Archive for settembre, 2010

USMI: in comunione per la comunione

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set 28 2010

La velocità del tempo che scorre mi sorprende sempre di più.

In questi giorni nei quali, dopo la pausa estiva, si stanno avviando le molteplici attività e iniziative dell’USMI, riprendono i contatti, le comunicazioni, le condivisioni, i consigli a vari livelli, i convegni e gli incontri programmati già nell’anno precedente.

Sono davvero tanti!

Mi domando spesso: serviranno?

Ma, al di là della domanda, che a mio avviso è bene tenere sempre aperta, un fremito di commozione mi prende perché penso alla vita e alla vitalità che sottendono tutte le nostre iniziative. Comprendo che il fondamento e il senso profondo della realtà dell’USMI è un Dono prezioso ricevuto gratuitamente.

La comunione dei carismi e tra i carismi è la dinamica che muove tutto tra noi.

Infatti la vita dell’USMI si fonda e si alimenta al Dono che Dio fa costantemente alla sua Chiesa: suscitare molteplici carismi perché esprimano nel tempo la vita della Trinità, Amore che sostanzia la relazione tra le divine Persone, Amore di misericordia che per natura dilaga senza risparmi ovunque un uomo o una donna hanno fame e sete di amore e di verità.

Lo statuto della nostra Unione cita infatti al n.1:

“L’Unione favorisce ed esprime le esigenze di comunione tra gli Istituti femminili – nel rispetto e nella valorizzazione delle specificità dei vari carismi – per promuovere un dinamico inserimento della Vita Consacrata nella Chiesa in Italia”.

Come conseguenza logica, la passione della carità reciproca ci spinge ad amare il carisma e la missione le une delle altre, passione che si trasforma in un gioioso metterci a servizio reciproco perché ogni Famiglia religiosa nella Chiesa e nel mondo sia davvero bella, e manifesti la bellezza dell’amore di Dio per ogni creatura che Egli ama e che vuole salva.

Anche per questo secondo aspetto incontriamo le seguenti affermazioni al n. 4 dello stesso Statuto

 “  L’Unione nell’ambito della sua identità ecclesiale: Promuove l’approfondimento dell’identità carismatica della Vita consacrata secondo l’insegnamento del Magistero della Chiesa, gli orientamenti della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

Favorisce, mediante opportune iniziative, la comunione e la collaborazione tra gli Istituti religiosi e le Società di Vita Apostolica;

coordina i rapporti di comunione e collaborazione con la Conferenza Episcopale e con i singoli Vescovi;

individua le sfide socio-culturali del nostro tempo per cercare insieme risposte profetiche, in coerenza con l’identità di donne consacrate e presta attenzione alle nuove forme di vita consacrata”.

Sono due linee fondamentali molto importanti che dovremmo meditare a lungo per ri-comprenderle e per viverle in maniera sempre più visibile, gioiosa, appassionata.

L’identità e la ragion d’essere dell’USMI non si limitano dunque e non coincidono con le molteplici attività che svolge seppur interessanti e di qualità, l’identità dell’USMI è essere  volto femminile e amante della Chiesa comunione, sempre in missione.

Ecco che cosa sottendono tanto impegno e tante iniziative!!

L’amore di Cristo ci spinge e ci rende feconde, l’amore dei fratelli ci rende attive e infaticabili nella gratuità del dono.

Desidero perciò raggiungere con il pensiero e l’affetto le tantissime sorelle che nella gratuità più piena offrono tempo, lavoro, genialità e creatività per programmare, animare, guidare, sollecitare , incontrare a livello nazionale, regionale e diocesano, in una rete di rapporti davvero capillari, le realtà in cui le religiose sono presenti e per coinvolgere tutte nell’unica missione che il Signore ha affidato alla vita religiosa femminile nella chiesa italiana e nel mondo. A tutte il mio grazie ed il mio incoraggiamento a perseverare nel compiere il bene, nel credere che nella costruzione della casa “ si dura molta più fatica a porre le fondamenta, ma se queste sono ben fatte e solide la casa vien su più velocemente” (cfr S. Caterina da Siena ), nell’amare il progetto di Dio che ci ha poste in mezzo ai fratelli come seminatrici di speranza consapevoli che chi fa crescere e maturare i frutti del nostro lavoro è soltanto Lui.

A tutte auguro un anno ricco di pace e di benedizione.

sr M. Viviana Ballarin o.p.

