Nel nostro Paese si coglie una comprensibile e crescente
domanda di equità e di giustizia sociale
che sentiamo risuonare in noi in profondità e intensamente.
Non è rumore di fondo, o chiacchiericcio inutile.
È espressione sana di sacrosante esigenze di imparzialità redistributiva…
20 febbraio 2012: Giornata Mondiale della Giustizia Sociale
Istituita all’unanimità dai 192 Stati membri delle Nazioni Unite nel 2007, e celebrata per la prima volta nel 2009, la Giornata Mondiale della Giustizia Sociale rappresenta oggi più che mai un invito pressante a tutti i Paesi perché intraprendano azioni concrete che diano senso ai valori universali della dignità umana e della opportunità per tutti. Noi pure vogliamo prepararci a celebrarla (se non noi, chi?) con un piccolo sogno: che tutte le persone consacrate nel mondo sappiano, intanto, che questa Giornata esiste; che ognuno la celebri come può: con azioni, idee creative e concrete aperture di speranza; che tanti, tutti si uniscano almeno per pregare affinché il grande sogno per un mondo più giusto si trasformi in realtà.
Domanda di equità e giustizia sociale cresce in Italia
“Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio” (Mich. 6,8) Dappertutto nel nostro Paese si coglie una comprensibile e crescente domanda di equità e di giustizia sociale. Non è rumore di fondo, o chiacchiericcio inutile. È invece espressione sana di sacrosante esigenze di imparzialità redistributiva, mentre la crisi economica e finanziaria continua a produrre costi umani molto elevati, ma rimane grande la disparità economica e sociale.
Situazione contraddittoria
- Soltanto una persona su cinque gode in Italia di un’adeguata sicurezza sociale. E mentre i prezzi dei generi alimentari, dell’energia, della benzina… aumentano, un fardello sproporzionato è portato dai poveri, che certo non sono in grado di sostenere i rincari. Soddisfare le necessità primarie diviene una lotta quotidiana per chi già fa fatica ad arrivare a fine mese. Se poi in famiglia qualcuno si ammala, o un anziano ha bisogno di assistenza, o si perde il lavoro, allora il problema diventa sopravvivere e si sperimenta in ogni istante il volto duro della privazione, del sacrificio e della rinuncia.
- Cosa dire, in questa situazione, di fronte a chi – nonostante tutto – incassa ancora retribuzioni o pensioni di centinaia di migliaia di euro e trattamenti di fine rapporto di sei o sette milioni? Di fronte a chi continua a vivere di privilegi, di spreco, di ostentazione, di urla, di escort?…
- “Eccoci impegnati con una realtà che ha durezze talvolta invincibili. …Abbiamo veramente compreso che la «perfezione» individuale non disimpegna da quella collettiva?”, rifletteva già a suo tempo Giorgio La Pira. La nostra oggi, più di allora, è crisi di cuore: tocca il sentimento di appartenenza alla comunità. E muore la politica. Che politica è infatti quella che non nasce per difendere il bene comune o comunque non lo persegue con coerenza, con riforme anche radicali quando è necessario?
Se non ora, quando?
Riuscirà il governo, con la promessa equità della sua manovra, a riportare gli italiani a credere nella politica, a non aver paura di impegnarsi nel preparare quel futuro, necessariamente diverso, che nuovi segni dei tempi vengono prefigurando?
Certamente ogni discorso sull’equità perde di senso, quando la manovra non incide sull’evasione fiscale e sulla distribuzione tra il reddito e il patrimonio; quando deputati e senatori semplicemente si coalizzano solo per difendere decisioni portate avanti con pretese di autotutela corporativa (pensiamo anche solo al ‘diritto al vitalizio’, o al ‘no’ della Camera all’arresto di Cosentino!).
La crescita economica non può avvenire certo a prescindere dall’equo accesso al benessere sociale e alla giustizia di ciascuna persona. Siamo costretti a rilevare che in gioco ormai c’è la decenza etico-morale del rapporto tra eletti ed elettori. I cittadini onesti non capiscono.
Ci auguriamo che la politica sia in grado di mantenere le promesse fatte. Che il governo riesca nel proposito di combattere la corruzione, cominciando ad eliminare i privilegi che consentono a troppi di vivere ‘di politica’. Che riesca a ‘moralizzare’ stabilendo regole trasparenti con le quali restituire il potere di decisione ai cittadini, eliminando le aberrazioni che proliferano un po’ ovunque. Che il piano SalvaItalia, tradotto in decisioni concrete, si incentri davvero sulla dignità umana di tutti e consenta un lavoro decoroso per una vita decorosa per tutti. Tutta una generazione di giovani aspetta di essere riconosciuta nei suoi nuovi e specifici problemi per poter coltivare prospettive davvero concrete e una reale integrazione. Un mondo del lavoro chiede riforme che assicurino condizioni degne della persona umana…
Popoli ‘crocifissi’: segno dei tempi
La crisi che stiamo vivendo è solo la più recente manifestazione di profondi squilibri globali. Vi sono popoli depredati come quello del Congo; popolo ignorati come quello di Haiti; popoli perseguitati per il loro credo religioso come quello della Nigeria. Vi sono popoli inondati (Thailandia, Filippine, America, Cina…); popoli provati da tensioni, violenze, guerre (Siria, Afghanistan, Iran…); popoli affamati, mentre compagnie straniere producono ciò che però esporteranno nei loro Paesi d’origine… Sono i popoli crocifissi del nostro oggi: i vinti della storia, del mercato, delle guerre e delle società attuali. Sono ancora, come sempre, il segno dei tempi per chi li vuole leggere. Intraprendere azioni nuove -che scaturiscano finalmente da uno spirito di solidarietà e con l’unico obiettivo di riequilibrare l’economia mondiale e nazionale- è quanto mai necessario e urgente.
Se non qui, dove?
Alla luce di questi segni, ci conceda Dio di aprire gli occhi su orizzonti più vasti di quelli a cui siamo abituati, imparando nello stesso tempo a vedere persone del nostro quotidiano di cui forse non ci accorgiamo neppure; lasciandoci contagiare dai “buoni” – che pure ci sono in ogni tempo e anche nel nostro – nell’agire e più profondamente ancora nell’essere.
Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it
Mi piacciono i due termini messi l’uno accanto all’altro: imparzialità redistributiva. L’uno richiama l’altro. L’imparizialità non esiste se non è redistributiva. E’ un circolo nel cui centro io trovo scritte le parole: giustizia, equità. Non tutti uguali, ma tutti con giustizia, con equità, che equivale anche ‘con rispetto’ per chi sei, per cosa fai, per come stai.
Auguri!