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Svegliate il mondo

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nov 29 2014

Lettera Apostolica del Santo Padre Francesco a tutti i consacrati

in occasione dell’Anno della Vita Consacrata, 28.11.2014

Carissime consacrate e carissimi consacrati!

Scrivo a voi come Successore di Pietro, a cui il Signore Gesù affidò il compito di confermare nella fede i fratelli (cfr Lc 22,32), e scrivo a voi come papa.laicinternetfratello vostro, consacrato a Dio come voi.

Ringraziamo insieme il Padre, che ci ha chiamati a seguire Gesù nell’adesione piena al suo Vangelo e nel servizio della Chiesa, e ha riversato nei nostri cuori lo Spirito Santo che ci dà gioia e ci fa rendere testimonianza al mondo intero del suo amore e della sua misericordia.

Facendomi eco del sentire di molti di voi e della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, in occasione del 50° anniversario della Costituzione dogmatica Lumen gentium sulla Chiesa, che nel cap. VI tratta dei religiosi, come pure del Decreto Perfectae caritatis sul rinnovamento della vita religiosa, ho deciso di indire un Anno della Vita Consacrata. Avrà inizio il 30 novembre corrente, I Domenica di Avvento, e terminerà con la festa della Presentazione di Gesù al tempio il 2 febbraio 2016.

Dopo aver ascoltato la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, ho indicato come obiettivi per questo Anno gli stessi che san Giovanni Paolo II aveva proposto alla Chiesa all’inizio del terzo millennio, riprendendo, in certo modo, quanto aveva già indicato nell’Esortazione post-sinodale Vita consecrata: «Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi» (n. 110).

I – Gli obiettivi per l’Anno della Vita Consacrata

1. Il primo obiettivo è guardare il passato con gratitudine. Ogni nostro Istituto viene da una ricca storia carismatica. Alle sue origini è presente l’azione di Dio che, nel suo Spirito, chiama alcune persone alla sequela ravvicinata di Cristo, a tradurre il Vangelo in una particolare forma di vita, a leggere con gli occhi della fede i segni dei tempi, a rispondere con creatività alle necessità della Chiesa. L’esperienza degli inizi è poi cresciuta e si è sviluppata, coinvolgendo altri membri in nuovi contesti geografici e culturali, dando vita a modi nuovi di attuare il carisma, a nuove iniziative ed espressioni di carità apostolica. È come il seme che diventa albero espandendo i suoi rami.

In questo Anno sarà opportuno che ogni famiglia carismatica ricordi i suoi inizi e il suo sviluppo storico, per ringraziare Dio che ha offerto alla Chiesa così tanti doni che la rendono bella e attrezzata per ogni opera buona (cfr Lumen gentium, 12).

Raccontare la propria storia è indispensabile per tenere viva l’identità, così come per rinsaldare l’unità della famiglia e il senso di appartenenza dei suoi membri. Non si tratta di fare dell’archeologia o di coltivare inutili nostalgie, quanto piuttosto di ripercorrere il cammino delle generazioni passate per cogliere in esso la scintilla ispiratrice, le idealità, i progetti, i valori che le hanno mosse, a iniziare dai Fondatori, dalle Fondatrici e dalle prime comunità. È un modo anche per prendere coscienza di come è stato vissuto il carisma lungo la storia, quale creatività ha sprigionato, quali difficoltà ha dovuto affrontare e come sono state superate. Si potranno scoprire incoerenze, frutto delle debolezze umane, a volte forse anche l’oblio di alcuni aspetti essenziali del carisma. Tutto è istruttivo e insieme diventa appello alla conversione. Narrare la propria storia è rendere lode a Dio e ringraziarlo per tutti i suoi doni.

Lo ringraziamo in modo particolare per questi ultimi 50 anni seguiti al Concilio Vaticano II, che ha rappresentato una “ventata” di Spirito Santo per tutta la Chiesa. Grazie ad esso la vita consacrata ha attuato un fecondo cammino di rinnovamento che, con le sue luci e le sue ombre, è stato un tempo di grazia, segnato dalla presenza dello Spirito.

Sia quest’Anno della Vita Consacrata un’occasione anche per confessare con umiltà, e insieme con grande confidenza in Dio Amore (cfr 1 Gv 4,8), la propria fragilità e per viverla come esperienza dell’amore misericordioso del Signore; un’occasione per gridare al mondo con forza e per testimoniare con gioia la santità e la vitalità presenti nella gran parte di coloro che sono stati chiamati a seguire Cristo nella vita consacrata.

2. Quest’Anno ci chiama inoltre a vivere il presente con passione. La grata memoria del passato ci spinge, in ascolto attento di ciò che oggi lo Spirito dice alla Chiesa, ad attuare in maniera sempre più profonda gli aspetti costitutivi della nostra vita consacrata.

Dagli inizi del primo monachesimo, fino alle odierne “nuove comunità”, ogni forma di vita consacrata è nata dalla chiamata dello Spirito a seguire Cristo come viene insegnato dal Vangelo (cfr Perfectae caritatis, 2). Per i Fondatori e le Fondatrici la regola in assoluto è stata il Vangelo, ogni altra regola voleva essere soltanto espressione del Vangelo e strumento per viverlo in pienezza. Il loro ideale era Cristo, aderire a lui interamente, fino a poter dire con Paolo: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21); i voti avevano senso soltanto per attuare questo loro appassionato amore.

La domanda che siamo chiamati a rivolgerci in questo Anno è se e come anche noi ci lasciamo interpellare dal Vangelo; se esso è davvero il “vademecum” per la vita di ogni giorno e per le scelte che siamo chiamati ad operare. Esso è esigente e domanda di essere vissuto con radicalità e sincerità. Non basta leggerlo (eppure lettura e studio rimangono di estrema importanza), non basta meditarlo (e lo facciamo con gioia ogni giorno). Gesù ci chiede di attuarlo, di vivere le sue parole.

Gesù, dobbiamo domandarci ancora, è davvero il primo e l’unico amore, come ci siamo prefissi quando abbiamo professato i nostri voti? Soltanto se è tale, possiamo e dobbiamo amare nella verità e nella misericordia ogni persona che incontriamo sul nostro cammino, perché avremo appreso da Lui che cos’è l’amore e come amare: sapremo amare perché avremo il suo stesso cuore.