(Presidente Nazionale USMI)

Una visione sulla vita consacrata – Attualità e prospettive

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set 23 2010

 Don Pascual Chávez V., SDB -Presidente della Unione dei Superiori Generali- ha accettato di condividere con noi alcune sue riflessioni sulla vita consacrata. Lo fa in nome della nostra comune vocazione di persone consacrate, chiamate a rendere testimonianza che Gesù continua ad essere vivo in mezzo agli uomini e alle donne di questo tempo. E anche perché oggi, paradossalmente, la vita consacrata si trova a fare i conti con una profonda crisi d’identità, di credibilità e di visibilità, che si traduce nel calo vocazionale e in una perdita di stima non soltanto da parte della società, ma anche da importanti settori ecclesiali e degli stessi religiosi. 

Nella rubrica NEWS pubblichiamo il testo completo che Don Chavez ci ha fatto pervenire, certi che titolo e contenuti ci aiuteranno a vedere ed apprezzare meglio il momento presente e il futuro della Vita Consacrata.  (L.C.)

UNA CASA DELLE ASSOCIAZIONI

Società | Posted by usmionline
set 20 2010

A Roma la solidarietà non basta mai, e sempre nuove esigenze richiedono nuove risposte per far crescere le potenzialità di tutti coloro che hanno scelto di vivere la carità, associazioni comprese.

Prendiamo ad esempio, il problema del caro affitti. La capitale è la città più cara d’Italia per quanto riguarda gli affitti, seguita a ruota da Milano. Nella classifica mondiale è al 29esimo posto, in quella europea è all’ottavo, grazie al costo medio di 2.300 euro al mese per un appartamento in centro. La cosa strana è che i prezzi sono saliti anche durante gli ultimi due anni, segnati dalla crisi economica. Del resto, il trend di crescita dura da oltre dieci anni: Il Sunia ha infatti calcolato che tra il 1999 e il 2008 i canoni delle abitazioni sono aumentati del 145%.

Il perché non è facile da spiegare. Si può dire che, nonostante la crisi, la capitale attira molte persone che hanno bisogno di soluzioni abitative in affitto, basti pensare agli studenti, a chi lavora negli organismi governativi o internazionali o nelle ambasciate. Si può dire anche che probabilmente proprio la crisi finanziaria ha risvegliato l’interesse per il mattone in chi aveva fondi da investire, e questo ha contribuito a tenere alti i prezzi.

Fatto che sta che questo è un problema per molti: le famiglie, e soprattutto le giovani coppie, spesso costrette a cercare soluzioni nelle città-satellite o nelle campagne attorno alla città; gli studenti, che devono affrontare una spesa media per una stanza di 440 euro; gli stranieri, costretti a coabitazioni forzate in costruzioni spesso fatiscenti; gli artigiani e i titolari di negozi, che chiudono a uno a uno lasciando il campo ai supermercati.

Ma questo è un problema enorme anche per i gruppi di volontariato, per le associazioni, per tutte le realtà di terzo settore di dimensioni medio-piccole. Proprio queste realtà, però, costituiscono una risorsa preziosa che sul territorio costruisce tessuto sociale, oltre a rispondere a bisogni, povertà e solitudini cui nessun altro saprebbe dare ascolto. In Italia esistono 20mila piccole organizzazioni di volontariato, i cui membri si impegnano gratuitamente, l’80% delle quali ha bilanci di meno di 10mila euro l’anno: basano tutto sulla gratuità dell’impegno e sulle risorse che i volontari stessi possono mettere in campo. Per loro, pagare un affitto a prezzi di mercato è impossibile. Ma, senza di essi, il nostro Paese sarebbe sicuramente peggiore di quello che è.

Servirebbe, allora, una “Casa delle Associazioni”. Esperienze di questo tipo esistono già, in varie città di Italia, in genere al Nord. Spesso sono le amministrazioni locali, più raramente qualche fondazione o ente non profit, che mettono a disposizione una struttura. Ad ogni associazione viene assegnata una o due stanze, mentre altri spazi (ad esempio per le riunioni) e servizi (telefono, internet, fotocopiatrici, eccetera) sono comuni. Si può chiedere un affitto contenuto, o un contributo alle spese.

La richiesta di una sede può sembrare un lusso, ed in effetti ci sono molti gruppi che fissano come sede legale la casa del presidente e si riuniscono dove possono, magari in parrocchia. Ma avere un punto di riferimento stabile è importante sia dal punto di vista dell’organizzazione, sia da quello dell’identità del gruppo. La carità, purtroppo, non si realizza solo con la buona volontà: servono anche strumenti di gestione, computer, telefoni, luoghi di riunione, lavoro di segreteria. E anche un minimo di privacy, visto che nei computer delle associazioni ci sono, in genere, dati sensibili degli utenti, oltre che dei volontari stessi.

