo su di sé ogni realtà della vita dell’uomo.

Pochi giorni fa ho avuto la gioia di partecipare al Convegno, promosso dall’USMI-Ufficio Tratta nel ricordo dei 10 anni della sua attività.

Abbiamo celebrato, ma abbiamo anche riflettuto molto.

Di fronte al fenomeno che oggi, in maniera tragicamente dilagante, coinvolge migliaia di donne nel nostro Paese e nel mondo rendendole schiave di un potere perverso, non possiamo permetterci di rimanere addormentate. Sono nostre sorelle a cui viene tolta ogni dignità umana e ridotte a larve che si contorcono nel dolore di ferite che forse non guariranno mai più. Come può un grido così acuto non svegliarci dal sonno?

E questo non è l’unico fenomeno, oggi, dalle cui viscere sale il pianto che fa dire a Dio: “Chi manderò? Chi andrà per me?”

Il nostro Avvento?

Sarà davvero tempo di attesa, di grazia e di speranza nella misura in cui, la liturgia, l’ascolto della Parola e il nostro canto del Maranathà si trasformeranno in vigilante discernimento/decisione per una azione/presenza personale, comunitaria ed anche di Congregazione accanto a coloro che Gesù ha preferito venendo, Figlio dell’Uomo, ad abitare in mezzo agli uomini.

Poter presentare a Gesù per il Natale 2010  una decisione presa in questa direzione sarà per Lui il regalo più bello.

Buon Avvento!

Non abbiamo nè  la forza dell’esercito israeliano nè il potere delle tradizioni che ci tengono confinate in certi ruoli. Comunque sia, noi sappiamo che una donna in piedi di fianco ad un’altra donna, in una linea di solidarietà, è  una forza più potente di entrambi.” Kifah Addara, At-Tuwani Women’s Coperative

Sr M. Viviana Ballarin o.p.

Presidente Nazionale USMI

Verbum Domini – Esortazione post-sinodale sulla Parola di Dio

Senza categoria | Posted by usmionline
nov 19 2010

Il più importante documento della Chiesa sulle Sacre Scritture, dopo la Dei Verbum del Concilio Vaticano II.

Pubblicato l’11 novembre 2010, a due anni dal Sinodo dei vescovi dedicato a La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, quando «forse c’era un po’ di polvere intorno alla Parola e bisognava rimetterla al centro» (G. Ravasi).

 Obiettivi dell’esortazione

Sono:

  • comunicare i risultati dell’Assemblea sinodale del 2008;
  • riscoprire la centralità della Parola nella vita personale e della Chiesa; e, nello stesso tempo, sentire l’urgenza e la bellezza di annunciarla;
  • promuovere l’animazione biblica della pastorale;
  • essere testimoni della Parola e intraprendere una nuova evangelizzazione.

Nelle sue quasi 200 pagine si percepisce la mano ferma, semplice e profonda del teologo Ratzinger, definito da qualcuno Papa della Parola di Dio. Egli vi sintetizza gli interventi dei Padri sinodali e li illumina con aspetti chiave del suo magistero. Ne viene un trattato che è come una cattedrale della Parola di Dio, con meravigliose vetrate aperte sul mondo. Un trattato complesso, ma fruibile da tutti; capace di rinnovare la vita dei cristiani a partire da una maggiore familiarità, conoscenza, lettura e preghiera della Parola.

Il contenuto

Il documento è suddiviso in tre parti secondo la struttura del tema dell’assise sinodale: Verbum DeiVerbum in EcclesiaVerbum mundo, racchiuse da una Introduzione che ne indica gli scopi e una Conclusione che ne sintetizza le idee portanti. Il testo si apre e si conclude con la parola ‘gioia’, particolarmente allusiva al bisogno fondamentale dell’uomo nei giorni cupi in cui viviamo.

Verbum Dei

In questa sezione viene sottolineata la dimensione trinitaria della rivelazione. La Parola di Dio non è parola scritta e muta, ma si comunica nell’universo creato, fonda la bellezza e dignità di tutto ciò che esiste e la grande sete di assoluto che è nel cuore degli uomini. E’ -novità inaudita e umanamente inconcepibile- una Persona -Gesù Cristo- che comunica con la sua vita la stessa vita di Dio, fino al silenzio della croce e alla resurrezione.

