Archive for marzo, 2012

Sì crescita, ma a vantaggio di chi?

Senza categoria | Posted by usmionline
mar 30 2012

Misurare le scelte con il metro del bene comune e della vita della gente è compatibile con i momenti di crisi? O è semplicemente necessario per esprimere in modo credibile la vitalità dell’esperienza cristiana?

Con occhi disposti a lasciarsi toccare e convertire
Pur senza una compiuta teorizzazione, oggi è diffusa la convinzione che le questioni etiche siano un lusso difficilmente compatibile con i momenti di crisi, e non solo sul piano personale. Così prendono il sopravvento soluzioni… diciamo di ‘mercato’, che inevitabilmente portano a una società e ad una politica di corto respiro, come quelle che ben conosciamo.

“Il mondo è quel disastro che vedete non tanto per i guai combinati dai malfattori (o incompetenti furbetti), ma per l’inerzia dei giusti, che se ne accorgono e stanno lì a guardare”, scrisse Einstein. E le cose non sembrano essere poi molto cambiate. Sperimentiamo tutti quanto è facile e apparentemente comodo lasciarsi andare ai compromessi, a giudicare chi disturba, ad accumulare sicurezze per sé ignorando le vie dello Spirito… Ma scegliere se stessi significa aprire le porte al caos. Forse davvero tutti cerchiamo il bene, ma spesso lo facciamo in modo errato, perché davvero non sappiamo quello che facciamo (Lc 23, 34).

Per i cristiani (e in particolare per i consacrati) rimane, nel presente della propria storia, l’urgenza di mantenere un atteggiamento di costante conversione, che orienti a misurare le scelte con il metro del bene comune e della vita della gente. Guardare per comprendere. Guardare senza paura e anche senza la sicurezza di chi ritiene di avere già la soluzione per tutto. È un dono dello Spirito guardare la realtà con occhi disposti a lasciarsi toccare, interpellare, convertire; lo è operare, nel proprio piccolo, perché la dignità sia assicurata a tutti e le differenze siano vissute solo come collaborazione effettiva in vista del bene comune.

Fra rigore, crescita ed equità
“Rigore, crescita ed equità” è il trinomio lanciato come slogan e promessa dal governo tecnico Monti. Agli italiani è sembrato finalmente di poter riprendere a sperare…

-In Parlamento si parte dal rigore ed è la riforma delle pensioni, che lascia “più di centomila persone senza alcuna prospettiva, colpisce i padri senza fare nulla per i loro figli” (Bonanni). Con essa si cerca soprattutto di dare un “segnale di credibilità” ai partners europei e al mercato internazionale?

Di fatto, all’approvazione della manovra seguono aumento delle tasse e diminuzione del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni.

Nel frattempo non si fanno tassazioni patrimoniali né sulle grandi rendite finanziarie: il grande capitale rimane in mano a finanzieri e speculatori, che dominano l’intera economia. A salvare il Paese sono insomma ancora quelli che hanno di meno. Basta vedere come vanno i consumi per capire quanto soffrono le famiglie.

-Poi è la volta della crescita, attesa come frutto delle ‘liberalizzazioni’ e ancora si spera di essere sulla strada giusta. Ma si raggiungono compromessi su taxi, farmacie, notai, asta delle frequenze TV, responsabilità dei giudici, intercettazioni, concussione, corruzione… E si diffonde la percezione che l’enfasi sulle liberalizzazioni sia andata a scapito della tutela dei diritti sociali.

-Dell’equità – che oggi potremmo chiamare semplicemente ‘bene comune’ e che per essere autentica dovrebbe attraversare sia il rigore che la crescita – non abbiamo ancora realmente sentito parlare: né progettata, né realizzata. E mentre il prezzo della benzina e del gasolio va alle stelle, l’inflazione al top e a dismisura crescono le tariffe dei servizi… non c’é ombra di progetti per le energie alternative o di tagli all’acquisto dei cacciabombardieri F35.

Si riducono invece le spese per il sociale, la sanità e la scuola; il bilancio familiare diventa sempre più insufficiente; disoccupazione, licenziamenti più facili, diritti trasformati in…moneta riducono a brandelli sogni e progetti. Intanto la gente del Sud del mondo, con l’arrivo della primavera, riprende a riversarsi sulle spiagge di Lampedusa (…anche a morire prima di arrivarvi!) e ad essere respinta indietro… Le entrate contributive di chi riesce a rimanere in Italia sono elevate, molto basse invece risultano essere le loro uscite. Così gli immigrati diventano dei benefattori del nostro sistema pensionistico.

