Archive for dicembre, 2014

E tuttavia…

Senza categoria | Posted by usmionline
dic 22 2014



Prendere coscienza
delle proprie complicità nella comunicazione fraterna – luogo il più segnato oggi da difficoltà, tensioni e rosapersino patologie – può cambiare radicalmente la percezione degli avvenimenti e l’essenza stessa di ciò che si vive… Anche la sofferenza allora si rivelerà luogo possibile di rivelazione e di crescita.

 

Impastati di realtà e Mistero
Sentirsi ascoltati e capiti è un’esperienza difficile da dimenticare. Ed è certamente inconsueta in un mondo in cui tutti vorrebbero dire, convincere, far prevalere il proprio punto di vista. Nella comunicazione di massa poi si è prigionieri dell’evento e sulle pagine dei quotidiani i fatti si accendono, accecano e … subito si spengono! Tutta centrata sull’ego, la comunicazione nel nostro tempo favorisce la dimensione frammentata e passiva della società e sfocia in un egocentrismo massificante, che brucia sogni e speranze e genera disagio. In tutto questo è un po’ la conferma dell’intuizione di S. Agostino: “Smetterai di pregare se smetterai di desiderare. E smetterai di desiderare se smetterai di amare”. Affidati economicamente al mercato e socialmente a se stessi (… perciò alla solitudine!), oggi si vive in un Paese che globalmente è senza desideri, senza aspettative e, di conseguenza, anche senza iniziative. E se ne è segnati: tutti, lo si voglia o no. A raccontarlo con sicura competenza ai religiosi – nell’ultimo convegno organizzato per loro a Roma da CISM e USMI – è il presidente del Censis Giuseppe De Rita. In un mondo in cui l’antropologia è cambiata in tale direzione, si rischia di comunicare il nulla, se non si fa seriamente  esperienza della verità che seme della sapienza è misurarsi sulla realtà (K. Rahner).

Cose di ogni giorno
Sono le cose dei giorni feriali, senza addolcimenti e senza idealizzazioni, le sole forme della grazia divina. Per il cristiano sono l’occasione silenziosa di vivere la fede uscendo da sé; di CIMG4250-300x225imparare ad amare unicamente in obbedienza al comandamento nuovo del Vangelo (Gv 13, 34…); l’occasione per disporsi ad ospitare in sé la diversità dell’altro, sapendola soffrire e accettare, consapevoli che tuttavia c’è sempre una possibilità per scoprire qualcosa di vero e di bello sulla vita, anche se non è proprio facile e a volte anzi è altamente duro! Chissà … forse oggi, nella logica del cammino di persone credenti e consacrate, il tuttavia è un modo per ridare speranza alla propria vita; e per suscitarla nelle persone con le quali si è chiamati a vivere! Il tema della relazione si sposta immediatamente su quello della comunicazione. Il perché è nella stessa vita.   

Comunicare ‘altrimenti’ …
La forte accelerazione e l’investimento sul futuro innestati dall’anno della vita consacrata donano nuova luce all’attesa del domani di Dio. In tale attesa il livello raggiunto nella “comunicazione” è elemento determinante per verificare la maturità umana e spirituale dei membri di una comunità. La qualità della vita in realtà passa attraverso la qualità della comunicazione e questa rivela il rapporto personale che si ha con Dio. Nella comunicazione si plasma il volto della vita consacrata visibile agli uomini e la capacità delle persone che la compongono di stare significativamente in mezzo ad essi. In sintesi è l’esperienza dell’uscire da sé che mette in grado di cogliere l’oggi di Dio nel proprio oggi e rende capaci di  comunicare ‘altrimenti’: il punto di partenza per ogni cammino di fede!

Problema serio quindi è il distacco della persona dalla realtà quotidiana e dal dibattito culturale che l’anima, perché è proprio la realtà che raduna e fa opinione. Ed è la comunità che reagisce e parla, dal momento che il singolo, anche dopo aver ‘capito’, facilmente torna al narcisismo/egoismo; questo anche dentro le mura dei conventi. Il richiamo viene da papa Bergoglio, che è tanto realista nel suo agire da fare opinione in ogni suo gesto e parola. Concretamente egli testimonia e addita ai cristiani la strada per la missione e indica alla Chiesa (e in essa alla vita consacrata) una strategia di sopravvivenza e di fedeltà a se stessa.

