Archive for aprile, 2011

Come briciole di fronte a un mondo che cambia

Società | Posted by usmionline
apr 11 2011

La sfida della nostra civiltà

Ci sono alcuni momenti chiave, nella nostra vita personale e nella storia, quando è particolarmente importante:

- comprendere come stanno le cose per non subirle

- capire ciò che non va per cercare di cambiarlo

- riconsiderare se stessi come ‘altro’ per riconoscersi dentro quella fraternità, che comprende anche conflitti e distanze

Quello che stiamo vivendo è uno di questi momenti storici.

La vera appartenenza è al mondo globale

Al miliardo di persone che ogni anno lascia il proprio Paese e Continente, si aggiunge oggi l’esodo tragico in massa dalle situazioni del Nordafrica. Tra i primi 6000 di questi arrivati l’età media è 18-35 anni e c’è un alto tasso di istruzione. Ma sono disperati.

Di fronte a queste masse di nostri fratelli e sorelle che cercano di fuggire dalla miseria sbarcando ogni giorno a migliaia sulle nostre coste (quando ci riescono!), la nostra debolezza culturale più rischiosa è cedere alla paura e calcolare la solidarietà con la bilancia appunto della paura.

«La sfida più urgente della nostra civiltà -ci ricorda il card. Martini- è imparare a convivere come diversi condividendo lo stesso territorio geografico e sociale».

In realtà nel contesto storico in cui ci troviamo a vivere, noi ci sperimentiamo dentro i confini delle nostre città come una briciola di fronte a un mondo che cambia ed è in movimento. E avvertiamo con urgenza la necessità di ripensare l’argomento frontiera.

Solidarietà alla prova

La storia insegna che la sicurezza di cui, anche oggi, abbiamo bisogno nelle nostre città è una relazione vera con le persone nuove che incrociamo sulla nostra strada. Una relazione che ponga ancora al centro la persona e la sua dignità, prima che la sua appartenenza. Le persone infatti, sempre e in ogni situazione, contano più delle cose.

E allora ci chiediamo:

- la mobilità, che caratterizza il nostro tempo come non mai, in che modo ci sta cambiando la vita, le relazioni, il modo di pensare e sentire?

- Il nostro sguardo interiore, sempre chiamato a muoversi e a cambiare per poter rimanere vivo, sta imparando a VEDERE la luce nell’ombra?

Età dei diritti negati?

La paura di rimetterci qualcosa può impedire a chiunque di riconoscere il diritto delle persone che fuggono dalla miseria, dalla guerra, dalle emergenze ambientali…

Ma non ha senso per nessuno parlare di diritti se non si accenna anche ai legami e alle responsabilità; se non si è impegnati a cogliere e a dare voce alla disperazione di chi riesce a lamentarsi solo tentando di fuggire.

Ognuno ha il dovere di contribuire al bene comune. Non farlo ha un solo nome: egoismo.

Senza considerare, inoltre, che nella persona c’è sempre una tensione che non è solo economica, per cui quando si lavora per gli altri in realtà si diventa persone migliori.

Parola d’ordine: il dialogo

-Rifiutare le differenze è sempre e per tutti devastante. E non tutela nessuno, perché uguaglianza, giustizia e differenza non si escludono (Calamandrei).

-È necessario invece rafforzare (o avviare!!) quella nuova cultura dell’ascolto che ha come obiettivo: imparare dall’altro, prima che parlare.

-Realizzare nuovi luoghi d’incontro per conoscersi nelle differenze e per comprendersi meglio. La differenza infatti non va ridotta, ma illuminata.

-Dialogare non per opportunismo o per tattica; non per mantenere il potere fingendo di aprirsi alle esigenze dell’altro; non per organizzare e gestire il consenso…

-Ma prendere per primi l’iniziativa del dialogo per cercare il “meglio” in ciascuno perché tutti ne hanno uno. Se si avrà abbastanza pazienza è certo che la gente, la quale in partenza ci poteva apparire la più “lontana” ci sorprenderà mostrandoci il suo lato migliore.

È questa partecipazione umana, autentica e profonda, che impedirà a chiunque di far “affondare la barca su cui stiamo tutti”. E le migrazioni potranno anzi diventare per ognuno occasione:

- di crescita;

- per inventarsi un modo “altro” di vivere;

- per riconsiderare le disponibilità economiche -personali e sociali- a partire dalla domanda fondamentale sull’argomento, che non è ‘quante sono le risorse di cui possiamo disporre’, ma ‘verso dove vogliamo dirigerle’.

La risposta è nella verità vissuta e testimoniata nel martirio da D. Bonhoeffer:

Responsabilità e libertà sono concetti che si corrispondono reciprocamente. La responsabilità presuppone la libertà e questa non può consistere se non nella responsabilità. La responsabilità è la libertà data agli uomini unicamente dall’obbligo che li vincola a Dio e al prossimo.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Terremoto, tsunami e nucleare interrogano

Società | Posted by usmionline
apr 02 2011

Travolgente minaccia nucleare

“Dove sei, o mio Dio?”, grida un povero viandante caduto nel fango. E subito sente una voce misteriosa dall’alto che gli risponde: “Io sono con te nel fango”!

