Testimonianza nella vita dell’USMI
Nel 1950, quando cominciavano ad imporsi le prime sollecitazioni per un rinnovamento degli Istituti religiosi femminili, fu organizzato, per incoraggiamento di Pio XII, il Primo Congresso Generale sugli Stati di perfezione. Infatti fu quel Pontefice che, con intuizione profetica a lui congeniale, emanò la Costituzione Apostolica Sponsa Christi, un documento importante per la riflessione e il cammino delle Congregazioni femminili tutte.
In questo contesto di rinnovamento è nata nel 1950, l’attuale Unione delle Superiore Maggiori d’Italia – USMI.
Gli anni che decorrono dal 1950 al 1964 furono fondamentali per l’Organismo appena nato.
Nel 1963 nasce ufficialmente l’USMI con propri statuti (Decreto della Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari (N. AG 2347/63 del luglio 1963) e nel 1964, all’Unione fu riconosciuta anche Personalità Giuridica Civile.
Ma, oggi, l’USMI, cosa è, cosa fa? Qual è la sua missione?
Dall’attuale Statuto si legge: “L’Unione esprime e sviluppa la comunione che unisce gli Istituti religiosi femminili operanti in Italia, tra loro e con le diverse componenti della realtà ecclesiale, in vista di una risposta più piena alla vocazione e alla missione di ciascuno” (Statuto, art. 1).
Perciò intende porsi come sereno e fraterno punto di riferimento per le oltre 600 Congregazioni femminili presenti in Italia, che, a loro volta, sono suddivise in oltre 10.000 comunità; e diventa un camminare insieme nella complementarietà, nella condivisione di scienza e di esperienza, nella collaborazione costruttiva, nella condivisione di problematiche e nella proposta di soluzioni.
L’ USMI vuole esprimere soprattutto il volto bello della Chiesa: essere chiesa comunione, chiesa sposa e madre che comprende e non esclude, che accoglie e non emargina, chiesa che fa di tutti gli uomini la grande famiglia di figli di Dio.
L’Unione si pone al servizio della comunione tra i carismi, perché questa è la sua natura e la sua missione e in questo servizio è infaticabile nell’essere attenta ai segni anche dei più piccoli perché si realizzi ogni giorno nella vita religiosa femminile italiana la preghiera di Gesù: “Padre che siano una cosa sola come io e te siamo una cosa sola”.
L’Unione si fa costantemente ponte e strumento di comunione nello spirito di Lumen Gentium e di Mutuae relationes e coltiva costanti collegamenti con:
. la Conferenza dei Superiori Maggiori (C.I.S.M.),
- la Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.),
- la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (CIVCSVA),
- le Commissioni miste Vescovi-Religiosi (C.M.V.R.),
- le Conferenze Europee dei Religiosi (U.C.E.S.M.),
- l’Unione Internazionale Superiore Generali (U.I.S.G.),
- la Caritas Nazionale e Diocesana,
- il Segretariato delle Claustrali,
- organismi civili d’indole socio – assistenziale.
In ognuna di queste realtà ecclesiali l’USMI è rappresentata da un suo membro.
Animatrice di tali collegamenti, naturalmente, è la Presidente Nazionale dell’Unione con la fattiva collaborazione del suo Consiglio.
Sue espressioni concrete, a livello decisionale-operativo, sono:
- l’Assemblea Nazionale, costituita dalle Superiore Maggiori con il compito di offrire l’ispirazione e gli orientamenti di cammino e di animazione.
- il Consiglio Nazionale, composto dai membri del Consiglio di Presidenza, dalle Presidenti delle U.S.M.I. Regionali e dalle Responsabili degli Uffici Nazionali con il compito di animare e di eseguire gli orientamenti a livello di vita religiosa regionale e diocesana.
- il Consiglio di Presidenza, organo permanente, composto dalla Presidente, dalla Vice-Presidente, da tre Consigliere, dalla Segretaria e dall’Economa, con il compito di accompagnare, coordinare le attività degli Uffici e le finalità dell’Unione.
In sintesi l’USMI si mette costantemente a servizio della vita religiosa apostolica femminile nel suo essere dono alla Chiesa, nella Chiesa, per la Chiesa e nel suo operare, con attenzione particolare all’evolversi dei tempi, della società e pertanto delle variegate situazioni che possono richiedere riflessione, studio, approfondimento, nonché coraggio e competenza; e così camminare insieme guidate dallo Spirito, nella Chiesa, sempre in piena fedeltà e rispetto del carisma originario di ogni Congregazione.
Oggi, a quasi 50 anni di vita, è facile per tutte le sorelle che partecipano alla vita dell’USMI, sentirsi e viversi come parte di una grande famiglia che affonda le radici della sua identità nel battesimo, famiglia dunque al cuore della famiglia più grande che è la Chiesa, con una missione profetica che è quella di dire al mondo, vivendo e testimoniando la comunione tra di noi, che Dio è Padre di tutti e che la fraternità universale è possibile.
