Archive for dicembre, 2010

Il Tempo/bussola per la Pace

Senza categoria | Posted by usmionline
dic 28 2010

Ci piace partire in qualche modo insieme verso il nuovo anno -anche dalle pagine di Fatti in controluce-  lungo il cammino della pace, verso una comprensione sempre più profonda della realtà, e in essa del nostro compito.

Abitare davvero il tempo… Come?

Parliamo di ieri, di oggi e domani, lo facciamo in modo vago illudendoci di capire, di afferrarne il senso. Comprendiamo che il tempo è certamente la risorsa più preziosa e non rinnovabile di cui disponiamo. Ci sappiamo anche chiamati a percorrere il presente come veri figli di Dio, che sanno di avere una patria altrove, e proprio per questo vivono nella patria terrena con la capacità di distinguere ciò che è essenziale da ciò che è superfluo.

 «Se qualcuno perde dell’oro o dell’argento, potrà ritrovarlo, ma se perde un’occasione, non potrà ritrovarla». Così si esprimeva un monaco anonimo, facendo eco al Carpe diem dei latini. Ci hanno sempre insegnato a ‘correre’ per non perdere l’attimo fuggente. Ma ci chiediamo: stiamo sviluppando, intanto, la capacità di riconoscere l’occasione giusta? Siamo in grado di distinguere l’opportunità da cogliere al volo, rispetto all’illusione che è da smascherare e lasciar cadere? Il tempo è come un fiocco di neve, scompare mentre cerchiamo di decidere cosa farne (R. Battaglia).

Dalla speranza cristiana l’impegno per la pace

«Dove la vita umana non è protesa verso Dio, dove non è impegnata al Suo appello e invito, ci si sforza di superare la spossatezza, la vacuità e la tristezza che nascono da tale mancanza di speranza» (H. Schlier). Vedeva bene D. Bonhoeffer: Soltanto dove c’è Dio, c’è il nuovo e l’inizio… E in un altro passo: Cristo ti chiama a porre un nuovo inizio, abbi il coraggio di farlo confidando soltanto in lui. La speranza cristiana in realtà non si sviluppa dalla nostra vita, dai nostri calcoli e previsioni, ma viene da Dio, ci è donata da Lui. Il suo contenuto è quello di cui il Signore ci riempie e ci riempirà, se ci fidiamo totalmente di Lui.

Amici o prigionieri del tempo?

Ma la vita quotidiana è vissuta in genere da noi con un’inesorabile mancanza di tempo e quindi con profondo senso di frustrazione e di impotenza. Siamo presi da tante cose, corriamo e corriamo e qualche volta senza sapere dove… Poi succede anche solo un evento, e ti rendi conto che il tempo non è come l’aria, inafferrabile. Lo stai sprecando, perdendo… E intanto si affievolisce il senso della verità e della responsabilità, si scredita l’eroismo della fedeltà, mentre tutti i legami diventano più o meno solubili.

Meno chronos , più kairos

Gli eventi che attraversano i giorni della nostra vita possono restare Chronos, semplici fatti di un passato che non ritorna (l’occasione colta o persa) oppure diventare Kairos, “vissuto”, “storia”, e assumere un valore che va al di là dell’occasionalità. Si tratta di liberarsi dalla schiavitù del tiranno Chronos, per ritrovare la libertà di scegliere, di dar peso alle realtà che lo meritano. E imparare così ad afferrare  Kairos, il Tempo che permette di capire chi siamo realmente e dove vogliamo andare; accorgerci di chi ci sta intorno e individuare i  sogni e i valori che vogliamo difendere. Il Tempo che ha sapore e costruisce una realtà nuova; il Tempo opportuno che sta preferibilmente nel qui e adesso, perché solo nel presente ci sono le situazioni che chiamano dove Dio si manifesta. E si manifesta, come dice Pascal, attraverso gli avvenimenti e gli incontri. Purtroppo, spesso e volentieri siamo sordi a queste chiamate e tendiamo a mettere i si e i no al posto sbagliato.