I nostri Fondatori e Fondatrici hanno sentito in sé la compassione che prendeva Gesù quando vedeva le folle come pecore sbandate senza pastore. Come Gesù, mosso da questa compassione, ha donato la sua parola, ha sanato gli ammalati, ha dato il pane da mangiare, ha offerto la sua stessa vita, così anche i Fondatori si sono posti al servizio dell’umanità a cui lo Spirito li mandava, nei modi più diversi: l’intercessione, la predicazione del Vangelo, la catechesi, l’istruzione, il servizio ai poveri, agli ammalati… La fantasia della carità non ha conosciuto limiti e ha saputo aprire innumerevoli strade per portare il soffio del Vangelo nelle culture e nei più diversi ambiti sociali.

L’Anno della Vita Consacrata ci interroga sulla fedeltà alla missione che ci è stata affidata. I nostri ministeri, le nostre opere, le nostre presenze, rispondono a quanto lo Spirito ha chiesto ai nostri Fondatori, sono adeguati a perseguirne le finalità nella società e nella Chiesa di oggi? C’è qualcosa che dobbiamo cambiare? Abbiamo la stessa passione per la nostra gente, siamo ad essa vicini fino a condividerne le gioie e i dolori, così da comprendere veramente le necessità e poter offrire il nostro contributo per rispondervi? «La stessa generosità e abnegazione che spinsero i Fondatori – chiedeva già san Giovanni Paolo II – devono muovere voi, loro figli spirituali, a mantenere vivi i carismi che, con la stessa forza dello Spirito che li ha suscitati, continuano ad arricchirsi e ad adattarsi, senza perdere il loro carattere genuino, per porsi al servizio della Chiesa e portare a pienezza l’instaurazione del suo Regno»1.

Nel fare memoria delle origini viene in luce una ulteriore componente del progetto di vita consacrata. Fondatori e fondatrici erano affascinati dall’unità dei Dodici attorno a Gesù, dalla comunione che contraddistingueva la prima comunità di Gerusalemme. Dando vita alla propria comunità ognuno di loro ha inteso riprodurre quei modelli evangelici, essere con un cuore solo e un’anima sola, godere della presenza del Signore (cfr Perfectae caritatis,15).

Vivere il presente con passione significa diventare “esperti di comunione”, «testimoni e artefici di quel “progetto di comunione” che sta al vertice della storia dell’uomo secondo Dio»2. In una società dello scontro, della difficile convivenza tra culture diverse, della sopraffazione sui più deboli, delle disuguaglianze, siamo chiamati ad offrire un modello concreto di comunità che, attraverso il riconoscimento della dignità di ogni persona e della condivisione del dono di cui ognuno è portatore, permetta di vivere rapporti fraterni.

Siate dunque donne e uomini di comunione, rendetevi presenti con coraggio là dove vi sono differenze e tensioni, e siate segno credibile della presenza dello Spirito che infonde nei cuori la passione perché tutti siano una sola cosa (cfr Gv 17,21). Vivete lamistica dell’incontro: «la capacità di sentire, di ascolto delle altre persone. La capacità di cercare insieme la strada, il metodo»3, lasciandovi illuminare dalla relazione di amore che passa fra le tre Divine Persone (cfr 1 Gv 4,8) quale modello di ogni rapporto interpersonale.

3. Abbracciare il futuro con speranza vuol essere il terzo obiettivo di questo Anno. Conosciamo le difficoltà cui va incontro la vita consacrata nelle sue varie forme: la diminuzione delle vocazioni e l’invecchiamento, soprattutto nel mondo occidentale, i problemi economici a seguito della grave crisi finanziaria mondiale, le sfide dell’internazionalità e della globalizzazione, le insidie del relativismo, l’emarginazione e l’irrilevanza sociale… Proprio in queste incertezze, che condividiamo con tanti nostri contemporanei, si attua la nostra speranza, frutto della fede nel Signore della storia che continua a ripeterci: «Non aver paura … perché io sono con te» (Ger 1,8).

La speranza di cui parliamo non si fonda sui numeri o sulle opere, ma su Colui nel quale abbiamo posto la nostra fiducia (cfr 2 Tm 1,12) e per il quale «nulla è impossibile» (Lc 1,37). È questa la speranza che non delude e che permetterà alla vita consacrata di continuare a scrivere una grande storia nel futuro, al quale dobbiamo tenere rivolto lo sguardo, coscienti che è verso di esso che ci spinge lo Spirito Santo per continuare a fare con noi grandi cose.

Non cedete alla tentazione dei numeri e dell’efficienza, meno ancora a quella di confidare nelle proprie forze. Scrutate gli orizzonti della vostra vita e del momento attuale «in vigile veglia». Con Benedetto XVI vi ripeto: «Non unitevi ai profeti di sventura che proclamano la fine o il non senso della vita consacrata nella Chiesa dei nostri giorni; piuttosto rivestitevi di Gesù Cristo e indossate le armi della luce – come esorta san Paolo (cfr Rm 13,11-14) – restando svegli e vigilanti»4. Continuiamo e riprendiamo sempre il nostro cammino con la fiducia nel Signore.

Mi rivolgo soprattutto a voi giovani. Siete il presente perché già vivete attivamente in seno ai vostri Istituti, offrendo un contributo determinante con la freschezza e la generosità della vostra scelta. Nello stesso tempo ne siete il futuro perché presto sarete chiamati a prendere nelle vostre mani la guida dell’animazione, della formazione, del servizio, della missione. Questo Anno vi vedrà protagonisti nel dialogo con la generazione che è davanti a voi. In fraterna comunione potrete arricchirvi della sua esperienza e sapienza, e nello stesso tempo potrete riproporre ad essa l’idealità che ha conosciuto al suo inizio, offrire lo slancio e la freschezza del vostro entusiasmo, così da elaborare insieme modi nuovi di vivere il Vangelo e risposte sempre più adeguate alle esigenze di testimonianza e di annuncio.

Sono contento di sapere che avrete occasioni per radunarvi insieme tra voi giovani di differenti Istituti. Che l’incontro diventi abituale via di comunione, di mutuo sostegno, di unità.

II – Le attese per l’Anno della Vita Consacrata

Che cosa mi attendo in particolare da questo Anno di grazia della vita consacrata?

1. Che sia sempre vero quello che ho detto una volta: «Dove ci sono i religiosi c’è gioia». Siamo chiamati a sperimentare e mostrare che Dio è capace di colmare il nostro cuore e di renderci felici, senza bisogno di cercare altrove la nostra felicità; che l’autentica fraternità vissuta nelle nostre comunità alimenta la nostra gioia; che il nostro dono totale nel servizio della Chiesa, delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei poveri ci realizza come persone e dà pienezza alla nostra vita.

