Archive for febbraio, 2012

‘Disagio donna’ e dintorni

Senza categoria | Posted by usmionline
feb 28 2012

Notizie di abusi sulle donne e sull’uso del loro corpo secondo schemi di potere e di dominio ci giungono costanti… Ma oltre l’orrore, l’attesa inerte, quando non un ottuso stare a guardare minimizzando, che succede?!…

La vera questione?…quella maschile
 “Siamo tutti responsabili del disagio umano e sociale che lacera il nostro Paese”, denuncia Sr Eugenia Bonetti MC -responsabile dell’ufficio “Tratta donne e minori” dell’USMI. E lo ripete ovunque con e per tutte le religiose, che operano in Italia per combattere ed eliminare la tratta di donne e minori, specie per sfruttamento sessuale. È drammaticamente vero che non si è mai “ex” vittime. La rappresentazione che i media danno della situazione italiana, il più delle volte restituisce un’immagine femminile che non corrisponde alla realtà. Ma il quadro del problema -così come emerge dalla relazione di Rashida Manjoo, inviata speciale dell’ONU in Italia- non fa certo onore al nostro Paese.

L’Italia deve fare di più contro la violenza sulle donne e intervenire sulle cause strutturali della discriminazione e della disuguaglianza di genere. Invece è arrivata da noi una sentenza -pronunciata dalla Corte di Cassazione intorno allo stupro di gruppo- portatrice di un forte segno di regressione culturale. Discuterne pubblicamente è necessario: un’attesa inerte e un ottuso stare a guardare non sono certo comportamenti cristiani. È difficile per noi comprendere come la Corte abbia potuto equiparare lo stupro di gruppo allo stupro individuale, con l´argomento che il primo «presenta caratteristiche essenziali non difformi» dal secondo. Se il farlo in gruppo è un’aggravante quando si distruggono cose e si aggrediscono persone, o si partecipa a forme di protesta non autorizzate, perché, se si stupra una donna, invece diviene irrilevante?

Sulla ‘pari dignità’ resistenze maschili…
In Europa, ogni giorno, una donna su cinque subisce violenza. Nel mondo tale violenza maschile è addirittura la prima causa di morte per le donne: ogni giorno ne vengono uccise 7 dai propri partner o ex partner (cfr Redattore Sociale 17/01/2012). E il raptus e la follia omicida di cui parlano i media per ‘spiegare i fatti’ sono invece solo l’epilogo di un crescendo di violenza a senso unico, generalmente causato -si legge nel rapporto di Amnesty International- dall’incapacità di accettare le separazioni, da gelosie, da sentimenti di orgoglio ferito, da volontà di vendetta e punizione nei confronti di una donna che ha trasgredito a un modello comportamentale tradizionale. In ogni parte del mondo ci sono vittime di stupro e di violenza sessuale che si vedono negare l’accesso alla giustizia  e trasformare in imputate a causa della discriminazione di genere e di pregiudizi sul loro comportamento sessuale. È agghiacciante constatare che nel 21° secolo, con tutte le leggi che dovrebbero garantire l’uguaglianza e il rispetto della dignità delle donne, ci siano governi che di fatto non chiamano i responsabili a rispondere dei loro crimini. Widney Brown di Amnesty International ha dichiarato:”Ogni stupratore che rimane impunito rappresenta il segnale che le autorità sono indifferenti di fronte alla sofferenza delle vittime della violenza sessuale“.

…e compiacenti disattenzioni femminili
Il 96% dei casi di violenza sessuale non viene denunciato. E in Italia c’è anche chi con incredibile leggerezza è arrivato a chiedere la regolamentazione della prostituzione e la possibilità di riaprire le ‘case di tolleranza’, motivando la richiesta con il fatto che questo provvedimento potrebbe far entrare ingenti guadagni nelle casse dello Stato. Il che significa che si continua a considerare le donne come semplice merce da usare a piacimento e a pagamento. E peggio: se ne auspica anche un guadagno per lo Stato!

