Bisogna scegliere: vivere da stupidi, indifferenti alla sofferenza e ai problemi degli altri, lasciando che i ricchi vivano a spese dei poveri e i potenti opprimano i deboli. Oppure imparare a pensare insieme e gli uni per gli altri. Il ricco stolto della parabola del Vangelo (Lc 12,16-20) non godrà dei suoi beni, morirà nel sonno quella notte stessa: la stoltezza distrugge i più deboli e non dà sicurezza ai potenti.
A vent’anni dalla pubblicazione di Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e mezzogiorno, mentre la forbice Nord-Sud in Italia si allarga e l’emergenza si fa più grave, i nostri vescovi offrono a tutti gli italiani indipendentemente dalle appartenenze religiose, un’importante pagina di discernimento comunitario: Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno. È, questo, un documento politico-sociale-economico e religioso. Analitico sulle cause e sull’evoluzione reale delle vicende meridionali. Preciso e appassionato. Indica una via da seguire e trasmettere fede e speranza.
Federalismo e ruolo dello Stato
Il federalismo costituirebbe «una sconfitta per tutti, se accentuasse la distanza tra le diverse parti d’Italia. Potrebbe invece rappresentare un passo verso la democrazia sostanziale se riuscisse a contemperare il riconoscimento al merito di chi opera con dedizione e correttezza all’interno di un gioco di squadra».
Certo il problema meridionale perdura e anzi si aggrava a causa della «travagliata fase economica», che ha trasformato il Mezzogiorno in un «collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo». Gran parte del Sud è tuttora condizionato dalla vecchia logica clientelare, legata alle sovvenzioni pubbliche, al lavoro nero, ad attività un po’ lecite e un po’ illecite, su cui prosperano la cultura della illegalità e le mafie, vero cancro per la vita sociale. Problemi drammatici -denunciano i Vescovi italiani- aggravati dalla crisi economica e dall’egoismo individuale e corporativo cresciuto in tutto il Paese. È necessario coniugare sussidiarietà e solidarietà, per evitare sia il particolarismo sociale che l’assistenzialismo; e recuperare la legalità, insieme ai grandi valori morali dell’esistenza.
Un appello accorato, quindi, quello dei vescovi all’intera comunità nazionale nel contesto dell’Europa e nella nuova economia globalizzata; e nello stesso tempo un monito per i meridionali a fare con decisione la propria parte.
Volto del nuovo Sud
Non è del male l’ultima parola. Scrivono i vescovi: «Sono molteplici le potenzialità delle regioni meridionali che hanno contribuito allo sviluppo del Nord e che rappresentano uno dei bacini più promettenti per la crescita del proprio Paese». Esistono energie, valori e soprattutto uomini e donne nuovi che si espongono in prima persona e lavorano con rinnovata forza morale al riscatto della propria terra. La rivolta popolare di Locri oggi – come ieri quella di Palermo dopo l’assassinio di Falcone e Borsellino – rivela un cambiamento di cultura e di mentalità nel Sud.
Persone oneste e coraggiose, che vivono in una condizione umana e professionale difficile, sanno reagire alla pseudocultura della rassegnazione e all’omertà, di cui la mafia si serve per soggiogare la popolazione. Un volto nuovo particolarmente significativo perché presente in un contesto sociale in cui essere onesti è un’anomalia e la libera concorrenza e il libero esercizio d’impresa divengono comportamenti eroici.
«Il Mezzogiorno può divenire un laboratorio in cui esercitare un modo di pensare diverso rispetto ai modelli che i processi di modernizzazione spesso hanno prodotto». E questo per un nuovo volto dell’Italia. A questo fine sono indispensabili il coraggio della speranza e una nuova proposta educativa, nella fiducia che «i cambiamenti sono possibili» proprio a partire da tutte quelle persone che rifiutano di considerare favori, da chiedere o da ricambiare, quelli che in realtà sono diritti da esigere e doveri da adempiere.
Il documento, dunque, esprime un grido di dolore, sferza e incoraggia, indica, offre possibili soluzioni, rivela un cambiamento di cultura e di mentalità soprattutto nei giovani e nelle donne. Invoca un sano federalismo e un Paese solidale, unito da Nord a Sud, cosciente e responsabile. La Chiesa locale nel Sud ha mostrato che, quando si è vicini ai poveri e agli ultimi e si condividono i problemi della gente, non nascono dubbi sul modo corretto di intendere i rapporti tra Chiesa e laicità dello Stato.
Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it
La speranza di un’Italia più dignitosa e meno povera riposa nella responsabilità civile di ognuno di noi, non solo dei cittadini del sud. Il problema del clientelismo e delle mafie che irrompe prepotentemente all’interno degli scenari pubblici statali, così come in quelli privati è una piaga da arginare. Le istituzioni e le parrocchie locali non sembrano avere una soluzione immediata, sradicare mentalità in maniera strutturale è quasi impossibile, soprattutto dove la priorità è la violenza. A questa triste realtà si aggiunge il problema irrompente del federalismo. Il modello appare convincente in tutti i suoi aspetti perchè permette un contatto più diretto con il cittadino e garantisce autonomia rispetto al potere centrale. Quasi tutte le democrazie del mondo sono riuscite ad organizzare il proprio Stato anche grazie al modello federalista. Purtoppo in Italia questo comporterà inevitabilmente l’abbandono del sud nelle mani di funzionari statali che preferiscono ottenere voti attraverso l’omertà e l’appoggio alle mafie locali. La speranza è ovviamente un’altra. Vorremmo avere tutti il suo ottimismo in materia, cordialmente.