Non domani, già oggi

Posted by usmionline
ott 08 2011

Essere cristiani oggi nell’Italia che desidera cambiare

Gesù non ha annunciato la scomparsa, quasi per incanto, del male e del peccato e non ha predetto un ordine nuovo che renderebbe superfluo lo sforzo personale. (Winling)

Quanto resta della notte?

Crisi, crisi, crisi… In questo periodo non si sente parlare di altro… Scuote l’intero occidente e si abbatte sul nostro Paese con particolare durezza. Licenziamenti gettano nella disperazione numerose famiglie; sospensioni dal lavoro con periodi di cassa integrazione destinate spesso a sfociare nella disoccupazione; allargamento dell’area del lavoro nero; contributo di solidarietà confermato chissà perché solo nei confronti dei dipendenti pubblici e dei pensionati… Si socializzano, insomma, le perdite e si privatizzano i profitti. Il tutto secondo la logica per la quale il prezzo delle crisi deve essere sempre pagato dalle fasce sociali più deboli. E intanto la fede “nel libero mercato ci ha portati al disastro” (Hans Kung).

Di fronte a tanto, d’istinto verrebbe da rassegnarsi: ‘tanto non si può cambiare da soli il sistema!’ Certamente non serve nemmeno alimentarsi di rabbia. Ma allora, perché questa ‘notte’ abbia finalmente fine, chi e come avrà il coraggio di confutare i dogmi del libero mercato? Di riscoprire e realizzare un’economia più equa e più efficace? Di annunciare, insomma, la ‘buona notizia’ di Gesù ai poveri di oggi?

Che cosa fare?

Per muoversi concretamente verso questo obiettivo, all’Italia serve l’impegno coraggioso di tutti per un veritiero discernimento e per un protagonismo costruttivo e positivo. Uguaglianza, libertà e giustizia meritano tutto quello che ognuno può dare. Serve perciò il coraggio di partecipare, con i propri valori vissuti, per essere diversi e operare in modo diverso, perché è dal fare che si vede la qualità della persona e si comprende il suo essere.

La crisi attuale è in una democrazia malata…

Oggi la democrazia è offesa e umiliata, perché non è stata sentita e partecipata come un dovere da parte di tutti i cittadini. Ma i popoli non si rassegnano più nella condizione in cui erano stati relegati da sempre (pensiamo anche solo al milione e duecentomila firme in Italia per il referendum antiporcellum, o alla nuova consapevolezza di sé acquisita dalle donne!). Da quale cultura nasce la democrazia vera? Come contribuire a vivificarla? E quando finirà questa crisi? Come finirà? Molti ancora non sanno che cosa fare.

Guidati da valori che ‘bucano’ il tempo

Il cristiano è chiamato come tutti ad interpretare rettamente il presente, a farlo secondo tutta la ricchezza del Vangelo. Ha bisogno perciò prima di tutto di riconoscere i motivi che determinano il proprio fare quotidiano nella vita familiare e in quella sociale…

Il suo è forse il fare dell’affanno, della ricerca del proprio tornaconto? Oppure è quello del cuore descritto nel discorso della montagna? Certo è che, quando si allenta la tensione interiore, ciò che conquista lo spazio del cuore è esattamente il contrario del Vangelo. La sfida è grande e permanente. E lungo la via i rischi da affrontare sono diversi, anche se comuni a tutti: c’è l’attivismo esagerato, per esempio; o la tentazione di continuare tranquillamente a vivere i propri giorni, in una routine più o meno di comodo; o di lasciarsi guidare dalla presunzione, oppure dal disgusto, dalla rassegnazione… Ad ogni persona comunque è dato appuntamento nella terra oscura e tentata della vita quotidiana. Se la forza del Vangelo di Dio penetra nella quotidianità di qualcuno, l’apre a sentieri di libertà e di felicità e, passando fra le oscurità dell’esistenza e della storia, l’apre a nuovi orizzonti.

Speranza di che…?

I cristiani in realtà sono debitori di una speranza ricevuta senza merito e sono chiamati a condividerla con tutti. Speranza per essi è una Persona: l’unica a dare ragioni vere di vita, d’impegno, di bene. L’unica da cui viene loro la forza per realizzare il Regno. Il problema è: ci crediamo davvero che Cristo c’entra con il tempo e con la storia? O siamo cristiani solo di facciata e di routine (Benedetto XVI), per cui l’abitudine ci si deposita sulla coscienza come la polvere sui crocifissi nelle aule delle scuole? Per superare l’inquietudine e lo smarrimento – nel tempo “degli smarriti di cuore” -  occorre dunque ritrovare questo “fare del cuore”.

Non è semplice, non è impossibile

Si tratta di vivere l’unità tra verità e amore e di comunicarla agli uomini che camminano nella storia con noi per realizzarla insieme. Ma la proposta può far nascere la stessa attesa negli altri solo a condizione di proporla non come ‘dottrina’ imparata, ma come sintesi personale di fede ricevuta, di esperienza di vita, di relazione con il Signore maturata nella preghiera. Allora togliere dal vivere personale, politico e sociale le resistenze che vengono dal cuore ‘malato’ può ancora apparire un compito impossibile, ma ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio.

…e la missione dei religiosi?

Come affrontano, i religiosi, questo momento storico che spinge all’idolatria, ma pone anche di fronte alle proprie responsabilità? La loro missione è -per definizione- a partire da una più intensa vita interiore. La loro scelta di vita è qualcosa di più importante dei singoli ministeri nei quali sono impegnati. Ma essi sono davvero consapevoli dei cambiamenti che stanno avvenendo? Li stanno percependo con la stessa intensità di molti contemporanei, o non li vedono forse soprattutto come una minaccia?

Certamente i religiosi sperimentano le stesse contraddizioni e debolezze di tutti, ma sono in cammino per rispondere alla chiamata di concentrarsi nella missione che è solo di Dio. Sanno che quando la carità è un rischio per la propria persona, quello è proprio il momento della carità; e che l’ordine prioritario da seguire nelle scelte quotidiane è servire prima chi soffre di più.

Riusciranno a comunicare agli uomini di questo tempo -testimoniandolo attraverso la propria vita comune- che l’unità può essere creata solo là dove la partecipazione è di tutti, dove le differenze sono appropriatamente accettate e integrate e dove la dignità personale è sempre rispettata?

Più coscienza e più sensibilità da parte di tutti sono indispensabili per uscire dalla strategia della divisione e dallo smantellamento dei diritti universalmente riconosciuti. C’è bisogno insomma della consapevolezza di tutti o meglio del maggior numero di questi “tutti” per recuperare il terreno perduto e costruire un’Italia migliore.

Se sarà così, allora certamente -attraverso un cammino comune- “qualcosa di nuovo potrà nascere al servizio di Colui che rende nuove tutte le cose”.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Comments are closed.