Creature di relazione e di pace oggi?

È il Signore la pace che sorge dentro i nostri confusi conflitti. Lui la speranza vincente sul nostro pessimismo. Non possiamo infatti progredire nell’amore dei fratelli, se non amiamo Dio. E d’altra parte non possiamo amare Dio se non apriamo il nostro cuore all’amore verso i fratelli. Condotti dalla Sua Parola, passiamo dal vivere per qualcosa al vivere per qualcuno; dal fare le cose per mestiere o per buona abitudine alla passione di comunicare il proprio tesoro, che, anche se contenuto in vasi d’argilla (2Cor 4,7), è annuncio di salvezza e di gioia. Il discepolo non passa attraverso il Tempo – fatto appunto di avvenimenti e di incontri – come il turista, che fissa alcune immagini e alcuni suoni, prima di tornare a casa propria. Il discepolo resta all’interno della realtà, come il lievito che fa gonfiare la pasta, come il sale che si confonde con gli alimenti. E ogni tempo diventa così un Kairòs per dire il proprio eccomi. Un eccomi che ravviva la quotidianità ed è seme di pace che non muore.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

IL NOSTRO NATALE 2010

Senza categoria | Posted by usmionline
dic 23 2010

Il Signore viene, Re di giustizia e di pace! (salmo 71)

Molti lo attendevano, ma ciascuno con una propria idea di regalità, di giustizia e di pace.

Il Signore viene, forse deludendo molti anche oggi; viene e prende carne, abita in mezzo a noi, assume il volto della “compassione”.

Maria, donna dell’ascolto impregnato di fede, lo riconosce fra molti e senza esitare, lo accoglie nel suo grembo, gli dona la sua maternità e finalmente lo porge a noi che, dalle tenebre fitte di una umanità smarrita, imploriamo “misericordia”.

Lui viene con il volto della compassione e assume il grido dell’umanità di tutti tempi.

I nostri fondatori, come Maria, lo hanno riconosciuto, lo hanno accolto e, nella molteplice varietà dei carismi continuano nel tempo il mistero dell’incarnazione del Verbo. Loro diventano prolungamento della “compassione” del Figlio di Dio; e in ogni tempo fiorisce la speranza sulla terra.

E noi oggi?  

Sicuramente la parola “compassione” emerge spesso dalle pagine delle nostre Regole di vita e noi, comprendiamo che la missione a cui siamo chiamate ogni giorno, è proprio quella di prolungare il natale di Gesù sulla terra, di generarlo nel cuore di chi incontriamo, di riconoscerlo nel povero, nel debole, nel senza tetto, nell’angosciato, nel disoccupato, nelle persone sfruttate e maltrattate dalla società, nel prenderci cura di Lui in questi fratelli e sorelle.

Ogni volta che fiorisce nella nostra mente e nella nostra azione un gesto di amore, lì Gesù è nato, è natale,  dunque, tempo di luce, di speranza, di giustizia e di pace.

Non occorre andare molto lontano per vivere questo. E’ la nostra chiamata e missione di ogni giorno.

Si tratta di avere un cuore sveglio, di saper vedere e di saper ascoltare. 

“Il Signore viene, Re di giustizia e di pace!”.

 Una testimonianza:

 “ Care sorelle,

questa sera il sonno non vuole arrivare, dopo una giornata fatta di corse, di pianti, di dolore implacabile della mia mamma.

Una giornata di lavoro e di fatica, di senso di vuoto e di mancanza.

Poi finalmente  a casa e trovo il tempo per pensare. Penso che mi piacerebbe poter pregare tutte le sere con l’intensità con cui pregate voi. Penso che vorrei riuscire a vivere nel profondo del Signore. Penso che le sensazioni che ho provato nella vostra cappella mi hanno lasciata piena di gioia e con una pace  straordinaria nel cuore.

Sono convinta che ogni cosa accade per una ragione e quindi il fatto che mio papà sia mancato lì da voi…avervi conosciute, aver ricominciato ad avvicinarmi alla preghiera…nulla è un caso…

Spero che un giorno la mia fede nel Signore sia talmente forte da potermi rendere suo strumento per aiutare altre persone….

