Archive for maggio, 2012

Amicizie di ‘plastica’ oggi?

Senza categoria | Posted by usmionline
mag 28 2012

Fra PC, cellulari, messaggini et similia, anche oggi cerchiamo “qualcosa che vada oltre la banalità di quanto si fa, si parla e si vede ogni giorno(J. Ratzinger).

Amicizia e amicizie
Amicizia oggi è un ‘tetto sotto cui ci ripariamo quando si scatena un temporale’. Un po’ poco per il cuore umano. Eppure, secondo il sociologo Bauman, quel ‘tetto’ evoca in noi tutto ciò di cui sentiamo il bisogno. Se ci manca, facciamo fatica a ritrovarci fiduciosi, tranquilli, sicuri di noi. Ma davvero oggi quell’amicizia, che Agostino definiva ‘il dolce nodo’, è solo fare esperienza di un ‘tetto’, un rifugio? Certamente essa è ben più di un sentimento, di una simpatia. Lo testimonia il fatto che possiamo dire di trarre le soddisfazioni più durature, non dal lavoro o dal successo, ma dalla vita di relazione e dalle persone che abbiamo amato e ci hanno amato.

Inquieti cercatori …
Fare amicizia sembra diventato oggi molto facile. Con un clic raggiungi centinaia di nuovi amici. Basta uno ‘schermo’ per ‘chattare’ e si può ‘comunicare’ anche con persone che non si sono mai viste e che forse non si conosceranno mai. Lo si può fare quando ci si sente tristi, senza nemmeno il bisogno di uscire e di incontrarsi per ‘parlare’. ‘Chattare’ in fondo non richiede di dire ciò che realmente si pensa e si sente. Conseguenza inevitabile è che le parole usate come per gioco facciano nascere ‘amicizie’ che sono solo di ‘plastica’. Così sotto il segno di presenze amiche fragili, tra difficoltà economiche e la speranza di essere ascoltati, molti rimangono schiacciati dalla sensazione di inutilità della propria vita o dalla vergogna di una sconfitta. La lista dei suicidi per ‘crisi’, che tragicamente ogni giorno si allunga, lo conferma!

In Italia inoltre il termine ‘amicizia’ ha assunto addirittura un significato negativo, di privilegio e raccomandazione: il mezzo per passare davanti agli altri nella ricerca di un posto di lavoro, o per fare carriera eludendo criteri di merito e norme. Tale si rivela spesso l’‘amicizia’ dei soci in affari, quella dei politici, di chi è arrivista…Dura finché dura l’utile da salvaguardare.

Se si vuole riassumere: la prima impressione che si ricava da tale situazione è di deriva individualistica e catastrofica, da cui scaturisce la ricerca istintiva di un porto sicuro dove riportare paure, incertezze e dolori.

Così arriviamo a chiederci se l’Amicizia non sia diventata davvero una sopravvivenza del passato. In fondo un tempo nelle famiglie – che avevano meno ma erano più numerose – si imparava a convivere e condividere. E si faceva più vita sociale. 

…con il cuore nella speranza
L’esperienza ci dice che essere Amici è pace interiore, infinita, stabile; gioia profonda di chi sa di essere amato e chiamato ad amare; parola umana dell’Amore di Dio, l’unico gratuito, totale e incondizionato. Essere Amici è custodire l’Amore, del quale non si può pensare nulla di più grande nella vita; è rinnovarsi ogni giorno per rimanere in quell’Amore e tradurlo nella costruzione concreta e quotidiana dei propri rapporti; è ‘spendere’ l’Amore ricevuto non come uno che deve conquistare qualcosa o ingraziarsi qualcuno, ma appunto come persona amata…

L’iniziativa delle Olimpiadi dell’Amicizia 2012, promossa dall’Unicef e dalla provincia di Lecce, è uno dei numerosi segnali positivi presenti e attivi nel nostro tempo. Ha coinvolto, anche quest’anno nel corso di diverse settimane, studenti di scuola elementare e media inferiore provenienti da 38 Comuni del Salento. Si concluderà il 5 giugno. L’obiettivo: promuovere sani momenti di partecipazione attiva e creativa, alimentando in ogni partecipante il sentimento dell’amicizia. Un grande gioco che incarna il sogno di quell’Amicizia sicura che è nel cuore di tutti. Scuola e Famiglie, insieme, cercano di aiutare i più piccoli a costruirla.