Che tra di noi non si vedano volti tristi, persone scontente e insoddisfatte, perché “una sequela triste è una triste sequela”. Anche noi, come tutti gli altri uomini e donne, proviamo difficoltà, notti dello spirito, delusioni, malattie, declino delle forze dovuto alla vecchiaia. Proprio in questo dovremmo trovare la “perfetta letizia”, imparare a riconoscere il volto di Cristo che si è fatto in tutto simile a noi e quindi provare la gioia di saperci simili a Lui che, per amore nostro, non ha ricusato di subire la croce.

In una società che ostenta il culto dell’efficienza, del salutismo, del successo e che marginalizza i poveri ed esclude i “perdenti”, possiamo testimoniare, attraverso la nostra vita, la verità delle parole della Scrittura: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10).

Possiamo ben applicare alla vita consacrata quanto ho scritto nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium, citando un’omelia di Benedetto XVI: «La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione» (n. 14). Sì, la vita consacrata non cresce se organizziamo delle belle campagne vocazionali, ma se le giovani e i giovani che ci incontrano si sentono attratti da noi, se ci vedono uomini e donne felici! Ugualmente la sua efficacia apostolica non dipende dall’efficienza e dalla potenza dei suoi mezzi. È la vostra vita che deve parlare, una vita dalla quale traspare la gioia e la bellezza di vivere il Vangelo e di seguire Cristo.

Ripeto anche a voi quanto ho detto nella scorsa Veglia di Pentecoste ai Movimenti ecclesiali: «Il valore della Chiesa, fondamentalmente, è vivere il Vangelo e dare testimonianza della nostra fede. La Chiesa è sale della terra, è luce del mondo, è chiamata a rendere presente nella società il lievito del Regno di Dio e lo fa prima di tutto con la sua testimonianza, la testimonianza dell’amore fraterno, della solidarietà, della condivisione» (18 maggio 2013).

2. Mi attendo che “svegliate il mondo”, perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia. Come ho detto ai Superiori Generali «la radicalità evangelica non è solamente dei religiosi: è richiesta a tutti. Ma i religiosi seguono il Signore in maniera speciale, in modo profetico». È questa la priorità che adesso è richiesta: «essere profeti che testimoniano come Gesù ha vissuto su questa terra … Mai un religioso deve rinunciare alla profezia» (29 novembre 2013).

Il profeta riceve da Dio la capacità di scrutare la storia nella quale vive e di interpretare gli avvenimenti: è come una sentinella che veglia durante la notte e sa quando arriva l’aurora (cfr Is 21,11-12). Conosce Dio e conosce gli uomini e le donne suoi fratelli e sorelle. È capace di discernimento e anche di denunciare il male del peccato e le ingiustizie, perché è libero, non deve rispondere ad altri padroni se non a Dio, non ha altri interessi che quelli di Dio. Il profeta sta abitualmente dalla parte dei poveri e degli indifesi, perché sa che Dio stesso è dalla loro parte.

Mi attendo dunque non che teniate vive delle “utopie”, ma che sappiate creare “altri luoghi”, dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’amore reciproco. Monasteri, comunità, centri di spiritualità, cittadelle, scuole, ospedali, case-famiglia e tutti quei luoghi che la carità e la creatività carismatica hanno fatto nascere, e che ancora faranno nascere con ulteriore creatività, devono diventare sempre più il lievito per una società ispirata al Vangelo, la “città sul monte” che dice la verità e la potenza delle parole di Gesù.

A volte, come accadde a Elia e a Giona, può venire la tentazione di fuggire, di sottrarsi al compito di profeta, perché troppo esigente, perché si è stanchi, delusi dai risultati. Ma il profeta sa di non essere mai solo. Anche a noi, come a Geremia, Dio assicura: «Non aver paura … perché io sono con te per proteggerti» (Ger 1,8).

3. I religiosi e le religiose, al pari di tutte le altre persone consacrate, sono stati definiti, come ho appena ricordato, “esperti di comunione”. Mi aspetto pertanto che la “spiritualità della comunione”, indicata da san Giovanni Paolo II, diventi realtà e che voi siate in prima linea nel cogliere «la grande sfida che ci sta davanti» in questo nuovo millennio: «fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione»5. Sono certo che in questo Anno lavorerete con serietà perché l’ideale di fraternità perseguito dai Fondatori e dalle fondatrici cresca ai più diversi livelli, come a cerchi concentrici.

La comunione si esercita innanzitutto all’interno delle rispettive comunità dell’Istituto. Al riguardo vi invito a rileggere i miei frequenti interventi nei quali non mi stanco di ripetere che critiche, pettegolezzi, invidie, gelosie, antagonismi sono atteggiamenti che non hanno diritto di abitare nelle nostre case. Ma, posta questa premessa, il cammino della carità che si apre davanti a noi è pressoché infinito, perché si tratta di perseguire l’accoglienza e l’attenzione reciproche, di praticare la comunione dei beni materiali e spirituali, la correzione fraterna, il rispetto per le persone più deboli… È «la “mistica” di vivere insieme», che fa della nostra vita «un santo pellegrinaggio»6. Dobbiamo interrogarci anche sul rapporto tra le persone di culture diverse, considerando che le nostre comunità diventano sempre più internazionali. Come consentire ad ognuno di esprimersi, di essere accolto con i suoi doni specifici, di diventare pienamente corresponsabile?

Mi aspetto inoltre che cresca la comunione tra i membri dei diversi Istituti. Non potrebbe essere quest’Anno l’occasione per uscire con maggior coraggio dai confini del proprio Istituto per elaborare insieme, a livello locale e globale, progetti comuni di formazione, di evangelizzazione, di interventi sociali? In questo modo potrà essere offerta più efficacemente una reale testimonianza profetica. La comunione e l’incontro fra differenti carismi e vocazioni è un cammino di speranza. Nessuno costruisce il futuro isolandosi, né solo con le proprie forze, ma riconoscendosi nella verità di una comunione che sempre si apre all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto reciproco e ci preserva dalla malattia dell’autoreferenzialità.

Nello stesso tempo la vita consacrata è chiamata a perseguire una sincera sinergia tra tutte le vocazioni nella Chiesa, a partire dai presbiteri e dai laici, così da «far crescere la spiritualità della comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale e oltre i suoi confini»7.

4. Attendo ancora da voi quello che chiedo a tutti i membri della Chiesa: uscire da sé stessi per andare nelle periferie esistenziali. «Andate in tutto il mondo» fu l’ultima parola che Gesù rivolse ai suoi e che continua a rivolgere oggi a tutti noi (cfrMc 16,15). C’è un’umanità intera che aspetta: persone che hanno perduto ogni speranza, famiglie in difficoltà, bambini abbandonati, giovani ai quali è precluso ogni futuro, ammalati e vecchi abbandonati, ricchi sazi di beni e con il vuoto nel cuore, uomini e donne in cerca del senso della vita, assetati di divino…

Non ripiegatevi su voi stessi, non lasciatevi asfissiare dalle piccole beghe di casa, non rimanete prigionieri dei vostri problemi. Questi si risolveranno se andrete fuori ad aiutare gli altri a risolvere i loro problemi e ad annunciare la buona novella. Troverete la vita dando la vita, la speranza dando speranza, l’amore amando.

