Archive for ottobre, 2012

“La Chiesa non deve tacere…E non può più tacere”

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ott 25 2012

Il governo del Ciad, paese dell’Africa centrale, ha espulso monsignor Michele Russo che, durante un’omelia, aveva criticato la gestione dei proventi del petrolio denunciandone la distribuzione iniqua a svantaggio della popolazione.

L’accusa?
Un’omelia – trasmessa in diretta il 30 settembre dalla radio diocesana “La voce del contadino”, in occasione della festa patronale, ripresa da un gran numero di radio comunitarie e largamente diffusa – ha dato fastidio al Governo del Ciad. Parole scomode, dall’amaro sapore della verità, che al vescovo di Toba, Monsignor Michele Russo, sono costate un decreto di espulsione. Gli è stata data una settimana di tempo per lasciare il Paese africano. L’Alto consiglio per la comunicazione ciadiano ha reso nota la decisone dell’espulsione spiegando che monsignor Russo “si è dedicato ad attività incompatibili con il suo ruolo” ed ha aggiunto che la radio diocesana sarà chiusa per “avere chiaramente attentato all’ordine pubblico prestabilito”.  

 Testimone di una verità scomoda, dal sapore amaro
Il vescovo Michele Russo è italiano, originario di San Giovanni Rotondo in provincia di Foggia; ha 66 anni ed è missionario comboniano; da 36 anni è in Ciad e da 22 è responsabile della diocesi di Doba, al servizio quindi delle popolazioni povere di quel pezzo d’Africa. Non meraviglia perciò che egli conosca molto bene la realtà in cui opera, in tutte le sue dinamiche: sociali, economiche e politiche. Conosciuto da tutti come un uomo di pace e di dialogo, non ha lesinato critiche verso il Governo del Ciad sulla gestione dei proventi del petrolio denunciandone l’iniqua distribuzione che non permette alla popolazione locale di goderne e di uscire finalmente dalla povertà.   

Le parti essenziali dell’omelia incriminata
 ”…per sfruttare il suo petrolio, il governo ha convinto tutti, anche la Banca Mondiale, dicendo che è un progetto modello che rispetterà l’ambiente, i diritti umani; che l’informazione sarà trasparente e le risorse dovranno contribuire alla riduzione della povertà. La Banca mondiale ha dato il suo consenso e la popolazione ha creduto a questo progetto. Dal 10 ottobre del 2003, il Ciad è entrato nel cerchio dei paesi produttori dell’oro nero. Ma cosa si costata? Dei 300 pozzi, noi siamo oggi a più di 1.500 pozzi forati illegalmente, o con la connivenza del governo. Le condizioni di vita della popolazione sono diventate peggiori di prima dell’era petrolifera. In più, alcuni contadini hanno perso le loro terre. Il conflitto fondiario e sociale è sempre più frequente e trascina con sé regolarmente perdite di vite umane. La vita sociale è stata distrutta, i giovani si rifugiano nella prostituzione e nell’alcool a causa della disoccupazione (…) I proventi del petrolio sono serviti all’acquisto di armi e ad alimentare così gli interminabili conflitti… Una volta in più il petrolio invece di essere una benedizione è diventato una maledizione per l’insieme della popolazione del Ciad. (…) A chi appartiene questo petrolio? …al governo di Deby e alle compagnie petrolifere? No! Il petrolio appartiene all’insieme della popolazione del Ciad. Per questo la Chiesa deve intervenire e i poveri e gli abbandonati saranno alla base di questo intervento. Sì, la Chiesa non deve più tacere, perché le ricchezze di un paese sono destinate all’insieme della popolazione e non a una casta. Voi, popolazione della zona petrolifera, avete vissuto nella povertà prima dello sfruttamento petrolifero, oggi vivete nella miseria (…). Gli interessi personali e di parte hanno prevalso sul Bene comune e non si vede l’uscita da questo tunnel nel quale il Paese è stato messo. La Chiesa non tacerà più… Amen!”.

