Ogni storia comincia sempre dal sentirsi riconosciuti e amati. Ne scaturiscono gioia e voglia di imparare ad amare con la vita. Poi con l’apertura dei cuori gli uni verso gli altri e gli uni attraverso gli altri, la ricerca condivisa della verità si fa storia comune.
‘Parresia’ …
Parola pentecostale (cfr At 4,13), dono di Dio e frutto di preghiera. Sempre. Da intendersi come il contrario di ipocrisia e di astuzia, in cui c’è sempre differenza fra ciò che uno pensa e ciò che dice. Esprime la potenza della Parola in chi si affida ad essa, a cominciare dagli uomini semplici e senza studi delle prime comunità cristiane. E dice franchezza verso Dio, che si radica in Cristo e fonda la franchezza verso gli altri con i quali si vive. Nel tempo fino ad oggi se ne perdono le tracce e, con le tracce – fra falsità sottili e accomodanti, cercate forse per amor di pace, o solo per etichetta – in qualche modo va in disuso anche il coraggio di “dire la verità”, soprattutto nelle attuali comunità interculturali. Papa Francesco ne fa invece i binari su cui esorta a camminare. Per un autentico cammino comune chiede di “parlare con parresìa e ascoltare con umiltà”. Ed entrando nel dettaglio dei compiti, aggiunge: “… bisogna dire tutto quello che nel Signore si sente di dover dire: senza rispetto umano, senza vigliaccheria. Al tempo stesso si deve ascoltare con umiltà e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli”. Egli stesso ne dà testimonianza concreta con il suo parlar chiaro in ogni occasione e anche denunciando il male quando intorno regna un silenzio complice e assodato.
… e vita comunitaria cristiana
Chi vuole davvero seguire Cristo fino in fondo – in una realtà come quella attuale che più o meno consapevolmente cerca successo, godimento e potere a ogni costo – prima o poi si ritrova emarginato, ‘fuori dal giro’. Ma il discepolo sa che la verità di se stessi in Cristo si manifesta nell’amore realizzato in modo pasquale. La vita nella comunità perciò è e rimane il luogo di una conversione permanente. Vivendo in essa per esperienza si conosce che esprimere la verità senza frapporre filtri o deformazioni o censure fra ciò che si pensa e ciò che si dice non è mai una scelta gratuita. E non è sempre ‘conveniente’. Impone anzi rischi e richiede coraggio. Rinunciare a compiacere può mettere infatti in pericolo il consenso ricevuto, la stabilità conquistata, la propria adulata soddisfazione… La parola che critica il potere – qualsiasi potere, piccolo o grande che sia – per il potere criticato, di fatto è sempre inopportuna… Ma guai – come afferma S. Martinez – se nella vita insieme albergano le distanze generate dal rispetto di sé o da un’idea alta di sé, o un semplice anonimato …
Si tratta allora di esercitarsi su una via che è la più sicura per la costruzione di una fraternità reciproca autentica: preferire le avversità per amore della verità (Gregorio Magno). Perché – come afferma Florenskij – “la verità manifestata è l’amore”. E l’amore è ‘il’ comandamento del Signore per chi vuole seguire la Sua strada. Orientarsi perciò con tale bussola, ognuno e tutti insieme, non qualcuno a nome di tutti; e iniziare, senza paura di sbagliare, sapendo che c’è sempre tempo per correggersi… Ne scaturisce uno stile di vita che è cammino fatto insieme con veri frutti di gioia.
Lungo la via, situazioni e ‘regole’ utili
Si fa spiritualità fraterna quando non si trascura che si è “fratelli tra fratelli”. Sempre. Ma ignorare che l’uomo ha una natura ferita e incline al male, nel cammino che si fa insieme è causa di gravi errori che spesso si proiettano in una esigenza di idealità fraterna, che inevitabilmente rimane sempre delusa. E finisce per tradursi in cortesia di facciata e fiducia di protocollo. Certo ognuno sa che oltre agli interlocutori esterni, c’è un interlocutore interno con il quale confrontarsi per scandagliare la propria ombra e le cantine delle propria anima. Il messaggio è dire a se stessi, almeno a se stessi, la verità. Ma è tanto facile lungo la via illudersi di seguire Gesù mentre si rimane invece chiusi dentro ambiti ‘protetti’, dove si riesce a nascondersi dietro gli altri; si riesce a evitare i confronti decisivi e a non giocarsi mai in prima persona… Come uscire dal sonno dei luoghi comuni, da tutto ciò che permette di non essere sinceri nemmeno con se stessi per affrontare realmente le difficoltà quotidiane nella vita insieme? Alcune ‘regole’ possono essere utili anche se le ispirazioni dello Spirito Santo le scavalcano sempre e comunque… La correzione fraterna, per esempio, come evangelicamente suggerita e applicata, non è una dimensione facoltativa e riguarda tutti coloro che formano la comunità, nessuno escluso. Certo deve essere realizzata in modo coerente e corretto per evitare che si trasformi in atto di giudizio, irreversibile e persecutorio. Il piacere di correggere, comunque, questo non viene da Dio – insegna papa Francesco. In ogni caso, la carità è come una anestesia che aiuta a ricevere la cura e accettare la correzione. Se una comunità invece ignora diplomaticamente la correzione fraterna per evitare che il fratello possa rattristarsi o altro, in realtà non ha a cuore il vero bene dei fratelli, ma solo l’apparenza di rapporti umani e spirituali.
La verità condivisa si fa storia
Parresia – riflette e suggerisce C. M. Martini – è la libertà di dire ciò che sembra giusto e utile davanti a Dio; esprimerlo nel desiderio di edificare e non di distruggere la comunione. E quando la ‘verità’ diventa contestazione e critica, si può essere certi che è vera solo se nasce dall’amore e se fa penetrare amore attraverso le parole; se non diffonde malanimo, o amarezza, ma costruisce un’atmosfera di fiducia e di incoraggiamento. Certo occorre capire anche da dove nasce il parlare quando è discreto e delicato. Perché a volte scaturisce solo da un senso di paura o di convenienza. D’altra parte anche l’agitazione interiore può portare a una specie di interventismo nelle scelte personali e comunitarie… L’intelligenza delle cose di Dio è solo un
dono dall’alto, da vivere nella gioia. E la verità del messaggio evangelico passa nella vita come libera parola umana in incontri e confronti autentici, personali, immediati; non per intermediari. Se c’è un capire che si ferma alle parole senza arrivare alle conseguenze che esse implicano, parlare a viso e cuore aperti è invece segno vivente del regno di Dio. “La Chiesa si aspetta da voi frutti maturi di comunione e di impegno” – confidava Giovanni Paolo II ai religiosi.
Luciagnese Cedrone
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