Archive for dicembre, 2012

Il nostro natale

Senza categoria | Posted by usmionline
dic 20 2012

La liturgia della terza domenica di avvento e primo giorno della novena del Natale è un prepotente invito alla gioia e alla speranza. Nelle nostre assemblee liturgiche risuonano le note del canto “siate sempre lieti nel Signore” mentre nel vangelo Giovanni Battista, a chi gli chiede che cosa deve fare, invita a comportamenti di pace, di onestà, di rispetto, di sobrietà e di condivisione. Nello stesso giorno, giungono da lontano notizie terribili: la strage di 20 bambini innocenti in una scuola elementare, il suicidio di un ragazzo della nostra parrocchia, l’uccisione con 34 pugnalate di un uomo in un paese vicino al nostro e così via. L’elenco sarebbe davvero lungo.
Avvertiamo nella nostra mente e dentro il nostro cuore un profondo senso di confusione e di contraddizione.

Come ‘essere lieti’ ?
Il respiro di questa nostra società, che pur ci appartiene, si fa sempre più corto, pare che qualcosa di veramente grave la stia soffocando e portando alla deriva.
Eppure, dopo alcuni istanti di sgomento per notizie di eventi dolorosi gli uomini e le donne del nostro tempo e in particolare del nostro mondo consumistico e indifferente nonostante la grave crisi che lo attraversa, continuano quasi impassibili la vita di sempre, forse volontariamente ignari del baratro in cui stiamo precipitando.

Anche se in proporzioni minori rispetto agli anni precedenti gli unici affanni di questi giorni sembrano essere gli acquisti per il regalo, per il pranzo di natale e di capodanno, per il cambio del look, per le settimane bianche magari più corte ed economiche, ma che non possono mancare e che, se non ci sono, non è natale.
Se poi ci fermiamo un attimo dinanzi allo schermo della Tv, davvero non è difficile provare un profondo senso di desolazione: Natale è il panettone o il pandoro, il profumo di marca, l’auto sportiva, il telefonino nuovo, il divano sofà e chi più ne ha più ne metta. Tutto venduto come la bacchetta magica della felicità, del sorriso, dello star bene.

E ci vuol davvero poco per cadere nella trappola.
Basta farsi un giretto in questi giorni per i grandi supermercati e osservare gli acquisti della gente.

Siate lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti.
Ma allora qual è la vera gioia, quella che ci viene annunciata oggi? E qual è il suo fondamento?
Il profeta Sofonia ce lo annuncia con categorica chiarezza:
“Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente” (Sof 3,17).
E’ l’annuncio dell’evento che fa scaturire e fonda la gioia del cristiano nonostante tutto, anche quando cammina in mezzo alle contraddizioni.

Il nostro Dio viene e rimane in mezzo a noi; sta in mezzo a noi come il Salvatore potente.
Nelle sue mani sono gli abissi della terra, sue sono le vette dei monti!
La salvezza non è una conquista, ma il dono di un Dio che manifesta in questo modo il suo amore, non volubile come il nostro, ma immutabile, eterno.
Come non gridare di gioia, come non rallegrarci in lui, oggi ed ogni giorno della nostra vita?
Ma ci rendiamo conto di questa straordinaria realtà che ci è data di vivere e che ogni anno nella liturgia del natale si rinnova?

Le nostre comunità fraterne sono testimoni di questa certezza o ancora si dimenano tra gli affanni di una vita piatta e intenta nelle cose da fare come se tutto dipendesse da noi?
I nostri volti trasmettono allegria e speranza e sono un invito per chi incontriamo a “non lasciar cadere le braccia stanche” ma a gioire nel Signore che è qui in mezzo a noi come Salvatore potente?
In questo tempo di crisi e di impoverimento anche per la vita religiosa sappiamo ancora stupirci e rallegrarci per i moltissimi germi di vita che nascono in noi e attorno a noi?

Mentre sto scrivendo queste brevi riflessioni, mi giunge questa notizia: “un gruppo di undici suore anglicane della Community of Saint Mary the Virgin sarà accolto a partire dal prossimo gennaio nell’Ordinariato personale di nostra Signora di Walsingham, eretto in conformità con la costituzione apostolica Anglicanorum coethus con la quale Benedetto XVI ha deliberato l’istituzione di Ordinariati, giuridicamente equivalenti a una diocesi, attraverso i quali i fedeli già anglicani, di ogni categoria e condizione di vita, possono entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica, pur conservando alcuni elementi della propria tradizione liturgica e spirituale”. (cfr. Osservatore Romano, 14 dicembre 2012, pag. 6).