Verbum in Ecclesia

L’esortazione spiega la vitalità della Parola nella vita della Chiesa. Ne rileva la fecondità nella liturgia della Parola, nell’Eucaristia, nella preghiera dei Salmi, nella meditazione, nel silenzio come modalità di incontro fra ciò che Dio dice all’uomo e ciò che questi dice a Dio. Chiede una maggior cura della proclamazione della Parola ad opera di lettori idonei e preparati con impegno. Parla del lettorato alle donne, richiama a migliorare la qualità delle omelie e a scegliere canti di chiara ispirazione biblica. Benedetto XVI ricorda l’importanza del canto gregoriano; dà suggerimenti sull’architettura delle Chiese, sulla struttura dell’altare e dell’ambone. Evidenzia il contributo del ‘genio femminile’ negli studi biblici e il ruolo indispensabile delle donne nella famiglia, nell’educazione, nella catechesi e nella trasmissione dei valori.

Verbum mundo

I cristiani sono destinatari, ma anche annunciatori della Parola. Non possiamo «tenere per noi le parole di vita eterna che ci sono date nell’incontro con Cristo». Esse «sono per tutti, per ogni uomo. Ogni persona del nostro tempo, lo sappia oppure no, ha bisogno di questo annuncio». «In un mondo che spesso sente Dio come superfluo o estraneo -afferma Benedetto XVI- non esiste priorità più grande di questa: riaprire all’uomo di oggi l’accesso a Dio, che parla e interviene nella storia a favore dell’uomo».

Questo significa cogliere il legame che c’è fra l’ascolto della Parola e la salvaguardia del Creato, la denuncia senza ambiguità delle ingiustizie, la promozione della solidarietà e dell’uguaglianza. Significa, in sintesi, impegnarsi a  rinnovare in sé e nel nostro tempo l’incontro tra la Bibbia e le culture. A noi la responsabilità di trasmettere quello che a nostra volta, per grazia, abbiamo ricevuto; di «continuare a difendere il diritto e la libertà delle persone di ascoltare la Parola di Dio, cercando i mezzi più efficaci per proclamarla, anche a rischio della persecuzione», senza cessare di «alzare la nostra voce perché i governi delle Nazioni garantiscano a tutti libertà di coscienza e di religione» e anche di poter testimoniare la propria fede pubblicamente. I pastori in particolare sono chiamati ad un annuncio chiaro ai giovani, ai migranti, ai sofferenti e ai poveri, che la Chiesa non può deludere. Sono chiamati ad ascoltarli, ad imparare da essi, a guidarli nella loro fede e a motivarli ad essere artefici della propria storia.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

CARISMI IN COMUNIONE

Vita Consacrata | Posted by usmionline
nov 11 2010

Testimonianza nella vita dell’USMI

Nel 1950, quando  cominciavano ad imporsi le prime sollecitazioni per un rinnovamento degli Istituti religiosi femminili, fu organizzato, per incoraggiamento di Pio XII, il Primo Congresso Generale sugli Stati di perfezione. Infatti fu quel Pontefice che, con intuizione profetica a lui congeniale, emanò la Costituzione Apostolica Sponsa Christi, un documento importante per la riflessione e il cammino delle Congregazioni femminili tutte.

In questo contesto di rinnovamento è nata nel 1950, l’attuale Unione delle Superiore Maggiori d’Italia – USMI.

Gli anni che decorrono dal 1950 al 1964 furono fondamentali per l’Organismo appena nato.

Nel 1963 nasce ufficialmente l’USMI con propri statuti (Decreto della Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari (N. AG 2347/63 del luglio 1963) e nel 1964, all’Unione fu riconosciuta anche Personalità Giuridica Civile.

Ma, oggi, l’USMI, cosa è, cosa fa? Qual è la sua missione?

Dall’attuale Statuto si legge: “L’Unione esprime e sviluppa la comunione che unisce gli Istituti religiosi femminili operanti in Italia, tra loro e con le diverse componenti della realtà ecclesiale, in vista di una risposta più piena alla vocazione e alla missione di ciascuno(Statuto, art. 1).

Perciò intende porsi come sereno e fraterno punto di riferimento per le oltre 600 Congregazioni femminili presenti in Italia, che, a loro volta, sono suddivise in oltre 10.000 comunità; e diventa un camminare insieme nella complementarietà, nella condivisione di scienza e di esperienza, nella collaborazione costruttiva, nella condivisione di problematiche e nella proposta di soluzioni.