Credo che sia la prima volta  in vita mia che trovo persone, al di fuori della mia famiglia, pronte ad accogliermi e guidarmi.

Non so cosa posso fare per ringraziarvi”.    Valentina 

Valentina si è appena laureata in giurisprudenza con il progetto di continuare i suoi studi, ma la morte immatura del suo papà, che gestiva e dirigeva un’azienda, le ha fatto cambiare programma. Ha interrotto gli studi per portare avanti con due suoi fratelli l’azienda del papà e questo, perché come famiglia hanno deciso di non mettere in difficoltà i dipendenti con il licenziamento.

Davvero, una piccola perla che, brillando, ci annuncia che Gesù è nato!

Buon Natale!

 Sr M. Viviana Ballarin o.p.

Presidente Nazionale USMI

Comunità cristiana e pedofilia

Società | Posted by usmionline
dic 16 2010

Il buio e il cielo

Grande abbondanza di informazioni, ma anche profonda confusione. Due suicidi tragici (di un sacerdote e di un diacono) nell’Italia degli ultimi giorni. È ancora cronaca in margine ad abusi sessuali perpetrati su minori da parte del clero della Chiesa cattolica. E ancora è bufera mediatica, polemiche di ‘circostanza’, un fiume di parole. In un certo senso, «come da una profonda voragine», continua a riemergere dal passato «quella grossa nube di sporcizia che insudiciava e rabbuiava tutto cosicché soprattutto il sacerdozio improvvisamente appariva come un luogo della vergogna ed ogni sacerdote era sospettato di essere “uno di quelli”». Con queste parole Benedetto XVI introduce la sua risposta, molto ampia, a Peter Seewald sugli scandali degli abusi sessuali nel libro-intervista Luce del Mondo – Il Papa, la Chiesa, i segni dei tempi, appena pubblicato dall’Editrice Vaticana. E aggiunge con forza: «Quello però che non deve mai succedere è che si fugga e si faccia finta di non vedere…».

Perché il silenzio?

Invece reticenza e uno strano silenzio sembrano emergere nel mondo dell’educazione e della cultura, che avrebbe al contrario tutta la competenza per parlare. Così, mentre in tutti lo sgomento cresce ogni volta che emergono nuovi casi di persone usate e violate, anche noi siamo presi da sentimenti di rabbia e sconforto con il rischio di rimanerne paralizzati. È come se un panico morale impedisse ad ognuno di fare chiarezza sul problema. Il che certamente non aiuta a proteggere i bambini, né a delineare i contorni dello spinoso problema. La pedofilia tocca ogni categoria di persone: stimati professionisti, amici, familiari, politici, sacerdoti, docenti, allenatori sportivi, educatori… Fra i pedofili condannati risultano esserci persone celibi e anche persone sposate con figli. Il che smentisce il luogo comune, certamente diffuso, di una equivalenza fra pedofilia e celibato; mentre ricorda a tutti che i giudizi sommari rischiano solo di contribuire a creare quel clima di sospetto che fa scivolare in una forma di abuso di altro tipo.

Aprire spazi di dibattito e di confronto

Il problema è complesso e in ogni caso mai veramente chiarito soprattutto sotto il profilo delle possibili responsabilità. Una sfida per chiunque e un appello rivolto alla coscienza dei credenti e dei religiosi.

In un clima di fiducia tradita e di sospetto, come aiutarci a ritrovare i fondamenti del vivere insieme facendo tesoro del dono della comune fede? Come comunicarci reciprocamente il messaggio di liberazione del Vangelo e conoscere in che modo la Chiesa può essere nel mondo di oggi annuncio della vera Notizia che reca gioia?

