Archive for settembre, 2013

Le donne, la scuola, i programmi

Senza categoria | Posted by usmionline
set 25 2013

 

Lettera aperta alla Ministra CarrozzaFatti in controluce 1

Gentile Ministra Carrozza,
siamo un gruppo di donne che insieme ad altre hanno organizzato la giornata del 13 febbraio 2011, giornata che è rimasta nel cuore di tutte. Le confessiamo che il grande successo di quella manifestazione ci ha riempito di gioia, ma anche ci ha lasciate sgomente dal senso di profonda e drammatica necessità che tante donne portavano nelle piazze, necessità e urgenza di cambiamento, di ossigeno. Ricorderà che in quel periodo le nostre istituzioni, il Parlamento, si trovavano impantanati in storie ridicole trasformate in affari di Stato, si votava sulla nipote di Mubarak.

Cambiamento urge
Questa nostra presentazione non serve per farci grandi, ma per poter meglio far comprendere che da quel giorno la necessità e l’urgenza di cambiamento non ci hanno più abbandonate e sono diventate per noi interrogazione quotidiana.

Una lettera alle istituzioni di questi tempi è inusuale, troppo divaricata è infatti la forbice tra governanti e governati, troppa sfiducia, troppo sospetto, troppa estraneità. Ma questo non vale per Lei, signora Ministra. A parte la stima grande per la sua storia di scienziata, ci è molto piaciuto il suo discorso a Cernobbio. Anche noi pensiamo, come lei, che la politica ha fatto male alla scuola e che con questa classe dirigente omologata con poche donne  non riusciremo ad uscire dalla crisi. Ci piace quando parla di investimenti per la scuola e non di spese. Ci piace quando va a inaugurare l’anno scolastico a Casal di Principe, significando così che nessuno deve essere lasciato indietro.

Nessuno deve essere lasciato indietro. Per questo le scriviamo.

Donne male amate…
Come tutti di questi tempi avrà sentito parlare di femminicidio, di violenza contro le donne ne avrà letto, ne avrà sofferto, come ogni donna, di quel dolore speciale, dolore che un uomo, anche il più buono e pietoso, non può provare. C’è chi dice che è un fenomeno antico, che c’è sempre stato, che i numeri non sono aumentati. Fatto sta che oggi di donne ne muoiono troppe e troppe sono ancora maltrattate. E che bisogna mettere le mani urgentemente per arginare questo fenomeno antico o moderno che sia. Per lo più le donne che vivono questa disgraziata condizione, o che ne muoiono, sono stanche di essere male amate, stanche di obbedire, stanche di servire. La loro sofferenza, la loro morte svela un mondo terribilmente impreparato alla libertà delle donne.

La scuola: strada per uscire dalla ‘crisi dell’anima’
A questo punto Lei si chiederà perché le stiamo parlando di tutto questo. La risposta è semplice. Perché, come lei, pensiamo che sia la scuola la strada più importante per uscire da questa crisi. In questo caso non parliamo di crisi economica e politica, ma della crisi profonda dell’anima di questo paese. E’ questa una grande urgenza.

Vede, noi non crediamo che si possa vincere la violenza contro le donne con l’inasprimento delle pene. Poco, solo un poco, crediamo ai provvedimenti di allontanamento dei violenti, alla loro rieducazione. Noi pensiamo che l’unica cosa che salverà noi donne da tutto ciò sia la stima di sé, il rispetto di sé, la coscienza del proprio valore, il senso della propria dignità. E’ anche noi stesse che dobbiamo rieducare, quindi, per poter riconoscere la violenza prima che accada. Niente altro ci salverà.

Quello che non basta
Siamo state molto deluse dal Decreto Legge recentemente proposto, decreto per altro senza un euro di finanziamento, che affrontava la piaga della violenza contro le donne come problema di ordine pubblico, accomunandola  alla violenza negli stadi, a chi ruba i fili di rame, ai no Tav. Questo significa non capire nulla o meglio far finta di non capire che il problema della violenza contro le donne non è il problema dei violenti ma di un’intera società.