 Recuperare la relazione tra mezzi e fine
Si può davvero continuare ad ignorare il “buco” nel quale nel nostro Paese stanno precipitando le fasce più deboli della popolazione? Così sullo sfondo di questa situazione un interrogativo si va diffondendo nella coscienza dei cittadini – in particolare dei giovani che sembrano percepire meglio di tutti la radicalità degli attuali problemi – e li spinge a vigilare, controllare, sorvegliare su quello che accade… Efficienza sì, ma per quale scopo? E soprattutto: a vantaggio di chi? Ciò che appare urgente è recuperare la relazione tra mezzi e fine, perché l’efficienza certo non è il contrario dell’etica. Questo soprattutto quando può sembrare più facile scendere a patti con le proprie paure soffocando così i desideri infiniti, che sono i più fragili, ma certo anche i più veri… Questo ancora con l’obiettivo di esigere dai governi vere politiche pubbliche di protezione degli interessi della maggioranza della popolazione, in particolare delle fasce più povere e dei lavoratori.

Anche ai cristiani italiani di oggi è necessaria una lettura aggiornata della Parola di Dio, calata nella carne sofferente di questo nostro tempo e capace di rendere lo sguardo attento a chi è in disparte e non in prima fila. È il grande orizzonte di libertà che, dopo il momento della profonda intuizione, esige però tempi lunghi di costruzione interiore, prima di conoscere la forza esplosiva dell’arrendersi a Dio.

Equità: sinonimo di cristianesimo
Con quale consapevolezza – ci chiediamo – le nostre comunità religiose sono impegnate oggi, in mezzo all’attuale crisi, ad elaborare questa cultura e questo orizzonte di valori umani? Riusciremo ad esprimere in modo credibile la vitalità dell’esperienza cristiana?

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Malati da gioco o… disperati?

Senza categoria | Posted by usmionline
mar 19 2012

Il gioco d’azzardo: un’attività legale, una malattia, un affare… per chi? Nel 2011 bruciati 80 miliardi di euro, l’equivalente di due manovre Monti. Coinvolti, complice lo Stato, tutti i ceti sociali. Famiglie e giovani i più malati.

Un fenomeno in espansione  
I malati da gioco (ludopatici) in Italia -secondo i dati forniti dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità)- sono più di un milione. Altrettanti sono i giocatori a rischio. Sei milioni le persone coinvolte nei loro affanni. Lo Stato ricava cospicue somme di denaro in cambio delle varie concessioni al gioco d’azzardo. Nell’Unione Europea il nostro è il mercato con la più elevata crescita nel settore… Il pericolo di un disastro sociale non è dietro l’angolo: è già una realtà. Nelle città italiane c’è un’invasione di slot-machine: circa 400mila, in pratica una ogni 150 abitanti; poker on line, videolotterie e giochi da casinò accessibili a tutti. Si tratta in realtà di un fenomeno molto diffuso ed estremamente grave, ma ancora sottovalutato e con un grande sommerso. Un mondo in larga parte in mano alla criminalità organizzata. Quante sono, a livello nazionale, le slot-machine manipolate, non connesse in rete al monopolio di Stato?! Le mafie sono attratte dai nuovi giochi. Di fatto la raccolta da scommesse e puntate lecite sfiora gli 80 miliardi l’anno. Quella illecita è stimata tre volte tanto. Possiamo, comunque, ritenere credibile uno Stato che, in un grave momento di crisi, impone ai cittadini grandi sacrifici e nello stesso tempo introduce in ogni Finanziaria uno o più giochi nuovi? Non è questo un invito indiretto a giocare sulla ruota della fortuna ogni spiraglio di attesa e speranza in un mondo migliore?  

Un male oscuro che…
La crisi economica che stiamo vivendo è una spinta ulteriore per molti a tentare la sorte. Depressione, impulsività, stress, ricerca di sensazioni forti spingono nella stessa direzione: a rischiare. D’altra parte giocare è facile, basta andare nel bar sotto casa. Così sempre più persone continuano a rincorrere il miraggio di una ricchezza facile e immediata, che cambi un giorno la propria vita. Ma la patologia da ‘apparecchio da gioco’ è in agguato e si rivela fra le malattie più devastanti perché spinge il soggetto addirittura a personificare la macchinetta in un rapporto di amore/odio e, in breve, conduce alla rovina. Intossicata infatti dall’ansia del gioco e dall’eccitazione, la persona finisce per perdere non solo interi patrimoni personali e familiari, ma anche ogni contatto con la propria realtà. L’azzardo insomma, se provvisoriamente può migliorare i conti di qualcuno, mai però cambia davvero o migliora la vita.

