Da dove proviene e dove fugge il tempo? E che vuol dire ‘per sempre’?… assumere serenamente e radicalmente la propria condizione di creatura e riorientare il timone della propria ‘barca’?… aprire gli occhi del cuore a contemplare amore e bellezza?… andare oltre le proprie paure osando i passi necessari a vivere e far vivere nella gioia?…”Insegnaci, Signore, a contare i nostri giorni” (Sal 90,12)!
Grande e quotidiano mistero
Per chi segue il calcio e si appassiona alla Nazionale in campo, il Mondiale (…declinato al singolare suona ancora più solenne!) ogni quattro anni sembra essere la principale unità di misura del tempo che passa. Un caso? O più semplicemente l’ennesima proiezione emotiva della caducità dell’uomo e di una nostalgia mai elaborata? Un grande, eppur quotidiano, mistero quello del tempo! Tutti ne partecipano e pochi forse si fermano a rifletterci. Più facile in fondo è limitarsi a prenderlo giorno per giorno come viene senza meravigliarsene. Certo rimane il fatto che il tempo è vita. E mentre tutto volteggia, si agita e scivola nell’abisso della morte, la vita dimora nel cuore facendo intuire e sognare l’esistenza di un tempo puro e non databile; un tempo sempre più assente invece da un mondo violento come quello attuale, che produce tante macerie senza lasciare ad esse neppure il tempo di diventare rovine.
Ma le tracce di vita seminate dai tempi ‘perduti’ sono tante e preziose, quasi a scongiurare la minaccia che incombe sull’uomo moderno di perdere il senso della continuità. L’ultima importante traccia recuperata alla sua riflessione è un dente da latte appartenente ad un bambino di circa 5-6 anni vissuto 600mila anni fa e ritrovato nel sito paleolitico ‘La pineta’ di Isernia – una comunità che dagli studiosi è considerata una delle più antiche, se non «la più antica» d’Europa. ‘Piccolo dente da latte’ e piccola voce di una storia perenne di sentimenti e di vita. “Dà un senso di tenerezza a tutta la scoperta”, dice Carlo Peretto, direttore scientifico della campagna di scavo; parla della malattia e della morte che tocca le persone più care, quelle che sul crinale dei propri affetti, in ogni tempo, ognuno vorrebbe accanto a sé ‘per sempre’.
Tra istante ed eternità …
Il tempo esiste nell’uomo e ne condiziona la vita dal momento che egli è l’unico essere in grado di crearsi una programmazione mentale su come vuole vedere le cose. Oggi siamo un po’ tutti figli di una società in cui prevale l’attimo fuggente da consumare e stipare di tante cose, senza una vera cura dell’indispensabile. L’ossessione ‘patrimoniale’ però svela anche una verità inquietante: sono gli oggetti che abbiamo pensato per una durevole e universale trasmissione a conservare noi, a ‘pensarci’, mentre l’accaparrare per se stessi riempie di tristezza. Ma allora il tempo è nemico che corrode tutto e tutto consegna al nulla, o dono di vita affidato alla responsabilità dell’uomo, compagno che attende, come l’uomo, salvezza? A che serve sapere che c’è un tempo per ogni cosa, come assicura Qoelet, se l’uomo non riesce a coglierlo? E tutto l’agire faticoso, spesso vorticoso, dell’uomo a che serve se non se ne vede il senso? Soprattutto: se la vita è donata ad ognuno, perché la si deve poi restituire?
Per la visione biblica, il tempo non distrugge ogni cosa; prende invece per mano l’uomo come un amico e lo accompagna verso l’origine stessa della vita, verso Dio – pronto ad abbracciarlo. La storia scaturisce proprio dall’incontro tra Dio e l’uomo, tra un tempo dato e un tempo ricevuto; si concretizza nelle relazioni che costituiscono la sostanza della vita; e riceve luce e pienezza di senso dalla certa speranza di un ‘incontro definitivo’ con Dio e in Dio.
… una nuova fraternità e gioia di vivere
Scriveva E. Levinas: “La dialettica del tempo è la dialettica stessa della relazione con gli altri”, quella che si costruisce aspettando con pazienza i tempi di ciascuno e cogliendo sempre più la verità e la bellezza dei momenti che ci sono dati. In realtà è il rapporto con il “Tu” vissuto in gratuità che qualifica il tempo e lo fa diventare prezioso donandogli una dimensione di eternità. E il grande matematico, mistico e religioso russo, Florenskij scrive: “La realtà di morte ricorda all’uomo il suo esistere nel tempo, così come la coscienza della temporalità della vita ricorda l’esistenza della morte. Ma dal profondo dell’anima si innalza la necessità ineluttabile di appoggiarsi alla …Verità-Giustizia che secondo un antico poeta è il sole per il mondo”. La pienezza di tutto è in Gesù Cristo. Solo Lui rimane, solo in Lui è immutabilità, vita e riposo; e la sapienza per vivere nella gioia piena si può ricevere solo da Lui e per Lui. La difficoltà – sempre presente nel cammino dell’uomo verso Dio – viene principalmente dalla paura di fermarsi lasciando che da ogni pausa e dalla relativa riflessione sorgano domande scomode e questioni irrisolte e insabbiate…
D’altra parte il desiderio della ‘ricerca’ e la nozione stessa di eternità, se non Dio, chi li ha messi nel cuore dell’uomo? Esiste un progetto, un disegno superiore, che all’uomo è dato conoscere solo a sprazzi. Tentare faticosamente di discernere i segni di quel progetto nelle situazioni e nella vita di ogni giorno, decifrare la realtà ricercando il senso di ciò che avviene “sotto il sole” riconoscendovi il dono buono di Dio, è il compito affidatogli. Un compito certamente faticoso, ma anche connesso con la gioia di vivere. Perché, se tensioni esterne e battaglie interiori fanno parte della vita, ciò che in realtà fa la differenza è credere che dentro la fatica normale della vita vi sia una relazione privilegiata con il Signore dal quale viene quella pace di fondo che nessuno e niente può togliere. Ognuno in realtà può rinunciare – più o meno consapevolmente – alla libertà di cercare, mettendosi al servizio delle cose. Ma in tutti rimane indelebile l’impronta di Colui che ha creato l’uomo libero perché potesse tornare a Lui. Ed è la ricerca che rende liberi.
Il Tempo diventa allora luogo d’incontro fra Dio e l’uomo, luogo di libertà dove l’amore risponde all’Amore. In sintesi: è il bisogno del “per sempre” che dice chi è l’uomo e per che cosa è fatto: un essere che non si accontenta di risposte banali, vuole il tutto e cerca la pienezza. Il progetto d’amore, che porta scritto dentro, da solo è un grido verso l’infinito. Scoprirlo nella preghiera aiuta a fare verità in sé e a recuperare elementi – forse per troppo tempo disattesi – della storia e del proprio essere. Soprattutto fa finalmente gustare la bellezza dei momenti che a ognuno è dato di vivere, perché tutto il bene, il bello e ciò che rallegra il cuore dell’uomo, è dono di Dio e Dio vuole che egli ne goda!
Il nostro tempo va passando, Signore.
Dacci il tuo tempo perché possiamo vivere.
Dacci la capacità di servire la vita e non la morte.
Dacci il tuo futuro, a noi e ai nostri figli. Amen.
(da una preghiera di Jurgen Moltmann)
Luciagnese Cedrone
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