Aspetto da voi gesti concreti di accoglienza dei rifugiati, di vicinanza ai poveri, di creatività nella catechesi, nell’annuncio del Vangelo, nell’iniziazione alla vita di preghiera. Di conseguenza auspico lo snellimento delle strutture, il riutilizzo delle grandi case in favore di opere più rispondenti alle attuali esigenze dell’evangelizzazione e della carità, l’adeguamento delle opere ai nuovi bisogni.

5. Mi aspetto che ogni forma di vita consacrata si interroghi su quello che Dio e l’umanità di oggi domandano.

I monasteri e i gruppi di orientamento contemplativo potrebbero incontrarsi tra di loro, oppure collegarsi nei modi più differenti per scambiarsi le esperienze sulla vita di preghiera, su come crescere nella comunione con tutta la Chiesa, su come sostenere i cristiani perseguitati, su come accogliere e accompagnare quanti sono in ricerca di una vita spirituale più intensa o hanno bisogno di un sostegno morale o materiale.

Lo stesso potranno fare gli Istituti caritativi, dediti all’insegnamento, alla promozione della cultura, quelli che si lanciano nell’annuncio del Vangelo o che svolgono particolari ministeri pastorali, gli Istituti secolari nella loro capillare presenza nelle strutture sociali. La fantasia dello Spirito ha generato modi di vita e opere così diversi che non possiamo facilmente catalogarli o inserirli in schemi prefabbricati. Non mi è quindi possibile riferirmi ad ogni singola forma carismatica. Nessuno tuttavia in questo Anno dovrebbe sottrarsi ad una seria verifica sulla sua presenza nella vita della Chiesa e sul suo modo di rispondere alle continue e nuove domande che si levano attorno a noi, al grido dei poveri.

Soltanto in questa attenzione ai bisogni del mondo e nella docilità agli impulsi dello Spirito, quest’Anno della Vita Consacrata si trasformerà in un autentico kairòs, un tempo di Dio ricco di grazie e di trasformazione.

III – Gli orizzonti dell’Anno della Vita Consacrata

1. Con questa mia lettera, oltre che alle persone consacrate, mi rivolgo ai laici che, con esse, condividono ideali, spirito, missione. Alcuni Istituti religiosi hanno un’antica tradizione al riguardo, altri un’esperienza più recente. Di fatto attorno ad ogni famiglia religiosa, come anche alle Società di vita apostolica e agli stessi Istituti secolari, è presente una famiglia più grande, la “famiglia carismatica”, che comprende più Istituti che si riconoscono nel medesimo carisma, e soprattutto cristiani laici che si sentono chiamati, proprio nella loro condizione laicale, a partecipare della stessa realtà carismatica.

Incoraggio anche voi, laici, a vivere quest’Anno della Vita Consacrata come una grazia che può rendervi più consapevoli del dono ricevuto. Celebratelo con tutta la “famiglia”, per crescere e rispondere insieme alle chiamate dello Spirito nella società odierna. In alcune occasioni, quando i consacrati di diversi Istituti quest’Anno si incontreranno tra loro, fate in modo di essere presenti anche voi come espressione dell’unico dono di Dio, così da conoscere le esperienze delle altre famiglie carismatiche, degli altri gruppi laicali e di arricchirvi e sostenervi reciprocamente.

2. L’Anno della Vita Consacrata non riguarda soltanto le persone consacrate, ma la Chiesa intera. Mi rivolgo così a tutto il popolo cristiano perché prenda sempre più consapevolezza del dono che è la presenza di tante consacrate e consacrati, eredi di grandi santi che hanno fatto la storia del cristianesimo. Cosa sarebbe la Chiesa senza san Benedetto e san Basilio, senza sant’Agostino e san Bernardo, senza san Francesco e san Domenico, senza sant’Ignazio di Loyola e santa Teresa d’Avila, senza sant’Angela Merici e san Vincenzo de Paoli? L’elenco si farebbe quasi infinito, fino a san Giovanni Bosco, alla beata Teresa di Calcutta. Il beato Paolo VI affermava: «Senza questo segno concreto, la carità che anima l’intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del vangelo di smussarsi, il “sale” della fede di diluirsi in un mondo in fase di secolarizzazione» (Evangelica testificatio, 3).

Invito dunque tutte le comunità cristiane a vivere questo Anno anzitutto per ringraziare il Signore e fare memoria grata dei doni ricevuti e che tuttora riceviamo per mezzo della santità dei Fondatori e delle Fondatrici e della fedeltà di tanti consacrati al proprio carisma. Vi invito tutti a stringervi attorno alle persone consacrate, a gioire con loro, a condividere le loro difficoltà, a collaborare con esse, nella misura del possibile, per il perseguimento del loro ministero e della loro opera, che sono poi quelli dell’intera Chiesa. Fate sentire loro l’affetto e il calore di tutto il popolo cristiano.

Benedico il Signore per la felice coincidenza dell’Anno della Vita Consacrata con il Sinodo sulla famiglia. Famiglia e vita consacrata sono vocazioni portatrici di ricchezza e grazia per tutti, spazi di umanizzazione nella costruzione di relazioni vitali, luoghi di evangelizzazione. Ci si può aiutare gli uni gli altri.

3. Con questa mia lettera oso rivolgermi anche alle persone consacrate e ai membri di fraternità e comunità appartenenti a Chiese di tradizione diversa da quella cattolica. Il monachesimo è un patrimonio della Chiesa indivisa, tuttora vivissimo sia nelle Chiese ortodosse che nella Chiesa cattolica. Ad esso, come ad altre successive esperienze del tempo nel quale la Chiesa d’occidente era ancora unita, si ispirano analoghe iniziative sorte nell’ambito delle Comunità ecclesiali della Riforma, le quali hanno poi continuato a generare nel loro seno ulteriori espressioni di comunità fraterne e di servizio.

La Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha programmato delle iniziative per fare incontrare i membri appartenenti a esperienze di vita consacrata e fraterna delle diverse Chiese. Incoraggio caldamente questi incontri perché cresca la mutua conoscenza, la stima, la collaborazione reciproca, in modo che l’ecumenismo della vita consacrata sia di aiuto al più ampio cammino verso l’unità tra tutte le Chiese.