A questo progetto sta lavorando, a Roma, la fondazione Talenti, che cerca quindi un ordine religioso disposto a mettere a disposizione spazi adeguati. La “Casa delle Associazioni”, opportunamente regolamentata, potrebbe poi essere gestita dall’ordine stesso, oppure da una cooperativa che si assuma gli oneri organizzativi e gestionali.

Roma ha bisogno di solidarietà, ma per offrirla servono mezzi: questo è uno dei più importanti, proprio perché farebbe crescere le potenzialità delle associazioni.

Paola Springhetti

Fondazione Talenti – Roma

Hawking e il nulla dell’autocreazione

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set 14 2010

 «Dio non esiste, l’universo nasce dal nulla»: lo afferma il famoso astrofisico mondiale, Stephen Hawking, scienziato inglese di 68 anni condannato all’immobilità su una sedia a rotelle e privo della parola per un’astrofia muscolare progressiva. Lo scrive nel suo ultimo libro, “The Grand Design”, che sarà in libreria in concomitanza con la visita di papa Ratzinger (prevista per il 16 settembre 2010) nel Regno Unito. Hawking, in un suo precedente libro, Una breve storia del tempo, una decina di anni fa aveva sostenuto che non c’è incompatibilità tra un Dio creatore e la comprensione scientifica dell’universo. Ora, dunque, ci ripensa e afferma che il Big Bang, la grande esplosione che ha creato il mondo, fu una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica. Per usare le sue parole:«Poiché esiste una legge come la gravità, l’universo può essersi e si è creato da solo, dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui c’è qualcosa invece del nulla, il motivo per cui esiste l’universo e per cui esistiamo noi».

Solo una rispettabile opinione

Hawking comunica grazie alla tecnologia, ha tutte le spiegazioni della sua malattia, fornitegli dalla scienza. Eppure la medicina non gli dirà mai perché proprio lui è stato colpito dal male e qual è il significato della sua sofferenza. Allo stesso modo egli ci dice com’è nato l’universo, ma non ne affronta il perché. Nella realtà però l’uomo non ha bisogno solo di una teoria che spieghi come è nato il mondo: ne cerca anche il significato. «Quello che Hawking afferma non è provabile. E non essendo provabile, misurabile e negabile non appartiene alla fisica. È solo un’opinione» (Massimo Robberto). Non c’è scienza che possa negare l’esistenza di Dio. Così il fisico Antonino Zichichi, presidente della Federazione mondiale degli scienziati con forza dichiara: «Se c’è una logica nell’universo c’è anche un creatore. Hawking riesca a dimostrare il teorema della negazione di Dio oppure stia zitto».

Scienza e Mistero

«La fisica di per sé -sostiene l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams- non risolve la questione del perché c’è qualcosa piuttosto che niente. Per lo stesso motivo potremmo affermare che siccome gli aeroplani volano grazie alle leggi della fisica, sono stati creati dal nulla senza il bisogno di un inventore». In realtà finché esisterà, l’uomo che ha lume di ragione non rinuncerà a domandarsi il significato della vita e della morte, del male e della bellezza.

Domanda di senso (soprattutto di fronte alla natura)

L’astrofisico dello Space Telescope Science Institute di Baltimora Massimo Robberto riflette:«Dio ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché gli uomini Lo cercassero, se mai arrivino a trovarLo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. Tutta la realtà ci è data come se il Mistero continuamente ci dicesse: Guardami. Sono qui. E tu ti guardi attorno, e non lo vedi. Ma senti questo richiamo. Non si svela. Perché si sveli occorre l’incontro con un Uomo». Per il cristiano quest’Uomo è Cristo nella cui persona l’uomo e Dio si sono perfettamente uniti. In Lui l’abisso è superato. Egli è il centro dove convergono tutti i raggi dell’universo. «Io non so -continua Massimo Robberto- se la fisica possa dimostrare o meno l’esistenza del Mistero. Ma la realtà ha dentro un richiamo oggettivo per chiunque. Noi lo cerchiamo, non è lontano, ma non è dato scoprirlo: occorre che Qualcuno lo annunci, deve passare da un’altra parte».  

