Agire nello stile di Dio coltivando uno sguardo nuovo su ogni cosa e persona. “Vedere” il
Bello uscendo dai propri blocchi e dalla sottile condanna a ripetersi. Condividere in cerchi fraterni sempre più allargati gli infiniti semi di Vita raccolti e, con la luce che ne è frutto, vincere insieme il buio della notte… È davvero possibile?!!
Dall’incensamento dell’io…
Sembra proprio che nella nuova società italiana si sia persa la capacità di mettersi in discussione e anche di manifestare rincrescimento per i propri sbagli, se non addirittura di provare senso di colpa. Certamente sempre meno gente esprime dubbi nel parlare; più facile invece è che si proclamino ‘opinioni’ regolarmente categoriche su ogni argomento! Beppe Severgnini riassume la situazione in questi termini: “Pochi oggi pensano, credono e ritengono: tutti sanno e comunicano”. Colpa della TV, che con l’insistenza di un martello pneumatico, inculca una falsa idea di sicurezza e un eccesso di ‘certezze’? O del fatto che oggi ogni bocca pare venga educata prima di tutto – se non solo – a mangiare e ad esigere? Certo è che se gli occhi ti dicono quello che uno è, la bocca rivela quello che è diventato (John Galsworthy). Il linguaggio ridotto all’essenziale di fatto esprime oggi tutta la povertà di comportamento e di pensiero delle persone… Ma per acquisirne consapevolezza, il cammino di ognuno esige il coraggio di fare verità dentro di sé e poi ricominciare di lì. E se il primo passo in tale direzione è disporsi a mettere se stessi in discussione, proseguire poi nel percorso a volte esige il bisturi e un bisturi senza anestesia! Intervento ‘chirurgico’ necessario in ogni tempo; preliminare comunque alla sperimentazione di qualsiasi ‘farmaco’ scelto per guarire le sempre più numerose relazioni spezzate, lacerate o tradite; le dolorose esperienze quotidiane di rapporti competitivi, conflittuali, litigiosi, o peggio ancora indifferenti!… E più di tutto per non correre il rischio di restare analfabeti del cuore.
… verso la logica del ‘cerchio fraterno’
L’identità personale in realtà si realizza nella relazione e “nessuno saprà mai chi è, senza ognuno degli altri”: ne è certo l’arcivescovo anglicano di Canterbury R. Williams. Il domenicano T. Radcliff precisa che sulla strada del Regno noi non conosciamo chi siamo senza il povero, l’anonimo e il silenzioso. E papa Francesco nel suo colloquio franco e libero con i Superiori Generali chiede ai religiosi di essere forza profetica e umanizzante del Vangelo attraverso la vita fraterna, recuperando la tenerezza e imparando ad accarezzare il conflitto… “Svegliate il mondo - ha detto – Siate testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere”. Cammino che certo richiede ad ognuno il tempo di tutta la vita e una sempre rinnovata disponibilità interiore a cercare insieme a quelli che non si è scelti e dai quali non si è stati scelti la comprensione intelligente delle cose e della volontà di Dio. E aderirvi con la fiducia che è più importante ciò che matura nel cerchio fraterno di ciò che sussiste dentro ciascuno.
Conversione relazionale cercasi
Una solitudine profonda emerge oggi come patologia sempre più diffusa e chiede, anche senza parlare, aiuto e cura. Ma come aiutare chi è prigioniero della sensazione vittimistica del “non ho via di scampo”, che, sì, può alleggerire la mente dal pensiero della necessità di impegnarsi, ma certo non porta da nessuna parte… Come rispondere al bisogno (che abita proprio tutti) di far parte, di essere ascoltati, di far sentire la propria voce e le proprie ragioni almeno nelle decisioni che riguardano la propria persona? Certamente la sfida è complessa. Lo è soprattutto in una società come la nostra che ha fatto un mito della ‘libertà’ individuale e del poter regnare almeno… nel proprio ‘orticello’; quando, persino nella vita religiosa, la vita fraterna sempre più spesso è sentita – e forse a volte anche inconsapevolmente vissuta – come male da rimuovere. Ma fraternità – e fraternità consacrata in primis – è crescere insieme; scoprire non la bellezza del competere con gli altri e del primeggiare su loro, ma la bellezza dell’imparare a fare ‘cerchio’ fraterno rimettendo ogni volta in ordine le priorità e ‘tagliando’ ciò che non serve. Per arrivare a scoprire che si può camminare insieme fraternamente senza eliminare le difficoltà, ma attraversandole in Cristo. Per questo in partenza c’è bisogno delle ginocchia e dell’invocazione allo Spirito che fa entrare nella logica del Vangelo e apre alla pace ben oltre i dissapori e le inevitabili sofferenze del vivere insieme.
Dal noi all’io…
Non dall’io al noi, ma dal noi all’io, quindi, per imparare a nutrirsi reciprocamente nonostante i conflitti e le delusioni. L’istinto facilmente porta all’individualismo mentale, che si concretizza e si esprime nell’isolamento, nella critica acida, persino in un’amarezza che sembra non passare mai. Questo se però gli si permette di agire. Certo non è facile accogliere dai fratelli con i quali si vive semplicemente l’affetto che sanno dare e il modo in cui sanno darlo; e non è facile nemmeno imparare a chiedere ciò di cui si ha bisogno senza diventare pretenziosi, lavorando invece su se stessi per neutralizzare atteggiamenti ed emozioni distruttive. Ma chissà!…forse le sofferenze personali sono consegnate ad ogni persona non perché le fugga, ma per poter leggere in sé i conflitti interni del proprio cuore illuminati da quelli esterni; o forse per imparare a servire la comunione cominciando ad apprezzare il mondo interiore dell’altro anche quando è in conflitto con il proprio. Certamente è possibile conoscere il mistero delle persone quando ci si accosta ad esse come piccoli, con stupore e con mani che non prendono, ma solo accarezzano. Ci vogliono però ragioni grandi nel proprio cuore perché il lamento non prevalga più sullo stupore e si cerchi di essere se stessi con il coraggio di andare oltre se stessi. E poi è necessario incontrarsi con assiduità per confrontarsi, dialogare e
gestire cristianamente le ferite interpersonali. Per condividere insomma quel che si ha e si è mettendo la relazione al centro della propria vita fino a sentirsi responsabili e nello stesso tempo bisognosi uno dell’altro. Con l’umile ascesi del ‘pensarci su’ il confronto si arricchisce delle parole umane più vere che nascono sempre al singolare. Si impara così a comunicare e a condividere e si scopre in prima persona che ristoro dell’esistenza è solo un amore umile e un cuore in pace.
Luciagnese Cedrone
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