«La croce è qualcosa di più grande e misterioso di quanto a prima vista possa apparire…Non è semplicemente un simbolo privato di devozione, non è un distintivo di appartenenza a qualche gruppo all’interno della società, e il suo significato più profondo non ha nulla a che fare con l’imposizione forzata di un credo o di una filosofia. Parla di speranza, di amore, della vittoria della non violenza sull’oppressione, parla di Dio che innalza gli umili, dà forza ai deboli, fa superare le divisioni e vincere l’odio con l’amore» (Benedetto XVI)
Per il prossimo 30 giugno è prevista la decisione della Grande Camera della Corte Europea per i Diritti umani intorno al ricorso presentato dall’Italia sulla precedente sentenza della Corte di Strasburgo che lo scorso novembre bandiva il crocifisso dalle aule scolastiche pubbliche italiane.
In attesa dell’esito del giudizio, il tema è stato periodicamente occasione di accesi dibattiti, ma anche di riflessione per tutti.
Dieci Stati -fra cui la Russia- che fanno parte delle 47 nazioni del Consiglio d’Europa, hanno chiesto formalmente al Tribunale di potersi presentare ufficialmente come ‘parte terza’ quando verrà istituito il processo davanti alla Grande Camera. La condizione di amicus curiae, cioè appunto parte terza, permette agli Stati di poter presentare in forma ufficiale al Tribunale osservazioni scritte e orali in appoggio al testo del ricorso avanzato dallo Stato italiano, che chiede ‘una giusta revisione’ della sentenza. Altri Stati (come l’Austria o la Polonia), oltre a questi 10, si sono pronunciati contro la sentenza. In genere gli Stati membri si astengono dall’intervenire o intervengono solo quando il caso colpisce un cittadino del proprio Stato. Si tratta quindi di un precedente importante per la vita del Tribunale.
Nello stesso modo 12 organizzazioni non governative (ONG) sono state ammesse dal Tribunale come parte terza.
Nessuno Stato finora e nessuna ONG è intervenuta a sostegno della sentenza.
Anche 37 docenti di diritto di undici diversi Paesi, in un documento rivolto alla Grande Camera della Corte Europea, chiedono di rigettare quella sentenza, poiché «minaccia inutilmente la grande varietà dei simboli religiosi esposti nei luoghi pubblici di tutto il continente».
Anche i Vescovi greci avvertono contro la proibizione del crocifisso nei luoghi pubblici che il rispetto dei segni religiosi è necessario per la convivenza. I presuli insistono sul fatto che il rispetto reciproco delle tradizioni religiose è necessario in una società che sta diventando sempre più multiculturale.
Il caso del Crocifisso è unico e non ha precedenti. Dieci Stati hanno deciso di spiegare alla Corte qual è il limite della sua giurisdizione e qual è il limite di creare nuovi ‘diritti’ contro la volontà degli Stati membri. In tutto ciò si può scorgere un controbilanciamento del suo potere (Gregor Puppinck).
CEI: Crocifisso non impone
La CEI, in una nota del 17 giugno 2010, in vista dell’imminente decisione della Corte Europea, rileva che la presenza dei simboli religiosi e in particolare della croce non si traduce in un’imposizione e non ha valore di esclusione, ma esprime una tradizione che tutti conoscono e riconoscono nel suo alto valore spirituale, e come segno di un’identità aperta al dialogo con ogni uomo di buona volontà, di sostegno a favore dei bisognosi e dei sofferenti, senza distinzione di fede, etnia o nazionalità.
Il simbolo della croce non appartiene solo alla gran parte dei cittadini europei e non è espressione esclusiva di un indirizzo confessionale, ma è divenuto, per usare le parole di Gandhi, un simbolo universale che parla di fratellanza e di pace a tutti gli uomini di buona volontà. Su questa base si chiede una giusta revisione della sentenza di Strasburgo del 2009 per tener ferma la coesione e la solidarietà spirituale dei popoli europei che vogliono camminare insieme mantenendo le proprie identità e tradizioni storiche.