Perché non si opera davvero invece per debellare tutte quelle situazioni che possono indurre a ‘vendere’ il proprio corpo? Sappiamo tutti che povertà e indigenza possono spingere su questa via. Ci sono ragazze che si vendono per un posto di lavoro; o per fare carriera, quando non semplicemente per fare spettacolo o entrare nel mondo della moda e della pubblicità o della politica… Sono fatti che mettono ansia e angoscia perché la prima giovinezza è un impasto delicato di furbizia, ingenuità, voglia di spadroneggiare, vulnerabilità… Certo il silenzio o l’indifferenza su tale realtà rendono complici anche tanti cristiani! È invece una situazione di miseria culturale da riconoscere e nominare. Il solo modo per combatterla.

Il problema che rimane aperto: cambiare mentalità e cultura!
 Nel nostro Paese le donne vanno avanti da anni per strategie individuali, investendo su se stesse in formazione e cultura, e prendendo coscienza del proprio valore, nonostante tutte le difficoltà. La violenza si combatte cambiando la mentalità e la cultura di chi -sulla base della doppia morale sessuale inventata dall’uomo a suo favore- sposta il disonore da chi compie l’atto alla donna che lo subisce. È il  momento che fidanzati, padri, amici e colleghi anche da noi inizino una riflessione sui propri comportamenti. Nella battaglia per i diritti umani, per il rispetto e la dignità riconosciuti davvero ad ogni persona, sono essenziali anche il coinvolgimento e la solidarietà del mondo maschile. ‘Se non ora quando?’ vale anche per loro!

E nella Chiesa feriale che succede?…
Ma se nella nostra società -come ampiamente risaputo- la donna è ancora considerata non come risorsa di mente e di cuore quale è, ma per i vari servizi che può offrire (compreso quello sessuale!!), nella Chiesa a che punto siamo?

Nonostante le aperture personali di tanti e le scelte profetiche di Giovanni Paolo II (grazie alle quali, fra l’altro, due donne -per la prima volta dal 2004- entrano nella Commissione teologica internazionale!), la Chiesa, nel suo insieme, da noi ancora appare declinata al maschile. Siamo insomma ugualmente lontani dal considerare la donna per quello che essa è veramente.

Necessita a noi tutti la coscienza trasparente di chi percepisce con urgenza ciò che è davvero urgente e necessario, e, nel servizio al prossimo, cerca concretamente la misura della propria fede.

Donne e religiose
Senza potere reale, ai margini dei centri decisionali e a volte anche con poca considerazione da parte della gerarchia, eppure nel cuore della Chiesa se si vive generosamente con fede al centro dei problemi servendo la vita. Lo testimoniano, anche in Italia, le tante religiose, che, discrete e combattive, continuano a ritenere possibile un mondo più umano. Per realizzarlo lavorano non sul palco di un teatro, ma ‘per strada’, nella vita di tutti i giorni. E con la loro vita gridano ciò che non concorda con le pagine evangeliche dal cui ascolto sono impegnate a lasciarsi fare; e denunciano ciò che è molto di questo mondo, ma poco del Regno proclamato da Cristo. Così, nella Chiesa feriale, sono spina dorsale delle comunità cristiane. Insieme e a nome della comunità umana chiedono con forza politiche nuove e considerazione vera per la donna. Soprattutto chiedono il massimo impegno perché a rappresentarci siano le persone migliori. Lo dobbiamo almeno a noi stessi e alle nuove generazioni.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Un sogno da osare

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feb 15 2012

L’Italia è la nazione con la maggior concentrazione al mondo di veicoli a motore rispetto al numero degli abitanti: 3 automobili ogni 4 abitanti! In risposta all’urgenza crescente dei lamenti della terra, si tentano i più diversi interventi… La fede che cosa chiede al nostro agire quotidiano di credenti e consacrati? Siamo disposti a rinunciare… a che cosa?

La sfida più impegnativa
La crisi ecologica è oggi la prova planetaria più impegnativa per tutti. Davvero il Pianeta è minacciato da più parti. Conoscere il pericolo e affrontare la sfida di vivere in modo più sostenibile sulla Terra è dovere di tutti. Ma siamo davvero disposti e in quale misura -noi singoli cittadini e le Amministrazioni che ci rappresentano- a rinunciare alle abitudini comode e agli interessi di categoria che ci caratterizzano?

