Il ‘caso’, raccontato da La Repubblica e rimbalzato poi su diversi quotidiani: suor Elvira de Witt, nativa di Amsterdam e con un passato da cantante lirica, ha scelto il web come strumento per combattere il costante calo di vocazioni che affligge la Chiesa cattolica, soprattutto in occidente. Ha realizzato un blog che è diventato un vero e proprio punto di riferimento per chi ha dei dubbi sulla possibilità di abbracciare una vita dedicata a Dio. Tante ragazze le scrivono e, fra queste, almeno due ogni anno entrano in convento.
In tutto questo il fatto vero è che, anche in mezzo allo sgomento per gli scandali che conosciamo, la forza sorgiva del messaggio cristiano non si esaurisce. Semplicemente trova nuove strade per aprire spazi di dibattito e di confronto con il mondo tumultuoso di oggi. È sicuramente faticoso situarsi nel nostro mondo e cercare di vivere umanamente, in pienezza, al suo interno. Condividere con tutti questa esperienza, superando la posizione di chi ha tutto da insegnare e nulla da imparare, ha conseguenze radicali sul modo e sullo stile con cui presentare l’annuncio della Buona Notizia.
Il fenomeno più preoccupante dei nostri giorni è la crescente difficoltà a leggere nelle cose e nella nostra vita una parola su di noi, un appello. E questo non perché la realtà abbia cessato di parlare: siamo noi che forse abbiamo perso il codice e la voglia di ascoltare.
La storia ci dice che quando si naviga in acque agitate, sono le donne per prime a conoscere e decidere come entrare in azione. Sr Elvira ha scelto di passare per un lungo ascolto delle persone, fatto di ore e ore davanti al computer.
L’animazione vocazionale passa sul blog
Donna energica e dal sorriso contagioso, comincia con il ridurre la sua distanza dal mondo, riconoscendo con umiltà che la Chiesa non è al di fuori o sopra, ma dentro la società. Si pone così in ascolto delle ragazze che le scrivono per conoscerle nelle loro ricchezze e contraddizioni. Molto spesso si tratta di giovani che non hanno alcun punto di riferimento familiare. Fragili, con una adolescenza più lunga rispetto a quella delle altre generazioni, hanno bisogno di essere accompagnate per acquisire la chiara identità di sé. Ad ognuna sr Elvira offre l’opportunità e i criteri per esprimere e leggere le domande profonde che ogni persona si porta nel cuore. Poi, attraverso un cammino di discernimento sulla propria vita, le invita ad aderire a un’esperienza che dà senso all’esistenza: aprirsi alla Parola e all’esperienza di Dio. Si fa sempre più fatica oggi a percepire la parola che è il nostro corpo, mentre la prima ed ultima parola su di esso si presume di trovarla nelle creme e nelle pillole, nelle palestre e nel bisturi, nel silicone e nei chips. Si finisce così per pensare che il senso sia sempre e solo prodotto da noi.
La caratteristica principale della vocazione invece è di irrompere nella vita di una persona da fuori: non è produzione propria, ma grazia. Non una parola che pronunciamo noi, ma parola pronunciata su di noi, che si può quindi solo ricevere in dono. E’ un appello che chiede risposta.
L’uomo contemporaneo cerca la vocazione perduta
Un convegno internazionale riservato alle religiose ha riunito a Roma, dal 19 al 24 luglio 2010, nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, religiose provenienti da ogni parte del mondo per studiare le caratteristiche che deve avere un’animatrice vocazionale dei nostri giorni: una settimana di preghiera, ascolto, dialogo e condivisione di esperienze internazionali. Tra i temi trattati nel corso: Internet al convento; promotori vocazionali tra i cosmetici e i pub; qualità essenziali dell’animatrice vocazionale; capire la ragazza dei nostri giorni; ridare la speranza; natura, finalità e ostacoli nella pastorale vocazionale; la direzione spirituale; i sacramenti e la preghiera. Suor Elvira vi ha tenuto una lezione per raccontare l’esperienza che lei fa e che nasce a colpi di clic.
”La proposta di organizzare un Incontro internazionale di animazione vocazionale – spiegano gli organizzatori – nasce dal grande senso di fiducia che abbiamo in Dio. E’ Lui il padrone della messe. Tuttavia è necessario pregare e lavorare bene. L’opera della pastorale vocazionale dev’essere svolta dalle congregazioni religiose con cura minuziosa, in particolare nelle situazioni odierne, in cui lo scoraggiamento ha fatto strada e la sfiducia ha sostituito la speranza. Si deve soltanto avere fiducia nel padrone della messe e, quindi, alzare lo sguardo, poiché il campo è già pronto per la mietitura”.
Il primo fondamentale servizio della vita religiosa rimane, comunque, quello della testimonianza. I veri testimoni non hanno bisogno di esortare; essi non hanno che da esistere: la loro esistenza è un richiamo. Non ci si fa religiosi per “fare qualcosa”, ma principalmente per essere, con la propria vita, testimoni dell’eternità e cooperare con la propria santità a una incarnazione sempre più profonda della grazia divina nel mondo.
Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it