Fare insieme
C’è un bisogno vero nell’uomo che troppo spesso, soprattutto nel tempo presente, per molti rimane inascoltato: vivere in una società in cui si è tenuti in considerazione anche da chi non ci conosce. Non l’esperienza, quindi – così frequente purtroppo – dell’esclusione più o meno nascosta dietro l’apparenza delle buone maniere. Ma il poter cooperare, fare con, fare insieme.
A fare insieme, il 25 dicembre 1961, i vescovi di tutto il mondo furono chiamati da papa Giovanni XXIII per “contribuire più efficacemente alla soluzione dei problemi dell’età moderna”. Egli infatti quel giorno firmava la bolla “Humanae salutis” con cui indiceva il Concilio Vaticano II. E scriveva:“Ci sembra di scorgere in mezzo a tante tenebre, indizi non pochi che fanno bene sperare sulle sorti della Chiesa e della umanità”.
Di fronte ai mutamenti culturali, tecnologici, economici e sociali del suo tempo e mentre tanti “nelle attuali condizioni della società umana non sono capaci di vedere altro che rovine e guai”, papa Roncalli sceglie di interrogarsi confrontandosi con i vescovi sul ruolo della Chiesa nella società e nella storia. Desidera riflettere insieme su come annunciare in modo nuovo il Vangelo di sempre. Soprattutto invita tutti a cooperare per affiancare davvero con la forza della fede e del dialogo il cammino dell’umanità nella prospettiva della costruzione del Regno di Dio. Chiede perciò di guardare con apertura al dialogo con tante altre realtà e mostra così una Chiesa capace di affrontare il mondo moderno.
Mandato: leggere i segni dei tempi
“La Chiesa è per il mondo. La Chiesa altra potenza terrena per sé non ambisce che quella che la abilita a servire e ad amare” (Paolo VI). Con il mandato di saper leggere i segni dei tempi e di prestare attenzione alle sfide presenti in essi, Papa Giovanni in realtà presagiva il cammino futuro: “rendere più umana la vita dei singoli” aiutandoli a scoprire la propria dignità.
L’annuncio del Concilio in quel Natale del 1961 comunicava ai cristiani più ‘vivi’ una sensazione di entusiasmo e di gioia ed apriva una stagione importante per la vita della Chiesa cattolica pervasa da una forte carica di rinnovata fiducia nella possibilità di farsi capire e di arrivare quindi, veramente a tutti, non solo ai cattolici. Un Concilio infatti se è veramente tale parla sempre a tutti, anche ai non credenti.
La storia della Chiesa e la storia dell’umanità intera in realtà in quegli anni si avvicinarono e s’intrecciarono fra loro, come forse mai era apparso prima. E quel Concilio, puro fatto di Chiesa, fu anche espressione e segno di un’epoca, di una fase storica, una tappa insomma del cammino umano complessivo. Una grande ricchezza che mantiene intatta tutta la sua attualità e il suo valore.
Noi fra le sfide attuali
Eppure oggi sembra che le parole non abbiano più significati condivisi e non servano per alimentare il confronto e il dialogo, ma solo per alzare steccati. Sarà anche per questo che noi sembriamo aver perso quell’entusiasmo, quella fiducia, quella capacità di sognare che il Vaticano II aveva comunicato alla nostra Chiesa?
Di fatto Benedetto XVI ha annunciato una nuova iniziativa storica perché la passione per la pace e la giustizia contagi di nuovo il mondo intero e riviva.
Nel 50° anniversario del Concilio Vaticano II, egli ha chiamato, infatti, di nuovo tutti i cristiani alla corresponsabilità annunciando uno speciale anno della fede con la lettera apostolica “Porta fidei”. L’inizio è previsto per l’11 ottobre 2012 e la conclusione sarà il 24 novembre 2013, solennità di Cristo Re dell’universo.
Il motto: “Scoprire la fede: il Vaticano II un Concilio per oggi!”.
L’obiettivo: proporre agli uomini del nostro tempo “uno sguardo complessivo sul mondo e sul tempo, uno sguardo veramente libero, pacifico”. Uno sguardo che permetta di ritrovare, nell’ascolto e nel confronto veri l’antidoto all’insulto e all’indifferenza.
Nel Concilio scaturito dal grande cuore di papa Giovanni XXIII, “ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre” (Giovanni Paolo II). La sua lezione però dev’essere ancora pienamente accolta perché molti frutti di quello straordinario evento ecclesiale -oggi purtroppo ancora acerbi- possano giungere a maturazione.
Potrebbe essere utile a questo, per esempio, cominciare, noi, a sottrarci a qualcuno dei numerosi bisogni indotti che tanto malessere e violenza provocano? Decidere responsabilmente insieme di partire dai bisogni veri dell’uomo per poter ridare valore alla persona nella nostra società?
Luciagnese Cedrone
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