Archive for marzo, 2010

LA NOSTRA PASQUA

Vita Consacrata | Posted by usmionline
mar 30 2010

«Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto» (Gv. 20,18)

L’incontro straordinario con il Signore risorto accanto al luogo in cui doveva essere trovato morto, sconvolge la vita  di Maria di Magdala. È molto logico il suo amore per il Maestro, ed è ancora più normale il diritto di cercarlo dal momento in cui, amara scoperta, la tomba si presenta vuota ai suoi occhi. Quel corpo appartiene al suo maestro e quindi in qualche modo appartiene anche a lei che avverte il diritto/dovere di continuare a vederlo e a cospargerlo di oli profumati, unico modo e segno che le rimaneva per continuare a dirgli il suo amore riconoscente.

Maria!

E invece il Maestro è lì, in piedi, vivo, che la chiama ancora una volta per nome, che le dona, risorto, la possibilità di lasciarsi incontrare da Lui nella pienezza della verità. Maria però non è ancora pronta per riconoscerlo perché continua ad essere troppo concentrata nei propri ragionamenti e nei propri sentimenti possessivi.

Finalmente quella voce, quel suo nome pronunciato così soavemente da “colui che credeva fosse l’ortolano” le scavano nel cuore una sorgente zampillante di acqua viva e di vita nuova che non si essiccherà mai più.

Maria diviene, in quel momento, la donna dell’annuncio pasquale: il Signore è vivo, io l’ho visto, io l’ho ascoltato, io l’ho incontrato!

Diviene la donna della speranza.

Incontrare il Signore! Ecco la nostra Pasqua!

Il Signore risorto ha sempre l’iniziativa dell’incontro e, quando ci si lascia incontrare facendo cadere ogni difesa, l’incontro diviene l’evento che cambia la vita.

Penso a Zaccheo, alla donna peccatrice nella casa di Simone, all’emorroissa, a Simone in riva al lago, a Maria di Nazareth, a… ciascuno di noi.

Non siamo forse risorti quel giorno in cui abbiamo udito pronunciare il nostro nome e, con il cuore che ci ardeva nel petto ascoltando la sua parola, abbiamo iniziato il nostro santo viaggio; il nostro continuo passaggio dalla morte alla vita nell’avventura quotidiana della carità? «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i nostri fratelli» (1Gv 3,14).

Il Signore risorto, nelle sembianze dell’ortolano, del povero, di chi cerca amore e verità, di chi è oppresso dall’ingiustizia, di chi è sfruttato e abusato, di tutti coloro che gridano, ci chiama per nome in ogni giorno ed è il nostro mattino di Pasqua. E così diveniamo prolungamento di quel primo annuncio. In me, in te in tutti noi, Maria di Magdala può continuare a correre per le strade del mondo oggi; testimoni di un incontro che ferendoci il cuore genera in noi la compassione e la gioia di gridare a tutti che Cristo è davvero risorto, è vivo, cammina in mezzo a noi ed è la speranza vera per chi lo cerca. Sì, perché lo abbiamo visto e udito.

Buona Pasqua di Resurrezione!

      M. Viviana Ballarin, op

Presidente USMI nazionale

Verso la Giornata delle comunicazioni sociali: 16 maggio 2010

Giornate Mondiali | Posted by usmionline
mar 17 2010

«I media oggi globalizzano la paura, ma potrebbero anche globalizzare la speranza. Perché non li usiamo per unire i cuori e dividere i beni?» (Chiara Lubich)

E’ davvero la realtà che suggerisce le notizie a chi opera nel mondo della comunicazione in Italia? Sono, questi operatori, in rapporto reale, con il territorio, con la gente? Raccontano ancora i fatti, aiutano a conoscere per pensare e deliberare? Oppure si trovano instradati in percorsi obbligati ad offrire notizie pruriginose e interessate; a parlare di una realtà già preconfezionata, apparentemente fatta solo di spettacolari notizie e denunce e storie, ciascuna delle quali con la pretesa di un’attenzione esclusiva? Ma allora il giornalista è un servitore del padrone del momento? E il suo lavoro ha ancora una sua dignità?