…crea dipendenza
No, questo non è più gioco e divertimento. È febbre, attività succhia soldi, una vera e propria malattia che crea dipendenza. Un demone compulsivo che la scienza è arrivata a catalogare fra i disturbi mentali. Eppure passa nella mentalità comune come un innocuo comportamento quasi privo di conseguenze negative. E mentre nelle culture passate il giocatore d’azzardo nel lotto e nelle lotterie veniva considerato un avventuriero dissipatore, oggi un ragazzo o una ragazza che bruciano soldi nelle macchine istallate un po’ ovunque non vengono considerati neppure soggetti a rischio. 

C’entra la ‘paura più grande’?
Certamente la malattia da gioco è un tentativo di evasione dalle pene quotidiane, un modo per esorcizzare le proprie paure, alla base delle quali si avverte la grande paura del tempo che passa! …Perché è vero (anche se non ci si pensa!) che tutto ciò a cui in qualche modo ci attacchiamo con gusto morboso e possessivo è sempre riassumibile nel grido: Non voglio morire! Anzi: Voglio darmi la certezza che resto in vita!!. No, il gioco d’azzardo non è felicità: in molti casi, anzi, è disperazione, che, se tocca più da vicino giovani, disoccupati, anziani soli e famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese, coinvolge però tutti i ceti sociali, dall’operaio all’imprenditore. Un male oscuro che arriva a stravolgere i rapporti familiari, sociali e finanziari. Si rivela quindi come un problema non solo morale, ma economico, familiare e pedagogico. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (al n. 2413) in poche righe chiarisce il fenomeno in modo inequivocabile: “I giochi d’azzardo o le scommesse non sono in se stessi contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù”.

Fermare gli spot
Non bastavano i messaggi pubblicitari inseriti all’interno dei videogiochi! Una iniziativa del Monopolio di Stato (Aams), presentata come ‘educativa’, attraverso 70 mila opuscoli distribuiti nelle Scuole, è arrivata a ‘spiegare’ agli studenti come si fa a giocare ‘responsabilmente’. In realtà fra le righe passa solo il messaggio obliquo che ‘vincere è semplice’! Ne risulta una pubblicità che invoglia a giocare, mentre uccide il corretto modo di pensare e di agire. La pubblicità dell’azzardo è un attentato alla nostra società, ha denunciato il card. Angelo Bagnasco. E il ministro Andrea Riccardi si è impegnato a metterci mano con “l’obiettivo di arrivare al divieto di pubblicità, come nel caso delle sigarette o, almeno, a una ferrea regolamentazione degli spot”. Nel Sistema Gioco Italia in realtà servono linee guida efficaci e condivise, che possano davvero contrastare la ludopatia e favorire in tutti i cittadini l’educazione alla responsabilità.

Unica terapia possibile
Finché non arriva alla disperazione il giocatore compulsivo non è pronto per farsi curare. La sua impotenza di fronte al gioco d’azzardo può essere combattuta solo ed esclusivamente con la totale astinenza. Ma questa non basta e non è ovviamente l’unico obiettivo del trattamento. È necessario che giocatori e familiari superino la timidezza o la vergogna che trattiene dal chiedere aiuto. In tutto il mondo, – sul modello degli alcoolisti anonimi – ora è diffusa l’associazione ‘Giocatori anonimi’. L’accesso allo ‘sportello’ -anonimo e gratuito- può essere il punto di partenza per non restare soli con il problema. L’obiettivo è arrivare a cambiare la psiche malata del giocatore, accompagnarlo ad un rapporto più razionale con la realtà e a riappropriarsi della propria emotività. La famiglia e gli amici sono in ogni momento potenti fattori curativi.

Esistenze diaconali… le nostre?  
E noi cristiani, consacrati al seguito di Gesù il “servo” per eccellenza, di fronte a questi problemi, come siamo disposti a ‘metterci in gioco’ con la nostra specificità personale, generazionale, professionale, istituzionale?!…La fede -lo sappiamo- chiede ad ognuno una mentalità diaconale che, come dice Paolo, è pensare e interrogarsi giorno e notte su quali siano i veri bisogni dell’umanità e su ciò che bisognerebbe fare per essere più utili al prossimo; chiede di  aprirsi concretamente ad ogni genere di necessità di ogni persona, a partire dalle necessità più evidenti e più urgenti, fino a quelle più profonde e nascoste, forse meno dichiarate, eppure più gravi, come la ludopatia.

Ad ognuno non resta che potenziare ciò che in se stessi è già riflesso del cuore di Dio e coinvolgersi interamente nella storia quotidiana e concreta dell’umanità, a cominciare da quella più vicina.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it