Quando la fede vive nel mondo reale
Più che mai oggi il credente è seriamente chiamato a interrogarsi sulla consistenza della propria fede e a rivederne i ‘segni’ nella storia. Perché è solo nel mondo reale che possiamo risvegliarci al bello e al sogno che Dio ha su di noi e che forse non osiamo più. Quale consistenza può avere infatti una fede che non si nutre di storia, di fatti, di volti, di dubbi, di lotte…, che – in sintesi – non integra la vita, partendo da essa e ad essa facendo tornare? Serve forse a qualcosa, a qualcuno se non genera nel quotidiano della propria storia un affidamento totale e completo allo sguardo di Dio, incrociato ogni giorno nell’incontro con Lui?

Per cominciare dal nostro piccolo…
È indubbio che lo sviluppo e la modernizzazione dei sistemi di trasporto hanno contribuito a rendere gli spostamenti urbani, il turismo, il commercio e le comunicazioni sempre più efficienti e competitivi. Hanno però anche incrementato i problemi ambientali (traffico, incidenti stradali, inquinamento, cambiamenti climatici…).

In risposta all’urgenza crescente dei lamenti della Terra La Commissione Europea mobilità urbana sostenibile da anni è impegnata nella promozione di trasporti ‘intelligenti’ e nell’incoraggiare spostamenti più ‘verdi’ e più ecologici, meglio organizzati e più semplici. Il che poi significa: possibilmente a piedi, o in bicicletta. In quest’ottica chiede agli amministratori di intervenire sull’organizzazione delle reti urbane di trasporto così da permettere ai cittadini di soddisfare le proprie esigenze primarie di accesso al lavoro, all’istruzione, al tempo libero e all’informazione in armonia con la salute dell’uomo e dell’ambiente.

Interventi innovativi sono già una realtà in Europa e in diverse città e comuni italiani: incentivazione dell’uso della bicicletta, pedonalizzazione dei centri storici, tassazione della circolazione di autoveicoli nelle mura dei centri cittadini…Ma, anche se il percorso è tracciato, la strada rimane lunga. È necessario infatti ripensare le infrastrutture stradali delle nostre città per decongestionare il traffico e garantire sicurezza. Servono piste ciclabili, più aree pedonali, punti di “nolo pubblico”, gratuiti o a pagamento, trasporti pubblici efficienti e non inquinanti…

Viaggi in centro con intenzioni ecologiche
Milano per dire basta a smog e polveri sottili, ultimamente ha introdotto un ticket anti-traffico di cinque euro per le macchine in entrata nell’area ‘C’ del centro. “E’ discriminante e folle pagare per rincasare”, hanno protestato dapprima residenti e commercianti. In risposta hanno avuto il messaggio: “E’ un sacrificio per il bene collettivo, una sperimentazione… Partiamo e poi in corsa si vedrà per le necessarie correzioni”. Il debutto, comunque, è stato sostanzialmente indolore e i milanesi per ora sembrano essersi convinti che almeno in una certa misura si può fare a meno dell’auto. Il dato significativo è la riduzione di un terzo delle auto in ingresso in città.

Sempre a Milano un’altra idea di mobilità innovativa: il Car sharing (noleggio di auto) che dà la libertà di avere a disposizione una vasta gamma di veicoli, utilizzabili in qualsiasi momento anche solo per un’ora. Dell’auto scelta si paga solo il tempo in cui la si usa e i chilometri che si percorrono; quindi senza i costi fissi di manutenzione, rifornimento, tasse e assicurazione legati a un’auto di proprietà. Attualmente il car sharing è attivo in diverse città italiane compresa la capitale.

Progetto ‘Piedibus’
In diverse località dell’Europa e dell’Italia si vedono circolare da qualche tempo biciclette e auto totalmente elettriche, si possono noleggiare biciclette (bike-sharing), fare viaggi in condivisione di auto private (car pooling)… Ma il futuro elettrico è ancora lontano.