Il Seminario per giovani giornalisti organizzato da Redattore Sociale e che si tiene tutti gli anni nel mese di novembre a Capodarco nelle Marche, quest’anno ha scelto come titolo provocatorio Disorientati: lo smarrimento dell’informazione, che provoca nei giornalisti la forzatura della realtà. Il giornalismo in Italia in realtà sta cambiando. E non solo nel rapporto con il pubblico, nelle pratiche, nell’introduzione di nuove tecnologie. Stanno diminuendo anche il suo status, la sua forza, la capacità – attribuitagli con un po’ di retorica, ma essenziale – di difendere i deboli sorvegliando i forti.

Ci chiediamo come vivere un’adeguata cultura della comunicazione a partire dal messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni.

Non possiamo infatti permettere che a vincere sia il pessimismo. Gli operatori della comunicazione svolgono ancora un ruolo intellettuale determinante per la diffusione dell’informazione, da sempre “bene comune”. Per chi opera nei media si tratta di acquisire, per così dire, il “fiuto” dell’amore, per coglierlo ovunque ce n’è traccia (G. Boselli)

Il Messaggio per la 44.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali guarda ai sacerdoti e alle potenzialità pastorali dei media. Il tema scelto ha per titolo Il sacerdote e il ministero pastorale nel mondo digitale. I nuovi media a servizio della Parola.

In esso i sacerdoti sono incoraggiati ad affrontare «le sfide che nascono dalla nuova cultura digitale». Se conosciuti e valorizzati adeguatamente i mezzi di comunicazione sociale «possono offrire ai sacerdoti e a tutti gli operatori pastorali una ricchezza di dati e di contenuti che prima erano di difficile accesso, e facilitano forme di collaborazione e di crescita di comunione impensabili nel passato». Grazie ai nuovi media -spiega una nota ufficiale del Consiglio Pontificio- «chi predica e fa conoscere il Verbo della vita può raggiungere con parole, suoni e immagini -vera e specifica grammatica espressiva della cultura digitale- persino singole e intere comunità in ogni continente, per creare nuovi spazi di conoscenza e di dialogo giungendo a proporre e realizzare itinerari di comunione».

La comunicazione è un’arte che si impara. A Capodarco è stato detto che occorre rilanciare la professione con creatività e, soprattutto, con dignità. Con un unico obiettivo: essere giornalisti nonostante. Perché rispondere alla crisi della professione è possibile. Sono indispensabili però autonomia, perseveranza, studio e la volontà di investire su se stessi e sulla propria crescita umana. In nome di una riscoperta autentica della realtà e dei fenomeni sociali, troppo spesso mal-trattati, e di un rinnovato senso della responsabilità sociale del fare comunicazione. Una professione nella tempesta (così è stata definita), ma che resta bella e possibile.

L’incertezza invece su come sarà il prodotto informazione nel futuro immediato rimane grande. Chi raccoglierà le notizie? Quanto e come saranno pagate? Come saranno diffuse? In base a quali interessi verranno selezionate? Di quali aspetti tener conto?

Certo bisogna tornare sul territorio, perché è la realtà che deve suggerire le notizie; ritornare verso la gente per raccontare il reale con dignità, ricordando che le notizie deboli (spesso definite sociali) permettono di leggere meglio le notizie forti, e di capire fenomeni più complessi. Soprattutto è necessario usare al meglio il primo e più valido mezzo di trasmissione: noi stessi, altrimenti i mezzi (vecchi e nuovi) non servono a niente. Non solo comunicare, quindi, ma “darsi” nella comunicazione.

Luciagnese Cedrone

usmionline@usminazionale.it

Stolti o solidali. Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno. Documento dell’Episcopato italiano invita la società nazionale.