Mi viene spontaneo ripetere con la liturgia: “rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora: rallegratevi” per questa rinascita nella comunione e per il dono di queste undici suore, dono che vogliamo custodire accompagnandolo con la preghiera e l’affetto fraterno.
Il nostro Dio non finisce mai di sorprenderci!
Che Egli ci trovi sempre più vulnerabili! Allora il nostro Natale sarà la venuta di un Dio che gioirà per noi, ci rinnoverà con il suo amore, esulterà per noi con grida di gioia (cfr. Sofonia 3,18).

Sr M. Viviana Ballarin, op
Presidente USMI
Vice-presidente UCESM

I giovani hanno qualcosa da dirci

Senza categoria | Posted by usmionline
dic 14 2012

Mentre il presente non basta a nessuno…
Proteste indignate di giovani attraversano l’Italia e l’Europa. Il futuro davanti a loro continua ad apparire bloccato, incerto, triste. Di fronte a politici che sembrano voler rimanere asserragliati in fortini dorati, più o meno indifferenti alla quotidianità delle famiglie, i giovani rivendicano il diritto ad avere un futuro e un’altra Europa, che li comprenda e non li respinga con le politiche di austerity e di rigore.

A partire dalla scuola – dove il malcontento di studenti e docenti si è fatto totale – le mobilitazioni hanno coinvolto i tanti che cercano politiche concrete di welfare, lavoratori precari, disoccupati e insegnanti.

‘Firmare, controfirmare, vidimare, certificare, verbalizzare, sbarrare, registrareBasta!’ Gli insegnanti si oppongono allo stress burocratico assurdo richiesto per certificare la scuola con il ‘bollino di qualità’! E insieme ai giovani fanno lo ‘sciopero bianco’. Tra mobilitazioni di piazza, lezioni in strada, cortei ed occupazioni, studenti e docenti non mostrano alcuna intenzione di voler bloccare l’ondata di protesta dopo il 17 novembre – giornata internazionale degli studenti nell’anniversario degli eccidi nazisti di studenti e professori cecoslovacchi che si opponevano alla guerra nazista. I protagonisti delle proteste di oggi sembrano chiedere scusa non per ciò che fanno in questi giorni, ma per non avere avuto il coraggio e la forza di farlo prima. I raduni vengono in genere organizzati attraverso comunicazioni via internet o telefoni cellulari; le regole dell’azione illustrate ai partecipanti pochi minuti prima che l’azione abbia luogo.  

E mentre tutti – anche nella Chiesa e nella vita comunitaria – incorriamo facilmente oggi nel pericolo di lasciarci condizionare dalla «mentalità ristretta» dell’individualismo imperante, esigenze positive – che quasi sorprendono e che esprimono la bellezza e i valori della natura umana – emergono dall’animo dei giovani. Istintivamente essi rifiutano la mentalità tipica di questo secolo: guadagnare, godere, farla franca, imbrogliare gli altri. A questa nostra società rimproverano l’indifferenza per i bisogni dell’altro e la paura del ‘diverso’, la preoccupazione insomma di guardare soltanto a sé, fino a fare di se stessi un assoluto.

…crescono i germi di una unità di fatto
Nello sviluppo telematico attuale, l’uso dei digital media, di twitter e facebook in particolare, porta i nostri ragazzi ad essere più vicini fra loro. Insieme partecipano a manifestazioni per  cause che condividono e si aprono ai problemi sociali. Insieme si divertono e provano interesse per gli emarginati di cui in qualche modo sperimentano il disagio. Sentono fortemente il rispetto dei diritti umani che essi considerano inalienabili, pilastro sicuro per la costruzione di una pace vera. Uno stesso modo di pensare e anche di scegliere e di agire, si crea facilmente fra loro, anche se non sempre sanno servirsi criticamente delle reti informative.

Nel bene li amalgama una più forte coscienza della libertà personale, il gusto del progresso scientifico e tecnologico, il rispetto della natura per la quale svolgono una loro battaglia, il superamento di barriere culturali e nazionali, una consapevolezza diversa da ieri dell’essere donna nella società, una semplicità di rapporti fra ragazzi e ragazze.  