4. Non possiamo poi dimenticare che il fenomeno del monachesimo e di altre espressioni di fraternità religiose è presente in tutte le grandi religioni. Non mancano esperienze, anche consolidate, di dialogo inter-monastico tra la Chiesa cattolica e alcune delle grandi tradizioni religiose. Auspico che l’Anno della Vita Consacrata sia l’occasione per valutare il cammino percorso, per sensibilizzare le persone consacrate in questo campo, per chiederci quali ulteriori passi compiere verso una reciproca conoscenza sempre più profonda e per una collaborazione in tanti ambiti comuni del servizio alla vita umana.

Camminare insieme è sempre un arricchimento e può aprire vie nuove a rapporti tra popoli e culture che in questo periodo appaiono irti di difficoltà.

5. Mi rivolgo infine in modo particolare ai miei fratelli nell’episcopato. Sia questo Anno un’opportunità per accogliere cordialmente e con gioia la vita consacrata come un capitale spirituale che contribuisce al bene di tutto il corpo di Cristo (cfrLumen gentium, 43) e non solo delle famiglie religiose. «La vita consacrata è dono alla Chiesa, nasce nella Chiesa, cresce nella Chiesa, è tutta orientata alla Chiesa»8. Per questo, in quanto dono alla Chiesa, non è una realtà isolata o marginale, ma appartiene intimamente ad essa, sta al cuore stesso della Chiesa come elemento decisivo della sua missione, in quanto esprime l’intima natura della vocazione cristiana e la tensione di tutta la Chiesa Sposa verso l’unione con l’unico Sposo; dunque «appartiene … irremovibilmente alla sua vita e alla sua santità» (ibid., 44).

In tale contesto, invito voi, Pastori delle Chiese particolari, a una speciale sollecitudine nel promuovere nelle vostre comunità i distinti carismi, sia quelli storici sia i nuovi carismi, sostenendo, animando, aiutando nel discernimento, facendovi vicini con tenerezza e amore alle situazioni di sofferenza e di debolezza nelle quali possano trovarsi alcuni consacrati, e soprattutto illuminando con il vostro insegnamento il popolo di Dio sul valore della vita consacrata così da farne risplendere la bellezza e la santità nella Chiesa.

Affido a Maria, la Vergine dell’ascolto e della contemplazione, prima discepola del suo amato Figlio, questo Anno della Vita Consacrata. A Lei, figlia prediletta del Padre e rivestita di tutti i doni di grazia, guardiamo come modello insuperabile di sequela nell’amore a Dio e nel servizio al prossimo.

Grato fin d’ora con tutti voi per i doni di grazia e di luce con i quali il Signore vorrà arricchirci, tutti vi accompagno con la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 novembre 2014, Festa della Presentazione della Beata Vergine Maria.

FRANCISCUS

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1 Lett. ap. Los caminos del Evangelio, ai religiosi e alle religiose dell’America Latina in occasione del V centenario dell’evangelizzazione del nuovo mondo, 29 giugno 1990, 26.

2 Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, Religiosi e promozione umana, 12 agosto 1980, 24.

Discorso ai rettori e agli alunni dei Pontifici Collegi e Convitti di Roma, 12 maggio 2014.

4 Omelia nella Festa della Presentazione di Gesù al tempio, 2 febbraio 2013.

5 Lett. ap. Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2001, 43.

6 Esort. ap. Evangelii gaudium, 24 novembre 2013, 87.

7 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sin. Vita consecrata, 25 marzo 1996, 51.

8 S.E. Mons. J. M. Bergoglio, Intervento al Sinodo sulla vita consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel mondo, XVI Congregazione generale, 13 ottobre 1994.

[01954-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0900-XX.01]

 

Un segno dei tempi senza ritorno

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nov 21 2014

1612787-4096736 Molte le provocazioni e le spinte che dal nostro oggi arrivano alle donne e alle consacrate… Prendere coscienza – e farlo con il cuore di un povero che ha fame di Dio – che alla Chiesa e al mondo ‘serve il genio femminile’. Entrare nel desiderio di Dio, intuire il cammino per nuovi e stimolanti percorsi e per scelte profetiche e coraggiose. 

Tra realtà…
Variano colore della pelle, cultura e abitudini, ma i problemi che oggi la donna si trova ad affrontare nel mondo sono gli stessi. La sua partecipazione nella società è ancora carente e minoritaria, sotto molti punti di vista, rispetto a quella degli uomini. Donna e consacrata e in posizione ‘ancillare’, ancora “invisibile” nei momenti più importanti e decisivi della vita della Chiesa. E c’è di più! Troppe donne oggi hanno interiorizzato un modo maschile di pensare, cercano se stesse e ‘si dicono al maschile’.

“Credo che noi non abbiamo fatto ancora una profonda teologia della donna nella Chiesa”, riconosce Papa Francesco parlando ai Vescovi brasiliani. Più volte poi egli è tornato sullo stesso pensiero: “Soltanto può fare questo, può fare quello, adesso fa la chierichetta, adesso legge la Lettura, è la presidentessa della Caritas” … Nella Evangelii gaudium si chiede se è proprio necessario che il prete stia in cima a tutto. Ciò infatti dà luogo a un immobilismo clericale che a volte sembra aver paura di lasciar spazio alle donne. In tali termini la Chiesa, nel ruolo importante affidatole, parla delle e alle donne nel nostro tempo. Per tutti i cristiani, importante è ricordare che vera ‘teologia delle donne’ è quella elaborata da donne che sempre cercano e danno una risposta necessaria alla presenza continua di Cristo in mezzo a noi e all’incontro con lui. Parlano di Dio, di Scritture sacre, di liturgia, di pastorale, di linguaggio religioso … Teologia della donna non è insomma quella elaborata da uomini che parlano delle donne! È essere di più, profondamente di più.

…e profezia
Quando Gesù è stanco, quando soffre, quando chiede un gesto di affetto, quando muore e quando risorge, le donne sono presenti, sono lì. Il modo in cui egli le incontra e le rivela a se stesse è teologia dell’incontro. Mettersi in cammino per incontrare Cristo e vederlo incontrare delle donne è un’avventura che trasforma, cambia e modifica il modo di pensare e di vivere. È un pellegrinaggio interiore che non finisce mai, perché in ogni incontro c’è una parte che appartiene al mistero. “La pratica della Scrittura da parte delle donne ha rivelato oggi nuove domande, nuove figure e ruoli dimenticati nelle narrazioni bibliche. È maturo il tempo che le donne, competenti nella teologia, nella pastorale, nella fede, continuino questo cammino” (Pellettier).