Non crediamo neanche alle “lezioni di buona educazione” che ogni tanto insegnanti di buona volontà impartiscono nelle scuole a ragazze e ragazzi. E tanto meno crediamo sia giusto e buona la pubblicità reiterata della violenza, anzi pensiamo che faccia male, male alle ragazze per la spontanea identificazione con la vittima, con la parte debole, e male ai ragazzi per i possibili sensi di colpa e l’identificazione con la parte comunque forte. Lottare, poi, contro gli stereotipi nei libri di testo è ottima cosa ma pensiamo non basti. Per quanto ci riguarda ci auguriamo un mondo dove nessuno sia servo di qualcun altro e dove ognuno pulisca ciò che ha sporcato.

 

Che fare, allora
Abbiamo parlato di autostima, unica soluzione possibile. Ma la stima di sé comincia sempre prima di noi. La stima di sé per essere ha bisogno di due cose, l’ammirazione per coloro che sono venuti prima di noi e le aspettative di chi ci sta intorno. Questi sono i due nutrimenti necessari. La nostra società di aspettative nei confronti delle donne ne ha ben poche, lo sanno tutte le donne che hanno voluto e vogliono mettere al servizio della società i loro talenti, le loro ambizioni. Tutte possono, infatti, raccontare strade faticosissime. E l’ammirazione per chi è venuta prima di noi è semplicemente impedita. Le donne della storia, le filosofe, le scrittrici, le artiste, le scienziate sono dimenticate. La scuola non le racconta.

Noi crediamo profondamente nella differenza tra uomini e donne. L’uguaglianza non è per noi un valore, se non nella dignità e nel diritto. Crediamo nella differenza come ispiratrice di una giustizia migliore, una società più accogliente, più equilibrata. Uomini e donne hanno corpi differenti, differente storia, differente cultura. Noi donne veniamo da una storia pesante e dolorosa, ma che ci ha insegnato molto, questo è il nostro tesoro. Pensiamo che sia il tempo di mettere al lavoro questa differenza per una nuova concezione del mondo, per una nuova visione della società. Uomini e donne insieme nel governo della cosa pubblica, nel pensare, nel fare delle scelte che riguardano la vita di tutti, nella scienza: a questo bisogna preparare ragazze e ragazzi.

 

Necessari testimoni e figure di riferimento
Noi pensiamo, l’abbiamo detto, che per dare forza, stima di sé, rispetto di sé alle ragazze come ai ragazzi siano necessarie delle figure da ammirare. Le ragazze hanno bisogno di figure di riferimento forti, donne forti, che hanno dato il meglio di sé, esempi da seguire. Questo è un nutrimento simbolico necessario. Ma la nostra scuola insegna solo ad ammirare gli uomini e le loro opere.

Le poche donne che restano nei programmi finiscono per rappresentare delle eccezioni, il loro potenziale simbolico è nullo, la loro forza resta intransitiva. Ai ragazzi si mostra un mondo di uomini, alle ragazze è riservato uno specchio vuoto. Questo è male per entrambi.

 

Il cammino ignorato delle donne
Questo non era grave in un mondo dove le donne vivevano sotto tutela, quando non potevano accedere alle professioni, non potevano amministrare i loro beni, non votavano. Ma oggi no, oggi una ragazza sceglie cosa vuole studiare, può viaggiare, vota, può scegliere con chi dividere la propria vita, può avere figli o no, se non li desidera, può vivere dove vuole.  Ma la scuola di oggi per lei è ancora quella Ottocentesca, nelle sue linee fondamentali. Le donne non ci sono, non si ricordano, non si studiano, non esistono.

Dove sono le Maria Montessori, le donne che hanno covato l’Illuminismo nei loro salotti, Madame Curie, Santa Teresa d’Avila, le donne che hanno fatto la loro parte nel Risorgimento, le tantissime poete, le grandi scrittrici, le matematiche, Simone Weil, Hannah Arendt? Non ci sono, se non per la buona volontà di alcuni insegnanti disposti a “fuori programma”. Perché non si celebra l’8 Marzo come giorno della memoria del percorso delle donne, e degli uomini loro alleati, verso la loro libertà? Perché non si racconta ai ragazzi e alle ragazze le tappe di questo cammino luminoso?

Degli psicologi, reduci da un’inchiesta in tre licei della Regione Umbria, ci raccontavano della grande difficoltà in cui si trovano oggi le ragazze, per il semplice fatto che l’assenza di figure forti di riferimento entra in contraddizione con la libertà che godono, creando spaesamento, confusione, senso di solitudine, debolezza.

