Archive for ottobre, 2011

Che cosa “fare” nel tempo presente?

Senza categoria | Posted by usmionline
ott 31 2011

Pianeta dilaniato e sbigottito

Un interrogativo (quello del titolo) che vuole sintetizzare tante domande vive e che inquietano nel presente smarrimento sociale, politico, culturale di un ‘mondo di cui Dio non si è pentito’. La valutazione del presente esige di essere liberata da ogni ottimismo beota: l’uomo ha smarrito se stesso e questo suo peccato collettivo, imputabile alla società nostra e al consorzio umano del nostro mondo, porta la storia ad essere la storia del dominio e della guerra. (G. Barbaglio).

La bugia al potere

Così:

-     Le ‘democrazie’ sono diventate campi di battaglia in cui la vittoria è lasciata alla forza materiale e non alla forza della ragione.

-     La guerra, sempre figlia della menzogna pubblica (nazionale e internazionale), continua a produrre inganno quando è creduta; e a ingenerare sfiducia quando è scoperta.

-     L’accondiscendenza del popolo, che crede alle menzogne, e in questo modo le perpetua: un fatto certamente non solo dei nostri giorni! (cfr EZ 13,10!)

-     Troppe politiche seguono una ‘doppia verità’ a seconda delle convenienze e delle utilità: il dittatore è ‘accettabile’/amico e alleato da accogliere, e diventa orco da sopprimere di cui si fa vedere il linciaggio praticamente in diretta TV (in Italia per Gheddafi è stato così!), suscitando un orrore che ipnotizza, a cui purtroppo ci si abitua.

-     Davanti a noi una casta preoccupata di perpetuare se stessa e i propri privilegi, mentre progressivamente si allontana dal contatto con i cittadini e dall’intera società.

-     L’andamento delle Borse tiene quotidianamente banco nell’informazione, e nessuno spazio o quasi si dà al dramma di cinquanta milioni di morti per fame registrati ogni anno; tanto meno all’economia di pura sussistenza in cui vivono diversi popoli, se non interi continenti.

-     I mezzi di comunicazione, usati spesso come strumenti di menzogna e di inganno, fanno l’interesse di chi li usa a discapito del bene dei destinatari.

-     Cieli, terra e mari, intanto, un po’ dappertutto risultano sempre più inquinati come discariche.

Chi siamo noi di fronte a tanto?

La verità è che sull’uomo incombono rischi che spesso distolgono da un ‘fare’ positivo senza forse che egli ne diventi nemmeno consapevole. Non abbiamo forse tutti, qualche volta, fatto esperienza di quell’attivismo esagerato che rode dentro? o di una certa routine che blocca la persona a ripetere le stesse azioni? O forse della presunzione che irrigidisce, o della stanchezza che fiacca…

Tutto questo vuol dire allora che l’uomo è anche impotente ad uscire da quei vicoli chiusi in cui va a cacciarsi? E che, alla fin fine, è relitto di un naufragio esistenziale e storico senza limiti, per cui riesce, tutt’al più, a sognare e progettare vie solo ideali di ‘uscita’?

Ma per la soluzione vera del problema della pace sulla terra, a ogni persona serve una fede grande  nelle risorse operative presenti comunque nella natura dell’uomo!

E noi?…

È indispensabile lasciare che tutto questo arrivi al cuore di ogni uomo e lo inquieti, se davvero vogliamo che nelle persone maturi la domanda dei gerosolimitani agli apostoli:”Che cosa dobbiamo fare fratelli?” (Atti 2,37). In questa direzione, già questo fermarsi a riflettere insieme è un ‘fare’.

La forza infatti per cambiare le cose e la storia scaturisce dalla propria verità di uomo, è riconoscibile nella felicità della persona e ‘parla’ nella sua riuscita. È quindi, prima di tutto, questione del proprio vero essere, del proprio essere autentico. Un modo di agire gratuito, disinteressato, umile, pacifico, mite è già messaggio che modifica la realtà.