Che cosa allora si comunica? Come si comunica? Con quale obiettivo?… Certo non lo si fa evangelicamente se non si conosce se stessi in rapporto alla realtà e se non si è impegnati in quell’autotrascendenza, che è chiave di conversione permanente per gli individui e le comunità.

… per farsi presenza fraterna e punto interrogativo
La tentazione di chiudersi fuggendo dalla realtà e dal proprio quotidiano accompagna il cammino di tutti e può incatenare fino a condurre su una via di menzogna. Tuttavia per vincerla 2ff7022a2bla via c’è: vigilare e farlo con molta attenzione e fedeltà! Il nocciolo del problema rimane quello di amare ogni altro che è dato di incontrare, prima ancora di conoscerlo e di ‘leggerlo’ per quello che è; amarlo nelle sue debolezze e anche senza reciprocità, mettendo in conto difficoltà e fatica, al di là di possibili antipatie e fino ad arrivare a chi è nemico. Nella comunicazione si esprime il livello di amore raggiunto e si gioca la vera e quotidiana ascesi cristiana che non è certo concepita individualisticamente, ma sempre finalizzata all’agape, perciò alla radicale accoglienza degli altri e dell’Altro nella propria vita. Quando questo percorso è interiorizzato e vissuto, allora si smette di porsi continuamente in difensiva e di lasciarsi ossessionare dalla ricerca dei propri piccoli interessi. Sarà più facile invece fuggire la tentazione del protagonismo e la tendenza a isolarsi; si potrà trovare il giusto equilibrio fra silenzio e parola, fra solitudine e presenza agli altri. Con la coscienza di non aver potere sull’altro, si riconoscerà la via per rispettare la soglia del  suo mistero e la distanza necessaria per lasciarlo libero di esprimersi. Punto di arrivo sarà l’esperienza di ritrovare un proprio  linguaggio non più lamentoso o irritato, ma semplice e genuino,  che restituisca al volto delle comunità i tratti del volto del Signore, così che ciascuno, a suo modo e secondo quanto gli è dato, ne possa sempre e di nuovo fare viva esperienza. Solo un sogno?… Niente è impossibile a Dio e alla sua grazia… Con Lui si può essere nella notte più buia e proprio in essa vedere le stelle; diventare presenza davanti a Lui e punto interrogativo per chi si incontra sul proprio cammino.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Consumare le … scarpe sui segni di Dio

Senza categoria | Posted by usmionline
dic 11 2014

In ogni deserto umano è possibile generare futuro… Anche là dove tutto sembra fermarsi e morire; o dove il rischio catechesi1supremo è una vita addormentata, incapace di cogliere profezie e lacrime. La Voce di Dio che grida nel deserto non tradisce e può rendere sempre capaci di percepire in sé la carezza e il tepore delle mani di Dio…  

Il problema vero è la fede
Gli antichi dicevano a chi si lamentava di non capire: metti in pratica ciò che hai capito e capirai il resto. La vera conoscenza in realtà viene dalla vita e da una vita vissuta “nello Spirito”. Stare nel mondo senza essere del mondo – come è chiesto al cristiano – è certamente una condizione faticosa di “equilibrio instabile”, che persiste e attraversa ogni fase della vita. E se l’amore unico, definitivo, un po’ folle… del consacrato per Gesù rimane solo sullo sfondo della propria esistenza concreta, ai margini dei rapporti e degli impegni della persona, quasi subordinato alle necessità quotidiane e alle preoccupazioni pur buone, spirituali, o materiali, o di prestigio …; se è vero che a volte si vive quel luogo di verità e di conversione che è  il tempo della preghiera riempiendolo di parole per scappare a fare mille cose… Allora davvero inizia la decadenza del senso di Dio e della vita consacrata. E subentra nella persona quella durezza di cuore (sclerocardia) che, secondo la Scrittura, impedisce al credente di leggere l’oggi di Dio.
“L’unico mezzo per donare la propria vita per Gesù consiste nell’aiutare ognuno a essere un pellegrino di verità”, scriveva Padre P. Dall’Oglio, che della sua vita – con tutti i rischi del caso – ha fatto esattamente questo. Di fronte all’indifferenza del mondo, la prima urgenza per i credenti, soprattutto oggi, è un reale andare avanti – personale e comunitario – sulle tracce di Cristo, verso una Bellezza e una Tenerezza non più in frammenti; un muoversi quotidianamente senza mai sentirsi pienamente arrivati; accogliendo e vivendo il tempo concesso ad ognuno come il breve e unico istante in cui poter diventare ciò che si è chiamati a essere.