Società | Posted by usmionline
mar 11 2010

Bisogna scegliere: vivere da stupidi, indifferenti alla sofferenza e ai problemi degli altri, lasciando che i ricchi vivano a spese dei poveri e i potenti opprimano i deboli. Oppure imparare a pensare insieme e gli uni per gli altri. Il ricco stolto della parabola del Vangelo (Lc 12,16-20) non godrà dei suoi beni, morirà nel sonno quella notte stessa: la stoltezza distrugge i più deboli e non dà sicurezza ai potenti.

A vent’anni dalla pubblicazione di Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e mezzogiorno,  mentre la forbice Nord-Sud in Italia si allarga e l’emergenza si fa più grave, i nostri vescovi offrono a tutti gli italiani indipendentemente dalle appartenenze religiose, un’importante pagina di discernimento comunitario: Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno. È, questo, un documento politico-sociale-economico e religioso. Analitico sulle cause e sull’evoluzione reale delle vicende meridionali. Preciso e appassionato. Indica una via da seguire e trasmettere fede e speranza.

Federalismo e ruolo dello Stato

Il federalismo costituirebbe «una sconfitta per tutti, se accentuasse la distanza tra le diverse parti d’Italia. Potrebbe invece rappresentare un passo verso la democrazia sostanziale se riuscisse a contemperare il riconoscimento al merito di chi opera con dedizione e correttezza all’interno di un gioco di squadra».

Certo il problema meridionale perdura e anzi si aggrava a causa della «travagliata fase economica», che ha trasformato il Mezzogiorno in un «collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo». Gran parte del Sud è tuttora condizionato dalla vecchia logica clientelare, legata alle sovvenzioni pubbliche, al lavoro nero, ad attività un po’ lecite e un po’ illecite, su cui prosperano la cultura della illegalità e le mafie, vero cancro per la vita sociale. Problemi drammatici -denunciano i Vescovi italiani- aggravati dalla crisi economica e dall’egoismo individuale e corporativo cresciuto in tutto il Paese. È necessario coniugare sussidiarietà e solidarietà, per evitare sia il particolarismo sociale che l’assistenzialismo; e recuperare la legalità, insieme ai grandi valori morali dell’esistenza.

Un appello accorato, quindi, quello dei vescovi all’intera comunità nazionale nel contesto dell’Europa e nella nuova economia globalizzata; e nello stesso tempo un monito per i meridionali a fare con decisione la propria parte.  

Volto del nuovo Sud

Non è del male l’ultima parola. Scrivono i vescovi: «Sono molteplici le potenzialità delle regioni meridionali che hanno contribuito allo sviluppo del Nord e che rappresentano uno dei bacini più promettenti per la crescita del proprio Paese». Esistono energie, valori e soprattutto uomini e donne nuovi che si espongono in prima persona e lavorano con rinnovata forza morale al riscatto della propria terra. La rivolta popolare di Locri oggi – come ieri quella di Palermo dopo l’assassinio di Falcone e Borsellino – rivela un cambiamento di cultura e di mentalità nel Sud.

Persone oneste e coraggiose, che vivono in una condizione umana e professionale difficile, sanno reagire alla pseudocultura della rassegnazione e all’omertà, di cui la mafia si serve per soggiogare la popolazione. Un volto nuovo particolarmente significativo perché presente in un contesto sociale in cui essere onesti è un’anomalia e la libera concorrenza e il libero esercizio d’impresa divengono comportamenti eroici.

«Il Mezzogiorno può divenire un laboratorio in cui esercitare un modo di pensare diverso rispetto ai modelli che i processi di modernizzazione spesso hanno prodotto». E questo per un nuovo volto dell’Italia. A questo fine sono indispensabili il coraggio della speranza e una nuova proposta educativa, nella fiducia che «i cambiamenti sono possibili» proprio a partire da tutte quelle persone che rifiutano di considerare favori, da chiedere o da ricambiare, quelli che in realtà sono diritti da esigere e doveri da adempiere.