L’ USMI vuole esprimere soprattutto il volto bello della Chiesa: essere chiesa comunione, chiesa sposa e madre che comprende e non esclude, che accoglie e non emargina, chiesa che fa di tutti gli uomini la grande famiglia di figli di Dio.

L’Unione si pone al servizio della comunione tra i carismi, perché questa è la sua natura e la sua missione e in questo servizio è infaticabile nell’essere attenta ai segni anche dei più piccoli perché si realizzi ogni giorno nella vita religiosa femminile italiana la preghiera di Gesù: “Padre che siano una cosa sola come io e te siamo una cosa sola”.

L’Unione si fa costantemente ponte e strumento di comunione nello spirito di Lumen Gentium e di Mutuae relationes e coltiva costanti collegamenti con:

.   la Conferenza dei Superiori Maggiori (C.I.S.M.),

  • la Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.),
  • la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica       (CIVCSVA),
  • le Commissioni miste Vescovi-Religiosi (C.M.V.R.),
  • le Conferenze Europee dei Religiosi (U.C.E.S.M.),
  • l’Unione Internazionale Superiore Generali (U.I.S.G.),
  • la Caritas Nazionale e Diocesana,
  • il Segretariato delle Claustrali,
  • organismi civili d’indole socio – assistenziale.

In ognuna di queste realtà ecclesiali l’USMI è rappresentata da un suo membro.

Animatrice di tali collegamenti, naturalmente, è la Presidente Nazionale dell’Unione con la fattiva collaborazione del suo Consiglio.

Sue espressioni concrete, a livello decisionale-operativo, sono:

  • l’Assemblea Nazionale, costituita dalle Superiore Maggiori con il compito di offrire l’ispirazione e gli orientamenti di cammino e di animazione.
  • il Consiglio Nazionale, composto dai membri del Consiglio di Presidenza, dalle Presidenti delle U.S.M.I. Regionali e dalle Responsabili degli Uffici Nazionali con il compito di animare e di eseguire gli orientamenti a livello di vita religiosa regionale e diocesana.
  • il Consiglio di Presidenza, organo permanente, composto dalla Presidente, dalla Vice-Presidente, da tre Consigliere, dalla Segretaria e dall’Economa, con il compito di accompagnare, coordinare le attività degli Uffici e le finalità dell’Unione.

In sintesi l’USMI si mette costantemente a servizio della vita religiosa apostolica femminile nel suo essere dono alla Chiesa, nella Chiesa, per la Chiesa  e nel suo operare, con attenzione particolare all’evolversi dei tempi, della società e pertanto delle variegate situazioni che possono richiedere riflessione, studio, approfondimento, nonché coraggio e competenza; e così camminare insieme guidate dallo Spirito, nella Chiesa, sempre in piena fedeltà e rispetto del carisma originario di ogni Congregazione.

Oggi, a quasi 50 anni di vita, è facile per tutte le sorelle che partecipano alla vita dell’USMI, sentirsi e viversi come parte di una grande famiglia che affonda le radici della sua identità nel battesimo, famiglia dunque al cuore della famiglia più grande che è la Chiesa, con una missione profetica che è quella di dire al mondo, vivendo e testimoniando la comunione tra di noi, che Dio è Padre di tutti e che la fraternità universale è possibile.

Affermo questo perché oggi l’USMI ha un volto variopinto non solo per la molteplice diversità di carismi, ma anche perché è divenuta al suo interno come un giardino complesso e stupendo, reso tale dalla diversità di razze, popoli, culture. Pertanto in un mondo che si fa sempre più globalizzato, selezionatore ed escludente, l’USMI sta percependo che ha una grande missione da compiere: fare di Cristo il cuore del mondo.

Sono tantissime le testimonianze di cammini e di esperienze di comunione. Ne condivido una sola nella quale anche la mia famiglia religiosa è coinvolta.

 A KABUL HO UDITO IL SILENZIO GRIDARE

Quando nel 2001 ricevetti la lettera con l’invito di partecipare ad un incontro USMI-CISM nel quale si sarebbe proposto un progetto di comunità internazionale per una presenza a Kabul, senza esitazioni la cestinai.

Poco tempo dopo, proprio nella sede dell’USMI incontrai una sorella che mi fece di nuovo l’invito e, questa volta, partecipai.