topicPuò apparire sconcertante, ma in tale cammino il vero problema, anche per la vita consacrata, è la fede… quella che mette in condizione di ricevere una nuova vista per capire e vivere la vita. Non perciò un semplice chiudere gli occhi; né un rapporto abitudinario e scontato con Cristo; nemmeno una semplice ‘introduzione’ prima di passare ai problemi concreti e magari perdersi in essi! In effetti si diventa cristiani adulti e religiosi non ‘per’ fare qualcosa, ma ‘a causa’ del fascino di Cristo e del Vangelo. In altre parole: per aver trovato in Lui tutto quello che da sempre si era cercato senza saperlo.

‘Piccolo resto’  non temere…
Un proverbio napoletano dice: “Si può vivere senza sapere perché, ma non si può vivere senza sapere per chi”. Questo ‘chi’ è prima di tutto il ‘Dio vivente’, ma è anche l’altro che ogni giorno si è chiamati ad amare. Il che significa non considerare nessuna persona superflua rispetto alla propria ricerca di vita e di senso. Verso il ‘chi’ però si va solo in un esodo da sé senza ritorno, vissuto con la coscienza che la Verità ci supera sempre e non si possiede, perché, appunto: Io sono verità, via e vita, dice Gesù (cfr Gv 14,6). Esodo da sé allora è farsi pellegrini della Verità che è Cristo e farlo con tutta la passione di un’intelligenza che pone domande; ma anche con la forza di un cuore che accetta di compromettersi realmente per gli altri, a partire da quanti si ha la grazia di incontrare ogni giorno sul proprio cammino. Chiunque ci viene incontro è un messaggero della verità da riconoscere e ascoltare; come è da ascoltare la voce del profondo, che attraverso di lei o di lui raggiunge ognuno nell’intimo di se stesso, là dove si è chiamati a scendere e dove si può approdare alla verità di se stessi.

1613857_691273827591102_1377321453_nNel nostro oggi individualista, tale esodo da sé richiede anche di rafforzare la consapevolezza che in un’autentica vita comune l’opera prima e al di sopra di tutte, è proprio amarsi reciprocamente gli uni gli altri. Papa Francesco esorta chi ha accolto la chiamata e si  è messo su tale cammino: non cedete alla tentazione dei numeri e dell’efficienza, meno ancora a quella di confidare nelle proprie forze. Dio Verità e Amore viene incontro alla persona impegnata a seguirlo e quando la raggiunge la cambia dentro. La vita religiosa allora può anche essere ridotta ad un piccolo ‘resto’, ma se in essa ciascuno affida a Dio la propria notte in un buon bagno di umiltà, allora non si ha da temere. E si conosce invece la gioia che è radicata in una consolante certezza interiore: non esiste tempo apparentemente perduto che l’amore divino non possa fecondare!

 … continua a camminare sulla via della Verità
Vita religiosa è differenza cristiana rispetto al mondo. C. M. Martini ne riassumeva così il compito: “Proprio perché la grazia vincente sia chiara, eloquente, visibile per tutti, alcuni sono chiamati a seguire Gesù più da vicino, a somigliare di più al divino Maestro, sperimentare più profondamente il mistero“. E sottolineava: …Notate i tre comparativi!
Eppure molto spesso, ciò che ostacola la realizzazione di una vera vita religiosa è la scarsa qualità umana. “Il vero problema di tante comunità – rileva E. Bianchi – è che umanamente, umanamente…”. E aggiunge che tali amare constatazioni vengono fatte tutte le volte che si ha a che fare con esistenze vissute senza passione, senza convinzioni profonde, senza sensibilità, senza bellezza, senza libertà interiore. In realtà Dio tiene per mano l’essere di ogni sua creatura e lo pone accanto al suo cuore, senza però mai forzare la sua libertà.