Il documento, dunque, esprime un grido di dolore, sferza e incoraggia, indica, offre possibili soluzioni, rivela un cambiamento di cultura e di mentalità soprattutto nei giovani e nelle donne. Invoca un sano federalismo e un Paese solidale, unito da Nord a Sud, cosciente e responsabile. La Chiesa locale nel Sud ha mostrato che, quando si è vicini ai poveri e agli ultimi e si condividono i problemi della gente, non nascono dubbi sul modo corretto di intendere i rapporti tra Chiesa e laicità dello Stato.

Luciagnese Cedrone

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46a SETTIMANA SOCIALE dei CATTOLICI

Comunicazioni Sociali | Posted by usmionline
mar 04 2010

Si svolgerà dal 14 al 17 ottobre 2010, a Reggio Calabria, la 46a Settimana Sociale dei cattolici italiani, sul tema Cattolici nell’Italia di oggi. Un evento ecclesiale atteso, un punto di incontro e di riflessione per il mondo cattolico, che – in questo inizio di un nuovo decennio carico di tensioni e contraddizioni sul piano sociale, politico, economico e culturale – è ancora chiamato a prepararvisi.

Scriveva Paolo VI nella lettera apostolica Octogesima adveniens:

«Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del vangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione nell’insegnamento sociale della Chiesa [...], individuare – in dialogo con gli altri fratelli cristiani e con tutti gli uomini di buona volontà – le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche che si palesano urgenti e necessarie in molti casi».

Storia di un impegno che continua

Le parole di Paolo VI riassumono ed esprimono lo spirito che muove le “Settimane Sociali dei cattolici italiani” fin dalle loro origini, nel 1907. Esse entrano nella storia della Chiesa italiana in un momento particolare e sotto la guida di personalità come Giuseppe Toniolo, il cardinale Pietro Maffi e Pio X, che, salito da pochi anni al soglio pontificio, le incoraggia con la sua attenzione. La scelta «sociale» è in particolare il risultato della profezia di Toniolo, che sa intercettare l’evoluzione del movimento cattolico dell’Italia post-risorgimentale.

Le prime Settimane Sociali si occuparono di temi molto concreti – dai contratti di lavoro alla condizione delle popolazioni rurali – perché il movimento cattolico stava portando su questi terreni il proprio impegno. Toniolo intuì che questo era il modo di preparare un futuro impegno pubblico della Chiesa a fianco delle sue fasce meno garantite. Allora i cattolici si ispiravano praticamente solo alla Rerum novarum. Noi oggi abbiamo a disposizione cento anni di magistero sociale, fino alla Caritas in Veritatedi Benedetto XVI. A noi è richiesto, oggi come allora, un contributo di pieno inserimento nella vita sociale, di competenza scientifica e sintonia con il magistero ecclesiale; di entrare profondamente nelle strutture culturali, politiche ed economiche della nostra società per poter costruire una società più giusta e attenta al primato dell’uomo.

Il biglietto di invito per la prossima settimana sociale

Il biglietto d’invito alla 46asettimana sociale di Reggio Calabria, redatto nell’aprile 2009 dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane, è rivolto a tutto il mondo cattolico e non solo; agli uomini e alle donne che vivono la fede cristiana e, per mezzo loro, a ogni uomo e ogni donna che, nei limiti delle proprie forze, sono solleciti nella responsabilità per il paese e, attraverso questo, per la più vasta comunità umana. Il riconoscimento della dignità e della libertà di ciascuna persona – vi si legge ancora – è oggi così minacciato da provocare tutte le nostre responsabilità.

Tre sono le parole-chiave del ‘biglietto’: speranza, responsabilità e agenda.

Speranza(e non ottimismo): la capacità, cioè, di discernimento e di scelte per vedere le cose nuove che, pur nella crisi, animano la società.

Responsabilità, a partire dalla consapevolezza espressa da Benedetto XVI a Cagliari: serve una nuova generazione di cattolici capaci di assumersi responsabilità pubbliche.