Sfida permanente

Si riuscirà allora a recuperare nel mondo politico e nel vivere quotidiano il senso di un impegno che sia davvero servizio e non dominio? A realizzare una politica non riducibile a mera gestione del potere, ma finalizzata a grandi traguardi?

Il vero problema è trovare in sé, tutti, la forza di tornare al confronto delle idee e dei progetti concreti. Arrivare, sempre più in tanti, a un confronto che sia serrato, forte, polemico anche, se necessario. Ma serio e costruttivo.

Solo la comune fede in una umanità capace di fare questo, ci metterà in grado di rovesciare il segno negativo della politica e della nostra storia.

Che cosa dovrò gridare? (Is 40, 1-11)

Abbiamo visto in questi anni cadere i regimi del Nord Africa e sognato di essere di fronte ad un’autentica primavera politica. Ma se le ribellioni produrranno democrazia e diritti umani, o se ad esse seguiranno scelte autoritarie, repressione, ostilità per le minoranze, una nuova arroganza dei vincitori… dipenderà anche dal nostro Occidente democratico. Forte della sua antica civiltà, vorrà rivedere in modo stabile il suo atteggiamento verso le dittature e i regimi autoritari, di qualsiasi colore e natura siano? Saprà educare se stesso e tutti a crescere nell’esperienza della democrazia vera, che è nello stesso tempo libertà e responsabilità?

Il compito specifico dei cristiani e dei religiosi nella storia: essere profeti …

I cristiani della Chiesa primitiva, come anche -nella tradizione- il popolo dei profeti, non si sono mai ridotti a un atteggiamento di passiva rassegnazione, arrendendosi quasi per forza maggiore. E non hanno mai vissuto come esperienze di disperazione le smentite storiche delle loro attese. Hanno voluto e saputo invece rilanciare la loro speranza storica, legata a questa terra e al suo destino.

…e camminare insieme nella verità

Ci è necessario:

-      Lasciare che la realtà di questo tempo e le sue domande ci arrivino al cuore.

-      Verificare il cammino che stiamo facendo insieme a tutti – e farlo in     comune – nella verità del Vangelo.

-       Recuperare il senso di una profonda comunione spirituale.

-       Creare così una larga comunità di spirito e di cuore e tenerla viva attorno alla Parola.

Sarà questa comunità a rivelare l’incisività del Regno realizzato in una rete di rapporti autentici.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

“Il dialogo è finito?”

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ott 20 2011

Un evento globale per promuovere dialogo e democrazia

Qualcuno afferma che siamo ancora all’età della pietra per ciò che riguarda il dialogo, sia nel privato che nel pubblico. Ma la manifestazione internazionale, che sabato 15 ottobre ha riempito le piazze di tutto il mondo coinvolgendo 900 città e oltre 80 Paesi, ci regala un messaggio di speranza sulla possibilità:

- che le vere ragioni della crisi trovino finalmente spazio adeguato nel dibattito pubblico;

- che queste ragioni muovano tutti ad una più allargata democrazia partecipativa;

- che la partecipazione di tanti metta finalmente il cittadino al centro e restituisca così dignità e valore all’azione politica.

Le ragioni degli ‘indignati’

A scendere in piazza è stato un popolo pacifico, ‘indignato’ con chi nel mondo muove le leve del potere politico ed economico facendo scelte che hanno creato dappertutto precarietà giovanile e povertà. I manifestanti -ragazzi maturi, concreti e disincantati- hanno condiviso slogan e tattiche su Facebook e Twitter. Poi, insieme, sulle strade del mondo hanno lanciato critiche e slogan contro l’alta finanza, la collusione fra  banche e politici, la corruzione, i tagli del welfare… Una piazza consapevole, insomma, che, mentre esprime il suo disagio e chiede un’Europa solidale, vuole allargare gli spazi del dialogo e della democrazia. Una piazza che, suo malgrado, si è trovata – a Roma – a fare da copertura a gruppi organizzati di violenti, professionisti della distruzione.