Qualcosa non quadra fra gli amici di oggi?
Forse la gente soprattutto oggi non sa più stare da sola, e allora cerca gli altri per la necessità di colmare la propria solitudine, che invece richiede di essere affrontata e consapevolizzata. Avviene così che quelli che spesso per brevità definiamo amici, altro non sono che “compagni di viaggio”: vicini, colleghi, conoscenti, persone che riteniamo simpatiche… Sappiamo che cosa pensano e i problemi che hanno, ma non raccontiamo loro le nostre ansie più segrete. Se però non ci accontentiamo di mezze misure o di brutte copie dell’Amicizia, allora avvertiamo l’esigenza di ripartire ogni giorno dal darci da fare prima dentro noi stessi! Come in tutte le cose del resto! Impareremo così a verificare, per esempio, con chi e quando quello che diciamo corrisponde realmente a ciò che pensiamo e sentiamo. E non sarà difficile allora comprendere se ci stiamo solo illudendo di essere e di avere amici.   

Tacere e ingoiare ciò che non si tollera, per esempio, può illudere l’altro sulla propria comprensione, ma esprime un egoismo che il più delle volte nasce proprio dalla voglia di superarlo e di sentirsi migliore di lui. I peggiori “amici” a volte sono, purtroppo, anche i migliori attori.

Il cammino lento dell’Amicizia
L’amicizia autentica non diventa se stessa con una rivelazione unica iniziale, ma attraverso una serie di incontri e di approfondimenti successivi. Può essere piccola, solo un moto dell’animo, oppure grande, grandissima. Sempre però muove verso il di più.

Gli amici si cercano per stare bene insieme, perché sanno ascoltare e non solo sentire ciò che racconti. A volte riescono perfino a sentire quello che non dici; vedono i tuoi errori e ti avvertono. Soffrono con te se hai un problema; non ti aiutano a essere un altro, ma solo a rimanere te stesso. Simpatizzano con il tuo successo e condividono in qualche modo l’immagine che hai di te o, perlomeno, non se ne allontanano troppo. Certo non ti adulano.

Un proverbio arabo recita: “Non è tuo amico chi non ti fa mai versare lacrime, ma chi, dopo averle provocate, si siede sulla sabbia con te e impiega il suo tempo ad asciugarle”.

Il Signore Gesù poi chiede ai suoi discepoli di non limitare simpatia e benevolenza agli amici “veri”. E non consiglia certo di fare l’esame del sangue a coloro con i quali desideriamo fraternizzare, perché ci vuole fratelli “tutti” e non amici “pochi”. 

La terra è bella perché ci sono persone che sanno fidarsi l’una dell’altra. Conoscono che la storia è fatta di cose piccole e spendono energie per inventare spazi nuovi là dove incontrarsi davvero. Hanno il gusto di camminare e di stare insieme. Sentono i profondi dettagli che fanno crescere, e riescono ad offrire spazio di comunione a chiunque intorno si senta in qualche modo in margine o abbandonato.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it 

Problemi dell’educazione in una società che sembra volerli ignorare

Senza categoria | Posted by usmionline
mag 18 2012

Alcune sfide intorno a cui si gioca oggi la partita scolastica e le qualità umane necessarie per un’educazione autentica, “in grado di parlare al bisogno di significato e di felicità delle persone”

Da tempo in Italia si è scelto di non investire più sulla scuola, quasi fosse un ambito di scarsa importanza. Diminuiscono le risorse e aumentano i problemi e le sfide da affrontare. L’abbandono scolastico cresce, il sostegno agli alunni portatori di handicap diminuisce insieme alle compresenze orarie dei docenti. Gli effetti dei continui tagli a tutto il personale risultano pesanti nell’organizzazione delle classi. Le riforme degli ultimi anni si rivelano semplici tentativi di restaurazione economica che mira più al risparmio che alla qualità. A pagare sono i ragazzi, i disabili, gli stranieri, le fasce più deboli… la qualità, insomma, della Scuola.

E dentro la scuola i suoi protagonisti ‘come’ stanno?
-         I ragazzi, sempre meno disposti a fare fatica per nulla, anche se non ne sono consapevoli, stanno male: tendono ad adeguarsi o a ritirarsi nella speranza di proteggersi; a volte si lanciano in forme di comportamento violento, ‘cercano i divertimenti perché non sanno gioire’ (Galimberti). Hanno bisogno di imparare a fare domande e di una Scuola che lo insegni.