Non si tratta qui, evidentemente, di ignorare la parte negativa che è presente nel cuore dei giovani, come d’altra parte in tutti, persino nei bambini. E nemmeno si tratta di abbandonarsi alla paura per i gravissimi fatti di cyber-bullismo e simili riportati dai media di cui alcuni teenagers sono protagonisti. L’ideale sbagliato in qualsiasi persona è certamente pericoloso, perché conduce fuori strada; ma in tutti, e soprattutto nei giovani, si può correggere. Importante è non lasciarsi travolgere dagli eventi e imparare invece a pensare con le nuove generazioni, utilizzando pienamente – insieme a loro appunto – le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Ci è richiesto insomma lo sforzo di capire e condividere le esigenze vere dei ragazzi prima di voler insegnare loro qualcosa.  

Indebito orgoglio di sé
Il metodo giusto “non è predicare alla gioventù come deve vivere per poi giudicarla con l’intenzione di cercare di conquistare coloro che rispettano le nostre regole e le nostre idee” (Card. Martini). In realtà l’approccio positivo verso i giovani sta sostanzialmente nella capacità di ascoltarli lasciando che ci parlino i loro comportamenti, il loro stile di vita, il loro modo di fare.

Ma l’adulto che è in noi, in genere e forse anche inconsapevolmente, ama esibire il suo sapere. Così sentenzia, esterna, impone i propri rimedi in ogni ambito, soprattutto lo fa con i giovani. Ma umiltà in fondo non è per tutti solo saper osservare negli altri ciò che possiedono, e in se stessi ciò che manca? Non è l’attitudine a lasciare che ci sia insegnato?

L’invito che ci viene dai nostri giovani è a riprendere con loro il cammino quotidiano con più consapevolezza e umiltà; e anche con la disponibilità a lasciarci toccare dai segni e dagli appelli che ci vengono, alla luce della Parola, dalla loro vita. Il richiamo è ad essere più coraggiosi e aperti; a considerarli sul serio collaboratori responsabili della loro stessa crescita umana e spirituale. Un dialogo alla pari, insomma, e non da superiore a inferiore o viceversa. Si tratta quindi di riscoprire insieme l’umano. Il che significa, oggi più che in altri tempi, riscoprire la bellezza di ogni relazione autentica.

Trovare la comune voce umana
I giovani hanno bisogno di fare l’esperienza che i legami non possono essere sostituiti dalle ‘connessioni’. Disconnettersi infatti è solo un gioco, mentre farsi amici offline – lo sappiamo bene – richiede un impegno concreto, fedele e anche faticoso. Internet però – ha ricordato a tutti recentemente Papa Ratzinger – non è solo un mezzo. È un ambiente di vita, di relazioni, di responsabilità. Un ambiente da abitare, quindi, per costruire insieme la cultura della relazione. E il Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione chiede ai credenti di intercettare e raccogliere la “perenne domanda umana di senso e di fede, che anche dalla rete emerge e nella rete si fa strada”, insieme allo stile dialogico e interattivo – nella comunicazione e nella relazione – che i social network hanno accentuato. A noi ora assimilare e far crescere questo contributo.

In tale impegno comune, autostima è una delle parole magiche che meritano la fama di cui godono, un bagaglio dal quale è possibile tirar fuori il necessario nelle situazioni difficili.

Certo Dio solo sa come va davvero il mondo. Nel nostro cuore è la certezza che la Sua Provvidenza è sempre misteriosamente all’opera.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Quando la realtà disturba

Senza categoria | Posted by usmionline
dic 06 2012

Con la coscienza che rende ognuno insostituibile e solo, farsi compagni di viaggio di tutti, per cercare insieme la verità delle cose e degli uomini, prima e più della propria sicurezza.

Immersi nella bufera della storia…
“Noi ignoriamo questo mondo che ci circonda, che cammina a fianco, ma contro la nostra fede e la nostra concezione della vita. Noi lo ignoriamo perché non lo amiamo come si deve. E non lo amiamo perché semplicemente non amiamo”.
Così scriveva Giovanni Battista Montini in una lettera circolare per la giornata fucina del 1927. Eppure il suo monito risuona attualissimo per noi, immersi oggi insieme a tanta gente in una inedita complessità di situazioni e dentro una temperie culturale in cui ciò che ognuno vuole sembra essere la definitiva e unica legge.
Anche in questo nostro oggi il problema è tutto nel conoscere e nell‘amare come si deve o più semplicemente nell’amare il mondo reale che ci circonda. L’amore certo non si comanda, eppure, quando c’è, comanda tutta la vita fino a trasformarla.

…per entrare nella realtà che ci circonda
Ma come cercare con intelligenza le attese delle persone, i problemi del proprio territorio e del mondo globalizzato? C’è una via per sentirli propri? E come coltivare quella riconoscenza in cui poter cercare e riconoscere i beni che non hanno bisogno di essere divisi per appartenere a ciascuno?