Quell’incontro si è rivelato un appuntamento importante, una chiamata a non aver paura, ad andare oltre e ad avere il coraggio di accogliere un cammino di missione nella comunione e condivisione con altri carismi, il coraggio dunque di andare al di là delle piccole vedute personali per lasciarmi guidare dalle vedute molto più ampie di Chi ha amato il mondo fino a dare la vita.

E così, oggi nel cuore dell’Afganistan, a Kabul, terra tormentata da una guerra interminabile e dove si sperimenta un’insicurezza palpabile, c’è un tabernacolo, cuore di un Dio amore che batte attraverso la sua presenza reale nel sacramento e attraverso il segno vivente di una comunità di sorelle di tre congregazioni che, in una essenzialità che fa venire freddo, vivono la comunione dei carismi  realizzando il cuor solo e l’anima sola nell’amore scambievole a causa di Gesù che diviene testimonianza silenziosa ma potente forza di azione e di presenza amorosa e costante accanto ai più piccoli e ai più deboli in un paese che, dopo aver prodotto ferite incancellabili nelle vite di tanti bambini si vergogna di loro, bimbi  rimasti vittime degli orrori della guerra e che ne portano i segni visibili nella loro disabilità fisica e mentale.

Il grido di Giovanni Paolo II, attraverso un cammino che lo Spirito santo ha fatto nel cuore di un gruppo di istituti religiosi maschili e femminili italiani, ha raggiunto coloro che sono i prediletti del Padre attraverso questo piccolo e fragile grappolo di vita religiosa la cui forza è il totale abbandono nelle mani di Dio e l’amore reciproco che spinge le nostre sorelle a vivere in una terra dove ufficialmente non ci sarebbe posto per chi è cristiano.

Ho visitato la piccola comunità nell’agosto del 2007. Là ho visto la vita religiosa del futuro e là ho compreso il significato della parola “profezia”.

Le  nostre sorelle non hanno niente, neanche la libertà di spostarsi da sole da un posto all’altro, ma tengono un tabernacolo in una stanza che testimonia che Gesù è il centro della loro vita, l’unico motivo del loro andare e del loro stare, Colui che le fa “uno” e le rende felici.

A Kabul ho visto la Chiesa delle origini: “Tutti vivevano insieme ed erano un cuor solo ed un’anima sola”.

Non ci sono chiese in Afganistan, ma la Chiesa vive! E’ un germoglio piccolissimo, ma già robusto.

Da più di 50 anni è presente in Kabul una piccola comunità di piccole sorelle di Charl de Foucauld e la nostra gioia è stata immensa nello scoprire che la Chiesa già era a Kabul prima di noi e ci aspettava insieme al sacerdote che viveva in ambasciata, territorio neutro.

Dopo un anno dal  nostro arrivo anche le suore di madre Teresa entrarono in Kabul e finalmente un gruppo di religiosi gesuiti provenienti dall’India. Una straordinaria amicizia e solidarietà si va formando e consolidando! La fraternità di questa chiesa delle origini ha anche il colore ecumenico poiché una piccola comunità di religiosi anglicani vivono una stupenda comunione con i fratelli e sorelle cattolici.  Forte è il dialogo interreligioso molto pratico e vissuto nella quotidianità perché ormai la nostra istituzione è entrata in relazione con varie realtà musulmane e lo scambio e l’arricchimento reciproco soprattutto in campo educativo è notevole. 

Tutto sa di miracolo e penso spesso: è bastato un piccolo sì ad una proposta di comunione per la missione lanciata da CISM e USMI per seminare la speranza, su orizzonti davvero impensabili rimanendo da soli o isolati. Grazie!

SR M. VIVIANA BALLARIN O.P.

L’Amazzonia ferita e l’utopia possibile

Senza categoria | Posted by usmionline
nov 04 2010

Gli Indios plasmano e toccano continuamente la loro terra. Con saggezza la curano perché sanno che in essa è raccolto sicuramente non solo il loro presente e futuro, ma soprattutto quello del pianeta e dell’intera umanità. Noi abbiamo bisogno di loro per una reciprocità più o meno consapevole esistente fra noi: la foresta, elemento vitale ed essenziale alla sopravvivenza di tutti, non esiste senza gli indigeni.