-         Gli insegnanti/educatori, mortificati da un ruolo socialmente svalutato e da stipendi inadeguati e incongrui, spesso faticano in classe per opporre alla noia del facile la passione del difficile, per trovare parole convincenti da dire e soprattutto esempi da offrire.

-         I genitori, per formazione, per stanchezza, a volte per senso di colpa appaiono incapaci di interpretare con disinvoltura le regole della disciplina e del rigore. Spesso distratti e stanchi (soprattutto – loro malgrado – le mamme) dal doppio impegno dentro e fuori casa.

-         I Dirigenti scolastici si danno da fare, ma raramente sono in grado di orientare con autorevolezza agli obiettivi. Spesso manca loro la necessaria sensibilità di ascolto nei confronti dei bisogni degli utenti e degli operatori, e un profondo rispetto per le emozioni di tutti e di ognuno.

-         Da molte parti (a cominciare dalle indicazioni europee) si dà largo credito ai meccanismi della valutazione e autovalutazione, quasi fossero, di per sé, garanzia per una buona qualità culturale ed educativa della scuola stessa. Vengono moltiplicate e continuamente perfezionate procedure diverse per valutare, spesso con notevole dispendio di energie e di tempo e con frutti decisamente scarsi. Per una buona scuola non basta infatti ‘misurare’.

-         I nostri politici intanto sembrano rimanere a guardare, distratti e indifferenti.

Che cosa assicura la qualità scolastica?
Non certo i fattori strutturali e organizzativi da soli. Determinante è il fattore umano e tutto ciò che ad esso è legato. Le famiglie riconoscono questo come problema prioritario e lo dimostrano quando, preoccupate di scegliere la scuola migliore per i propri figli, abbinano la scelta al giudizio sul corpo docente di una classe o di una scuola. Disposte anche ad essere economicamente penalizzate quando decidono di usufruire dell’offerta formativa della Scuola paritaria, il cui contributo formativo deriva dalla sua specifica identità. Lo Stato, in Italia, nell’attuale situazione di crisi risparmia ben cinque miliardi di euro dal fatto che ci siano scuole paritarie, che gli consentono di utilizzare quelle risorse per la scuola statale. Eppure secondo la Costituzione, ogni cittadino è uguale davanti alla legge e il diritto allo studio è sancito come universale e rivolto a tutti, senza alcuna discriminazione. La scuola paritaria invece, pur facendo un servizio pubblico essendo rivolta a tutti quelli che intendono usufruirne, con gli stessi doveri e diritti di ogni altra scuola, in Italia di fatto è ancora un ‘di più’, un privilegio per pochi eletti.

In primo piano la vita ‘comunitaria’
Educare è, in primo luogo, una questione di rapporti umani. Ma se è così, allora nella nostra società ‘liquida’ educarsi ed educare è sfida possibile? È possibile riattivare climi di appartenenza, di intesa profonda, di condivisione nella scuola, fra scuola e famiglia, fra scuola e società? Quando gli incontri e il ritrovarsi insieme costruiscono davvero vita comunitaria?  

Per esperienza sappiamo che ci si realizza veramente se ci si supera, uscendo da una logica difensiva e narcisistica, e ci si dona a ‘qualcosa’ di più grande. Quando ognuno è accolto con i suoi limiti e anche con le sue capacità, quando si scopre di essere accettati e amati da qualcuno per quello che si è, allora diventa quasi naturale sviluppare una visione condivisa in cui i punti di vista individuali si trasformano in visioni collettive e in cui ciascuno si riconosce almeno in parte. Educare, in fondo, è accompagnare nella crescita chi ci sta a cuore perché possa scoprire che questo è modo umano di vivere.

Relazione educativa e formazione della coscienza
Fine di ogni azione educativa è formare la coscienza: viaggio il più importante della vita, via per addestrarsi – più che a obbedire – ad orientarsi autonomamente e spontaneamente in tutte le situazioni. In vista di tale obiettivo è importante imparare, per poterlo anche insegnare, ad entrare nel punto di vista dell’altro; capire l’approccio che questi ha con la vita e con le singole situazioni prima di giudicare. Immedesimarsi così nel punto di vista dei nostri ragazzi può portare magari a scoprire che questa operazione, oltre che a capire loro, serve a guardare onestamente dentro di noi. Sì, perché oggi noi adulti viviamo la stessa crisi, anche se non sempre la lasciamo trasparire con la stessa immediatezza dei giovani.