Quello che dobbiamo fare anche se costa sacrificio e fatica è cercare di recuperare la complessità della realtà. Hawking in fondo decide di fermarsi, di smettere di cercare questo Mistero. Mentre la realtà, come avviene nel rapporto amoroso, rimane fonte inesauribile di provocazione e bellezza. Così più scopriamo, più siamo incuriositi. Stabilire la fine di questa dinamica porterebbe alla malinconia e alla disperazione.

Tra evoluzione e fede

Evoluzionismo e cosmologia sono i temi sui quali è intervenuto più volte Nicola Cabibbo, fisico italiano di sicuro tra i primi in campo mondiale e da poco purtroppo scomparso. Profondamente credente egli ha affrontato con grande equilibrio il rapporto fra conoscenza scientifica e testo biblico, fra scienza e persona umana. Sul rapporto tra scienza e fede sottolinea che la teoria dell’evoluzione non è in contrasto con l’opera della Creazione e che le due non si contraddicono affatto. Sono gli ‘-ismi’, cioè il creazionismo che pretende di negare l’evoluzione e l’evoluzionismo che pretende di negare la Creazione, che entrano in contrapposizione proprio perché si fa confusione tra i due piani.

Alle parole di Stephen Hawking due altri grandi intellettuali italiani rispondono:«La scienza non può porre difficoltà alla fede, perché quello che scopre è vero e non può essere in contrasto con la creazione» (Giuseppe Tanzella-Nitti). E Giulio Giorello: «Oggi tra gli scienziati cattolici è chiarissimo che si può benissimo credere nell’evoluzionismo e nella Creazione (non nel creazionismo). Dire il contrario è come sostenere che la Terra è piatta o che il Sole si muove perché così dice la Bibbia».

Ma il perché davvero “ultimo” per cui l’universo esiste (e nell’universo esisto io, ciascuno di noi) è una domanda alla quale le leggi della fisica non intendono né possono rispondere. È però una domanda che l’essere umano in quanto tale non può non continuare a porsi.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Solo folklore?

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set 06 2010

La visita del leader libico Gheddafi a Roma (29-31 agosto 2010) con le amazzoni che gli fanno da guardia del corpo e la tenda beduina; con il carosello dei cavalli e le hostess reclutate per un deliberato spettacolo di proselitismo; con gli show a beneficio delle telecamere e le sue “provocazioni” su un futuro musulmano per l’Europa: lascia l’amaro in bocca e strascichi pesanti, ma anche il bisogno di riflettere più a fondo su alcune questioni.

Gli affari non sono tutto

P. Samir Khalil Samir, gesuita egiziano, docente di storia della cultura araba e di islamologia presso l’Università Saint-Joseph di Beirut, commenta:«Non possiamo riempirci continuamente la bocca di belle parole sui diritti umani quando ci rivolgiamo all’interno dell’Europa, e poi far finta  di niente con un capo di Stato straniero che è al potere  da 41 anni e spesso ha mostrato disprezzo per i diritti fondamentali della persona umana; che lo ha dimostrato anche recentemente con centinaia di eritrei rinchiusi nei campi di detenzione. Lui non parla solo di affari, si atteggia a predicatore dell’islam. Qualcuno gli faccia notare che per noi gli affari non sono tutto». E anche che «i suoi show sono possibili grazie a quella cultura ebraico cristiana, che ha reso l’Europa libera, laica e democratica», commenta duramente il Presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia Giuseppe Piperno, aggiungendo che finalmente vengano definiti invece, e una volta per tutte, gli indennizzi e i risarcimenti degli ebrei dovuti scappare dai pogrom del 1967 e di tutti gli italiani con l’avvento al potere di Gheddafi nel 1970.

Ancora ci si chiede:

-         perché Gheddafi fa il suo siparietto a Roma e non a Parigi o a Berlino?

-         possiamo definire tutto questo semplicemente folklore pensando alle condizioni disumane degli innumerevoli esseri umani deportati nei campi di concentramento libici dopo l’approvazione nel nostro Parlamento del cosiddetto “pacchetto sicurezza”?

I diritti umani interessano davvero?

Il presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori  e consulente della Commissione parlamentare per l’infanzia afferma:«Vorremmo poter conoscere in che stato versano i bambini, spesso in tenerissima età, reclusi nei campi di accoglienza libici dopo il loro respingimento dalle coste italiane». Le autorità libiche infatti non hanno mai avviato indagini sui casi denunciati, né sulle persone responsabili.