Invece i ‘bus a piedi’ si sono subito diffusi nel Nord Europa e da qualche anno sono in rapida evoluzione anche in Italia. Bambini e genitori sono coinvolti negli spostamenti casa-scuola senza l’utilizzo delle auto. Il servizio è gratuito e si regge sul volontariato. Nato con lo scopo principale di promuovere l’esercizio fisico nei bambini, subito si è rivelato utile anche alla socializzazione e all’autostima dei piccoli. Itinerario definito e protetto, orari precisi, fermate stabilite, meno auto nei pressi delle scuole, meno rumore e meno inquinamento. Nell’insieme: città più sicura, pulita e a misura di bambino. Uno stile di vita da rivalutare proprio quando la vita corre sempre più in fretta.

Camminare per ‘fare’ parole diverse
In realtà siamo cosi indaffarati da lasciarci forse sfuggire quell’esperienza semplice e fondamentale per ‘conoscere’ che è il camminare.

Camminare coinvolge tutto il corpo e la partecipazione dei sensi. È risaputo che tanti sono gli effetti benefici che il moto costante e regolare ha sulla salute… Una passeggiata al giorno riduce lo stress. Ha un’azione preventiva contro le possibili malattie cardiovascolari. Scarica le tensioni, diminuisce l’ansia e la depressione. Stimola a rivolgere attenzione al proprio corpo e alle sue esigenze. Soprattutto aiuta l’esperienza e le domande a interiorizzarsi, permettendo così alla persona di raggiungere un migliore equilibrio tra mente e corpo.

Anche il semplice camminare può diventare perciò una prima risposta al mondo che intorno a noi e dentro di noi ci chiede di maturare un coinvolgimento e una diversa vigilanza, capace di ispirare nuovi comportamenti e nutrire nuovi sogni; una testimonianza che permetta alla nostra fede di non dire solo parole di speranza, ma di ‘fare’ parole che si prendono direttamente cura della Terra e in qualche modo la trasformano e guariscono.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Se non noi, chi?

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feb 02 2012

                  Nel nostro Paese si coglie una comprensibile e crescente
                  domanda di equità e di giustizia sociale
                  che sentiamo risuonare in noi in profondità e intensamente.
                  Non è rumore di fondo, o chiacchiericcio inutile.
                  È espressione sana di sacrosante esigenze di imparzialità redistributiva…

20 febbraio 2012: Giornata Mondiale della Giustizia Sociale
Istituita all’unanimità dai 192 Stati membri delle Nazioni Unite nel 2007, e celebrata per la prima volta nel 2009, la Giornata Mondiale della Giustizia Sociale rappresenta oggi più che mai un invito pressante a tutti i Paesi perché intraprendano azioni concrete che diano senso ai valori universali della dignità umana e della opportunità per tutti. Noi pure vogliamo prepararci a celebrarla (se non noi, chi?) con un piccolo sogno: che tutte le persone consacrate nel mondo sappiano, intanto, che questa Giornata esiste; che ognuno la celebri come può: con azioni, idee creative e concrete aperture di speranza; che tanti, tutti si uniscano almeno per pregare affinché il grande sogno per un mondo più giusto si trasformi in realtà.

Domanda di equità e giustizia sociale cresce in Italia
 “Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio” (Mich. 6,8) Dappertutto nel nostro Paese si coglie una comprensibile e crescente domanda di equità e di giustizia sociale. Non è rumore di fondo, o chiacchiericcio inutile. È invece espressione sana di sacrosante esigenze di imparzialità redistributiva, mentre la crisi economica e finanziaria continua a produrre costi umani molto elevati, ma rimane grande la disparità economica e sociale.

Situazione contraddittoria
-         Soltanto una persona su cinque gode in Italia di un’adeguata sicurezza sociale. E mentre i prezzi dei generi alimentari, dell’energia, della benzina… aumentano, un fardello sproporzionato è portato dai poveri, che certo non sono in grado di sostenere i rincari. Soddisfare le necessità primarie diviene una lotta quotidiana per chi già fa fatica ad arrivare a fine mese. Se poi in famiglia qualcuno si ammala, o un anziano ha bisogno di assistenza, o si perde il lavoro, allora il problema diventa sopravvivere e si sperimenta in ogni istante il volto duro della privazione, del sacrificio e della rinuncia.