In una società libera e democratica però gli ‘indignati’ si ascoltano. I delinquenti invece si mettono in galera. Un dialogo vero richiede che nessuno si faccia scudo della retorica e che si cominci finalmente ad agire in modo diverso, smettendo di alimentare il vuoto con cattiva politica ed esempio peggiore.

La Giornata europea del dialogo interculturale

Altra ragione di speranza. Da Roma a Parigi, dalla Germania alla Spagna, in tutta Europa il 29 settembre si è aperta la quarta edizione del “Dialogo Interculturale” – una manifestazione promossa da Intercultura e dalle altre associazioni riunite nell’Efil. Obiettivo: favorire l’incontro e il dialogo tra persone di tradizioni culturali diverse e aiutarle a comprendersi e a collaborare in modo costruttivo.

L’evento ha coinvolto tutte le regioni d’Italia e ha interessato in contemporanea cinquecento città europee. Mostre fotografiche, laboratori interculturali, conferenze, cineforum, dibattiti in scuole… Tutto allo scopo di stimolare la costruzione di un mondo in cui il dialogo tra persone di culture diverse non sia un lusso per pochi, ma un elemento fondamentale della vita quotidiana.

Confronto fra religioni e culture, o scontro di civiltà?

Mentre l’Europa cambia ‘pelle’ e il cristianesimo sta semplicemente trasformandosi, in Italia molti media continuano a:

- diffondere visioni catastrofiche della ‘rovina del cristianesimo’ e del trionfo di un ‘islamismo estremo’

- martellare (facendo eco ad altrettanti politici) contro l’edificazione di nuove moschee.

Intanto il prevalere di tale retorica intransigente, insieme all’ossessione della sicurezza (che è figlia della ragione armata!) ha portato, sempre in Italia, alla nascita della Lega, movimento localista e xenofobo che proclama lotta agli immigrati, rei di ‘averci rubato il lavoro, portato le malattie, distrutto la nostra identità’.

Nella realtà quotidiana e storica, i cambiamenti, in verità, sono:

-         una potenziale benedizione e un’occasione di rinnovamento.

-         Oppure il contrario.

Davvero il tempo del dialogo è finito?

Il dialogo della vita

Per scoprirlo è necessario riflettere insieme sul senso autentico del ‘dialogare’ in questo momento di straordinarie trasformazioni, in cui siamo chiamati a vivere in pienezza di responsabilità e di gioia.

Certo oggi del termine ‘dialogo’ si fa un uso ambiguo, fragile, aperto a mille strumentalizzazioni. Vi si ricorre con troppa facilità, come a un talismano e senza una seria elaborazione. E così si rischia di non comunicare più nulla.

Ma allora quali speranze di armonia rimangono in un mondo tormentato come il nostro, dove atteggiamenti di individualismo e di competizione non ci consentono di sentirci parte di una comunità globale?

Riflessione critica urge…

Sì, è proprio necessario discutere (e senza paura!) dell’attuale crisi del dialogo. Lo si fa troppo poco! Ma è necessario farlo con richiami seri e puntuali ai ‘fatti’, se si vuole -con gli anticorpi di una riflessione critica:

- frenare il dilagare dell’arroganza e della violenza

- ragionare sul valore essenziale dell’incontrarsi e del confrontarsi nel vissuto quotidiano

- realizzare una effettiva integrazione di vita.

…per aprirsi a esperienze di fiducia reciproca

In realtà i cristiani d’Europa sono passati dalla fase dell’incontro interreligioso – fase scaturita giustamente dalla spinta conciliare – alla denuncia generalizzata dei suoi rischi, quasi che questi fossero perennemente in agguato. Ma, pur nell’ambiguità che caratterizza ogni fenomeno storico, anche per noi è possibile vivere questo tempo accidentato e caotico di immigrazione come autentico Kairòs e inedita occasione di crescita per la famiglia umana.