Alla Chiesa serve il genio femminile, l’apporto della ricchezza e delle capacità intuitive insite in esso, afferma Kasper. È indispensabile la presenza delle donne a ogni livello, anche in posizioni di piena responsabilità. Parole tutte che – soprattutto in quest’anno della vita consacrata - muovono ad interrogarsi e confrontarsi sul proprio vissuto perché il messaggio del Vangelo possa diventare cultura per tutti con il contributo insostituibile del “genio femminile”. Le donne/consacrate sono chiamate a sfruttare meglio la loro innata capacità di prendersi cura degli altri e anche a direzionare un po’ di queste attenzioni verso se stesse.

Segni nuovi di verità semplici ed essenziali
Anche nei mass media, dove si celebrano tutte le liturgie della comunicazione, laiche e non, finalmente una lettura della realtà, in cui potersi riconoscere come donne e come consacrate. Il chiesa-popolo-di-dio1nuovo periodico femminile, Donne, chiesa, mondo, allegato al quotidiano della Santa Sede L’Osservatore Romano – come spiega Lucetta Scaraffia – è un “inserto dedicato alle donne di tutto il mondo, con particolare attenzione al loro rapporto con la Chiesa”. Esprime tutta l’attuale necessità di leggere i “segni dei tempi”. L’inversione di marcia, dopo oltre 150 anni di storia, ha origine dalla volontà di Benedetto XVI di valorizzare in ogni modo la presenza femminile nella Chiesa (G.M.Vian). E anche un “modo per mettere in luce le 740 mila religiose che nel mondo hanno da insegnare a noi laiche, compresa l’umiltà e la capacità di relazionarsi con una Chiesa ancora gerarchicamente maschile” (G. Galeotti). La novità dell’inserto è proprio nel saper guardare alla realtà con occhi di donna liberi e nuovi, con spunti di riflessione ed esempi da seguire, nell’apertura al dialogo e a temi di respiro internazionale e interreligioso.

Un segno dei tempi da cui non c’è ritorno. Ma questo dipende molto anche dalle donne consacrate. Loro è ancora il compito di cominciare. Non si tratta di cercare un proprio spazio nella Chiesa misurandolo su quello occupato dagli uomini. Anche se i passi fatti sono reali, si può fare ancora molto. Ma il cambiamento c’è, si vede, si avverte. L’elezione di una donna in una università pontificia, e in una seduta tutta maschile, è un altro piccolo segno.

talita295861In realtà gli istituti religiosi femminili nella storia hanno puntato sempre in anticipo sui tempi della società civile. Pensiamo anche solo alle strutture educative create quando non esisteva nulla. O più semplicemente a quanto oggi sr Eugenia Bonetti fa, per incarico dell’USMI e insieme a centinaia di religiose, per combattere la tratta di donne e bambini nel mondo. L’entusiasmo e il calore che caratterizzano le religiose nel diffondere i percorsi spirituali individuati le hanno rese, nella storia, capaci di risvegliare la fede in contesti che sembravano solo respingerla. Anche nel nostro oggi, con una diversa e più matura consapevolezza delle proprie possibilità, l’impegno è di trasformare gli interrogativi del momento in trampolino per acquisire verità non abbastanza ascoltate nelle Scritture bibliche. E che sono profezie di futuro.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Per riferimenti utili/eventi sull’anno della vita consacrata, vedi:
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccscrlife/index_it.htm

Beni economici e vita consacrata

Senza categoria | Posted by usmionline
nov 13 2014

Per riferimenti utili/eventi sull’anno della vita consacrata, vedi:
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccscrlife/index_it.htm

Lettera Circolare della CIVCSVA del 2 agosto 2014 – Linee orientative per la gestione dei beni negli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica. Edizioni LEV

388647_633906933291267_1189824432_nLa circolare fornisce delle linee guida per la gestione dei beni ecclesiastici degli Istituti. Come indicato da Papa Francesco, vivendo evangelicamente la dimensione economica, gli Istituti potranno trovare nuovo slancio apostolico per continuare la propria missione nel mondo. ‘Il campo dell’economia è strumento dell’azione missionaria della Chiesa’ recita l’incipit della Circolare. E più avanti, si afferma che “la dimensione economica è intimamente connessa con la persona e la missione”. Indicazioni di come scelte innovative e profetiche operate dai consacrati nel campo dell’economia siano quanto mai urgenti nell’attuale contesto socio-economico e rappresentino un tema importante per l’Anno della Vita Consacrata.

Il tema dell’economia è stato ampiamento trattato nella dottrina sociale della Chiesa a partire dalla Enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII, poi ancora nella Popolorum Progressio di Papa Paolo VI fino alla Enciclica Caritas in Veritate  di Papa Benedetto XVI  che al tema dedica una ampia trattazione nel suo capitolo terzo dal titolo: Fraternità, Sviluppo Economico e Società Civile.

La presente Circolare risente della forte attenzione di Papa Francesco al tema della missione vivificante su questa terra. Per questo fornisce dei principi pratici di buona gestione economica, controllo di gestione, rendicontazione secondo principi contabili internazionali. In sintesi le linee orientative riguardano: 1) la gestione dei beni, 2) la collaborazione con la Chiesa locale, con gli altri Istituti e con i consulenti e 3) la formazione.

Vengono, inoltre, introdotti alcuni obblighi: la certificazione contabile dei bilanci delle opere e l’obbligatorietà del concetto di ‘patrimonio stabile’, soluzione talora non dilazionabile per salvaguardare la continuità dell’Istituto come Persona Giuridica.

Particolare rilevanza viene data al principio di collaborazione con: a) la Chiesa locale nella fase di riordino delle opere, b) gli altri Istituti per rafforzare l’amministrazione e la gestione delle risorse, condividendo le buone prassi e il lavoro su progetti comuni e c) i consulenti laici che devono portare competenze specifiche singolarmente o come membri di commissioni di studio dai mandati ben definiti negli scopi e durata.

Infine, vi sono le linee guida in tema di formazione per il trasferimento di competenze sui temi gestionali ed economici, che consentano ai membri degli Istituti di imparare a lavorare con budget e preventivi, ma anche ad accrescere la comprensione ed il contatto con i temi dell’economia all’interno delle comunità dove gli Istituti operano, per porre rimedio all’attuale “dicotomia tra economia e missione”. L’attenzione alla dimensione evangelica dell’economia non deve essere trascurata nella dinamica formativa, “in modo particolare di coloro che avranno responsabilità di governo e che dovranno gestire le strutture economiche in ordine ai principi di gratuità, fraternità e giustizia, ponendo le basi di un’economia evangelica di condivisione e di comunione”.

