Comprendere la propria solitudine è strada sicura per diventare liberi; per capire quello che ci si aspetta dagli altri e dal nostro rapporto con loro; per prendere coscienza del ‘sé più autentico’…Una prospettiva nuova da cui guardare se stessi e ciò che ci circonda.
Creati per la logica dell’incontro…
Il mistero circonda e quasi opprime la vita. Ci affascina e insieme ci angoscia. In mezzo a un mondo che continuamente e forsennatamente si muove, siamo alla ricerca di un punto fermo dentro di noi su cui appoggiarci e stare fermi come la casa costruita sulla roccia.
“Come rispondere con sapienza evangelica alle domande poste oggi dall’inquietudine del cuore umano?” (Vita Consecrata 81). Ce lo chiediamo drammaticamente di fronte a chi pensa di poter esprimere la propria libertà facendo l’iconoclasta, o addirittura azionando bombe davanti a una scuola con volontà ‘stragista’. Ce lo chiediamo con angoscia quando ci lasciamo raggiungere dalle notizie, per esempio, provenienti dai CIE che sono in Italia – quei centri di identificazione ed espulsione prima denominati centri di permanenza temporanea – dove fra suicidi, risse, fughe e sofferenze infinite, gli stessi agenti denunciano: ‘siamo allo stremo’. Ce lo chiediamo più semplicemente (per non soffermarci ancora a citare i fatti tragici che segnano l’attualità) nel nostro quotidiano più ‘normale’ e banale, ma non per questo percepito a volte come poco faticoso… Forse la sensazione di vivere insieme senza “essere” insieme è oggi la più terribile solitudine. Facilmente dipendiamo dal controllo degli altri o – all’opposto – dal controllo sugli altri, lasciandoci dominare forse dall’illusione di essere ‘tutto’ per qualcuno. Altrettanto facilmente confondiamo i rapporti autentici – dentro i quali trovano sviluppo sentimenti veri – con i rapporti ‘falsi’ nei quali ci si confronta solo attraverso ‘maschere’ sociali e meccanismi di difesa, per vivere da estranei e soli anche se “insieme”. In un rapporto di qualità debole – ci domandiamo – se e quando è possibile essere sicuri di agire con libertà, con quella libertà di ‘essere ciò che si è’, o, più realisticamente, con ‘ciò che si pensa di essere’?
…e chiamati ad incontrarci per quello che siamo
Il punto è che la responsabilità di ogni scelta rimane – sempre, comunque e per ogni persona – connessa al rischio di sbagliare. La fatica della ricerca non può perciò essere risparmiata a nessuno. O per lo meno: non può esserlo se si vuole rimanere fedeli alla natura dell’uomo che ha un profondo bisogno di capirsi, di conoscere chi è e come è fatto; non può esserlo se davvero si cerca di porsi con sapienza evangelica di fronte alla realtà che ci è affidata. Se non smettiamo mai di ‘correre’ ed evitiamo di guardarci dentro, forse – come già sosteneva Pascal – lo facciamo proprio nella vana speranza di sfuggire a un incontro faccia a faccia con la nostra condizione umana e anche con la nostra totale irrilevanza di fronte all’infinito dell’universo. Evitare di pensare però rafforza solo l’ansia, certo non l’allontana. Il problema allora è riuscire ad essere fedeli a ciò che nel cuore dell’uomo risuona come più genuinamente umano, perché solo questo permette di crescere nel diventare liberi, credenti e fedeli all’Eterno.
Prendere le misure della propria solitudine…
La solitudine è parola cardine sulla quale gira tutta la problematica dei rapporti umani contemporanei: un malessere molto «democratico», che non risparmia nessun gruppo sociale e nessuna età. I più semplicemente cercano di annullarla nel quotidiano negandola in diversi modi: tenendo il cellulare sempre a portata di …orecchio; vivendo con la televisione perennemente accesa; inventandosi una vita virtuale con il chattare continuamente in internet… Leggerla in sé con coraggio e decifrare le sofferenze che ci provoca può aiutare a capire ciò che davvero si desidera o ci si aspetta dagli altri. Può offrire una prospettiva nuova per guardare alla realtà intorno.
In questo cammino per incontrare se stessi, diventare liberi e stare meglio con gli altri, due forse sono le insidie più pericolose, che alienano la persona dall’umano autentico e da cui perciò è necessario imparare a mantenere la giusta distanza:
- l’istinto, che è in tutti, a cercare l’approvazione e la rassicurazione di qualcuno come fosse garanzia che ciò che si fa o si dice è giusto, mentre è solo un abdicare infantile alla responsabilità delle proprie azioni.
- la pretesa di affrettare la realizzazione di se stessi e il compimento di ciò che si è, che invece non dipende dai nostri sforzi, ma rimane puro dono che ci viene secondo i ritmi e i tempi del Donatore. A noi è dato solo di attenderlo e accoglierlo.
…e conoscerla per conoscersi
Mai come nella nostra epoca la persona ha preso coscienza della propria solitudine come incapacità di comunicare con gli altri. Eppure l’importanza di riconoscerla in sé e di esserne consapevole per stare bene con se stessi e con gli altri è quasi sempre sottovalutata. La solitudine in realtà è ciò che permette a ognuno di essere diverso dagli altri. Negarla è come negare se stessi e tentare di fuggirla conduce ad una profonda alienazione che a volte porta a situazioni-limite e drammatiche come la droga, la prostituzione, l’eutanasia, la depressione…
La conoscenza dei propri punti di forza invece e soprattutto la scoperta che una Sapienza amorosa ci abita rimettono in ‘viaggio’ la persona. Ed è finalmente un nuovo, stupendo inizio: la possibilità di scoprire il gusto del silenzio e la gioia di una solitudine positiva e costruttiva; il desiderio e la capacità di fare i conti con i propri limiti e debolezze. È aprirsi a quella preziosa esperienza di colloquio interiore, da cui emergono nella persona gli stati d’animo più profondi - a volte malinconici o ansiosi – ma che permettono di confrontarsi con i propri segreti, con i ricordi che si vorrebbero cancellare e che invece ritornano, con la qualità delle relazioni instaurate nel tempo con gli altri. È insomma la possibilità di rimettere ordine nelle emozioni senza lasciarsene travolgere.
Il bello è diventare liberi
Siamo capaci di essere liberi e di amare. Solo dobbiamo scoprirlo aderendo alla vita buona e giusta, approdando al porto dell’amore e ricominciando in ogni caso ad amare di più, ad amare meglio. Siamo stati creati per la logica dell’incontro…non ha senso rassegnarsi ad una società fondata sulla ricerca del successo ad ogni costo, della sessualità senza l’ideale dell’amore, della sopraffazione e dell’efficienza di fronte all’altro considerato come concorrente, antagonista, straniero.
Con la certezza nel cuore che “non c’è grido umano che non sia ascoltato da Dio” (Ben. XVI); che Lui è e rimane lì dove noi siamo, costi quel che costi; allora tutto ritrova il calore di un senso e in ogni situazione, provocata o solo subita dall’uomo, possiamo riconoscere che anche “il silenzio di Dio è lo spazio della nostra libertà” .
Luciagnese Cedrone
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