È giusto e importante prima di tutto che la comunità ecclesiale sappia guardare in faccia con coraggio e attenzione a quanto capita. Prendere esempio dal Papa, che nel libro citato, con semplicità di linguaggio, senza reticenze e con grande sofferenza e sincerità, concede l’intervista sì per rendere partecipe il grande pubblico del suo pensiero, del suo modo di essere e di concepire la stessa missione che gli è stata affidata; ma anche per aprire discussioni su temi e problemi di grande attualità, non certo per chiuderle.

Il problema vero: la formazione

Una cosa è certa: per introdurre cambiamenti necessari e duraturi in ogni campo della vita e della storia, occorre partire dal riconsiderare la formazione che la comunità, anche attraverso i suoi formatori, di fatto offre ai giovani. Verificare se è formazione unitaria e integrata; se possiede le caratteristiche di una formazione umana, morale, intellettuale e spirituale nello stesso tempo; se davvero cioè l’accompagnamento dell’adulto è qualificato e in grado di fare chiarezza sulle reali motivazioni dei giovani, sulla loro storia di vita e il concreto cammino di fede. Perché nelle relazioni, negli affetti e nel vissuto possono nascondersi ferite profonde che ad un certo punto esplodono. La formazione risulterà adeguata e non vuota quando la vita spirituale non sia sganciata dall’esistenza, ma radicata nella profondità della persona. Allora questa persona potrà dirsi realmente impegnata a vivere una relazione profonda e affettiva con il Signore Gesù, con una disciplinata vita di preghiera.

Il ruolo della comunità, ovvero: il problema della formazione permanente

Anche alla luce di quanto detto finora è evidente quanto sia indispensabile che non solo l’educatore, ma ugualmente ogni adulto della comunità, in prima persona, si alimenti quotidianamente e con freschezza immutata dell’ascolto affettivo della parola di Dio; sia realmente impegnato a trovare e rafforzare la propria identità in questa nostra società liquida; a conoscere e riconoscere perciò i propri limiti per vigilare su di essi e, guidato dalla grazia, diventare evangelicamente libero; capace di conoscere e di compiere la volontà di Dio; di dire con la vita la bontà dei valori in cui crede e riuscire così a trasmetterli.

Se quel che conta nell’affrontare ogni situazione è la vita interiore che si riesce a coltivare, essa si gioca, tutta e interamente, nel presente eterno della propria coscienza e nella capacità di amare.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Ansia di pubblica moralità

Società | Posted by usmionline
dic 09 2010

«È ormai tempo di svegliarvi dal sonno» (Rm 13,11): riecheggia questa Parola nel cuore del cristiano, che, orientandosi sulla bussola del Vangelo, cerca di tenere in mano il timone della sua imbarcazione nell’oggi del tempo in cui è chiamato a vivere, e che tanto plasma ognuno senza che se ne renda conto.

La tv come unica fonte di notizie

La crisi della politica tradizionale in Italia si è intrecciata negli ultimi anni con l’affermarsi dei suoi tratti più deleteri. Ogni giorno una storia, uno scandalo, una polemica, un caso. Ovunque si vive di malaffare, di illegalità, di soprusi. Da molte parti si incita all’odio per il fisco e per la ‘diversità’ fino a vere e proprie forme xenofobe ai limiti del razzismo. Cresce intanto il numero di chi stenta a mettere insieme quanto serve per le necessità quotidiane. La TV invece presenta la faccia dell’Italia che non vuole pensieri, lo schermo che distrae dalle preoccupazioni, il luogo dove la realtà è rappresentata e spettacolarizzata, anche nei suoi aspetti minimali, invece che descritta. I media, nei quali si insinua e diffonde la logica che pubblicità e programmi siano la stessa cosa, sono diventati formidabile strumento di creazione di consenso.

Una parte dei ceti medi del lavoro autonomo viene appoggiato con agevolazioni fiscali e condoni, a spese del lavoro dipendente e del mondo della cultura. Ne derivano: crescita della conflittualità sociale, mortificazione economica del lavoro dipendente e una politica giocata sempre più al ribasso. L’humus insomma dal quale questa nostra Italia rischia di essere plasmata sono l’edonismo, il disimpegno e un individualismo spinti agli eccessi.