Lei non era ancora Ministra, quando si è indetto l’ultimo concorso per i nuovi docenti. Nel programma di Letteratura Italiana, su cui dovevano rispondere i candidati, su 30 autori c’era una sola donna: Elsa Morante. Anche questo è femminicidio. Si dice che le donne debbano andare avanti solo con il merito, ma alla povera Grazia Deledda, evidentemente, non è valso nemmeno il premio Nobel.

 

Attese…
Gentile Ministra, ci rivolgiamo a lei, perché lei in questo momento è quella che può fare moltissimo contro la violenza alle donne, ma non solo, è quella che può rendere questo paese più civile, più equilibrato. La rivoluzione, non abbiamo altro termine, deve cominciare  dalla scuola, può essere solo nella formazione. Cambiare urgentemente i programmi, per dare forza alle ragazze, non farle sentire aggiunte in questa società, ma necessarie. Questo prima di tutto. Non c’è vero discorso sulla modernizzazione della scuola se non si parte da qui.

Ma non solo. Ridare dignità alla figura del docente, non farlo vivere sulla soglia della miseria, non farne un vinto. E rendere difficilissimo diventare insegnanti, che non sia una professione di rimedio ma di vera vocazione. Questo però è un altro discorso.

Se condivide quello che abbiamo detto, ci piacerebbe incontrarla per raccontarle il nostro lavoro.

Confidiamo molto in Lei. Grazie per la sua attenzione.

                    Se non ora quando FACTORY

(Pubblicato su settembre 19, 2013 da snoqfactory)

- Nota: La suddivisione con i rispettivi titoli sono della Redazione di questo sito.

Cercatori di pace un po’ smarriti

Senza categoria | Posted by usmionline
set 13 2013

lavfamIn un mondo in subbuglio dove per troppi non c’è più sicurezza per il domani, il viaggio più lungo verso la verità – che è relazione dice Papa Francesco – è certamente quello interiore. Compiuto con l’orecchio attento al Dio della storia, è anche il cammino più sicuro.

In un mondo popolato da ‘estranei’…
“Abbiate fiducia, andate incontro al mondo contemporaneo, ha bisogno di voi e vi aspetta”, esortava il cardinale C. M. Martini. E Benedetto XVI: “Siate disponibili a costruire, insieme a tutti i cercatori della verità, percorsi di bene comune, senza soluzioni preconfezionate e senza paura delle domande che restano tali, ma pronti a mettere in gioco la vostra vita … Abbracciate con carità le ferite del mondo”.

Ma lo ‘spettacolo’ che nella quotidianità raggiunge tutti attraverso gli schermi della Tv e della rete, richiama ognuno al compito amaro di fare i conti con la realtà. Così un senso di smarrimento disorienta e confonde questo nostro mondo su cui – soprattutto oggi – tanto pesano le decisioni e gli egoismi dei ‘grandi’ della terra, come pure la ricerca del potere a tutti i costi e non per servire, ma per se stessi; spesso anzi per interessi tutt’altro che di giustizia!

È facile sentirsi stranieri erranti in questo oggi e – pur desiderando con tutte le proprie forze muoversi con passo libero e costruttivo verso il bene comune – altrettanto facile è rischiare di annegare nelle sue acque tempestose. La verità – ricorda il sociologo Bauman – è che non si possono difendere efficacemente le libertà a casa propria tagliandosi fuori dal mondo che è intorno e preoccupandosi unicamente dei propri problemi e affari. Sarà importante riflettere su cosa sia davvero accaduto all’Occidente negli ultimi decenni per cui intere generazioni sembrano condannate all’estraneità e alla superficialità… Solo storia di un ‘pezzetto’ di umanità decaduta? Forse, ma è comunque umanità che si porta dentro, come ogni persona, la nostalgia continua del ‘pane di casa’.

… la pace che ognuno ha non dipende dalle circostanze
Ognuno conosce per esperienza che dentro l’uomo vive ‘qualcosa’ che continuamente lo cerca e lo spinge a mettersi in cammino in
imageogni situazione. La sua Voce è di un silenzio simile a un soffio ed è facile soffocarla. Ma è certo che il Dio della storia in ogni tempo parla a chi ha il coraggio di muoversi ad occhi aperti in questa valle di lacrime senza perdere i contatti con la Voce interiore che chiama verso una nuova terra e la pienezza della gioia. E sulle azioni di ognuno “c’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia a cui non si può sfuggire”- ha gridato con forza Papa Francesco facendosi interprete del grido di pace che sale da ogni parte della terra e dal cuore di ognuno.