Educarsi ed educare insomma è imparare (e insegnare) a valorizzare  – mettendosi di fronte alla storia comunitaria e all’esistenza personale di ognuno – ogni traccia di Verità e di Bene, anche quando è minima, tentando di trattenere la positività che offre. Tutto questo richiede pazienza, costanza, umiltà, rinunzia alle proprie gratificazioni e molte altre ‘cose’… Ma permette di sperimentare l’incontro con la verità e di maturare così un punto di vista personale sulla realtà.

Il clima culturale contemporaneo è ricco di ‘domande inespresse’, di risorse e potenzialità nascoste. Nello scenario di una scuola che apprende ad essere migliore c’è spazio per l’impegno di tutti. E il contributo di tutti ne farà il cuore culturale di ogni comunità. Uomini si diventa anche a scuola e non si finisce mai di imparare ad esserlo.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Dove siamo? Chi siamo?

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mag 07 2012

Il buio della notte si può vincere
In quale ‘casa’ vogliamo abitare? Sfida è la qualità del nostro credere, da cui ci viene la giusta intelligenza di ciò che la vita richiede. E che ci richiede di fare ‘insieme’.

Ritrovare motivazioni forti. Insieme
La crisi è figlia degli errori del passato. Come l’iniqua distribuzione del reddito. Le ombre della miseria si dilatano ormai anche sul così detto Occidente e l’urgenza dei tempi che stiamo vivendo stimola proprio tutti a riconoscerci e muoverci finalmente in un “insieme”, a svolgere ognuno la propria parte guardando con coerenza e fedeltà al tutto. Tale scelta non è altruismo, beneficenza o bontà. È saggezza di vita, perché l’uomo in primo luogo è e rimane “un essere di relazione e non di produzione”. E tutti in qualche misura possiamo testimoniare che l’affanno di possedere fa diventare schiavi delle cose a scapito dei rapporti con le persone e del bene ‘comune’.

Ma questa purtroppo è la situazione del nostro tempo: di decadenza. Che non è l’abbandono dei valori, o la rinuncia a vivere ‘qualcosa’ per cui comunque si pensa che valga la pena di vivere. Più sottilmente decadenza oggi è ciò che priva l’uomo della passione per la verità, gli toglie il gusto di combattere e vivere per ragioni più alte, lo spoglia di ogni motivazione forte. Ci chiediamo: il Vangelo – unica e vera parola di libertà – è tale anche per l’uomo di oggi? Lo può essere, senza la mediazione di qualcuno o di tanti? E il compito dei consacrati – in questo tempo storico – quale sarà? quale potrà essere?…

Intelligenza del concreto  
Crescono gli “scoraggiati”. In Italia quasi tre milioni di inattivi secondo l’Istat: il livello più alto degli  ultimi otto anni, tre volte superiore a quello medio europeo. Alla regione Veneto – per anni considerata un’isola felice dello sviluppo – il triste primato di nove piccoli imprenditori che hanno deciso di togliersi la vita davanti alle crescenti difficoltà persino a ottenere il pagamento di crediti. Rastrellamenti fiscali mettono a dura prova la sopravvivenza dei pensionati e la consistenza dei redditi delle famiglie. Qualcuno definisce il tutto ‘macelleria sociale’. Certo un fiume sempre più pieno di poveri quotidianamente bussa alle porte dei nostri Istituti e case, e chi era già povero si trova ora a competere nella miseria con i nuovi arrivati, in cerca di quell’essenziale per vivere che, per natura, è diritto di tutti. E quando i poveri, immersi nella loro solitaria disperazione, tentano una qualche legittima ribellione e resistenza, capita che maliziosamente siano stoppati dai mass media.