E´ venuto davvero per tutti il momento di fermarsi e pensare e studiare in maniera sistematica e complessiva la situazione.  

Studenti in rivolta

Sono i giovani a mettere in moto per primi un processo di contrasto a qualsiasi tipo di compromesso nella vita pubblica. Invadono le strade d’Italia; arrabbiati e creativi, occupano monumenti simbolici delle città, rifiutano metodi non trasparenti e clientelari. Apparentemente mossi da un’ansia di pubblica moralità, si muovono per primi contro il culto della personalità e ogni attacco alla giustizia. Se consideriamo che la loro è un’età slegata da calcoli politici e lontana da opportunismi, la scelta dei giovani ci sembra naturale. Gli studenti in rivolta si dimostrano pronti a battersi contro la programmata riforma della scuola e perché la concezione utilitaristica e opportunistica della politica siano respinte. Essi sono espressione di quella porzione di società che da sempre è in cerca di democrazia e giustizia, di informazione e uguaglianza.

Una piazza pubblica di cittadini critici e vigili 

È l’ora di uscire dall’indifferenza e dall’apatia di fronte al degrado della vita pubblica, l’ora di svegliare l’opinione pubblica di cittadini critici, vigili sulle regole della democrazia e disposti a impegnarsi in prima persona. Abbiamo dormito troppo, chiusi forse nel semplice pensiero degli interessi personali o nella sterile difesa dei diritti della Chiesa. Discernere sulla propria vita e su quanto accade dentro e fuori di noi è condizione primaria per essere o diventare discepoli. E i diritti della Chiesa in realtà sono i diritti dei poveri, degli emarginati e degli esclusi.

È tempo perciò che i cattolici agiscano, non mirando a una fetta di potere, ma operando in tutti i settori della vita pubblica con una coraggiosa testimonianza di onestà e di competenza; pronti a situarsi dentro le ferite di questo nostro mondo e ad aiutare i giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro, creando le occasioni per non lasciare inoperose migliaia di braccia e di menti; per loro e con loro guardare coraggiosamente al futuro.

Da pensieri onesti e da analisi senza pregiudizi, da un “sapere” veritiero anche se probabilmente scomodo, potrà nascere l´Italia migliore che tutti vogliamo: «più giusta, più libera, più attenta ai diritti di tutti, alla cultura della memoria e al fascino del futuro».

 ‘Il cammino è tracciato’

Il tempo di Avvento che stiamo vivendo possa renderci più attenti, vigilanti e recettivi; capaci di rileggere situazioni e cronaca quotidiana alla luce del Vangelo; impegnati a testimoniare alle persone con le quali ci troviamo a vivere che dentro ciascuno di noi abita l’esperienza di un incontro che ha cambiato la nostra vita. Buon cammino!

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Mercato o persona: chi al centro?

Società | Posted by usmionline
dic 01 2010

Nuovi stili di vita

«E’ urgente cambiare stili di vita e fare una revisione profonda del modello di sviluppo globale», ha detto il Papa all’Angelus dell’altra domenica con l’occhio e la mente evidentemente rivolti ai risultati deludenti del recente G20 di Seul. Sullo sfondo la crisi economica. Dalla crisi non si può prescindere. Quello di Benedetto XVI è un appello imperioso destinato a tutti gli uomini di buona volontà e in modo particolare ai credenti, perché si impegnino a:

-         disegnare i tratti di una nuova società, a partire da alcuni ambiti irrinunciabili: il problema angoscioso del lavoro, la cura dell’ambiente, le nuove forme di impresa e la tutela della salute;

-         riprendere efficacemente alcune grandi direttrici presenti nella Caritas in veritate;

-         lasciarsene ancora ispirare per costruire concretamente nuovi cammini a servizio dell’uomo, della sua vicenda, del suo futuro;

-         destinare maggiori risorse per la ricerca di base in agricoltura tropicale e la cura delle malattie;

-         operare perché a nessuno manchino il pane e il lavoro;

-         fare scelte che preservino l’aria, l’acqua e le altre risorse primarie come beni universali.