In fondo, a pensarci bene, l’ottimismo – nella sua essenza – non è un modo di vedere la situazione presente. È l’energia vitale che viene dalla speranza fondata sulla fede che rende la persona capace di reggere i colpi e di cercare strade nuove. Ogni evento in realtà è possibilità di maturazione. Tanti continuano a sperimentarlo ogni giorno, a condizione che nella solitudine e anche nel senso di fallimento del proprio cuore si lasci penetrare la miseria senza nome di tanti esseri umani, a cominciare dai più vicini. Ogni incontro autentico ha la forza di rompere l’isolamento in cui spesso oggi si vive e permette alle proprie parole di non rimanere pia emozione. Chissà che proprio quel cammino, che ogni giorno si fa per tanti sempre più faticoso, non sia finalmente un forte richiamo per ognuno a fare il primo passo. Quello decisivo che chiede di ripartire decisamente da se stessi!

L’unica cosa che conta …
Cominciare, quindi, a riprendersi la propria vita, forse sfilacciata in tante direzioni, accettando la fatica di portarla a unità; prestare nello stesso tempo attenzione a ciò che si muove nel cuore di chi ci vive accanto, alle inquietudini che gridano nel silenzio. Riflettere 4938a3839bfc5sul calore della propria comunità, sapendo che quando qualcuno si sente infelice, di null’altro al mondo ha bisogno se non di qualcuno che gli presti attenzione L’uomo è questo bisogno che va oltre la propria misura e, soprattutto nell’esperienza del fallimento, tende le mani verso Dio. In questo tendere le mani vuole coinvolgere tutti e qui pone la premessa per una cultura di pace, superando ogni cieca contrapposizione.

 “Dei giorni e degli anni a te assegnati ne sono già trascorsi molti: nel frattempo tu fin dove sei arrivato nel tuo mondo?” (Martin Buber). Interrogarsi e conoscersi è l’inizio della via che conduce all’armonia e alla pace. Perché se ci si nasconde a se stessi la vita non può diventare cammino. Se non si vede chiaro nell’esistenza, si rischia di perdere la gioia di vivere. E se si sfugge alla responsabilità della propria vita, si scivola nella falsità. Nel percorso, inoltre, nessuno è inossidabile e tutti quindi siamo un po’ uomini smarriti che cercano e ricercatori a rischio di smarrimento.

… per un modo nuovo di abitare la terra e la storia
Ognuno continua ad amare molto la parola ‘pace’, come anche ‘amore’ e ‘gioia’… E indubbiamente tutti vogliono un mondo di armonia e di pace: in se stessi, nei rapporti con gli altri, nelle famiglie, nelle e tra le nazioni… Anche i criminali lo vogliono! E nessuno è così spudoratamente perverso, da dichiararsi amante della guerra. Ma la pace senza giustizia è vera? La pace di una lobby di sfruttatori è la stessa cercata dagli oppressi? La pace delle multinazionali coincide con quella dei salariati sotto costo? E la pace voluta dai dittatori si identifica forse con quella sognata dai perseguitati politici?…

camminavaconloroIn realtà è solo ogni persona a decidere che cosa ‘deve controllare’ la sua vita. Per cambiare il corso violento della storia, c’è perciò una concreta catena d’impegno: quella formata da persone che vivono la pace come il proprio modo di essere. E c’è una pace – quella di Cristo – che trascende le circostanze e nei momenti difficili permette di dominare il proprio cuore. In ogni caso la pace vera non può essere solitaria; ha sempre a che fare con il dono, il dialogo e l’incontro, a qualsiasi livello. Perché vivere è dare, è donare gioia a qualcuno, senza aspettarsi in qualche modo il contraccambio. Dare per primi e in perdita. Questa è semplicemente la legge della vita, il Vangelo che è da Dio. In sé ha la forza giovane che mette a soqquadro la logica degli uomini e anche tutta la storia, perché fa risorgere il cuore. Così finisce fra le persone il gioco a competere e ad escludersi. E ripartono la vita e la speranza.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Solo strada, e ancora strada

Senza categoria | Posted by usmionline
set 02 2013

La rivoluzione dell’ascolto – in quel viaggio della vita che è essenzialmente dentro se stessi – prende il via dal grido silenzioso dei ‘vuoti a perdere’ disseminati sulle strade di tutti. Obiettivo: trovare, per sé e per tutti, la luce che rende la speranza e la voglia di andare avanti.

