Un gruppo di Congregazioni religiose femminili sta dando vita a una casa per l’accoglienza di suore anziane, a Roma. La struttura, appartenente alle Ancelle della SS. Trinità di Rovigo, garantirà cure, ma anche la possibilità di vivere secondo la regola del proprio Istituto.
Un’esperienza «profondamente evangelica, perché di vera fratellanza. Le suore sono una presenza preziosa nelle nostre comunità, ma bisogna creare nuove occasioni di incontro e di collaborazione, come questa, abbandonando alcune paure per intraprendere nuove strade». Con queste parole Monsignor Gino Reali, vescovo della diocesi di Porto-Santa Rufina ha salutato la nascita della Casa Intercongregazionale dedicata alle suore anziane.
Si tratta della prima esperienza in Italia, mentre in altri Paesi, ad esempio in Francia, esperienze simili sono state realizzate già da tempo. Al progetto, fortemente voluto dall’USMI e promosso dalla Fondazione Talenti, hanno collaborato una quindicina di Istituti religiosi femminili per affrontare un comune problema: la presenza di numerose sorelle anziane, bisognose di attenzioni e cure specifiche, spesso ancora con buone potenzialità da mettere in campo e soprattutto desiderose di mantenere relazioni vive e ricche continuando a vivere secondo il carisma e la regola dell’Istituto scelto da molti anni.
La Casa Intecongregazionale è a Casalotti, nella zona Nord di Roma, nella diocesi di Porto-Santa Rufina. Qui le Ancelle della Santissima Trinità di Rovigo hanno messo a disposizione per questa nuova realtà un’ala dell’edificio, che è costruito secondo un modello a raggi, e quindi è particolarmente adatto alla convivenza di servizi e progetti diversi.
Il progetto è stato seguito fin dall’inizio da Suor Anna Daniela Gavioli, economa delle Piccole Sorelle di Gesù fino al marzo scorso. «Poiché il nostro ordine è nato nel ’39 – racconta – in questi anni ci troviamo ad affrontare l’invecchiamento della prima generazione: abbiamo più di 600 sorelle ultrasettantenni. Per loro è importante continuare a vivere da religiose, secondo lo stile e la spiritualità del proprio istituto, perché in vecchiaia dire addio alla propria congregazione, significa perdere identità, consegnarsi ad un tempo sempre più anonimo».
Le Piccole sorelle conoscevano le esperienze francesi e, in occasione di un incontro tra econome generali, Suor Anna Daniela ha posto il problema: era il 2007, e al momento non ha trovato molti risconti. «Gli ordini religiosi più grandi, di più lunga tradizione, hanno collaudato ormai, per le loro suore, strutture e personale», spiega. Ma qualcuno ha mostrato interesse, in particolare le Figlie della Carità, che hanno sposato immediatamente il progetto, nella convinzione che si trattasse della risposta all’esigenza non di un singolo ordine, ma della Chiesa di oggi. «Quasi in concomitanza», continua Suor Anna Daniela, «abbiamo conosciuto la Fondazione Talenti, che ha organizzato un tavolo di lavoro con altre congregazioni interessate, con esperti e persone che avevano gestito esperienze simili».
Così è cominciato un percorso che si è rivelato non facile: sono state necessarie molte visite a molte strutture, perché nessuna sembrava adatta e ci si è dovuti confrontare con molte resistenze da parte delle econome, perché ovviamente una casa ben affittata o venduta può significare la sicurezza economica per un Istituto, oltre che il finanziamento di altre opere, di conseguenza chi ha responsabilità amministrative o di governo deve muoversi con molta prudenza. Tanto più che si trattava di un progetto del tutto nuovo, di cui era difficile prevedere con esattezza gli esiti.
Per le Ancelle della Santissima Trinità di Rovigo la gestione di tutto il complesso era diventata pesante. Ma, come spiega la madre generale, Suor Francesca Ferliga, «non volevamo guadagnare: la nostra preoccupazione era di mantenere vivo il nostro servizio e il nostro carisma». Per questo le sorelle si sono rivolte alla Fondazione Talenti, che da una parte le ha accompagnate in un accordo con il consorzio di cooperative Charis, per la gestione sia della scuola che della struttura per le anziane, dall’altra le ha coinvolte nel progetto della Casa Intercongregazionale. La struttura, infatti, permette di mettere a disposizione delle suore anziane un’ala intera, con spazi organizzati in moduli, per certi versi una soluzione ideale.
In ogni modulo, indipendente e autonomo, le singole congregazioni potranno dare vita ad una propria comunità di consorelle anziane ma ancora autosufficienti, che potranno vivere coerentemente con elementi tipici della propria vita comunitaria: modalità di preghiera, organizzazione caratteristica di alcuni spazi, incontri con la famiglia religiosa di appartenenza. Nello stesso tempo, però, le comunità godranno di servizi comuni (pasti, pulizie, lavanderia, assistenza notturna, animazione religiosa e spirituale), avranno accesso ad eventuali servizi aggiuntivi (fisioterapia, assistenza medica, servizi di trasporto), e potranno fare affidamento sulla vicinanza di un’infermeria per le consorelle non più autosufficienti.
«Ogni passo nuovo che si fa, crea preoccupazioni e difficoltà, ma dà anche gratificazioni», chiosa Suor Francesca, «se si raggiungono obiettivi che abbiano un senso».
Anche secondo Madre Viviana Ballarin, presidente dell’USMI, bisogna avere il coraggio di affrontare le difficoltà, perché «per creare prospettive sul futuro bisogna aprirsi alle esperienze innovative. E questa è particolarmente significativa, perché le comunità religiose per vocazione sono chiamate ad essere scuole di comunione». È un segno per la Chiesa, ma anche per il mondo, «che è così pieno di frammentazione, divisioni, esclusioni, mentre noi dimostriamo che è possibile includere, unire, e lavorare per la solidarietà, non per il profitto».
Su questa base è stato possibile anche l’accordo con il consorzio Charis, che è entrato anche nel progetto per la casa. Come dice Suor Francesca, «il consorzio ha a cuore il bene della persona, che è quello che interessa noi». Oltre a sollevare le religiose dagli oneri gestionali, Charis si occuperà anche della formazione del personale, per aprirlo ad un nuovo stile di accoglienza e sta già lavorando alla costruzione di una rete esterna, coinvolgendo le parrocchie e altri Istituti presenti nella zona, perché anche le suore anziane possano avere una vita attiva.
Delle quindici congregazioni femminili che hanno partecipato in questi anni al tavolo di lavoro promosso dalla Fondazione Talenti, quattro sono ora pronte ad entrare nella Casa: le prime due entro la fine del 2010, le altre entro la prima metà del 2011.
Conclude Madre Viviana: «Spero proprio che questo progetto apra una strada, perché sono convinta che il futuro ha bisogno di meno strutture e più collaborazione tra le congregazioni e con i laici. Oggi più delle parole contano i fatti, e questo lo è».
Paola Springhetti