S.E. Mons. Michele Russo, domenica 14 ottobre è arrivato alla Casa Generalizia dei Missionari Comboniani. Pur provato dagli avvenimenti, continua a sperare che il governo del Ciad possa ritornare sulle sue decisioni, permettendogli di riprendere il suo servizio apostolico al popolo di Dio che gli è stato affidato dal Santo Padre. Chiede a tutti quanti lo conoscono e sostengono, di pregare perché questo desiderio si possa realizzare.

Unanimi le reazioni di solidarietà: ‘Ha detto solo la verità!’
La vicenda lascia sconcertati tutti.
- Mons. Joachim Kouraleyo Tarounga, vescovo di Moundou, rappresentante al sinodo per il Ciad, ha detto all’agenzia di stampa Misna: “Non si capisce questa espulsione, sia nei termini che nelle modalità. Sono anni che noi vescovi del Ciad denunciamo le stesse cose a tutti i livelli”.
 - “E’ assurdo – dice il sindaco di S. Giovanni Rotondo – che una persona del suo carisma debba subire un trattamento del genere per il solo fatto di aver raccontato la verità sugli interessi che gravano attorno all’estrazione del petrolio in Ciad. Siamo vicini al nostro concittadino e auspichiamo che si giunga rapidamente ad un epilogo positivo della vicenda”.
- Nella lettera di protesta dell’Unione degli Organi Cristiani del Ciad (UCCT) contro l’espulsione si legge: “…Mons. Michele Russo ha passato gli anni della sua vita al servizio esclusivo del Ciad e dei suoi figli, senza alcun interesse personale, nel solo seguito di Gesù. Numerosi cittadini del Ciad (…) possono testimoniare dell’investimento economico e sociale che Michele Russo ha potuto realizzare per l’insieme dei cittadini del Ciad. Su richiesta del Governo del Ciad, egli ha anche molte volte rischiato la sua vita per riportare i “Codos” (ribelli del Sud) alla riconciliazione nazionale. (…) Non ha un pastore il diritto di gridare che il suo popolo sta male, che il suo popolo soffre, quando ci sarebbe largamente da mangiare per tutti quanti? (…). Egli non ha fatto che annunciare la Parola di Dio”.
- In un comunicato stampa la Conferenza Episcopale del Ciad (CET) si rammarica per la situazione che è venuta a crearsi, senza precedenti nella storia della Chiesa Cattolica nel Ciad: prende nota “con grande tristezza” della decisione e invita i fedeli cristiani ad “accogliere questa prova nella fede e nella calma”.

Intanto si portano avanti i negoziati per trovare una soluzione alla decisione del governo. La Congregazione missionaria, per voce del suo Superiore Generale padre Enrique Sánchez González, con il suo Consiglio, “esprime, a nome di tutto l’Istituto, solidarietà a monsignor Michele Russo e alla popolazione della diocesi di Doba, augurandosi che si creino i necessari spazi di dialogo con le autorità del Paese al fine di evitare che l’espulsione di monsignor Russo dal Ciad privi la Chiesa di Doba del suo Pastore”.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Fiaccolata di fede, memoria e profezia

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ott 18 2012

Il «popolo di Dio in cammino attraverso la storia» in fiaccolata. Chiamato a ripensare in modo nuovo il rapporto tra fede e storia e tra Chiesa e mondo; a coltivare una fede adulta che non oscuri la ‘profezia’ nel mondo contemporaneo; a non interrompere il cammino avviato cinquant’anni fa con il Concilio…

Si apre l’Anno della Fede
Non è semplice commemorazione dei cinquant’anni dal Concilio Vaticano II la fiaccolata realizzata da quaranta mila persone la sera dell’11 ottobre 2012 in Piazza S. Pietro, a Roma. È invece memoria viva di un evento importante; memoria necessaria per il cammino che i cristiani si trovano a fare oggi nei “deserti del mondo contemporaneo”.
Come cinquant’anni fa, la Piazza sembra incendiata in un mare di luci. Sono comitive di giovani e gruppi di religiose, famiglie e sacerdoti, persone anziane e bambini…Tutti guardano avanti verso il futuro che questo Anno della fede vuole contribuire a rischiarare come le fiammelle della loro fiaccolata e aspettano. Tutti con gli occhi a quella finestra illuminata del Palazzo apostolico dalla quale l’indimenticabile Giovanni XXIII improvvisò lo storico discorso “della luna”.