Certamente è nel quotidiano e nel cordiale incontro delle persone che può crescere la coscienza di essere cittadini e l’opportunità di occuparsi insieme della cosa comune. Il reciproco riconoscimento fraterno e l’amicizia -vere radici di ogni possibilità di convivenza- possono essere sperimentate solo nella quotidianità sofferta e partecipata.

Il peso e le possibilità del quotidiano
Il reale che ci circonda però ha un suo peso specifico non sempre tollerabile. Tante volte sentiamo ripetere (o diciamo noi stessi): Una volta ci si comportava diversamente … Ai miei tempi questo non accadeva! Indubbiamente c’è stato negli ultimi anni un accelerato cambio di costume e di coscienze. Certamente è sempre più facile cogliere la decadenza dei livelli di moralità negli altri e nella società che in se stessi; se non si ha, comunque, una soluzione per risolvere un problema, la realtà diviene ‘pesante’. Allora è facile fermarsi a guardare alle proprie forze, avere la sensazione di non farcela e sentirsi finiti. È facile anche perdersi in sogni di fuga e di evasione e dimenticare che la vita si gioca nel fidarsi. Sì, il raggomitolarsi in se stessi e la paura tagliano alla radice il movimento di fiducia nella vita. Comprendere invece che Dio è presente con noi in tutti i momenti misteriosi, nascosti e difficili della nostra esistenza fa sentire rinati.

La luce può venire dal groviglio del cuore
L’oggettiva difficoltà di sapere cosa sia più giusto fare per il bene comune quindi non dipende solo dal groviglio di legami esistenti all’interno dell’ambiente nel quale la persona vive e da cui ogni giorno cerca di districarsi, ma dipende anche dal groviglio che è dentro il suo stesso cuore. Siamo portati spesso a chiamare verità ciò che ci fa più comodo ed errore quanto ostacola i nostri desideri, perché accettare la verità morale può comportare di cambiare le proprie abitudini e questo forse non è facile per nessuno. Può anche accadere che atti i quali esteriormente appaiono scorretti, per la persona che li compie sono conformi alla sua coscienza. Ci sono quindi resistenze soggettive ad arrendersi alla verità. Dà fiducia però il fatto che in questo cammino non si parte mai da zero. Ognuno può trovare risorse positive nella propria personalità morale e anche aiuti di natura oggettiva dentro la propria comunità di appartenenza per potersi orientare e trovare una verità ‘pratica’.

Che fare allora?
La verità esiste e va cercata, disposti ad accoglierla sinceramente in sé, va cercata insieme. Nel dialogo – con gli altri e con le loro esperienze – è possibile procurarsi informazioni più veritiere sulle situazioni. Rimane difficile comunque uscire del tutto da sé per lasciarsi coinvolgere nelle realtà che ci circondano (famiglia, comunità in cui si vive…). Riconoscersi appartenenti e farsi partecipi di un destino comune aiuta ad effettuare quella conversione che comporta poi un totale rivolgimento nella propria visione della realtà.
Un proverbio indiano definisce l’età adulta come un ritirarsi nel bosco. Il che significa imparare a riconoscere i propri limiti e saper fare anche un passo indietro se necessario, nella convinzione che la verità va sempre servita e mai asservita al proprio interesse. Il top sarebbe riuscire a non togliere a nessuno la possibilità di ricredersi. E soprattutto non togliere a se stessi il dubbio di aver commesso degli errori, ricordando anche che la divisione a volte può nascere addirittura dalla pretesa di essere i primi ad amare e ad amare di più, mentre l’altro dice il contrario.
Farsi compagni di viaggio nella ricerca della verità permette di apprezzare davvero il valore delle cose più semplici e insieme di fare la propria parte per migliorare la vita. Rimane vero -secondo l’insegnamento del futuro Paolo VI- che la strada maestra per conoscere il bene è amare: più si ama il bene, più lo si conosce, perché nella conoscenza del bene esiste una priorità del cuore sull’intelligenza.

La Verità assoluta esiste e ci sovrasta. E a ognuno è chiesto semplicemente di:
- Volgere tutti i propri sforzi a cercarla con tutte le forze, nella giustizia, nell’uguaglianza, nella pace. Allora forse si potrà comprendere che il limite è la grazia che mette la persona al riparo dalla pretesa di essere quello che non è.
- Conquistare il coraggio di restare, senza fughe e senza soluzioni immediate, anche nel cuore del disagio.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it