1546187_678327658885719_134164533_nCredere in fondo è decidere di osare l’affidamento al TU sempre misterioso di Dio anche quando Egli ci conduce lungo sentieri aridi perché si creda in modo più saldo nell’amore disinteressato; anche e soprattutto quando con il bilancio della propria vita che non quadra ci si rimette a Lui e con Lui si osa guardare oltre i propri confini. Credere è pregare con il proprio desiderio di essere, di amare e vivere senza attardarsi troppo sulle proprie debolezze e pochezze e così incontrare Dio innamorato che inonda di gioia la sua creatura. In tutto ciò si può dire, in sintesi, che anche oggi il compito della vita consacrata consiste nel dare tutto e darsi totalmente, proprio come si fa quando si muore, come si fa quando si ama.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

In ricerca dell’Unico e Necessario

Senza categoria | Posted by usmionline
dic 03 2014

“Vivere è cercare Dio. Vivere veramente è trovarlo”… Guarire dalla malattia della solitudine, dalla tirannia del fare, dal fascino della quantità e, lungo i sentieri del silenzio, ritrovare il fascino della comunione con Dio e con i fratelli.

Nel tempo della notte

20140321_65495_99-382488-000004h“Se si ha l’essenziale, non ci si fissa sui dettagli. Ma se l’essenziale non c’è, ci si riempie la vita di soprammobili” (M. Danieli). Questo vale per tutti, non esclusi i consacrati, perché se la vita religiosa è vita profetica, è proprio perché essa appartiene al popolo di Dio, respira la stessa ‘aria’ e conosce le stesse tentazioni.

Oggi è proprio la ricerca dell’essenziale ad essere in crisi. In altri termini: la perdita del gusto di cercare il senso per vivere e morire trascina con sé la più radicale crisi di senso. Tanto vale bruciare l’istante e vivere l’immediato – è il sentimento dominante. Ma se ne ricava solo un “tempo di frustrazione, nel quale inesorabilmente tutto ciò che raggiungi, che mordi fuggendo, ti lascia cadere nel nulla, insoddisfatto di te” (G. Vattimo). Urgenza di questi nostri giorni è un assoluto bisogno di sapere perché si vive. E per riuscirvi rimane una sola via: ripristinarne la ‘ricerca’ là dove si fosse smarrita, a partire dal proprio cuore, lasciando che vi entri il Vangelo con tutta la sua forza liberatrice. Si tratta della stessa via tracciata nella storia da tutti quelli che fanno ‘casa’ ed esperienza di vita con Dio. Per esempio don Puglisi, ucciso per il suo costante impegno evangelico e sociale e così vicino ai nostri giorni! Egli trovava l’Unico e Necessario nella ricerca del Regno di Dio attraverso il Vangelo e nient’altro, nulla preferendo all’amore di Cristo. “Essere testimoni – richiamava – è necessario oggi soprattutto per chi conserva rabbia nei confronti della società che vede ostile…”. Un impegno totalizzante, quindi, che conduce ad una condizione di libertà, da riguadagnarsi ogni giorno. Per ogni credente – anche nel tempo della notte in cui scorre l’anno della vita consacrata – in quelle situazioni limite fatte di sofferenza, di colpa e di morte è la chiamata a riconoscere il significato di tutto ciò che si vive e si sperimenta per rendere testimonianza tangibile del Regno.