Certo costruire pian piano la fiducia di cui abbiamo bisogno per un vero confronto è un processo lento che richiede pazienza e umiltà. Ma solo questo percorso può contribuire a edificare un pianeta (finalmente) dal volto umano, dove le persone, vicendevolmente ben disposte, si sforzano di vivere in uno spirito di buon vicinato, condividendo le rispettive gioie e pene, i problemi e le preoccupazioni umane.

Interagire per dialogare

Perché si dia dialogo, ciascun interlocutore è chiamato a riconoscere da subito, almeno implicitamente, le buone ragioni dell’altro. Così come molto importante è imparare a fare qualcosa insieme. E ricordare che, anche se è vero che il sorriso è la distanza più breve tra due persone, un dialogo fatto principalmente di coccole e in cui si desidera solo essere gentili gli uni con gli altri è di pura facciata, e non aiuta certo a compiere progressi. Solo il dialogo nella verità e nella chiarezza –come afferma il card. Kasper- può sostenere nell’andare avanti.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

N.B. L’argomento è stato analizzato con competenza e sensibilità e approfondito in tutti i suoi aspetti da Brunetto Salvarani, nel suo libro Il dialogo è finito? Ripensare la Chiesa nel tempo del pluralismo e del cristianesimo globale, EDB 2011

Non domani, già oggi

Senza categoria | Posted by usmionline
ott 08 2011

Essere cristiani oggi nell’Italia che desidera cambiare

Gesù non ha annunciato la scomparsa, quasi per incanto, del male e del peccato e non ha predetto un ordine nuovo che renderebbe superfluo lo sforzo personale. (Winling)

Quanto resta della notte?

Crisi, crisi, crisi… In questo periodo non si sente parlare di altro… Scuote l’intero occidente e si abbatte sul nostro Paese con particolare durezza. Licenziamenti gettano nella disperazione numerose famiglie; sospensioni dal lavoro con periodi di cassa integrazione destinate spesso a sfociare nella disoccupazione; allargamento dell’area del lavoro nero; contributo di solidarietà confermato chissà perché solo nei confronti dei dipendenti pubblici e dei pensionati… Si socializzano, insomma, le perdite e si privatizzano i profitti. Il tutto secondo la logica per la quale il prezzo delle crisi deve essere sempre pagato dalle fasce sociali più deboli. E intanto la fede “nel libero mercato ci ha portati al disastro” (Hans Kung).

Di fronte a tanto, d’istinto verrebbe da rassegnarsi: ‘tanto non si può cambiare da soli il sistema!’ Certamente non serve nemmeno alimentarsi di rabbia. Ma allora, perché questa ‘notte’ abbia finalmente fine, chi e come avrà il coraggio di confutare i dogmi del libero mercato? Di riscoprire e realizzare un’economia più equa e più efficace? Di annunciare, insomma, la ‘buona notizia’ di Gesù ai poveri di oggi?

Che cosa fare?

Per muoversi concretamente verso questo obiettivo, all’Italia serve l’impegno coraggioso di tutti per un veritiero discernimento e per un protagonismo costruttivo e positivo. Uguaglianza, libertà e giustizia meritano tutto quello che ognuno può dare. Serve perciò il coraggio di partecipare, con i propri valori vissuti, per essere diversi e operare in modo diverso, perché è dal fare che si vede la qualità della persona e si comprende il suo essere.

La crisi attuale è in una democrazia malata…

Oggi la democrazia è offesa e umiliata, perché non è stata sentita e partecipata come un dovere da parte di tutti i cittadini. Ma i popoli non si rassegnano più nella condizione in cui erano stati relegati da sempre (pensiamo anche solo al milione e duecentomila firme in Italia per il referendum antiporcellum, o alla nuova consapevolezza di sé acquisita dalle donne!). Da quale cultura nasce la democrazia vera? Come contribuire a vivificarla? E quando finirà questa crisi? Come finirà? Molti ancora non sanno che cosa fare.