Il saluto di Benedetto XVI
E Benedetto XVI non li delude. Nel suo saluto a braccio, da quella stessa finestra ricorda ai presenti: “Quella sera eravamo felici e pieni di entusiasmo: il grande Concilio ecumenico si era inaugurato ed eravamo sicuri che doveva venire una nuova primavera della Chiesa, una nuova Pentecoste, una nuova presenza liberatrice del Vangelo (…) Anche oggi portiamo la gioia nel nostro cuore, ma una gioia più sobria, una gioia umile: in questi cinquant’anni abbiamo imparato ed esperito che il peccato originale esiste e si traduce in peccati personali, che possono divenire strutture di peccato, visto che nel campo del Signore c’è anche la zizzania, che nella rete di Pietro ci sono anche pesci cattivi, che la fragilità umana è presente anche nella Chiesa, che la nave della Chiesa sta navigando con vento contrario, con minacce contrarie. E qualche volta abbiamo pensato: il Signore dorme e ci ha dimenticato”.

Poi il Papa aggiunge:
 “…ma abbiamo fatto esperienza anche della presenza del Signore, della sua bontà: il fuoco di Cristo non è divoratore né distruttivo, è un fuoco silenzioso, una piccola fiamma di bontà: il Signore non ci dimentica, il suo modo è umile. Il Signore è presente, dà calore ai cuori, crea carismi di bontà e carità, che illuminano il mondo e sono per noi garanzia della bontà di Dio”. Sì, Cristo vive con noi e possiamo essere felici anche oggi.

«Abitiamo i deserti del mondo»
La folla certamente non fatica a riconoscersi nella “desertificazione spirituale” (immagine suggestiva usata da Benedetto XVI, nella omelia della Messa di apertura dell’Anno della fede); si riconosce nel deserto quotidiano che cresce dentro la banale abitudine delle piccole cose, da cui scaturisce un vuoto insieme a un senso di smarrimento, che spesso non riusciamo nemmeno a definire chiaramente. Il più grave pericolo oggi è una fede tiepida e assopita. Attraverso di essa il vuoto si diffonde e la realtà della vita vera si oscura e deforma.

È necessario – è il richiamo del Papa ai cristiani – ritrovare la «tensione commovente» che ebbe il Concilio per il «compito comune» di far «risplendere la verità e la bellezza della fede nel nostro tempo». Perciò è necessario guardare molto bene il ‘deserto’ – specchio del nostro torpore – perché nel suo ‘nulla’ può germinare di nuovo come un seme ostinato la domanda di Dio.

Ascoltiamo ancora le parole del Papa:

“…a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita”. Nel deserto, ha evidenziato ancora il Papa, “c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza”. È la fede vissuta infatti che “apre il cuore alla grazia di Dio la quale soltanto libera dal pessimismo. Oggi più che mai, evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada”.  

Ripartire dalla ‘Cattedra del Concilio’
Il Concilio invita a una conversione dell’agire. Benedetto XVI insiste sulla necessità di ‘tornare’ alla ‘lettera’del Concilio per riscoprire, nel suo spirito autentico, l’essenziale per vivere e per intenderlo come inizio della nuova evangelizzazione. I vescovi nel Sinodo si sono messi ancora in ascolto,in queste settimane, della Parola e della condizione umana. A tutti noi è chiesto di ristabilire un contatto con ciò che è avvenuto cinquant’anni fa, cominciando dal mettere – il credente e il non credente che sono in ognuno di noi -in condizione di interpellarsi, di confrontarsi e di misurarsi anche con le parole della fede perché essa diventi più matura.

Con il passare del tempo, infatti polvere e sporcizia si depositano su tutto: anche sulle nostre comunità e su noi, che camminiamo con il mondo, e -secondo le parole del Concilio e, oggi, del Papa – ne condividiamo anche le debolezze.