Gli Istituti sono invitati a fare conoscere tali linee orientative ai loro membri, in particolare a Superiori ed Economi, e ad inviare, entro il 31 gennaio 2015, una lettera indirizzata al Segretario della Congregazione, Monsignor José Rodrìguez Carballo, con pareri e suggerimenti su come migliorare la gestione dei beni negli Istituti, affinché la Chiesa svolga con più efficacia la propria azione missionaria.

In sintesi, le linee orientative sono le seguenti:

  1. 1.    Gestione dei beni

1.1 Carisma, missione, opere e progettualità

  • le opere della missione vanno riviste sulla base del carisma e dei bisogni di oggi
  • Introdurre attività di budget, bilancio e controllo di gestione e di pianificazione pluriennale
  • Introdurre sistemi di monitoraggio e piani di rientro dal deficit per le opere in perdita
  • Assicurare la sostenibilità (spirituale, relazionale ed economica) delle opere

1.2 Trasparenza e vigilanza: garanzia di correttezza

I Superiori Maggiori e i loro Consigli devono:

  • introdurre sistemi di controllo interni adeguati
  • perseguire obiettivi di economicità
  • presidiare le opere di ogni Provincia
  • approvare piani di investimento e budget all’inizio dell’anno

Gli Economi devono:

  • rendicontare periodicamente sull’andamento gestionale, amministrativo e finanziario
  • utilizzare moderni sistemi di archiviazione e conservazione dei dati.

1.3 La rendicontazione e i bilanci

  • Bilanci distinti per opere e comunità
  • Regole contabili uniformi secondo i principi internazionali
  • Certificazione dei bilanci delle opere
  • Supporto di esperti qualificati per l’adozione di procedure idonee

1.4 Gestione dei beni e patrimonio stabile

Definizione di ‘patrimonio stabile’: tutti i beni dell’Istituto oggetto di una legittima assegnazione ex Codice di Diritto Canonico.

  1. 2.    Collaborazione con la Chiesa locale, con gli altri istituti e con i consulenti

2.1 Relazione con l’Ordinario del luogo e la Chiesa locale

La missione della vita consacrata è universale, ma incarnata in specifiche realtà locali:

  • dialogo con l’Ordinario del luogo nel caso gli Istituti abbiano intenzione di chiudere case o opere o alienare immobili
  • dialogo dei Superiori Maggiori con gli altri Istituti presenti sul territorio prima di chiudere e dismettere delle opere, con attenzione alla presenza religiosa locale.

2.2 Relazione con collaboratori e consulenti

Si raccomanda di avvalersi di collaboratori laici o di commissioni di studio nelle aree in cui l’Istituto non è dotato di professionalità con contratti definiti per scopi e durata.

2.3 Relazione e collaborazione con gli altri Istituti

La collaborazione con gli altri Istituti (condivisione di buone prassi, progetti, nuovi modi per servire la Chiesa) va rafforzata, seguendo l’esempio della Conferenza dei Superiori Maggiori.

3. Formazione

Formazione alla dimensione economica in linea con il proprio carisma. Formazione degli Economi alla rendicontazione gestionale. Responsabilizzazione a vivere il voto di povertà nell’attuale contesto socio-economico.

                                         Daniela Carosio
                                         professore di Responsabilità Sociale di Impresa, Uni Bologna

http://www.bbs.unibo.it/internationalmba/faculty/

 

L’ARTE DEL PASSAGGIO

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nov 05 2014

19185-GIULIANO_FERRI_Passaggio_del_mar_RossomAnche per la giornata più bella, più luminosa, arriva il tramonto, e con esso, il buio.
Della notte si può avere paura; ma in essa qualcuno può offrirci un piccolo lume, un filo di luce, una speranza. Il buio, può, in realtà nascondere un grande potere, può permetterci di ritrovare una consapevolezza che avevamo perso abbagliati dalla luce di tante giornate.
Talvolta solo il buio ha il potere di costringerci a guardare in faccia i nostri fantasmi, a rivalutare le nostre credenze, a reindirizzare i nostri sogni.
Dei passaggi bui sarebbe sempre meglio fare a meno, ma, se sappiamo usarli costruttivamente, essi possono essere la chiave per costruire il domani a partire dall’oggi.

Siamo invitate, dunque, a leggere con uno sguardo più profondo la realtà in cui viviamo per cogliere e mettere in rilievo ciò che già si sta realizzando: esperienze, condizioni e atteggiamenti che favoriscono un cammino di novità, un segno di profezia per vivere il mistero pasquale con lo stupore e la commozione dei primi testimoni della risurrezione.
L’accoglienza serena della realtà aiuta, infatti, ad accettare con realismo e speranza, con discernimento e fede autentica anche le difficoltà, la malattia, le stagioni dell’inattività come una dimensione della vita stessa, uno svelamento del suo limite e nello stesso tempo un’attesa della sua pienezza.

Dunque,
-          rinnoviamo la nostra fede, per riscoprire i segni della presenza amorosa di Dio negli eventi della storia quotidiana, nelle persone;
-          ravviviamo la speranza, la certezza gioiosa che la nostra storia porta in sé un germe di bene che il Signore porterà in pienezza;
-          riaccendiamo la carità, per testimoniare la comunione, la pace e l’amore di Cristo tra i fratelli e le sorelle più poveri, vittime della fame, della violenza, dell’ingiustizia.

                                                                                                                                                                                                                                                          sr Diesse

Introduzione

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nov 05 2014

 

latino

“I consigli evangelici della castità consacrata a Dio, della povertà e dell’obbedienza, essendo fondati sulle parole e sugli esempi del Signore e raccomandati dagli apostoli, dai Padri e dai Dottori e Pastori della Chiesa, sono un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva”. Così l’incipit del capitolo VI della Lumen gentium, costituzione dogmatica sulla Chiesa. Dalla data di questa affermazione conciliare (21 novembre 1964), sono passati esattamente 50 anni. Man mano tutti i pontefici hanno avuto per essa espressioni invitanti alla fedeltà sostanziale, pur nel rinnovamento resosi necessario con il mutare dei tempi.

Consacrati e consacrate, da sempre pellegrini tra e con le genti, vivendo ‘le gioie e le fatiche del cammino’, ancor oggi vogliono lasciarsi portare dallo Spirito, per ‘vivere la Profezia della vita conforme al Vangelo’, nei ‘crocevia del mondo’.