Una parola chiave per ‘ripartire’: solitudine

Negli ambienti più diversi del nostro mondo occidentale la tentazione di un attivismo più o meno sfrenato sembra aver contagiato proprio tanti, aprendo la strada a un nuovo idolo: mani(2)l’azione, il gettarsi nell’agire fino a non avere più il necessario distacco dal proprio operare… È scelta inconsapevole per non pensare? O per la necessità di essere necessari, quasi a proteggersi dalla solitudine? O, chissà, per l’illusione di essere significativi per gli altri? La solitudine, comunque, in tutto questo e forse più di ogni altra esperienza, esprime il lungo imparare dalla vita, che – secondo l’espressione di J. Garrido – ci convince della finitezza di ogni cosa; e vi riesce soprattutto quando la morte rivela la relatività di ciò a cui temerariamente ci si vorrebbe aggrappare come a garanzia di sicurezza. Affrontata con realismo credente e con fedeltà a Gesù Maestro, la solitudine si rivela parte importante dell’imparare a “contare i propri giorni” e dona una calma saggezza, quasi un definitivo conforto. Conduce insomma al punto di vedere se stessi come una ‘cosa’ che Dio ha voluto dire rivolto a questo mondo. E su tale strada si conoscerà la gioia di farsi compagni di viaggio per ogni fratello che, da straniero, attraversa la terra della propria vita; la gioia di far sentire a suo agio chiunque si incontri lungo il proprio cammino restituendo ad ognuno la possibilità di dirsi in verità e in totalità. Per riuscirvi però è necessario riscoprire personalmente la Parola, lasciarsene raggiungere, abitare, trasformare … Perché solo questo consente – in un tempo stanco di chiacchiere – di vivere le parole che si pensano e si dicono come piccoli passi per rimettere in ordine le priorità e tagliare ciò che non serve.

Gli idoli nella logica dei ‘primi’ …
9788898037148gGli anni vissuti non sono senza significato per la vita spirituale, anzi!… Perché Dio agisce proprio attraverso l’esperienza che la vita porta o consente ad ognuno. E ognuno, senza saperlo, nel suo cammino lascia entrare in sé degli idoli, i quali finiscono per popolare il suo cuore. Così succede che le sensazioni che li accompagnano o le si rifugge, oppure si è autentici e le si affronta. Ma se non si mette a fuoco alle radici il proprio malessere, facilmente si pensa a trovare le colpe fuori: negli altri, nelle strutture … fino a quando sport preferito diventa la maldicenza, che in modo sottile ed efficace fa sentire sempre innocenti e mai responsabili. Questo vale per tutti. Per i religiosi in particolare è più difficile smascherare i propri idoli perché in loro sono, in genere, più interiori e meno riconoscibili. D’altra parte per loro è più difficile anche restare a mezz’aria o barcamenarsi alla meno peggio. Così la prima tentazione che si sperimenta è rifiutarsi di guardare a se stessi; poi la fuga da se stessi; infine la fuga dalla vita comunitaria; si dice ciò che piace ai superiori e si agisce secondo quello che si immagina sia il loro desiderio… Su tutti gli idoli, comunque, il più pericoloso è fare le cose come se si fosse perfettamente osservanti, fingendo una interiorità che non c’è. Fino a quando le proprie convinzioni diventano più importanti dei fratelli e dell’incontro del proprio oggi con l’oggi di Dio. Ma Dio, che ama ognuno secondo il suo bisogno, urge contro le pareti meschine del cuore dei suoi figli e – presto o tardi, senza preavviso e sempre a modo suo – interviene nella vita di ogni creatura; fa a pezzi i suoi idoli e, se impietosamente ne svela la grettezza del cuore, è per rivelarle di nuovo l’Amore che fa vivere. E la crisi, che è lacerazione e sofferenza, vissuta alla luce e con la grazia di Dio, ridona la libertà che guarisce.

… e quelle crisi che non arrivano mai per caso
samaritanoLe reazioni coerenti certo non si improvvisano nei momenti più bui della crisi, quando tutto sembra perdere significato, persino la preghiera, e il rischio è andare a fondo. Eppure, quando si arriva ad accettare che non ci sia via d’uscita ad una situazione, proprio allora ci si accorge che la via d’uscita c’è. Uno spogliamento più radicale infatti può salvare perché lascia spazio a Dio di rivestire la creatura con la sua grazia e di incontrarla come medico delle sue ferite quale Egli realmente è. La risposta a Dio in realtà si rigenera solo dalle basi e per questo ognuno ha bisogno di confrontarsi con la propria storia e di indagare i luoghi che il cuore cerca di non guardare. Ci vuole grande grazia. Ma chi ne esce è libero. Davvero le crisi sono momenti speciali nell’essere discepoli di Gesù.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it