Nella foresta le cose possono parlare

Abitano una natura selvaggia, rude e imponente, in cui è racchiusa la bellezza della diversità, il fascino dell’unità, la perfezione della stessa natura. Vivono in gruppi ridotti, di tipo tribale. Occupano aree molto vaste e attualmente diminuiscono continuamente di numero, perché si sta riducendo l’estensione degli ambienti primordiali che costituiscono la loro patria. All’epoca del caucciù -l’Ottocento- è seguita, infatti, nelle loro terre, l’epoca dei cercatori d’oro. Poi sono arrivati i trafficanti di terreni. E ancora i raccoglitori di noci, e poi i cercatori di legni pregiati, di minerali… Così fino ad oggi. L’uomo bianco cerca di usare l’indio solo per produrre, far produrre e far funzionare il suo sistema capitalistico. Se la sua ricerca di risorse implica inganno, inquinamento, malattie, morte, distruzione… tutto questo non sembra riguardarlo. Le vittime in fondo sono ‘solo’ gli Indios (che egli considera ‘minori, incapaci, pericolosi, superstiziosi…’) e la loro Terra.

Il Perù dei piccoli sfida i giganti del petrolio’, leggiamo su Avvenire del 28 ottobre 2010. I nativi affrontano come possono la sfida dell’uomo bianco per difendere i loro diritti ancestrali. Non cedono. Mantengono le loro feste, danze, celebrazioni come mezzi per ricreare il loro soggetto collettivo e continuare a essere i popoli che desiderano essere. Resistono ballando. Ma fino a quando?

Intanto nel nostro Occidente, insieme alla tecnologia che scandisce i tempi e ai progressi scientifici considerati ovvi e scontati, i valori spirituali e prima di tutti il valore della verità e dell’amore, cedono il passo all’ingordigia, all’avidità, all’ansia di possesso senza limiti. E i rapporti umani rischiano di impoverirsi sempre più.

Amazzonia: una diversa prospettiva

Il 6 ottobre 2010, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani in Senato, si è svolta la presentazione del volume ‘Amazzonia una diversa prospettiva: lasciamoci educare dagli Indios’, a cura della onlus Impegnarsi Serve. Nell’incontro – a cui hanno partecipato fra gli altri: l’on. Beppe Fioroni, mons. Roque Paloschi vescovo di Roraima, la professoressa Giuliana Martirani e padre Giordano Rigamonti – è stata sottolineata la necessità di «guardare con gli occhi degli Indios le cose che noi non riusciamo più a vedere». «Ci misuriamo infatti -ha detto l’on. Fioroni- su ciò che abbiamo e non per ciò che siamo. Ma un altro mondo è possibile per dare senso alla nostra vita. Bisogna però creare un nuovo modello di sviluppo». Ed ha concluso:«Qualcosa di diverso si può non solo predicare, ma anche realizzare».

Lasciamoci educare dagli Indios

L’Amazzonia in realtà è per noi come uno specchio, capace di riflettere debolezze, di smorzare presunzioni. Gli Indios sono un richiamo a quella umanità, forse sopita in noi, che ha bisogno di tornare a credere nella finitezza dell’uomo. «Siete troppo impegnati ad esistere e dimenticate l’essere» ha detto mons. Roque Paloschi. Gli Indios invece vivono semplicemente l’essere parte di un ecosistema, che conosce tempi e condizioni non imposte dall’uomo. La povertà e la sobrietà fanno sperimentare loro la bellezza delle cose, l’attenzione all’altro e all’Altro. Sanno che il Signore li ha posti in questo mondo perché ne avessero cura, non per distruggerlo. L’anziano tra loro è un valore aggiunto irrinunciabile, testimone nella staffetta generazionale: custode della memoria e della cultura e anello fondamentale tra passato e futuro, per cui non sarebbe mai emarginato. Tra loro non esiste la privacy, ma il loro modo di vivere la comunità a 360 gradi non è invadente, si basa su regole ben precise che comunque fanno sempre riferimento alla condivisione. Gli Indios hanno un concetto di ospitalità profondo e ben radicato.

I missionari, che condividono con le popolazioni indigene il rapporto fra cielo, terra e sottosuolo, sono amati e accolti. Per tutti questi motivi e per mille altri è importante riuscire a vedere e ascoltare la loro vita. Lasciare che la sapienza da cui essa è animata diventi un richiamo a comprendere dove sta veramente la persona e i suoi bisogni e a riscoprire la capacità relazionale che è dentro ogni uomo. Una bussola, insomma, che orienti a ritrovare lo spazio mentale per sognare per noi e per gli altri; ad investire capitali, talenti e speranze su un modello di sviluppo che nelle concrete circostanze della vita si ispiri al Vangelo.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it