Il contesto socioculturale attuale è divenuto, con la globalizzazione, irreversibilmente pluriculturale, plurietnico e plurireligioso. Come dialogare con questo mondo, condividendone le speranze e i problemi? Come porsi in esso oggi in modo nuovo per agire da fermento spirituale, culturale e sociale?

Certamente ci si impone uno sforzo formativo straordinario soprattutto sul piano della maturazione della fede, che sola può farci capaci di una vera ripresa spirituale… perché “non vogliamo essere fedeli tiepidi, ma pellegrini sulle vie della storia e dentro la storia, per assumerci le nostre responsabilità e trasmettere la fede alle giovani generazioni”.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Anziani del terzo millennio

Senza categoria | Posted by usmionline
ott 10 2012

Scoprire con gli anziani e attraverso il loro mondo che la vita è un dono sempre e che Dio è l’unico a cui si può parlare in certi momenti decisivi perché sa ascoltare e intervenire al di là di ogni attesa e comprensione umana.

Un mondo da scoprire      
In chi riesce a diventare vecchio in Africa la gente ravvisa una sorta di prediletto dalla vita. Lo ritiene portatore della benedizione divina e lo circonda di riguardi e di rispetto. Nel più antico continente, infatti, mentre i bambini con la loro presenza caratterizzano il paesaggio e li si può incontrare dappertutto, gli anziani sono qualcosa di speciale, simbolo di un’Africa che resiste e sa cambiare se serve, non rinuncia al proprio futuro e anzi lo custodisce con amore e con fiducia.

L’Italia invece è il Paese “più vecchio d’Europa” e i suoi bambini sono pochi. Da noi se una persona non ha superato (e di gran lunga!) i 70 anni, difficilmente è definita ‘persona anziana’. In realtà gli ultrasessantenni di oggi in Italia non sono certo più quelli di ieri. Lo si deduce chiaramente anche dal nuovo rapporto Censis sulla loro situazione.

Anziani oggi: più sani, più soli
Certamente nel nostro Paese gli anziani oggi sono più sani e più attivi, ma sono anche più   poveri e più soli. La vita media infatti si è allungata ed essi, sempre più numerosi, si trovano ad affrontare da soli le tante carenze assistenziali, economiche, previdenziali ed affettive, che la nostra arida società non sa e forse nemmeno vuole seriamente affrontare. ‘In un mondo dominato dal denaro e dalle sue logiche  – scrive V. Andreoli – si va verso la catastrofe. Non è una profezia da Cassandra, ma la semplice e realistica cronaca dei nostri tempi’.  Così il peso  della crisi, insieme agli effetti delle manovre correttive del vecchio e del nuovo governo, pongono oggi gli anziani  sempre più a rischio povertà, insieme a donne e giovani. Molte sono le storie di chi vive in uno stato di disinteresse generale, emarginato dal tessuto sociale e abbandonato al proprio destino. Povertà e solitudine sono mali che non permettono loro di godere delle conquiste che la scienza e la maggiore attenzione alla salute hanno prodotto. L’Italia tutta – e soprattutto chi in essa si lascia facilmente vincere dal ritmo del successo e dal pensiero del superamento dei valori ‘tradizionali’ – è chiamata con urgenza a guardare con molta attenzione a questo quadro. Una fetta di popolazione degna di nuovo interesse e con potenzialità e necessità tutte sue da soddisfare lo richiede con forza. Ma il Paese è pronto ad affrontare il cambiamento in atto per scoprire questo mondo e valorizzarne la risorsa?

… nella moderna società
Già Giovanni Paolo II, nella sua lettera agli anziani, metteva in risalto con parole forti e toccanti, l’individualismo e l’egoismo imperanti nella società contemporanea, dove ben poco spazio è lasciato a quanti, per vecchiaia o per malattia, non possono dare molto alla collettività in termini di produttività. In tale situazione – egli sottolineava – gli anziani stessi, percependo di essere poco amati e poco rispettati, sono indotti a domandarsi se la loro esistenza sia ancora utile.  