E il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, molto critico sull’accordo Italia-Libia, spiega che «sull’immigrazione non si può affidare il presidio dell’intero fronte africano ad un solo Paese e sulla base di accordi bilaterali che prevedono, in cambio, contratti di carattere economico a vantaggio della Libia e dei nostri imprenditori». Per il vescovo, «è un errore affrontare in questo modo il problema dell’immigrazione. Non verrà mai fermata finché esistono situazioni di conflitto e di povertà».

L’Europa destinata a diventare islamica?
Le “minacce” di Gheddafi su un’Europa «nera» invasa dagli immigrati incassano solamente un “no comment” da parte di Bruxelles. Ma per P. Samir Khalil Samir, quella sull’islamizzazione dell’Europa è «una previsione non certo campata in aria. Ed io starei attento a liquidarla come una boutade di poco conto». Per questo egli invita a «guardare ai fatti» e cioè al tasso di natalità degli europei che è «la metà di quello degli immigrati di provenienza extracomunitaria, in gran parte musulmani». Nel 2050, ci dicono i sociologi, una persona su cinque sarà musulmana.

Totalitarismo islamico e cristianesimo

Benedetto XVI è forse fra le poche personalità del nostro tempo ad aver capito profondamente l’ambiguità in cui si dibatte l’islam contemporaneo e la sua fatica nel trovare un posto nella società moderna. Già da cardinale aveva visto con chiarezza la difficoltà essenziale del rapporto socio-politico con il mondo musulmano: la concezione totalizzante della religione islamica. Per questo egli insiste nel dire che non dobbiamo cercare di proiettare sull’Islam -il quale non fa distinzione fra religione e politica- la visione cristiana del rapporto tra le due. Il che mette i cristiani nella situazione delicata di non-cittadini e rende l’Islam una religione totalmente diversa dal cristianesimo e dalla società occidentale.

La violenza e il nulla

Papa Ratzinger offre un’analisi a tutto campo sulle piaghe dell’Islam contemporaneo e sul modo in cui musulmani radicali e progressisti cercano di guarirle. Rileva che i terroristi uccidono e alimentano tanta violenza, ma la gente reagisce e non in loro favore. I terroristi dunque non riescono ad imporre né la sharia, quando lo vogliono fare, né un loro sistema di violenza che possa cambiare politicamente un Paese. Ma i tentativi continueranno finché non si capirà che la violenza non porta a nulla.

Via per la convivenza mondiale

 Il papa sta proponendo all’Islam una via per costruire la convivenza mondiale basata non sul dialogo religioso, ma su quello culturale e di civiltà, sulla razionalità e su una visione dell’uomo e della natura umana che viene prima di qualunque ideologia o religione.

Questo puntare al dialogo culturale spiega la sua scelta di assorbire il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso dentro al più grande Pontificio Consiglio per la cultura. Egli chiede perciò all’Islam un dialogo basato sulla cultura, sui diritti umani e sul rifiuto della violenza; e all’Occidente di ritornare a una visione della natura umana e della razionalità in cui non si escluda la dimensione religiosa. In questo modo – e forse soltanto così – si potrà evitare un conflitto delle civiltà, trasformandolo invece in un dialogo. D’altra parte chi «esercita la carità in nome della Chiesa sa che l’amore nella sua purezza e nella sua gratuità è la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo e dal quale siamo spinti ad amare» (Deus Caritas est).

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Quando si ama a “distanza di sicurezza”

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set 01 2010

Se si parla di Rom è inevitabile pensare a una realtà lontana, distante da noi, a un mondo da tenere a bada, sotto controllo, da integrare con le buone o con le cattive e dal quale strappare tutto ciò che ai nostri occhi appare come un problema.

Ma «a guardare sempre dalla stessa parte -dice un proverbio africano- il collo s’irrigidisce». Non può essere che questa rigidità abbia colpito in qualche modo anche chi rimane troppo fermo nel pensare ai Rom solo come a una minaccia?

Chi sono i Rom

Rappresentano la minoranza etnica più numerosa d’Europa. Si stima che siano fra i 12 e i 15 milioni. La maggior parte vive in Romania, ma il nome “Rom” non ha niente a che fare con questa regione: deriva da una parola indi che significa “uomo”.

Si ritiene che vengano dall’India, da dove sarebbero partiti fin dal primo millennio dopo Cristo, per raggiungere l’Europa nei secoli successivi. Con l’allargamento negli ultimi anni dell’Unione Europea, molti sono partiti per andare a ingrossare le comunità già esistenti in Francia, Spagna, Italia o altrove. Perché nei paesi d’origine la vita è davvero difficile. Esclusi dalle scuole e con un tasso di disoccupazione a volte vicino al 100 per cento, si è aggiunta oggi la crisi economica a far sì che diventino Rom anche i più poveri dei cittadini non Rom. Solo una piccola minoranza comunque vive nei cosiddetti ‘campi rom’.