Affermo questo perché oggi l’USMI ha un volto variopinto non solo per la molteplice diversità di carismi, ma anche perché è divenuta al suo interno come un giardino complesso e stupendo, reso tale dalla diversità di razze, popoli, culture. Pertanto in un mondo che si fa sempre più globalizzato, selezionatore ed escludente, l’USMI sta percependo che ha una grande missione da compiere: fare di Cristo il cuore del mondo.
Sono tantissime le testimonianze di cammini e di esperienze di comunione. Ne condivido una sola nella quale anche la mia famiglia religiosa è coinvolta.
A KABUL HO UDITO IL SILENZIO GRIDARE
Quando nel 2001 ricevetti la lettera con l’invito di partecipare ad un incontro USMI-CISM nel quale si sarebbe proposto un progetto di comunità internazionale per una presenza a Kabul, senza esitazioni la cestinai.
Poco tempo dopo, proprio nella sede dell’USMI incontrai una sorella che mi fece di nuovo l’invito e, questa volta, partecipai.
Quell’incontro si è rivelato un appuntamento importante, una chiamata a non aver paura, ad andare oltre e ad avere il coraggio di accogliere un cammino di missione nella comunione e condivisione con altri carismi, il coraggio dunque di andare al di là delle piccole vedute personali per lasciarmi guidare dalle vedute molto più ampie di Chi ha amato il mondo fino a dare la vita.
E così, oggi nel cuore dell’Afganistan, a Kabul, terra tormentata da una guerra interminabile e dove si sperimenta un’insicurezza palpabile, c’è un tabernacolo, cuore di un Dio amore che batte attraverso la sua presenza reale nel sacramento e attraverso il segno vivente di una comunità di sorelle di tre congregazioni che, in una essenzialità che fa venire freddo, vivono la comunione dei carismi realizzando il cuor solo e l’anima sola nell’amore scambievole a causa di Gesù che diviene testimonianza silenziosa ma potente forza di azione e di presenza amorosa e costante accanto ai più piccoli e ai più deboli in un paese che, dopo aver prodotto ferite incancellabili nelle vite di tanti bambini si vergogna di loro, bimbi rimasti vittime degli orrori della guerra e che ne portano i segni visibili nella loro disabilità fisica e mentale.
Il grido di Giovanni Paolo II, attraverso un cammino che lo Spirito santo ha fatto nel cuore di un gruppo di istituti religiosi maschili e femminili italiani, ha raggiunto coloro che sono i prediletti del Padre attraverso questo piccolo e fragile grappolo di vita religiosa la cui forza è il totale abbandono nelle mani di Dio e l’amore reciproco che spinge le nostre sorelle a vivere in una terra dove ufficialmente non ci sarebbe posto per chi è cristiano.
Ho visitato la piccola comunità nell’agosto del 2007. Là ho visto la vita religiosa del futuro e là ho compreso il significato della parola “profezia”.
Le nostre sorelle non hanno niente, neanche la libertà di spostarsi da sole da un posto all’altro, ma tengono un tabernacolo in una stanza che testimonia che Gesù è il centro della loro vita, l’unico motivo del loro andare e del loro stare, Colui che le fa “uno” e le rende felici.
A Kabul ho visto la Chiesa delle origini: “Tutti vivevano insieme ed erano un cuor solo ed un’anima sola”.
Non ci sono chiese in Afganistan, ma la Chiesa vive! E’ un germoglio piccolissimo, ma già robusto.
Da più di 50 anni è presente in Kabul una piccola comunità di piccole sorelle di Charl de Foucauld e la nostra gioia è stata immensa nello scoprire che la Chiesa già era a Kabul prima di noi e ci aspettava insieme al sacerdote che viveva in ambasciata, territorio neutro.
Dopo un anno dal nostro arrivo anche le suore di madre Teresa entrarono in Kabul e finalmente un gruppo di religiosi gesuiti provenienti dall’India. Una straordinaria amicizia e solidarietà si va formando e consolidando! La fraternità di questa chiesa delle origini ha anche il colore ecumenico poiché una piccola comunità di religiosi anglicani vivono una stupenda comunione con i fratelli e sorelle cattolici. Forte è il dialogo interreligioso molto pratico e vissuto nella quotidianità perché ormai la nostra istituzione è entrata in relazione con varie realtà musulmane e lo scambio e l’arricchimento reciproco soprattutto in campo educativo è notevole.
Tutto sa di miracolo e penso spesso: è bastato un piccolo sì ad una proposta di comunione per la missione lanciata da CISM e USMI per seminare la speranza, su orizzonti davvero impensabili rimanendo da soli o isolati. Grazie!
SR M. VIVIANA BALLARIN O.P.