In realtà, se fino a pochi decenni fa l’anziano viveva nell’ambiente familiare per tutto l’arco della vita e i ritmi di lavoro, il tipo di abitazione, le forme complessive della convivenza sociale permettevano globalmente di integrarlo, la società attuale incontra invece gravi difficoltà. Così molti anziani, in un certo senso i più fortunati, vengono oggi accolti in case di riposo: spesso un eufemistico “modo di dire” per intendere ‘solitudini poste l’una accanto all’altra’. Per la maggioranza degli altri, in situazione di grave disagio, non vi è né il calore della famiglia né il sollievo di essere custoditi in una collettività.

I rischi e la grandezza della vecchiaia
I temi della vecchiaia e della longevità in realtà sempre hanno interrogato l’umanità. L’età anziana – che C. M. Martini citando un proverbio indiano amava definire ‘il tempo in cui si impara la mendicità’ – ha in sé un mistero: il mistero stesso della vita, davanti al quale nessuno è maestro o sapiente, qualunque tappa dell’umana avventura, alba o tramonto, egli si trovi a vivere. E anzi, mentre sembra che tutto giunga alla fine e le forze declinano, spesso anche nell’abbandono e nell’indifferenza degli uomini, anche Dio a volte sembra lontano. Ma neppure la morte ferma il cammino di chi cerca con amore la Verità se, pur disperando a volte di trovarla, non si arrende in questa ricerca. Certamente i vecchi appartengono alla schiera dei deboli e proprio nelle loro debolezze essi rivelano tutta la loro storia, la loro vita. Questo va rispettato e accade così che la persona percepisce la propria fragilità e insieme la provvisorietà di ogni cosa. La svolta nel suo cammino c’è nel momento in cui la persona accetta di fidarsi di Dio. Allora compie un percorso di crescita verso la verità, riesce ad accettare il proprio limite e trova le risorse necessarie per affrontare il tempo della prova.

Il compito ‘nuovo’ dell’anziano
Il Vaticano II ci ha invitato a scrutare i segni dei tempi e a riconoscere il valore delle realtà terrestri. Il Regno di Dio non è solo nel successo, ma è anche nel nascondimento e nella prova! Abbiamo bisogno di rileggere come credenti questo nostro tempo per capire ciò che davvero si sta muovendo verso la realizzazione del Regno.

Se l’anziano scopre nella preghiera la presenza di Dio che ha accompagnato tutta la sua vita, di questa Presenza egli può diventare testimone e annunciatore nella comunità dei fratelli. È il compito ‘nuovo’ del vecchio. La sua forza è tutta nel messaggio di vita che viene:

- – dalla sua accettazione serena degli impedimenti che vengono dall’età;
- – dall’abbandono in Dio anche nei momenti della malattia, in cui può sentirsi inutile e di peso;
- – dalla coraggiosa e fiduciosa preparazione alla morte…

Non solo Dio non lo ha abbandonato, ma è accanto a lui nella sua angoscia ed egli può parlare per lodarlo e raccontare le sue opere.

Chiamata per tutti alla responsabilità e alla gioia
Certo in alcune situazioni è più difficile riconoscere il significato di ciò che sta ‘crescendo’. Ma anche i dolori della vita possono essere trasformati – se ci si lascia guidare dalla luce e dalla forza dello Spirito – in occasioni di servizio e di testimonianza della fede.

Possiamo chiedere ai nostri anziani di regalarci la loro autorevolezza, quella che dà alla nostra fede la risonanza profonda e convincente che deriva da una lunga esperienza della vita e per questo sa aprirsi con creatività e coraggio ai problemi della società e ai compiti nuovi necessari per affrontarli.

E noi nelle comunità cristiane e religiose – soprattutto in quelle specificamente impegnate ad offrire tempo e servizio agli anziani – insieme ai nostri vecchi e nel contatto diretto con la Fonte, sapremo immergerci con coraggio e consapevolezza nelle situazioni più faticose e complesse del Regno… senza dimenticare quanto sia sempre facile lasciarsi ipnotizzare dal male che è in noi e attorno a noi!!

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it