Si tratta di un momento di grande delicatezza, che tutto il mondo cristiano vive con particolare apprensione. Un evento che comunque può favorire l’arricchimento delle nostre coscienze e un approfondimento quanto meno personale del tema.
Crocifisso-SI’. Crocifisso-NO
Non vi è dubbio che la sentenza del novembre 2009 della Corte Europea è quantomeno discutibile. Il crocifisso è una cosa seria, perché non si gioca né con i simboli né con la tradizione. Ma non si può nemmeno ridurre un tema decisivo per l’educazione dei giovani ad una questione di schieramenti e opposizione, quasi un clima pseudo-referendario del tipo ‘Crocifisso SI’. Crocifisso-NO’. La scuola italiana è certamente laica, ma profondamente ancorata come tutta la nostra società a valori derivanti dalla religione e dalla cultura cristiana. Lo studente del nuovo millennio è già distante da una riflessione su se stesso per varie motivazioni esterne alla Scuola; se non viene stimolato e instradato a prendere coscienza dell’ambiente in cui vive, della tradizione che lo ha formato e che ancora ne scandisce inevitabilmente la vita, allora la nostra società continuerà a direzionarsi verso un futuro senz’anima. Fa riflettere il fatto che mentre in Italia qualcuno si mobilita contro il crocifisso, simbolo della partecipazione di Dio alla vicenda umana, negli Stati Uniti il presidente della nazione nell’assumere l’incarico giura sulla Bibbia e invoca la benedizione di Dio sulla nazione. E questo appare normale a tutti.
Certo non è solo un crocifisso che rende presente la testimonianza di cristiani nella scuola.
L’insegnante cristiana infatti, con o senza crocifisso, continuerà ad essere tale mentre si impegna anche nelle aule a spendere la propria vita per i bambini e i ragazzi. Con professionalità e con la pazienza e l’amore che il Cristo crocifisso dona a tutti e chiede a chi vuole seguirLo.
Se è dall’onestà della mente e dall’interiorità che inizia il viaggio più lungo della vita -quello interiore appunto- da questo viaggio che il cristiano realizza con e verso il Cristo può svilupparsi la forza per dire sì ai bisogni del prossimo. Ogni individualità si muoverà così per essere ponte verso tutti gli altri e una pietra nell’edificio della rettitudine per il bene comune.
Luciagnese Cedrone
Il mondo senza il crocifisso sarebbe meno umano
(Benedetto XVI)
Nella prospettiva del pronunciamento della Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo sul caso del Crocifisso nelle Scuole italiane, Umanesimo Cristiano ha promosso una tavola rotonda sul tema, quale occasione di riflessione, non solo per i cattolici, ma anche per i laici.
La tavola rotonda si è tenuta mercoledì 23 giugno 2010 nella Sala storica del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali a Roma. Ad essa hanno partecipato fra gli altri: il ministro Sandro Bondi, il presidente di Umanesimo Cristiano Claudio Zucchelli, il ministro Maurizio Sacconi, il cardinale Julian Herranz, il giornalista editorialista Piero Schiavazzi, il sottosegretario Gianni Letta, il sindaco di Roma Gianni Alemanno…). Erano presenti diversi rappresentanti diplomatici e delle autorità religiose, militari e politiche.
In apertura sono stati letti i messaggi e le dichiarazioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e del Card. Bagnasco.
Nella croce -è stato sottolineato- sono rintracciabili valori umani condivisibili da tutti. La croce parla di speranza anche ai non credenti; difende dalle utopie della giustizia senza libertà e della libertà senza verità; è segno di alto valore civico e spirituale, di pace, concordia e perdono.
Dalla tavola rotonda è derivato un messaggio per tutta l’Europa: la libertà non nasce dal cancellare la tradizione; un multiculturalismo indifferente è solo incomunicabilità perfetta. Il crocifisso invece è per tutti strumento d’identità e d’incontro. Se l’Europa lo riconosce evita la deriva nichilista che nasce dall’assenza di verità.
Luciagnese Cedrone