In passato sono stati lanciati in Europa programmi per l’integrazione, ma non sono mai stati una priorità. Due anni fa è stato convocato il primo summit europeo sui Rom, con l’obiettivo di combattere a livello nazionale e comunitario le discriminazioni e di migliorare le condizioni di vita di questa minoranza. Obiettivo -come è sotto gli occhi di tutti- ben lontano dall’essere raggiunto.

Giro di vite di Sarkozy

Così continuano ad esserci, su diversi territori d’Europa, Rom che nemmeno in anni di convivenza hanno imparato le regole del vivere civile, come ci sono Rom che vivono e lavorano tranquillamente perché hanno voluto e saputo integrarsi. Solo che questi ultimi non fanno notizia.

I Rom sono tornati al centro dell’attualità quando Parigi, che dall’inizio dell’anno ha espulso più di 8000 cittadini di origine Rom, ha proposto agli occupanti dei campi smantellati un rimpatrio ‘volontario’, organizzato dall’Ufficio per l’immigrazione che versa un aiuto di 300 euro per adulto e 100 per bambino. Una deportazione legittimata in nome della sicurezza. In realtà capro espiatorio per veicolare contro un nemico comune il malcontento dell’opinione pubblica. Capita quando l’economia va male e i governi non riescono a dare risposte vere.

Di fronte alla decisione del governo francese di procedere allo smantellamento dei campi e al rimpatrio di intere comunità Rom, il segretario del Pontificio Consiglio ripete che le espulsioni non possono essere “collettive”: «Bisogna stare attenti alle differenti situazioni e non si può colpevolizzare un’intera popolazione per violazioni di legge commesse da alcuni».

Malgrado le critiche che questa politica dei rimpatri sta suscitando in tutta Europa, la Francia non si ferma.

Il ‘modello’ bolognese e fiorentino

Al di là delle dichiarazioni di principio dei governanti, i Rom continuano a essere vittime di discriminazioni nella maggior parte dei paesi europei dove vivono o dove transitano.

Ma tra i Rom bolognesi c’è voglia di stabilità. Non è più la stagione dei grandi accampamenti e degli sgomberi. Così si cerca di organizzare piccoli gruppi o famiglie con figli che vanno a scuola.

A Firenze una mozione del PDL propone di smantellare i campi rom, ritenendo le spese comunali per i campi nomadi sproporzionate a fronte del ridotto numero degli abitanti.

Tante Associazioni di Volontari che assistono i nomadi dei campi (abusivi e non) romani e milanesi, rilevano le conseguenze negative degli sgomberi: a pagare più di tutti sono i minori, che devono interrompere il percorso scolastico; e le famiglie non ammesse nei campi regolari rischiano di finire in condizioni abitative peggiori di quelle precedenti.

Da parte sua la Commissione Europea ha annunciato che sta elaborando un rapporto sulle azioni compiute in Francia, che sarà presentato nel corso della prossima settimana. Il problema sarà affrontato a livello europeo. Ma concretamente che cosa si riuscirà a fare?

Decisivo è l’amore

Costruire con tutti la vita così come Dio la vuole è possibile soltanto se si fa dell’amore un imperativo assoluto, se ci si dispone a imparare da Lui: che continua a guardare ognuno con tenerezza e sorriso; e che manifesta la Sua grazia con la stessa generosità e bellezza dentro la vita dei Rom, come all’interno delle nostre bellissime cattedrali.

Bisognerebbe vivere con i Rom, relazionarsi con loro alla pari, guardarli in faccia per poterli realmente conoscere. Così come fanno ogni giorno tanti volontari, laici e religiosi. Perché è difficile amare qualcuno a distanza di sicurezza, o preoccupati solo di risultati da sbandierare.

È necessario invece cominciare a educare e curare il proprio sguardo per riuscire a scoprire frammenti di umanità anche nel ‘margine’, interiorizzato come luogo di vita. In questo caso le distanze pian piano si riducono fino ad annullarsi e senza accorgersene.

La sicurezza infatti certamente è necessaria, ma è un obiettivo da perseguire nella quotidianità e prima di tutto attraverso la costruzione di comunità locali ricche di coesione e di solidarietà. 

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it