Per un magnifico e irripetibile viaggio
Certo che ti farò del male. Certo che me ne farai. Certo che ce ne faremo. Ma questa è 8383292-eine-lange-strassela condizione stessa dell’esistenza. Farsi primavera significa accettare il rischio dell’inverno. Farsi presenza significa accettare il rischio dell’assenza (A. de Saint Exupéry).

Un immenso peso di lacrime è in tutto ciò che vive, mentre le strade e i luoghi delle nostre città sembrano diventare un teatro a cielo aperto, dove ciascuno finge di essere quello che non è nel disperato tentativo di trovare se stesso. Il frastuono urbano e mediatico confonde però e anestetizza le sensibilità più profonde dell’animo umano. Così – pur chiamati ogni giorno a ‘farci presenza’ per abitare la storia e non semplicemente subirla o evaderne – si finisce per non vivere. Si esiste appena, perché non si ama. In tale contesto di emergenza umanitaria che cresce proprio “sotto casa”, la strada può diventare il vero luogo dell’incontro e della conoscenza, del dialogo e della condivisione. Il luogo, insomma, da cui ripartire per essere presenti e imparare a guardare con amore chi ci sta intorno… E con l’impegno – secondo un detto francese – di: guarire qualche volta, curare spesso, consolare sempre.

AUTORITRATTOA chi, poi, lungo la sua strada è donato di incontrare Dio, come alle folle che seguivano Gesù, è  data anche la fiducia che, stando con Lui per rispondere al Suo Amore che è personale, qualcosa accadrà sempre nella vita. Il Cristo infatti parla nella verità agli uomini, dà loro di partecipare alla Sua compassione e di poter guardare gli altri come li guarda Lui. Nasce così la ‘casa’ dove si può guarire. Guarire se stessi prima di tutto: dal nervosismo e dalla fatica, dall’angoscia e dalla solitudine arida … E ricevere luce e forza per agire senza compromessi nella ferialità di una ‘vita normale’, senza protagonismi e senza vetrine mediatiche. Pur sapendo per esperienza e a proprie spese che nel cammino si incontrano ogni giorno “milioni di maschere e pochissimi volti…”.

Strada facendo, il  senso della migrazione
Un viaggio – men che meno quello della vita – non si fa mai da soli. Ma nei rapporti umani – come diceva R.M. Rilke – il problema è che si sbagliano sempre le distanze tra sé e l’altro… Troppo vicini… o troppo lontani. A volte, lungo la strada, si scelgono i propri compagni. Altre  volte ci si ritrova accanto a volti sconosciuti a vivere storie images3‘in bilico’, di cui non si riesce proprio a cogliere il senso. E allora è un po’ come camminare su fili sospesi nel vuoto, alla ricerca di nuovi orizzonti. Ci sono i “non luoghi” in cui si incontrano gruppi informali di giovani: i gradini di una  chiesa, il muretto, il marciapiede di fronte a un bar, la piazzetta… Luoghi tutti dove il più delle volte si realizza solo un tempo consumato, senza socializzazione. Il che spesso fa crescere il senso di profondo disagio e accentua l’isolamento, anche se di gruppo. Si può incontrare per strada anche qualche banda di ragazzini aggressivi, un po’ teppistelli, arroganti, ingestibili… Hanno lasciato la famiglia per maltrattamenti, povertà o per semplice avventura (solo per citare i motivi più frequenti). E si ritrovano in strada giorno e notte senza null’altro che la speranza di cavarsela e in grave stato di abbandono… C’è chi per cercare altre strade, si mette in cammino per la Giornata Mondiale della Gioventù (a Rio de Janeiro sono arrivati 3 milioni e mezzo di giovani italiani e una quarantina di vescovi!). E chi fa le valigie per motivi di studio, o per dare una svolta decisa al proprio futuro. Molti, dei tre milioni di disoccupati in Italia, sono costretti ad emigrare come ultima spiaggia di salvezza. L’impossibilità di costruire una vita indipendente fa nascere un’insoddisfazione troppo grande e il non vedere un futuro nel proprio Paese è una cosa che fa star male. Ma più forte è l’indifferenza – di cui il Papa nella sua giornata a Lampedusa ha chiesto perdono a Dio – verso fratelli e sorelle che “cercavano una via di speranza e invece hanno trovato la morte”.