La priorità del lavoro tra crisi e risorse

Ma come riuscire a modificare stili di vita e abitudini, a partire dal punto di vista ambientale energetico? Come ridimensionare apparenza, esibizionismo, superficialità per valorizzare invece l’esistenza di ogni persona? Come rivitalizzare e riorganizzare le relazioni individuali e sociali? Si tratta di imparare ad accogliere e custodire la creazione come bene collettivo e dono che non ci appartiene, ma di cui abbiamo necessità per vivere; di abitarlo come si abita la propria casa, salvaguardandolo da attacchi violenti e distruttori.

Tutti conosciamo i dati della disoccupazione giovanile e della generale precarietà del lavoro in questo tempo di economia globalizzata, il cui rimedio più efficace paradossalmente sembra essere la famiglia, usata come ammortizzatore sociale. Sappiamo che dal consumo con facilità si passa al consumismo con il suo stile di vita individualista e superficiale. Ma nessuno in realtà è ciò che consuma. Se al posto della produzione di ricchezza viene posto il benessere complessivo della persona, tutto cambia. E allora possono cambiare anche gli stili di vita. Per mirare a questo, in partenza è necessario radicare la propria vita in una prospettiva trascendente, che vada al di là della storia (Notari); coltivare perciò uno sguardo capace di andare oltre, molto lontano, per poter meglio guardare anche ciò che è molto vicino.

Crisi, il “Sud” indifeso

La globalizzazione c’è e con essa facciamo i conti tutti, senza eccezioni. Ma è importante conoscere come funzioni il sistema economico mondiale; scoprire a scapito di chi e di che cosa si fondi la prosperità dell’Occidente, mentre i Paesi più poveri e marginali non escono dai loro problemi. Come gravati da una zavorra che li trattiene al suolo, infatti, non decollano, non si sviluppano. Sono invece le disuguaglianze a crescere, mentre si indeboliscono le aree già deboli.

Strade obbligate per la ripresa

Una nuova società può essere soltanto opera di tutti e di tutti insieme. Dalla crisi non si esce, se non insieme. E al di fuori dei valori forti della fraternità, del bene comune e della giustizia -che orientano le persone a realizzare nel concreto quotidiano il sogno di Dio sul tempo e sulla storia- non c’è sviluppo autentico. Anzi: alla lunga non c’è sviluppo tout court!

In questo scenario, il principale dilemma che i governi si trovano a fronteggiare consiste nel bilanciare i tagli con appropriate misure per rilanciare l’economia. Riforme basate su tagli a senso unico, al contrario, renderebbero l’uscita dalla crisi ancora più incerta e difficile, esasperando ulteriormente le tensioni sociali. Chi dice che la ripresa è iniziata mente, oppure fa riferimento al comparto bancario che incomincia momentaneamente a respirare dopo gli aiuti ricevuti dai governi e dalle istituzioni internazionali.

Guardare al futuro, radicati nella speranza

E’ urgente che la consapevolezza di questa situazione generi in ogni persona un consumatore critico, con il suo diritto ad essere informato sulle condizioni ambientali e sociali di produzione del bene acquistato e formato alla cittadinanza attiva  e alla responsabilità per un nuovo stile di vita.

Bisogna umilmente ammettere che la liberalizzazione economica e le privatizzazioni, invece di creare benessere per l’intera umanità hanno generato l’opposto: la concentrazione del valore prodotto dall’intera collettività nelle mani di pochi, circa il 10%, e la riduzione in assoluta povertà del 20% della popolazione. Dare in mano ai Grandi Privati e alle Multinazionali le risorse da cui dipende la sussistenza dell’intera società è un crimine contro l’intero creato. Per uscire dalla crisi le soluzioni ci sono ma è prioritario mettere in atto un’“ecologia dell’educazione e delle relazioni” e che le riforme abbiano un unico obiettivo: la ridistribuzione della ricchezza!

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it