Intanto corruzione e disprezzo delle regole del codice nel nostro Paese sembrano regnare sovrani, addirittura indisturbati. Come pure l’arroganza con cui sempre più spesso se ne esibisce la trasgressione nel vivere civile. Più inquietante ancora è il fatto che le regole sono disprezzate per un semplice, terribile motivo: è molto diffusa fra noi la consapevolezza che la trasgressione non comporta quasi nessuna punizione e non occorrerà mai risarcire niente di niente, né vergognarsi. Così si moltiplica l’abitudine fra gli ‘umani’ a dichiarare giusto ciò che conviene. Sembriamo insomma paurosamente inadeguati alla radicale trasformazione storica che stiamo attraversando e impreparati all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, necessaria per affrontarla. E dire che a inventare il cittadino responsabile siamo stati noi italiani nel Rinascimento!

La politica oggi è invisa. Ma ai partiti per primi e alla classe dirigente spetta apprendere dai propri errori, e non mancare – per indolenza e autoconservazione – l’appuntamento con la verità. Questo perché la corruzione ha radici proprio nelle menti e in memorie striminzite. Lunga è la lista  dei mali occultati e spesso dimenticati. Denunciare e temere l’antipolitica non basta. È necessario comprendere in tempo l’essenziale raccogliendo davvero e con i fatti il messaggio che viene a tutti dalle battaglie dell’Italia migliore (antimafia, anticorruzione). Su questa strada è possibile rigenerarsi, ricostruire le comunità, ricomporre il mondo frantumato e cominciare una nuova Storia.

Un altro modo è possibile
Un altro mondo, e anche un altro modo di vivere, è possibile. Perché sempre è possibile mettersi alla ricerca di stili di vita personali che, cambiando noi stessi, possano cambiare anche il mondo intorno a noi; è possibile impegnarsi a conoscere la realtà non per dominarla e piegarla alle proprie vedute, ma per riconoscere l’altro – ogni ‘altro’ – e dargli parola rispettandone i diritti. Senza ‘insieme’ non c’è crescita e non c’è solidarietà: né economica, né politica, né sociale. E nemmeno affettiva e sentimentale. La stessa economia di mercato è compatibile con intenzioni di solidarietà se è regolata davvero secondo i dettami della Costituzione italiana che, nella forma e nello spirito, sposa il lavoro per tanti piuttosto che la ricchezza per pochi, mira al “pieno sviluppo della persona e all’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori”. Il mercato crolla quando lo si sfrutta mirando solo al proprio tornaconto e lo Stato si impoverisce se non si sta alle regole della solidarietà tributaria. Nell’economia di Dio e nella logica della sua aritmetica – in cui Lui ci chiede di entrare – per moltiplicare è necessario imparare a dividere e condividere. Per questo ci ha consegnato il mondo affidandoci gli uni agli altri, reciprocamente.

Qualità del nostro credere in un mondo di cui Dio – nonostante tutto – non si è pentito…

Per muoverci in tale direzione il Padre ci chiede l’ascolto credente della Sua Parola incarnata e rivelata nel Figlio. Ascolto credente possibile solo nella fedeltà alle domande vere di questo nostro mondo e all’uomo reale, al quale Cristo Gesù si è fatto fedele fino all’abisso della croce. Sconvolgente questo Dio che si fa uomo, si incarna; che non è rifugio dalla crisi (qualunque crisi!), e neppure alternativa al naufragio. Ma lungo la strada della passione per il Vangelo invita tutti a esplorare se stessi per provare la meraviglia di essere stati creati e amati da Dio: esperienza che apre la strada a risposte coraggiose nel tempo.

…è il ‘farsi poveri’ per costruire il Regno
La povertà materiale, il farsi evangelicamente poveri consente poi di scoprire che non abbiamo null’altro da dare che noi stessi: il mio tempo, la mia presenza, il mio sguardo, i gesti della mia vita… Consente di essere come i veri poveri: “feriti dalla ferita degli altri”. E si conosce l’audacia del percorrere vie nuove, che conducono a ritrovare se stessi e la propria dignità; a farsi lucidi interpreti del presente in forza della Parola che ci è stata consegnata. Diventare capaci di dire la fede dentro e fuori la Chiesa e perciò audaci costruttori del futuro. Liberi finalmente e aperti al soffio dello Spirito, ci si muove davvero verso orizzonti nuovi. Il proprio cammino nella storia diventa così un segno del Regno…Ed è la meraviglia della Verità nella povertà: il Signore è l’unica ricchezza che vale davvero, l’unico assoluto amore, l’unico progetto che conta.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it