Fra gli eterni interrogativi della vita e la consapevolezza della propria fame di senso, l’uomo si riscopre nomade e si muove nei suoi giorni cercando la verità dell’amore e della sofferenza. Nel farsi accoglienza di ogni creatura, gli è dato di incontrare Dio che ha inventato la croce per vincere la lontananza e la morte.
Ansia di… Altro
Universali sono le domande che abitano la vita e il cuore di ogni uomo. Eppure spesso esse appaiono simili a libri scritti in una lingua estranea … Perché sono qui? Perché fra anni non sarò più qui? Perché il tempo non torna indietro e corre invece verso un punto non chiaro, non precisato e obbligatorio? Perché se ne spende tanta parte ad accumulare lacrime, ingiustizie, reciproci furti di silenzio e di bontà?…L’Amore ha fatto il primo passo e ci ha messi sulla strada della vita, sapremo noi ricominciare ogni giorno dal silenzio e dalla fedeltà dell’amore? Certamente ognuno può ignorare in sé tali domande, e tentare di immergersi in ‘altro’; tanti – soprattutto oggi – cercano di annegarne l’ansia nel rivaleggiare, contare successi, fallimenti, piaceri… Ma quando si soffre il male senza riuscire a darsene un valido ‘perché’ e se ne rimane afflitti, allora si finisce per colmare il vuoto con quel che si trova a portata di mano; ed è un po’ come trasformarsi in cose; semplicemente ci si ritrova a fare (e/o a subire!) il male/prepotenza che sottrae libertà agli altri solo per illusione di potere proprio. Qualcosa intanto continua a sfuggire all’uomo, mentre tutto si agita e scivola nell’abisso della morte. Un ‘fatto’ però tocca il nervo di ogni vita e ne costituisce perciò la lingua universale: ogni cosa, nell’esistenza umana, è centrata e ruota intorno a due ‘cose’: l’amore e il dolore; ma alla disperazione, all’ingiustizia dell’offesa, alla solitudine… non c’è risposta umana plausibile. Tutto il sapere – e sappiamo sempre di più sulle stelle che sono sopra di noi, sulla materia infinitamente piccola intorno a noi e dentro di noi… – non esaudisce la speranza di un possibile punto fermo cui agganciare l’inquietudine dei grandi perché.
In cammino o troppo fermi?
È a Dio che tende tutto il corso degli eventi. “Come la periferia verso il centro, in Lui convergono tutti i raggi del tempo”, scriveva il monaco russo Teofane il Recluso. E il salmo 33 recita: “Nessun bene manca a chi cerca il Signore”; a chi cerca, a chi brama; non: “a chi possiede”… D’altra parte chi può affermare di possedere totalmente Dio e quindi di non essere più nel numero di coloro che cercano? “Ma proprio coloro che cercano Dio non sono privi di ogni bene” (P. A. Florenskij). Credere e mettersi in cammino: l’identità cristiana, così come l’ha disegnata Papa Francesco, è tutta qui. Si tratta allora di riappropriarsi, in tutti i sensi, di un’azione tanto naturale quanto dimenticata: camminare. Sapendo però che è forte per tutti e in ogni stagione della vita la tentazione di fermarsi. “Ne abbiamo tanti di cristiani fermi, erranti – dice sempre il Papa – Girano, girano, come se la vita fosse un turismo esistenziale. Forse credono nel Cielo, ma non lo cercano perché non prendono le promesse sul serio”. Con una speranza debole in realtà si cammina, si fatica, ma non si fa strada.
La fede che apre al grande cammino
In tutta l’inquietudine che domina la persona c’è il desiderio di qualcos’altro, di andare più lontano e forse per questo i viaggi non sono mai soltanto esteriori. Certamente uno sguardo nuovo introduce nella vita elementi sempre inediti. Di fatto, nella storia, tanti sono nella lista dei grandi viaggiatori della fede … Abramo ha “fiducia nel Signore e cammina anche nei momenti difficili”; Giona impara la verità su Dio solo recandosi all’estero; Gesù è in marcia permanente e non ha neppure “una pietra dove posare il capo” per il sonno; i discepoli sono “inviati in tutto il mondo”; Paolo (come forse anche tanti di noi!) inizia il suo ‘viaggio’ mentre è caduto a terra: incontro imperscrutabile con Cristo e autentica bussola, che, mentre lo orienta nel cammino, segna e rivoluziona tutta la sua vita.
Viaggi, strade, spazi di formazione …
Ri-mettersi quotidianamente in viaggio alla ricerca di un centro vivo nel quale riconoscere il proprio io e quello che si è chiamati ad essere… È questo il vero problema di ogni uomo che cerca la verità della vita e della morte, dell’amore e della sofferenza. Il che, in partenza, significa semplicemente trovare tempi e modo propri per uscire dal ritmo incalzante della vita ‘normale’ e dal continuo proliferare di pensieri che generano ansia e malessere interiore; significa anche avere la consapevolezza che a camminare si fa un po’ di fatica, perché questo permette lungo la strada di non scoraggiarsi troppo facilmente; significa ancora nutrire in sé il desiderio intelligente e attento di lasciarsi istruire da qualsiasi frammento di verità e bellezza che è intorno, imparando anche a godere di tutto ciò che è bello senza limitarsi a vedere dappertutto solo il male. Mettersi in viaggio insomma è lasciarsi formare dalla vita per tutta la vita, sapendo che la responsabilità drammatica della propria scelta non può essere delegata.
Punto di arrivo di ogni tappa e dell’intero cammino dell’uomo è incontrare Dio che sale sulla croce ed entra nella morte perché in essa entra ogni suo figlio ed egli vuole portarlo in alto, con sé. È la croce del Figlio di Dio – l’evento più insensato della storia – che trasforma radicalmente l’assurdo in sensato e la morte in vita. In Gesù morto e risorto ogni uomo può incontrare il “cuore del mondo” e attorno al suo “centro vivo” far girare tutte le proprie forze interiori e riconciliarsi con la storia personale trovando il senso e il compimento ad ogni suo frammento. Anche se il senso è e rimane pur sempre avvolto nel Mistero.
… e arrivare finalmente a Lui
Il mistero della Pasqua è dunque il modello, ma è anche il sapore, il tesoro prezioso di una vita offerta in dono. “Vi ho dato l’esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13,15). Dà ad ognuno la certezza di essere amato e anche di poter e dover imparare ad amare nella verità. Chiede di non arrendersi all’evidenza della morte e di essere capaci invece di ascoltare ciò che il cuore ci fa desiderare e sperare senza mai mollare. Chiede in concreto di ri-centrare la propria vita su un amore capace di impastare il sogno con la realtà come fosse un pane. Pane da offrire e consumare insieme con l’animo in ginocchio davanti al mistero di ogni persona e con gesti che donano conforto, umanità, speranza; che scaldano il cuore e liberano la mente dalle pesantezze del rammarico. Così soltanto – riflette Hetty Hillesum – si può sentire la propria vita e il proprio tempo rotolare armoniosamente nelle mani di Dio. Il risultato è una calma, un’energia e una pace interiore che dal profondo arriva in pienezza nella propria vita.
Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it