… con il cuore del Papa: no alla globalizzazione dell’indifferenza
L’esperienza della finitudine, specialmente in questa stagione post-moderna, accomuna tutti gli abitatori del tempo. E la sofferenza del vuoto di senso, la mancanza di un orizzonte rispetto al quale orientare le scelte del vivere e del morire sono altrettanti volti dell’attuale condizione umana, qualunque strada ci si trovi a percorrere “Portate gioia nelle periferie della vita!” invita tutti ripetutamente e con forza Papa Francesco. E ai cristiani ricorda: ”Uscite fuori dalle nostre strutture caduche che servono solo per farci schiavi … Non possiamo restare tranquilli e diventare cristiani inamidati!…”. Il Papa a Lampedusa ha rotto il silenzio sul Mediterraneo-cimitero di emigranti, invitando tutti a “risvegliare le coscienze perché quello che è avvenuto non si ripeta”.

Farsi compagni di viaggio…
Senza titolo-1In realtà è solo una la forza che fa partire ogni giorno il cristiano, e ha nome Dio. Diceva ai  discepoli il Signore: “…non portate borsa, né sacca, né sandali…” (Lc 10, 4). Nulla di superfluo per essere discepoli. Solo un bastone cui appoggiare la stanchezza e un amico, uno almeno, a sorreggere il cuore per non perdersi a dubitare di se stessi. Senza cose. Semplicemente uomini. Guardando non alle difficoltà, ma all’orizzonte che si apre. Sono l’esperienza e il bisogno dell’Altro che aiutano ad uscire dalla prigionia della solitudine e dei frammenti. A volte però si riesce ad essere presenti solo nel silenzio e nell’impotenza. Eppure una stretta di mano, una carezza, un sorriso, se fatti a partire dal cuore, possono dire più di mille parole. Mentre difficilmente giovano a qualcuno parole astratte o facili consigli. Da qui in poi - scriveva Margherita Hack - speranza. La strada non c’è. Perciò la costruisco mentre procedo. Ecco la strada.

… dare un futuro all’ascolto e alla speranza
E Papa Francesco ripete soprattutto ai giovani: Per favore non lasciatevi rubare la speranza. Ma il  rischio di cedere allo scoraggiamento oggi è forte per tutti. Occorrono per credenti e non credenti occhi nuovi per ‘vedere’ e riconoscere lungo il proprio cammino la presenza del dolore che invoca risposta dall’amore. E poi riflettere insieme sugli interrogativi sollevati dalla sofferenza. Esiste infatti nelle prove una misteriosa azione di Dio che è da scoprire se ci si vuole riappropriare di una nuova visione del mondo e delle cose. Ma è necessario aprirsi al mistero senza pretendere risposte nitide e logiche ai propri interrogativi; imparare in qualche modo a con-vivere con le domande, fiduciosi che, poco a poco, con il diradarsi delle nebbie si profili l’orizzonte. È proprio la presenza vestita di umanità, suggerisce Benedetto XVI, a far sì che il soffrire sia luogo di apprendimento della speranza. E allora, se nera y1ptkhosd2lgdmuaylg3349o8ah1qlltzv_07chkmho9fmpskvolwosx5dq7otcuyg8è la notte e lontana è la casa, guidami Tu dolce Luce… Amavo scegliere la mia strada, ma ora guidami Tu, sempre più avanti! (J. H. Newman). La preghiera è la luce che permette di sognare strade e piazze che non siano più luoghi da percorrere velocemente con diffidenza e disinteresse, ma veri e propri laboratori di dialogo e confronto: improvvisati centri di ascolto e incontro. Antonio Machado ci affida il suo richiamo: Tu che sei in viaggio, sono le tue orme la strada, nient’altro. Mentre vai si fa la strada e girandoti indietro vedrai il sentiero che mai più calpesterai.

E quando la nostra meta sarà visibile all’orizzonte, forse guarderemo con tenerezza e con indulgenza ogni tappa di questo magnifico e irripetibile viaggio.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it