Il dialogo è immaginato da un noto scrittore. Ma per il credente è la lezione della fede: Dio accompagna l’uomo in ogni istante della sua vita!

Terremoto, tsunami e travolgente minaccia nucleare dal Giappone supertecnologico e con una radicata cultura antisismica, in questi nostri giorni prepotentemente interrogano l’uomo sulla sua pochezza e a stento gli concedono di tener lontana dai propri pensieri e sentimenti la voce della morte. In verità la coscienza della morte ineluttabile non lascia indifferente nessuna persona e l’interrogativo sul “dopo”, presto o tardi, è di ognuno. Come lavorare e vivere infatti se l’esistenza stessa è in dubbio? Ogni essere umano porta nel profondo di sé un bisogno di significato che solo una vita ‘per sempre’ può soddisfare; una fame e sete di senso -dichiarate o inconfessate che siano- per questa vita tanto bella, eppure così fragile. Nel cuore dell’uomo c’è il bisogno inconscio di sfuggire all’annientamento; l’attesa viva di essere amato per quello che è; di sapersi interlocutore, chiamato a costruire una storia che si svolge nel tempo e prosegue oltre il tempo.

Nella notte del mondo Dio è affidabile

Nel tempo della notte del mondo (l’espressione è di Bruno Forte), e soprattutto nei momenti più dolorosi e faticosi della vita personale, solo la Parola di Dio può diventare guida e salvezza per l’uomo. Purché questi si ponga in ascolto. Allora anche dalla nube radioattiva, e dalla paura che ne deriva ad ogni essere umano, Dio parla a chi vuole ascoltare. Anzi: più c’è notte, più Dio parla. Lo fa da Dio affidabile qual è: senza fare violenza a nessuno perché vuole per sé uomini liberi.

Il rischio della fede

Esiste un legame profondo che lega la sofferenza all’amore. Ecco perché la sofferenza ha un significato.

Un messaggio tutto speciale, che il Concilio Vaticano II ha annunciato ai poveri, agli ammalati di tutto il mondo, a chi attraversa qualche prova o è visitato dalla sofferenza che si presenta all’uomo in mille volti, dice:

“Cristo non ha soppresso la sofferenza, non ha voluto nemmeno svelarne il mistero: l’ha presa su di sé e questo è abbastanza perché ne comprendiamo tutto il valore”…

L’uomo contemporaneo, nella sua solitudine assoluta, sente nostalgia di questo Dio crocifisso, che nella debolezza estrema rivela un amore infinito; a Lui, che ama sempre per primo, ognuno può affidarsi senza riserve e con la sicurezza di non essere rigettato nell’abisso del nulla. In Lui l’uomo cerca un approdo dove far riposare la sua stanchezza e il suo dolore, ma senza poi la paura di dover dipendere da Lui. Davvero il rischio della fede, in ogni tempo, è fare l’esperienza di un padre-madre che ci ama così, rendendoci liberi. Allora possiamo essere gioiosi anche se i tempi sono deprimenti, in pace anche se costantemente tentati dalla disperazione. In questa storia fatta di luce e di ombre l’ascolto della Parola fa uscire la vita dal silenzio e dall’anonimato; chiede di alzarsi sempre e di nuovo per essere veri discepoli che seguono il Signore. Ad ognuno rimane quindi il decidere da che parte stare: se consegnarsi o no a questo Amore ed entrare nel sogno di Dio.

Preghiera nella vita

Una testimonianza che l’uomo può rendere all’universale potere dell’amore di Dio è la preghiera. In essa la voce del Signore diventerà a poco a poco più forte e riusciremo a conoscere e comprendere con la mente e con il cuore la pace che stiamo cercando. Perché la preghiera conduce a morire alle nostre illusioni di potere e di controllo per dare ascolto alla voce di amore nascosta nel centro del nostro essere.

La preghiera forse è solo l’atto di morire a tutto ciò che consideriamo nostro; appropriarci della verità che noi non apparteniamo a questo mondo. Nella preghiera anticipiamo la nostra morte individuale e quella collettiva e proclamiamo che in Dio non c’è morte ma solo vita. Nella preghiera annulliamo la paura della morte e quindi la base di ogni umana distruzione. Tutto questo è una scappatoia? Stiamo ‘spiritualizzando’ gli enormi problemi che incombono su di noi e quindi tradendo il nostro tempo, così carico di emergenze?

Chi ne ha fatto esperienza, sa che consegnarsi a questo amore è l’unica ragione per cui valga la pena di vivere e di morire, perché l’amore è l’unico, vero bisogno di ogni essere umano.
Ama il prossimo tuo, perché è te stesso (Buber)

Una considerazione per chiudere: l’amore finale non lo si improvvisa. Esso mette un prezioso sigillo su tutti i gesti di amore disseminati lungo la quotidianità dell’esistenza. Prima di donare la propria vita fisica, Gesù aveva dato agli altri la sua parola, il suo tempo, le sue energie. È questo modo di vivere, di sentire, di amare che supera l’abisso e approda al grande oceano della vita divina.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it