-         Cosa dire, in questa situazione, di fronte a chi – nonostante tutto – incassa ancora retribuzioni o pensioni di centinaia di migliaia di euro e trattamenti di fine rapporto di sei o sette milioni? Di fronte a chi continua a vivere di privilegi, di spreco, di ostentazione, di urla, di escort?…

-          “Eccoci impegnati con una realtà che ha durezze talvolta invincibili. …Abbiamo veramente compreso che la «perfezione» individuale non disimpegna da quella collettiva?”, rifletteva già a suo tempo Giorgio La Pira. La nostra oggi, più di allora, è crisi di cuore: tocca il sentimento di appartenenza alla comunità. E muore la politica. Che politica è infatti quella che non nasce per difendere il bene comune o comunque non lo persegue con coerenza, con riforme anche radicali quando è necessario?

Se non ora, quando?
Riuscirà il governo, con la promessa equità della sua manovra, a riportare gli italiani a credere nella politica, a non aver paura di impegnarsi nel preparare quel futuro, necessariamente diverso, che nuovi segni dei tempi vengono prefigurando?
Certamente ogni discorso sull’equità perde di senso, quando la manovra non incide sull’evasione fiscale e sulla distribuzione tra il reddito e il patrimonio; quando deputati e senatori semplicemente si coalizzano solo per difendere decisioni portate avanti con pretese di autotutela corporativa (pensiamo anche solo al ‘diritto al vitalizio’, o al ‘no’ della Camera all’arresto di Cosentino!).

La crescita economica non può avvenire certo a prescindere dall’equo accesso al benessere sociale e alla giustizia di ciascuna persona. Siamo costretti a rilevare che in gioco ormai c’è la decenza etico-morale del rapporto tra eletti ed elettori. I cittadini onesti non capiscono.

Ci auguriamo che la politica sia in grado di mantenere le promesse fatte. Che il governo riesca nel proposito di combattere la corruzione, cominciando ad eliminare i privilegi che consentono a troppi di vivere ‘di politica’. Che riesca a ‘moralizzare’ stabilendo regole trasparenti con le quali restituire il potere di decisione ai cittadini, eliminando le aberrazioni che proliferano un po’ ovunque. Che il piano SalvaItalia, tradotto in decisioni concrete, si incentri davvero sulla dignità umana di tutti e consenta un lavoro decoroso per una vita decorosa per tutti. Tutta una generazione di giovani aspetta di essere riconosciuta nei suoi nuovi e specifici problemi per poter coltivare prospettive davvero concrete e una reale integrazione. Un mondo del lavoro chiede riforme che assicurino condizioni degne della persona umana…

Popoli ‘crocifissi’: segno dei tempi
La crisi che stiamo vivendo è solo la più recente manifestazione di profondi squilibri globali. Vi sono popoli depredati come quello del Congo; popolo ignorati come quello di Haiti; popoli perseguitati per il loro credo religioso come quello della Nigeria. Vi sono popoli inondati (Thailandia, Filippine, America, Cina…); popoli provati da tensioni, violenze, guerre (Siria, Afghanistan, Iran…); popoli affamati, mentre compagnie straniere producono ciò che però esporteranno nei loro Paesi d’origine… Sono i popoli crocifissi del nostro oggi: i vinti della storia, del mercato, delle guerre e delle società attuali. Sono ancora, come sempre, il segno dei tempi per chi li vuole leggere. Intraprendere azioni nuove -che scaturiscano finalmente da uno spirito di solidarietà e con l’unico obiettivo di riequilibrare l’economia mondiale e nazionale- è quanto mai necessario e urgente.

Se non qui, dove?
Alla luce di questi segni, ci conceda Dio di aprire gli occhi su orizzonti più vasti di quelli a cui siamo abituati, imparando nello stesso tempo a vedere persone del nostro quotidiano di cui forse non ci accorgiamo neppure; lasciandoci contagiare dai “buoni” – che pure ci sono in ogni tempo e anche nel nostro – nell’agire e più profondamente ancora nell’essere.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it