Guidati da valori che ‘bucano’ il tempo

Il cristiano è chiamato come tutti ad interpretare rettamente il presente, a farlo secondo tutta la ricchezza del Vangelo. Ha bisogno perciò prima di tutto di riconoscere i motivi che determinano il proprio fare quotidiano nella vita familiare e in quella sociale…

Il suo è forse il fare dell’affanno, della ricerca del proprio tornaconto? Oppure è quello del cuore descritto nel discorso della montagna? Certo è che, quando si allenta la tensione interiore, ciò che conquista lo spazio del cuore è esattamente il contrario del Vangelo. La sfida è grande e permanente. E lungo la via i rischi da affrontare sono diversi, anche se comuni a tutti: c’è l’attivismo esagerato, per esempio; o la tentazione di continuare tranquillamente a vivere i propri giorni, in una routine più o meno di comodo; o di lasciarsi guidare dalla presunzione, oppure dal disgusto, dalla rassegnazione… Ad ogni persona comunque è dato appuntamento nella terra oscura e tentata della vita quotidiana. Se la forza del Vangelo di Dio penetra nella quotidianità di qualcuno, l’apre a sentieri di libertà e di felicità e, passando fra le oscurità dell’esistenza e della storia, l’apre a nuovi orizzonti.

Speranza di che…?

I cristiani in realtà sono debitori di una speranza ricevuta senza merito e sono chiamati a condividerla con tutti. Speranza per essi è una Persona: l’unica a dare ragioni vere di vita, d’impegno, di bene. L’unica da cui viene loro la forza per realizzare il Regno. Il problema è: ci crediamo davvero che Cristo c’entra con il tempo e con la storia? O siamo cristiani solo di facciata e di routine (Benedetto XVI), per cui l’abitudine ci si deposita sulla coscienza come la polvere sui crocifissi nelle aule delle scuole? Per superare l’inquietudine e lo smarrimento – nel tempo “degli smarriti di cuore” -  occorre dunque ritrovare questo “fare del cuore”.

Non è semplice, non è impossibile

Si tratta di vivere l’unità tra verità e amore e di comunicarla agli uomini che camminano nella storia con noi per realizzarla insieme. Ma la proposta può far nascere la stessa attesa negli altri solo a condizione di proporla non come ‘dottrina’ imparata, ma come sintesi personale di fede ricevuta, di esperienza di vita, di relazione con il Signore maturata nella preghiera. Allora togliere dal vivere personale, politico e sociale le resistenze che vengono dal cuore ‘malato’ può ancora apparire un compito impossibile, ma ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio.

…e la missione dei religiosi?

Come affrontano, i religiosi, questo momento storico che spinge all’idolatria, ma pone anche di fronte alle proprie responsabilità? La loro missione è -per definizione- a partire da una più intensa vita interiore. La loro scelta di vita è qualcosa di più importante dei singoli ministeri nei quali sono impegnati. Ma essi sono davvero consapevoli dei cambiamenti che stanno avvenendo? Li stanno percependo con la stessa intensità di molti contemporanei, o non li vedono forse soprattutto come una minaccia?

Certamente i religiosi sperimentano le stesse contraddizioni e debolezze di tutti, ma sono in cammino per rispondere alla chiamata di concentrarsi nella missione che è solo di Dio. Sanno che quando la carità è un rischio per la propria persona, quello è proprio il momento della carità; e che l’ordine prioritario da seguire nelle scelte quotidiane è servire prima chi soffre di più.

Riusciranno a comunicare agli uomini di questo tempo -testimoniandolo attraverso la propria vita comune- che l’unità può essere creata solo là dove la partecipazione è di tutti, dove le differenze sono appropriatamente accettate e integrate e dove la dignità personale è sempre rispettata?

Più coscienza e più sensibilità da parte di tutti sono indispensabili per uscire dalla strategia della divisione e dallo smantellamento dei diritti universalmente riconosciuti. C’è bisogno insomma della consapevolezza di tutti o meglio del maggior numero di questi “tutti” per recuperare il terreno perduto e costruire un’Italia migliore.

Se sarà così, allora certamente -attraverso un cammino comune- “qualcosa di nuovo potrà nascere al servizio di Colui che rende nuove tutte le cose”.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it