L’USMI con questo suo “blog” offrirà spunti di riflessione e di meditazione su ‘la vita consacrata oggi e domani’…

 

Pronti per la partenza?…

prontiPartire e non rimanere a mezza strada, sapendo che accogliere Dio – che abita in noi come luce in un guscio d’argilla – impegna a non essere misura a se stessi e a diventare come Lui. E cambia la vita, perché invincibile è la forza di diventare ‘figli’ e fratelli.

Direzione del percorso
“Non si amerà mai Dio evadendo da quella storia dove l’Eterno si compromette ogni giorno” (C.M. Martini)… Verità che chiede di essere interiorizzata e vissuta soprattutto in un tempo come il nostro in cui si abbattono i confini per il trasferimento di capitali e di industrie e tanto facilmente invece li si chiude alle persone. Essere non voluti e non cercati in realtà è la vera e più diffusa povertà nell’oggi del mondo occidentale… Un bisogno inappagato di riconoscimento diventa così una marea quotidiana nella quale per nessuno è facile stare a galla. Il fatto è che “ogni individuo si aspetta che gli si faccia del bene, e non del male. Ed è questo ciò che costituisce la sacralità dell’essere umano”. Lo scriveva già Simone Weil, indicando in una nuova fondazione della relazione umana la possibilità di ricostruire l’Europa del dopo-nazismo. D’altra parte la storia delle Congregazioni religiose – e più in generale, quella cristiana – è, lungo i secoli, storia del perdersi e ritrovarsi nella fraternità e nella reciprocità. Per questo, nell’anno della vita consacrata, una grande sfida per i religiosi potrebbe essere proprio esercitarsi a fondo nel percorso che ha per obiettivo di riscoprirsi ‘persone in relazione’ in viaggio nella stessa barca con tutti; e veleggiare con Dio al timone, in totale disponibilità alla sua luce, con la forza e la gioia che vengono da Lui… Tutto questo realmente fa della vita un paesaggio dove Dio si vede. Purché però a muovere nelle scelte quotidiane non sia la verità che si crede di possedere, ma solo la fraternità che si tenta di vivere.

Unire le mani sopra l’abisso…
Affondare è facile quando si è feriti in profondità dagli altri o da se stessi. Se la parola di qualcuno magari buttata lì senza riflettere, o anche una semplice trascuratezza, o forse una crudeltà premeditata sono penetrate nel fondo dell’anima e fanno male, allora è difficile dire con sincerità: ”ti perdono” e muoversi nel concreto secondo la fraternità insegnata da Gesù. Perché il dolore opprime e immerge nella sensazione di vivere in un mondo ‘rovesciato’ nel quale le cattiverie facilmente contagiano anche i sentimenti di tanti. Il rischio è che con il passare del tempo quei sentimenti si trasformino in permalosità cronica, se non addirittura in bisogno di vendetta, negato e rimosso. Naturale che, stando così le cose, fino a quando le ferite non saranno rimarginate, non si potrà disporre della vastità di cuore necessaria per perdonare.

… in fedeltà alla storia e all’Eterno
Il meglio in realtà non è dentro l’uomo, ma “in quella forza che guariva tutti” (Lc 6,19), di cui ci si può avvalere se però non si è troppo sicuri della propria forza, né si è troppo concentrati sulla propria luce… Condizione per guarire insomma è scoprire che la vita non è per se stessi. Perché il cuore dell’uomo, di ogni uomo – sempre alla ricerca di una certezza che non si consumi nel tempo – tende e anela all’Invisibile: a Dio, misura della vita che non passa e ragione ultima per vivere, amare e morire. Pregare e stare sulla soglia dell’infinito perciò dà la vera forza per vincere la tentazione di chiudersi nell’isolamento del privato, o in un silenzio ostile. E il perseverare nella notte dell’adorazione e dell’attesa fa trovare le vere ragioni per vivere insieme. Senza troppa fatica ci si saprà allora fare da lato per lasciare la ‘scena’ agli altri e regalare dieci minuti del proprio tempo, quel tempo che si dice di non avere mai…

Relazioni fraterne come servizio profetico
1“O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella” (Ez 33,7)… Dio ha creato ogni vita per qualcosa ed Egli dona sempre ciò che chiede. Per i consacrati essere posti nella verità del vangelo non è privilegio, ma semplice impegno di testimonianza. Luce e forza della vita, infatti – in una fraternità consacrata come in ogni comunità cristiana – è Gesù Cristo. Con Lui in ogni istante è possibile una reale condivisione di ciò che si ha e si è. Con Lui si potrà crescere insieme e comunicare con parole in cui si misura la sincerità di ognuno. E le ferite, alla luce della Sua Pasqua – a saperle leggere – diventano parte della bellezza umana e di una più profonda comunione. Attraversando evangelicamente le difficoltà e i conflitti presenti nei percorsi di ogni comunità di credenti, i consacrati possono rivelare a questo nostro tempo la forza profetica e umanizzate del Vangelo e saranno testimoni luminosi di una fedeltà alla storia e all’Eterno.

… per una civiltà della misericordia e della tenerezza
L’anno della vita consacrata è un tempo speciale per ritrovare in sé la passione per le cose che si vedono, leggendole nella prospettiva del Mistero e delle cose che non si vedono…
2Un’occasione privilegiata per riscoprire la responsabilità di collocarsi in un mondo privo di misericordia, spietato e chiuso nel ghetto delle proprie paure. “Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito” (Sal 34,19). Vicino a tutti, credenti o no. E “venite a me – dice Gesù – voi tutti che siete affaticati e oppressi …” (Mt 11,28). Ancora tutti. Ma soltanto chi avverte la miseria della propria vita è in grado di lasciarsi raggiungere dalla forza liberatrice delle sue parole. Il che poi in fondo significa che se non si diviene come bambini non si capirà mai Dio. Così l’ansia e i sentimenti di inferiorità continuano ad accompagnare la vita dei più, mentre dietro a ogni ‘piccolo’ (le persone che Gesù definisce ‘piccoli’!) ad ogni latitudine e in ogni ambiente c’è sempre qualcuno che afferma la propria grandezza riducendo gli altri a fargli da pedana. E chi intorno procede ignorando tale realtà a sua volta è condannato ad ‘ammalarsi’. Ma Gesù dice: sono venuto come medico per i malati e fra i malati (cfr Mc 2,17)… C’è spazio perciò veramente per tutti per imparare da Lui a vivere e testimoniare una bontà e un’umanità più grande delle nostre. Quanto buona potrebbe rendere la propria vita anche il solo guardare con stupore e ammirazione la bellezza che fiorisce nel cuore e nella vita degli altri concreti che ci vivono accanto! In fondo allora, anche per i consacrati nell’anno dedicato a loro, si tratta ‘solo’ di avanzare nel recupero della libertà di gioire gli uni degli altri.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it