Agenda,che non è un programma politico, economico, culturale, ma un sommesso e umile invito ad uno sforzo di discernimento per dare un ordine ai problemi gravissimi del Paese.

Agenda della speranza per il futuro del paese

Alla ‘speranza’ si unisce  il termine ‘agenda’ – spiega S.E. Mons. Arrigo Miglio, Presidente dello stesso Comitato scientifico e organizzatore - perché vorremmo definire i contenuti di una agenda di problemi prioritari con cui le istituzioni e i gruppi sociali siano chiamati a misurare le proprie responsabilità. La funzione di questa agenda dovrebbe essere quella di indicare un numero significativamente ridotto di punti di attacco alla crisi attuale del Paese. Un invito quindi all’intero laicato cattolico a farsi promotore – attraverso il discernimento e il confronto – di una ordinata concentrazione dell’intera comunità nazionale su una lista corta di problemi cruciali da inquadrare in una prospettiva che individui già uno spazio dentro il quale condurre la ricerca delle soluzioni.

Si entra così anche nella crescente attenzione che la Chiesa italiana riserva alle dinamiche educative.
Perché è difficile immaginare che in una agenda di problemi cruciali per il Paese non trovi spazio qualche elemento dei processi e delle istituzioni educative.

Presentata a Roma la “Lettera di Aggiornamento” per un cammino di discernimento

Nuovo aggiornamento nel percorso di avvicinamento all’appuntamento di ottobre prossimo. Il 5 febbraio 2010, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nella sede nazionale dell’Azione Cattolica a Roma, è stata presentata la Lettera di Aggiornamento per un cammino di discernimento come un passaggio ulteriore verso la definizione dell’agenda che detterà i lavori della Settimana sociale. La lettera ribadisce la responsabilità di provare a declinare la nozione di “bene comune” in una “agenda di speranza” e di necessità per “tornare a crescere”.

Franco Miano, Presidente dell’Azione Cattolica Italiana, ha illustrato la mobilitazione dell’Associazione, che presiede, con incontri e convegni pubblici in sedici regioni italiane. La possibilità di ‘tornare a crescere’, nel nostro Paese, dipende dalla capacità di mettere o rimettere in gioco altre energie sociali, capaci di modificare gli equilibri in cui ci troviamo e generare più opportunità per tutti e per ciascuno.

Per rigenerare la polis bisogna rilanciare un condiviso senso del bene comune. Ripartire dai giovani, dall’educazione, dal lavoro e dalla famiglia. In particolare l’educazione è il primo veicolo per salvaguardare il patrimonio distintivo dei valori e dei saperi di una società, ma anche il suo patrimonio di conoscenze tecnologiche e di cultura d’impresa. Il triste primato che possediamo fra i paesi dell’OCSE nel numero dei giovani della generazione né-né (che non lavorano e non studiano) va al più presto superato. Ridare autorità agli insegnanti e ai genitori, valorizzare e integrare l’immigrazione evitando irenismo e razzismo. Riguardo alla vita politica e democratica del Paese, vi è un elevato grado di disinformazione e disinteresse soprattutto fra i giovani. È necessario uno sforzo per informarsi in modo critico così da elaborare efficacemente il proprio pensiero. Sono questi alcuni dei punti indicati dal Comitato scientifico e organizzatore della 46ª Settimana sociale dei cattolici italiani.

Il punto da cui partire dunque è il bene comune come vita retta per tutti, come elemento unificatore di una società pluralista, come orizzonte etico che precede la politica.

Obiettivo finale: realizzare un contributo, in vista della Settimana Sociale di ottobre, che tenga conto del percorso compiuto. E aiutare il mondo cattolico a trovare moduli operativi per affrontare i problemi attuali e lavorare al futuro del paese

‘Riprendere a crescere’ è il motto che già da ora fa da filo conduttore.

A maggio sarà pubblicato il ‘Documento preparatorio’ per stimolare ancora e raccogliere la partecipazione delle realtà ecclesiali particolari.

Luciagnese Cedrone

usmionline@usminazionale.it